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Spiato anche l’attivista David Yambio (vittima di Almasri)

Spiato anche l’attivista David Yambio (vittima di Almasri)Roma, 11 feb. (askanews) – Un attivista per i diritti umani con sede in Italia, il cui lavoro supporta la Corte penale internazionale nel fornire prove sui casi di abusi subiti da migranti e rifugiati detenuti nei campi di detenzione e nelle prigioni libiche, ha rivelato di essere stato informato da Apple di un attacco spyware al suo telefono.


David Yambio, presidente e co-fondatore di Refugees in Libya, è stato un critico della gestione del problema migranti da parte del governo italiano con il paese nordafricano e della sua recente controversa decisione di rilasciare Osama Najim Almasri, capo della polizia libica ricercato dalla Corte penale internazionale (CPI) per sospetti crimini di guerra, tra cui tortura, omicidio, schiavitù e stupro. Yambio, 27 anni, è stato una presunta vittima degli abusi di Almasri durante la sua detenzione nella famigerata prigione di Mitiga vicino a Tripoli. Il caso di Yambio, riferisce il Guardian, è seguito alle rivelazioni secondo cui un giornalista italiano e due attivisti critici dei rapporti dell’Italia con la Libia figurano tra le 90 persone che hanno ricevuto notifiche da WhatsApp a fine gennaio su un attacco spyware.


WhatsApp ha affermato che lo spyware utilizzato in quella violazione sarebbe stato creato da Paragon Solutions, un’azienda con sede in Israele.

Caso Almasri, Avvenire: la Cpi ha aperto un fascicolo sul governo

Caso Almasri, Avvenire: la Cpi ha aperto un fascicolo sul governoRoma, 6 feb. (askanews) – La Corte Penale Internazionale dell’Aia ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di “ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma” a seguito di una denuncia di una vittima delle torture del generale libico Almasri nella quale sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Lo scrive Avvenire nell’edizione online.


“L’iscrizione a protocollo dell’istanza e l’invio agli uffici della Corte che hanno emesso il mandato di cattura per il generale Almasri, conferma l’esistenza del fascicolo su cui poi la procura deciderà in quale modo procedere. A scrivere all’Aja attraverso i suoi legali è stato un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subito dal generale Almasri, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia. “Il richiedente, un cittadino sudanese del Darfur con lo status di rifugiato in Francia, sostiene che sua moglie, lui stesso e innumerevoli membri del gruppo di cui fa parte (“migranti”) sono stati vittime di numerosi e continui crimini”, si legge nella richiesta inviata all’ufficio del procuratore appena dopo aver ascoltato alla Camera i ministri Nordio e Piantedosi” afferma Avvenire. “La comunicazione legale raccolta dall’Ufficio del procuratore si compone di 23 pagine nelle quali è ricostruita la vicenda Almasri fino alla riconsegna in Libia. La firma è di “Front-Lex” una organizzazione internazionale di avvocati per i diritti umani che danni è in prima linea davanti ai tribunali dell’Ue, dell’Onu e dell’Aja. Il rifugiato è assistito a Parigi da due avvocati impegnati in svariati processi davanti alle giurisdizioni internazionali: Juan Branco e Omer Shatz”.


“Secondo l’accusa, nella quale Meloni, Nordio e Piantedosi sono indicati come ½sospettati», i rappresentanti del governo italiano non hanno provveduto a consegnare il generale Almasri alla Corte penale internazionale: “Hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali. In particolare viene citato l’articolo 70 dello Statuto di Roma che disciplina i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale”.

Una vittima di Almasri denuncia il governo per favoreggiamento

Una vittima di Almasri denuncia il governo per favoreggiamentoRoma, 3 feb. (askanews) – Una vittima e testimone delle torture del comandante della polizia giudiziaria libica Osama Almasri ha presentato una denuncia contro il governo italiano per “favoreggiamento”. Sotto accusa “le condotte di Nordio, Piantedosi e Meloni” che, secondo il denunciante Lam Magok Biel Ruei “hanno sottratto il torturatore libico alla giustizia”.


Nella denuncia, presto al vaglio dei magistrati di piazzale, si afferma che “l’inerzia del ministro della giustizia – il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale – e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, con l’immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all’arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico”. L’uomo, che è al momento ospite di una struttura di Baobab Experience, aggiunge tramite il suo legale che “esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell’operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l’adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione. In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l’arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza”.

Almasri, Anm: non è avviso di garanzia ma un atto dovuto previsto dalla legge

Almasri, Anm: non è avviso di garanzia ma un atto dovuto previsto dalla leggeRoma, 28 gen. (askanews) – “Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto”. Così in una nota l’Associazione nazionale magistrati.