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Dieci Miniballetti oltre il tempo: Francesca Pennini a Rovereto

Dieci Miniballetti oltre il tempo: Francesca Pennini a RoveretoRovereto, 9 mar. (askanews) – Il corpo è senza dubbio un mistero, per quanto vicino a ciascuno di noi esso sia. Un mistero che conosciamo ogni giorno, di cui esploriamo l’esistenza e i limiti. Ma può essere anche una macchina del tempo, uno strumento per ragionare sul nostro passato e rimetterlo, per quanto possibile, in scena. Francesca Pennini è un’artista che ragiona sul corpo in ogni respiro e lo porta sul palco con un’attenzione tra il commovente e il maniacale. Il che la rende spesso straordinaria, ma non nasconde il dolore, che resta e ci accompagna. Rivedere dopo alcuni anni lo spettacolo “10 Miniballetti”, portato al Teatro alla Cartiera di Rovereto per inaugurare la rassegna “Sottoscritta” rappresenta un’occasione per prendere di nuovo confidenza con l’idea di corpo, con l’enorme stupore che certi esercizi di Francesca Pennini provocano. Ci si trova, in un contesto apparentemente ordinario e di teatro aperto, tipico dei lavori del CollettivO CineticO, a chiedersi come sia possibile assumere certe posizioni, si prende la misura del rischio segreto che si nasconde dietro ogni successivo e meraviglioso movimento coreografico. Si sente, soprattutto, il respiro dell’artista, il suo affaticarsi che diventa misura della realtà dello spettacolo, e della realtà nello spettacolo, che è altrettanto importante: sono anche queste forme d’arte, ovviamente, che contribuiscono a definire il talento e il teatro della Pennini.


Poi arriva il tempo, sotto forma di passato, di documentazioni, ma anche di narrazione. L’artista racconta – e tutto lo spettacolo è raccontato, il che fa da contrappunto alla Bach alla presenza e fisicità di ciò a cui assistiamo – del quaderno delle coreografie che teneva da bambina e che appare oggi come una infantile forma di condanna già scritta e ineludibile, come nel racconto di Kafka intitolato proprio “La condanna”, ma qui anziché portare il povero Georg Bendemann a gettarsi nel fiume, porta l’artista a diventare se stessa, o almeno a farci percepire fortemente questa possibilità, mentre tratteniamo il fiato seduti in platea. “10 Miniballetti” rimette in scena, con diverse possibili interpretazioni, queste ipotesi di coreografie di una bambina, e quella bambina ritorna insieme alla donna che è diventata e loro due sono presenti insieme sulla scena, ciascuna con le proprie preoccupazioni e ansie, ciascuna con le proprie distanze. Ma unite poi nel gesto della danza, che non sappiamo se salva davvero loro, ma, certamente, salva noi pubblico, offrendoci una forma astratta e inafferrabile, ma evidente, di speranza. Ogni spettacolo del CollettivO CineticO è un misto di sensazioni: ci sono parti graniticamente durissime e altre di sorprendente levità, ci sono abissi e vette, niente è mai slegato, perché in fondo è la complessità di ogni persona ciò di cui si ragiona. Questi Miniballetti non fanno eccezione, neppure nel desiderio frolle di provare ad aggiustare ogni cosa, ben sapendo che non è possibile. Si sta come d’autunno, verrebbe da dire, e non c’è un seguito al verso, questa volta. Ma c’è la poesia, questa parola così bistrattata. E si manifesta anche quando, in uno stacco tra la prima e la seconda parte dello spettacolo, sulla scena restano sono solo un mucchio di piume e un drone che si solleva e, letteralmente, danza su una partitura classica, con una grazia così in contrasto con la sua stessa natura (o l’idea che ne abbiamo) da rendere quasi illuminante quello che vediamo. E le piume, mosse dal vento delle eliche dell’apparecchio, si liberano e danzano con esso. Potremmo pensare alla scena di Fantasia di Walt Disney, quando un mago Topolino fa ballare secchi e scope, ma potremmo anche solo pensare che c’è sempre qualcosa di inatteso e che la fortuna più grande è, ogni tanto, riuscire a coglierlo. In fondo, come il corpo e il cervello di Francesca, anche il drone danzante ci sta parlando di possibilità. E il suo rumore tecnologico si fonde con quello del respiro affannato dell’artista, ieri e oggi, diventando tutt’uno. Che il volo delle prime porta lontano. (Leonardo Merlini)

Vittorio Sgarbi confermato alla presidenza del museo Mart

Vittorio Sgarbi confermato alla presidenza del museo MartMilano, 11 mag. (askanews) – Vittorio Sgarbi è stato riconfermato alla presidenza del Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. “Sono felice – ha commentato Sgarbi – di poter continuare la mia attività, tanto intensa quanto emozionante, di presidente del Mart di Rovereto, con un consiglio di amministrazione che, oltre alle comprovate capacità di Silvio Cattani, si arricchisce della competenza specifica e della esperienza nel museo di Nicoletta Boschiero, cui vanno i miei auguri, mentre si congeda l’attiva e capace Daria Macii. Entro breve insedieremo il nuovo consiglio e nomineremo il nuovo comitato di studi. Intanto, prima di annunciare le prossime mostre, sono felice di comunicare le iniziative speciali già nell’obiettivo di espandere l’attività del Mart al cinema e al teatro, dopo il successo di ‘Margherita Sarfatti di Massimo Mattioli. La prima, calendarizzata il 12 giugno, sarà la rappresentazione su Giacomo Matteotti, in occasione del centenario della morte : ‘Il corpo’ su testo di Riccardo Nencini. A Matteotti si tornerà con lo spettacolo di Maurizio Donadoni: Matteotti Midley”.

Mostre, Chiara Dynys al Mart dal 22 aprile con “L’ombra della luce”

Mostre, Chiara Dynys al Mart dal 22 aprile con “L’ombra della luce”Milano, 15 apr. (askanews) – La luce, in primis, e il suo corrispettivo antitetico, l’ombra quale proiezione misteriosa, entità invisibile in assenza di luminosità: questi i temi al centro di “Chiara Dynys. L’ombra della luce”, il focus espositivo dell’artista Chiara Dynys, a cura di Daniela Ferrari, in programma presso il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto dal prossimo 22 aprile fino al 27 agosto 2023.

La scultura Gold Shell, come una soglia magica, accoglie nella piazza del museo i visitatori: una grande struttura di metallo lucente, che disegna nell’aria la forma simbolo tipica del linguaggio dell’artista e dà consistenza all’idea dell’andare oltre e del passaggio, un tema cruciale nella sua poetica. All’interno del foyer e in collaborazione con Building, le sette Giuseppe’s Door. Dalla luce evocata dalla grande porta che si staglia in piazza e dalle sculture piccole, si passa alla luce della consapevolezza emanata degli Enlightening Books, libri illuminanti, esposti sempre nel foyer del museo: libri di vetro sabbiato e dipinto a mano, simbolo di quanto il sapere chiarisca la nostra visione del mondo, nelle versioni bianco opalescente di Building. “Quella è l’illuminazione, la luce della conoscenza: quella è la magia” dice Dynys. “Come accade nella vita reale, tra tutti i libri possibili, solo alcuni sono “illuminati”, poiché non tutti illuminano il nostro cammino esistenziale”.

Un legame a doppio filo quello di Chiara Dynys con il Mart. Con Giotto Behind the Mirror, installazione site specific ispirata alla perfezione del grande Maestro, l’artista è fra i protagonisti della mostra “Giotto e il Novecento”, a cura di Alessandra Tiddia e tutt’oggi in corso presso il museo, prorogata fino al primo maggio.