Online il bando per artisti internazionali “Latera the art farm”Milano, 27 mar. (askanews) – È online il bando “Latera the art farm”, rivolto ad artisti internazionali per la realizzazione di una residenza artistica nel borgo medievale di Latera, comune posto sul confine tra Toscana e Lazio, nel cuore della Tuscia e a pochi passi dal Lago di Bolsena. Il progetto nasce nell’ambito di un disegno più ampio volto a riqualificare la cittadina di Latera, attraverso interventi artistici di alto profilo qualitativo, che costituiranno il cuore di una nuova attrattiva turistica e culturale per il territorio.
Il bando mette a disposizione una residenza artistica di 30 giorni da svolgersi tra marzo e maggio 2025 in cui approfondire il territorio e la sua storia, durante la quale è chiesto di ideare, progettare e realizzare un’opera (scultura o installazione) da inserire nel più ampio percorso espositivo di Latera, in corso di realizzazione. Nel progetto complessivo di Latera the art farm, infatti, saranno coinvolti ulteriori artisti visivi italiani, chiamati a realizzare delle opere artistiche di street art, scultoree/installative, oltre alla realizzazione di opere di design artistico volte alla riqualificazione delle camere dell’hotel diffuso, attualmente in fase di ristrutturazione. Un progetto ampio e articolato che inciderà sul borgo creando un percorso espositivo a cielo aperto. Fa parte del progetto anche la realizzazione di un docufilm dedicato. Al vincitore del bando sarà assegnato il premio di 10.000 euro destinato alla realizzazione dell’opera permanente da installare all’interno del borgo, oltre alla residenza di 30 giorni. L’artista selezionato potrà inoltre avvalersi di partner tecnici e maestranze del territorio. Latera the art farm è promosso dal Comune di Latera e dall’Associazione Saint Francis’ Ways (vincitori del bando “Bando Borghi Linea B – “Finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU – Fondi PNRR, MISSIONE 1 – COMPONENTE 3 – INVESTIMENTO 2.1.”), con la direzione artistica di Squareworld Studio ed in collaborazione con la giuria selezionata. La scadenza del bando è fissata per il 5 giugno 2024.
Un podcast racconta i conflitti ai bambini: Per esempio la guerraMilano, 12 feb. (askanews) – Un podcast per provare a raccontare la guerra ai ragazzi e cercare di rispondere alle molte domande che i più piccoli si pongono davanti alle notizie che arrivano dal mondo e dai conflitti globali. Chora Media presenta, in collaborazione con Giffoni Innovation Hub, “Per esempio la guerra”, scritto dalla giornalista Francesca Mannocchi, che ha raccontato dal fronte molte delle guerre contemporanee. “Sbagliando – ha detto ad askanews – immaginavo che scrivere per i bambini sarebbe stato facile, invece era esattamente il contrario, perché ho dovuto modificare il mio modo di raccontare”.
Dopo aver già toccato questi temi nel suo libro “Lo sguardo oltre il confine. Dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai giovani” (De Agostini, 2022), Francesca Mannocchi è entrata in due scuole di Roma, incontrando ragazze e ragazzi dalla quinta elementare alla seconda media per raccogliere le loro domande, paure e osservazioni a partire dal racconto della sua esperienza sul campo. “Mi sono lasciata guidare da loro – ha aggiunto la giornalista – le loro domande mi hanno messo in discussione. Il mio obiettivo è far accadere dentro di loro un momento di immedesimazione, vorrei che si chiedessero come vive un 12enne in Iraq oggi, come si può studiare o giocare in un Paese in guerra”. Il risultato è un racconto corale composto da sei episodi di circa 40 minuti, ciascuno dedicato a un paese che conosce o ha conosciuto (Libia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libano e Ucraina). Il podcast è pensato per coinvolgere attivamente i più giovani nella comprensione dei conflitti globali. “Nei ragazzi – ci ha detto ancora Francesca Mannocchi – ho visto un sincero sentimento di smarrimento, che nasce dalla sensazione di essere sommersi da immagini e informazioni che faticano a decodificare. Io ho portato il mio lavoro: la restituzione di storie e vite, che ho portato a loro con gli stessi interrogativi che mi sono posta io”.
Alla fine del mese di febbraio uscirà inoltre un episodio speciale sul conflitto israelo-palestinese, tornato di drammatica attualità dallo scoppio della nuova guerra nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. “È più difficile parlare di Gaza, perché se da un lato è inevitabile – ha concluso la giornalista – dall’altro ci coinvolge più direttamente nel presente. E proprio per questo coinvolgimento servono spiegazioni più profonde”. “Per esempio, la guerra” sarà disponibile a partire dal 12 febbraio su tutte le principali piattaforme gratuite (Spotify, Apple Podcast, Spreaker e Google Podcasts) e sarà presentato nella cornice di Chora Volume 1, il primo festival di Chora Media dedicato al mondo dei podcast che si tiene a Milano dal 16 al 18 febbraio presso la Sala Puccini del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, con un evento speciale sabato 17 febbraio alle 11.30.
Chora Media: storie di migranti in “mosaico di una fuga”Milano, 16 gen. (askanews) – Le storie e le vite di chi fugge dal proprio Paese vengono spesso escluse dalla narrazione di molti media. Per svelare il lato umano, la complessità e la varietà di queste esperienze arriva “Mosaico di una fuga”, la serie audio di UNHCR (Agenzia ONU per i rifugiati) realizzata da Chora Media che ripercorre il viaggio, personale ancor prima che geografico, che porta queste donne e questi uomini ad arrivare fino a noi.
La serie si compone di otto episodi, ognuno della durata di circa 20 minuti. Nei primi sette, la voce di Alessandro Gassmann, ambasciatore di Buona volontà di UNHCR, conduce gli ascoltatori in un viaggio attraverso le toccanti storie di donne e uomini che, in cerca di rifugio, hanno condotto viaggi estenuanti per giungere in Italia. Dopo essere stati costretti a fuggire dal proprio Paese a causa di guerre e persecuzioni, aver affrontato prove difficili, da traversate pericolose attraverso la Libia e il mare Mediterraneo a passaggi di confini via terra in condizioni climatiche estreme, tra neve e deserto, le loro narrazioni mettono in luce il valore cruciale di trovare opportunità per costruirsi un futuro significativo e indipendente, lontano dalla propria terra d’origine. I racconti di Mahdia, Ameen, Yonas, Baryallai, Hamdi, Yohannes, Christelle, Alina contribuiscono così a tessere il racconto collettivo che si cela dietro la parola rifugiato, delineando una narrazione fatta di voci, prospettive ed esperienze con cui potremmo avere in comune molto più di quanto si possa immaginare. L’episodio finale racconta invece attraverso le storie di Armando e Romina cosa significa vivere da apolidi, invisibili, dentro al proprio stato.
“Mosaico di una fuga” è disponibile a partire dal 16 gennaio sulle principali piattaforme audio gratuite (Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Google Podcasts).
Milanese d’adozione: La vera storia di Leonardo da Vinci a MilanoRoma, 5 dic. (askanews) – Il libro di Riccardo Magnani “Milanese d’adozione – La vera storia di Leonardo da Vinci a Milano” è incentrato sulla scoperta, da parte dello stesso autore presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dell’elenco stilato da Benedetto Dei datato 1480 e le conseguenze che la stessa comporta nella rilettura della vita e delle opere di Leonardo da Vinci. Il nuovo riferimento temporale che questa preziosa testimonianza ci impone di assumere, non solo riaccredita quanto sostenuto da Giorgio Vasari nella prima versione de Le Vite, edita nel 1550 da Torrentino, ma anche quanto descritto dall’autore dell’Anonimo Gaddiano una decina di anni prima. Entrambi i biografi, infatti, sono concordi nel collocare Leonardo a Milano al cospetto del Duca Francesco Sforza, morto nel 1466. É a lui che Leonardo porta la famosa “lira da braccio”, accompagnato dal fedele collaboratore Atalante Migliorotti, anche detto Atalante della Viola, come riportato nella nota manoscritta dal Dei.
In virtù di quanto questo ritrovamento certifica, nella sua opera Magnani invita a ridefinire la biografia e l’opera di Leonardo da Vinci, al fine di ricollocare questo straordinario personaggio nell’alveo di una narrazione più consona rispetto a quella che fu la sua vita e il suo lascito artistico e culturale. A cambiare sono soprattutto le datazioni di alcune delle opere giovanili di Leonardo, dalla Annunciazione al Battesimo di Cristo (nel quale l’artista fiorentino avrebbe coadiuvato il suo maestro di bottega Verrocchio), nei cui paesaggi sono riconoscibili in maniera inequivocabile i monti lombardi, tanto cari ad Alessandro Manzoni e contornanti “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”. Dall’analisi dello studioso lecchese emerge anche una prerogativa del genio fiorentino che fino ad oggi è stata quasi totalmente trascurata dagli studiosi della materia, ovvero una profonda conoscenza della teoria musicale da parte di Leonardo sin dalla più giovane età, compresa una intera partitura musicale celata in uno straordinario volo di uccelli che anticipa di qualche secolo l’opera del maestro del contrappunto per antonomasia, ovvero Johan Sebastian Bach. Chissà, forse non è un caso che la statua di Leonardo eretta a Milano si trovi proprio dirimpetto al tempio della musica, il Teatro alla Scala. Grazie al rinvenimento di questo straordinario documento, inoltre, cambiano completamente i riferimenti biografici dell’artista fiorentino, facendo emergere attitudini e ritratti dell’artista fiorentino che ne accompagnano la crescita culturale e l’evoluzione fisionomica.
Il ritrovamento dell’elenco contenuto alla pag. 51 recto della raccolta di Memorie di Benedetto Dei, prontamente comunicato dall’autore agli organi direttivi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, accredita quello che il ricercatore lecchese va sostenendo da tempo, ovvero che la presenza di Leonardo a Milano sia da datarsi addirittura a prima del 1465, quando cioè Benedetto Dei accompagna i due rampolli della famiglia de’ Medici, Lorenzo e Giuliano, in visita al Duca Francesco Sforza, in missione diplomatica per conto del padre Piero, detto il Gottoso. La nota del Dei è attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNC, II.II.333 c. 51 r). Scritta di proprio pugno dal diplomatico fiorentino, la nota riguarda l’elenco dei “merchanti fiorentini” che, alla data del 15 giugno del 1480, l’ambasciatore della famiglia de’ Medici, Benedetto Dei, ha condotto a Milano durante tutto il suo mandato, iniziato con Cosimo de’ Medici nel 1434 e conclusosi appunto nel 1480, quando, con tutta probabilità, viene stilata questa nota a consuntivo del suo operato per la nobile casata medicea. Tra i molti personaggi di spicco che Benedetto Dei ha contribuito a portare presso la città meneghina – tra i quali si possono riconoscere illustri poeti, banchieri e mercanti – figurano i nomi di “Leonardo da Vinci dipintore” e “Atalante della Viola”, richiamando l’episodio citato anche da Vasari nel quale viene donata una lira da braccio al Duca Francesco.
Questo eccezionale ritrovamento risulta essere di fondamentale importanza nel ricostruire, su base documentale, l’esatta biografia e l’opera di Leonardo da Vinci fino ad oggi conosciuta, spesso invece fondata su assiomi presuntivi che proprio da questo stesso documento vengono smentiti. Per questo motivo, l’autore della scoperta ha inteso darne notizia accompagnandola all’uscita di un volume attraverso il quale, per sommi capi, dimostrare come la narrazione su Leonardo da Vinci in relazione al ritrovamento della memoria manoscritta ritrovata presso la BNC di Firenze.
Mostre, alla Galleria Borghese Rubens e lo sguardo sulla scultura a RomaRoma, 13 nov. (askanews) – Rubens come Pigmalione. Come il mitico scultore ottenne da Venere il dono della vita per una statua che aveva realizzato e di cui si era innamorato, così il maestro fiammingo, che conobbe e studiò profondamente l’Italia e la sua arte, ebbe la capacità di trasformare nei suoi disegni e nelle sue tavole l’inerte marmo antico in vibrante materia pittorica e di rendere vivi i protagonisti delle sue opere.
Dal 14 novemnre al 18 febbraio 2024 con la mostra ‘Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma’, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato, la Galleria Borghese inaugura la seconda tappa di ‘Rubens. La nascita di una pittura europea’, un grande progetto realizzato in collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova che racconta i rapporti tra la cultura italiana e l’Europa attraverso gli occhi del Maestro della pittura barocca, e si inserisce anche in una più ampia ricerca della Galleria dedicata ai momenti in cui Roma è stata, all’inizio del Seicento, una città cosmopolita. Un dialogo, quello tra i capolavori del colto pittore di Anversa e quelli della Galleria, fatto di intensa tensione. Un raffronto diretto con quelle opere che a Roma, città con cui Rubens ebbe un rapporto privilegiato, il maestro studiò: la statuaria antica, Michelangelo, Bernini, Caravaggio.
Con 50 opere provenienti dai più importanti musei al mondo – tra cui il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmusem di Amsterdam, solo per citare alcuni – la mostra è divisa in 8 sezioni. Sottolinea il contributo straordinario di Rubens, alle soglie del Barocco, a una nuova concezione dell’antico e dei concetti di naturale e di imitazione, mettendo a fuoco la novità dirompente del suo stile. “Calamita per gli artisti del Nord Europa fin dal Cinquecento, la Roma di Rubens, fra i pontificati Aldobrandini e Borghese, è il luogo dove studiare ancora l’antico, di cui si cominciano a conoscere i capolavori della pittura, con il ritrovamento nel 1601 delle Nozze Aldobrandini”, sottolinea Francesca Cappelletti, direttrice Galleria Borghese e curatrice della mostra. “È il momento della Galleria Farnese di Annibale Carracci e della cappella Contarelli di Caravaggio, di cui si stordisce una generazione. Attraverso gli occhi di un giovane pittore straniero come Peter Paul Rubens guardiamo ancora una volta all’esperienza dell’altrove, cerchiamo di ricostruire il ruolo del collezionismo, e della collezione Borghese in particolare, come motore del nuovo linguaggio del naturalismo europeo, che unisce le ricerche di pittori e scultori nei primi decenni del secolo”, aggiunge Cappelletti.
Questo processo di animazione dell’antico, per quanto eseguito nel primo decennio del secolo, sembra anticipare le mosse di artisti che, nei decenni successivi al suo passaggio romano, verranno definiti barocchi. Come le intuizioni formali e iconografiche di Rubens filtrino nel ricco e variegato mondo romano degli anni Venti del Seicento è un problema che non è stato ancora affrontato in modo sistematico dagli studi. La presenza in città di pittori e scultori che si erano formati con lui ad Anversa, come Van Dyck e Georg Petel, o che erano entrati in contatto con le sue opere nel corso della formazione, come Duquesnoy e Sandrart, garantì di certo l’accessibilità dei suoi modelli a una generazione di artisti italiani ormai abituati a confrontarsi con l’Antico alla luce dei contemporanei esempi pittorici e sulla base di un rinnovato studio della Natura. Tra tutti, Bernini: i suoi gruppi borghesiani, realizzati negli anni Venti, rileggono celebri statue antiche, come l’Apollo del Belvedere, per donare loro movimento e traducono in carne il marmo, come avviene nel Ratto di Proserpina.
“In questa sfida tra le due arti, Rubens dovette apparire a Bernini come il campione di un linguaggio pittorico estremo, con cui confrontarsi: per lo studio intenso della natura e per la raffigurazione del moto e dei ‘cavalli in levade’ suggeriti dalla grafica vinciana, che sarebbero stati affrontati anche dallo scultore napoletano nei suoi marmi senili con la stessa leonardesca ‘furia del pennello’ riconosciuta da Bellori al maestro di Anversa; infine anche per i suoi ritratti, dove l’effigiato cerca il dialogo con lo spettatore, proprio come accadrà nei busti di Bernini per i quali è stata coniata la felice espressione di speaking likeness”, afferma Lucia Simonato, curatrice della mostra.
Incontri con la Storia, Edith Bruck ha ricordato Nelo RisiMilano, 26 ott. (askanews) – Tornano anche quest’anno gli Incontri con la Storia, il ciclo di appuntamenti promosso da Fondazione AEM e Corriere della Sera sulle sfide della contemporaneità, a partire dalla storia e dal patrimonio culturale di AEM, con l’obiettivo di stimolare una riflessione sulle trasformazioni in atto nella società di oggi. Al centro, sempre la storia di Milano, com’era, com’è oggi e le sfide che la aspettano.
Il primo appuntamento degli Incontri ha ripercorso le carriere pluridecennali di Edith Bruck e Nelo Risi, analizzando il ruolo delle loro opere come atti di memoria e, allo stesso tempo, di costruzione del futuro dell’Italia dopo la Seconda guerra mondiale. Edith Bruck, scrittrice e poetessa ungherese di origini ebraiche testimone della Shoah che, insieme allo scrittore Antonio Scurati, al rettore dell’Università IULM Gianni Canova e al curatore Giulio Bursi, ha ricordato il documentarista e regista milanese Nelo Risi, con cui è stata legata per tutta la vita, e con lui la sua Milano. A introdurre la conversazione, il giornalista Ferruccio de Bortoli e Alberto Martinelli, Presidente della Fondazione AEM-Gruppo a2a. I prossimi appuntamenti sono il 14 novembre con “Il fattore umano” e il 22 gennaio con “Donne elettriche” sempre presso la Fondazione AEM ( Piazza Po 3, Milano),
Al Teatro dei Filodrammatici si apre il sipario sulla sostenibilta’Roma, 25 set. (askanews) – Si è tenuta in un gremito teatro dei Filodrammatici a Milano, la serata dal titolo ‘Impronte’, una manifestazione d’arte, musica e teatro, con la direzione artistica di Enrico Ruggeri e organizzata da Accapierre.
Asacert ha supportato l’iniziativa culturale, come impegno per la diffusione, attraverso l’arte, di temi di responsabilità sociale. Lo spettacolo si è aperto con un dialogo tra Fabrizio Capaccioli – AD di ASACERT e Presidente del Green Building Council Italia -, Davide Van de Sfroos, Andrea Mirò, e l’autore radio-televisivo Ezio Guaitamacchi su alcuni dei temi fondamentali della nostra epoca, come la sostenibilità e la qualità della vita delle persone. Al termine, lo spettacolo di narrazione e musica: “Un Uomo chiamato Bob Dylan”. Una serata dove arte e cultura sono diventate veicolo per sensibilizzare il pubblico nei confronti di temi come la salvaguardia del pianeta, che “non deve essere fondamentalismo climatico -sostiene Capaccioli- ma un mezzo per promuovere il benessere delle persone, l’equità sociale, per un nuovo umanesimo della sostenibilità, in cui l’uomo è al centro delle strategie sostenibili.” Dalla musica classica all’hip-hop, da quella tradizionale ai generi più sperimentali, la musica è un mezzo potente per esprimere emozioni, narrazioni culturali e stimolare il pensiero critico. “L’arte è un catalizzatore di trasformazioni sociali, in un momento in cui, attraverso le piattaforme online, i contenuti sono immediatamente fruibili globalmente. Se da un lato questo ha reso più complesso farsi notare, dall’altro ha senz’altro dato la possibilità a ciascun artista di portare il proprio messaggio da un livello locale ad uno globale. – Prosegue Capaccioli- l’imprenditore, dal canto suo, ha oggi un compito morale ed etico che va oltre il perseguimento del profitto, deve poter agire per migliorare la vita delle persone, dei collaboratori e, più in generale, delle comunità in cui opera, anche supportando l’arte in tutte le sue forme.”
Usufruendo del suo grande potere, l’arte è capace di emozionare e non c’è apprendimento e cambiamento se non filtrato dalle emozioni. L’arte diventa, così, strumento e veicolo di messaggi di speranza e azione. Un richiamo a considerare il potere dell’arte come agente di cambiamento positivo nel mondo contemporaneo.
”Jusur”, un progetto culturale tra mondo arabo e occidentaleMilano, 3 ago. (askanews) – “Jusur” è la prima rivista interculturale internazionale promossa e sostenuta dalla Lega Musulmana Mondiale e diretta dal professore Wael Farouq insieme a una redazione composta da giornalisti, professori internazionali e con l’importante contributo di personalità di fama mondiale appartenenti al mondo arabo e al mondo occidentale.
“Jusur apre le porte a tutti, nessuno escluso, non tanto ai fini di un dialogo che può concludersi in accordo o disaccordo, ma per posare insieme i mattoni di un futuro che ci riunisca, entro la ricchezza delle nostre differenze e attraverso la condivisione della bellezza. Un dialogo che va oltre la dimensione dottrinale delle religioni per accogliere tutti gli elementi che contribuiscono alla crescita della civiltà umana”, così Wael Farouq, intellettuale arabo già docente in diversi atenei occidentali, attualmente professore di Lingua e Letteratura araba all’Università Cattolica di Milano, ha descritto il progetto che dirige. L’iniziativa, voluta da un gruppo di intellettuali arabi e occidentali di varie religioni, è sostenuta da Sua Eccellenza Mohammad bin Abdulkarim Al-Issa, Segretario generale della Lega Musulmana Mondiale e figura ampiamente riconosciuta nel mondo come una voce leader dell’Islam moderato, impegnato in un messaggio di empatia, comprensione e cooperazione tra tutti i popoli.
Il termine “Jusur” significa “ponti”, una parola araba che traccia un percorso di incontro tra il verbo “jàsara” che significa “andare, passare attraverso” con il sostantivo “jasàra” che significa “audacia, coraggio del cuore”. Il nome “Jusur”, scelto per la rivista, sintetizza l’essenza di un progetto che vuole lasciare spazio alla volontà e al desiderio delle persone di aprire nuovi orizzonti attraverso un cammino che richiede il coraggio del cuore e che permette a chi scrive e a chi legge di essere a sua volta un elemento di connessione tra il mondo del presente in cui si vive e il mondo del futuro a cui si aspira. La rivista, che racconta e approfondisce quindi avvenimenti e realtà che sostengono valori comuni, dà ampio spazio al confronto-incontro con il diverso che viene proposto attraverso interventi, interviste e approfondimenti dedicati alle più importanti personalità culturali e religiose del mondo partendo dal presupposto che, come ha dichiarato l’arcivescovo anglicano e teologo britannico Rowan Williams di Oystermouth (a capo della chiesa anglicana dal 2003 al 2013) nell’intervista che ha rilasciato a Jusur: “Non siamo musicisti solisti, non eseguiamo solo una serie di note scritte su uno spartito. Dobbiamo ascoltare con attenzione per trovare l’armonia”.
Il politologo francese Olivier Roy, il linguista italiano Stefano Arduini, lo scrittore e filosofo spagnolo Ignacio Gómez de Liaño, lo scrittore e critico letterario argentino Patricio Pron, il teologo spagnolo Julián Carrón e l’arcivescovo inglese Rowan Williams a capo della chiesa anglicana dal 2003 al 2013, il giurista e docente sudafricano naturalizzato statunitense Joseph H.H. Weiler, il vescovo e Presidente del Centro Culturale Copto Ortodosso S. E. Anba Ermia, la docente giapponese Wakako Saito, il Segretario generale dell’Accademia di Ricerca Islamica Nazir Ayad; lo scrittore egiziano Mohamed Makhzangi; la giornalista irachena Inaam Kachachi: sono solo alcuni dei primi nomi coinvolti dalla redazione di Jusur nei primi numeri della rivista.
Sangiuliano nomina Carlo Fuortes Sovrintendente del Teatro San CarloMilano, 1 ago. (askanews) – Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha accolto la proposta, deliberata a maggioranza con l’astensione di un solo componente, del Consiglio di Indirizzo della Fondazione “Teatro di San Carlo” presieduta dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e ha nominato il nuovo Sovrintendente Carlo Fuortes.
È quanto si legge in una nota diffusa dal ministero della Cultura, precisando che l’incarico durerà fino all’aprile 2025, contestualmente alla scadenza del mandato del Consiglio di Indirizzo, ed è rinnovabile. “Mi congratulo per l’indicazione di Carlo Fuortes che vanta un vasto e prestigioso curriculum professionale nella gestione delle Fondazioni lirico-sinfoniche” ha dichiarato il ministro, sottolineando che “per storia e tradizione il San Carlo rappresenta un’eccellenza mondiale. A Fuortes i miei complimenti, sono sicuro che farà bene”.
Livia Pomodoro e il teatro No’hma: inclusione, società e futuroMilano, 8 giu. (askanews) – Un teatro che vuole essere diverso, che mette al centro le persone e guarda a tutto il mondo, con le sue tante anime e le sue diversità. È il progetto del teatro No’Hma di Milano, presieduto e diretto da Livia Pomodoro, che porta avanti la lezione delle sorella Teresa, attrice e regista scomparsa nel 2008 che 26 anni fa ha fondato il teatro.”Questo è un teatro particolare – ha detto Livia Pomodoro ad askanews – perché non si paga il biglietto d’ingresso e questa è stata una scelta utopica di mia sorella, che ha sempre ritenuto che l’arte appartenga a tutti, senza distinzioni di censo, di etnie e di diversità”.
L’idea forte che continua a sostenere il progetto è quella dell’inclusione, che passa anche attraverso la dimensione culturale del teatro. “Noi non facciamo alcuna differenza – ha aggio sto la presidente – cerchiamo di includere tutti coloro i quali vogliono apprendere dal teatro elementi di vita e di comportamento, naturalmente positivi. È una proposta culturale che prevede anche una sorta di disseminazione, in Italia e nel mondo, perché noi il teatro lo portiamo spesso fuori da questo bellissimo luogo, ma vogliano essere in tanti luoghi diversi. Ogni anno abbiamo, per esempio, una programmazione sul dono alla città di Milano che facciamo un po’ dappertutto”. Dal 2008 inoltre il teatro organizza il premio internazionale “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro. “Questo premio ha avuto moltissimi riconoscimenti e praticamente è entrato nel gotha internazionale, tanto che noi abbiamo compagnie che vengono dalla Mongolia o dall’Australia, ora abbiamo qui una compagnia di Taiwan. Poi avremo ancora la Thailandia e ancora il Tennessee, per concludere una stagione nella quale abbiamo avuto tantissimi altri spettacoli, alcuni europei ma soprattutto dal resto del mondo, perché noi giriamo in tutto il mondo”.
Una visione globale, insomma, che vuole però essere anche rivolta al futuro, un’altra delle parole chiave del progetto di No’hma, dove la tecnologia viene usata come mezzo, potente, ma non come fine. “Una caratteristica di questo teatro – ha concluso Livia Pomodoro – è che noi facciamo tutti gli spettacoli anche in streaming e stiamo facendo anche molti spettacoli on live, secondo l’idea del professor Floris dell’Università di Oxford: perché in questo modo mettiamo in collegamento due platee e due palcoscenici che si riconoscono nello stesso momento nel quale si fa lo spettacolo”. Un riconoscimento che è necessariamente di natura culturale, ma prende anche forti connotazioni sociali che lo rendono vivo, presente e, soprattutto, rilevante.