Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Pichetto: “Se vogliamo le rinnovabili da qualche parte vanno fatte”

Pichetto: “Se vogliamo le rinnovabili da qualche parte vanno fatte”Roma, 14 ott. (askanews) – Sugli attriti con la Sardegna sugli impianti energetici e in generale su possibili frizioni con le Regioni “ho una preoccupazione che devono avere tutti gli amministratori regionali e tutti coloro che affrontano la questione: noi paghiamo l’energia elettrica il doppio di Francia e Spagna e il 40% in più della Germania, sono i nostri competitori. La scelta è vogliamo rinnovabili? Se vogliamo le rinnovabili da qualche parte le dobbiamo fare”. Lo ha affermato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante un’intervista a Radio 24.


“Dobbiamo trovare il punto di equilibrio – ha proseguito -. Certamente le cautele, ma da qualche parte vanno fatte. E certamente è più facile farle dove c’è il sole ma l’idroelettricolo dobbiamo farlo sulle Alpi. Tra l’altro io sono convinto che le Regioni si raccorderanno tra loro per evitare di avere 22 regolamentazioni diverse che sarebbe un danno per l’economia del Paese. Su questo sono convinto che ci sarà un raccordo positivo”.

Trasporti, nuovo brand per i treni regionali di Trenitalia

Trasporti, nuovo brand per i treni regionali di TrenitaliaRoma, 2 ott. (askanews) – Nasce “Regionale”, il nuovo brand che i passeggeri troveranno sui treni di Trenitalia muovendosi nella propria città o regione. Il nuovo brand Regionale è caratterizzato dal colore verde e da linee morbide e pulite, per definire un approccio semplice e orientato alla sostenibilità, valori distintivi del servizio.


“Non è solo un nome, o il colore del treno che sarà verde, ma sta a signifcare anche lo sforzo di Trenitalia, insieme alle Regioni, fatti negli anni scorsi e che faremo ancora nei prossimi anni, per ammordernare la flotta – ha detto l’ad di Trenitalia, Luigi Corradi, alla presentazione del nuovo brand -. Abbiamo un obiettivo: quello di raggiungere l’80% della flotta con i treni completamente nuovi, quindi sostituire i treni vecchi con treni nuovi. Abbiamo già superato il 60%, quindi penso che sia veramente un momento per iniziare a celebrare questa cosa e farla conoscere sempre di più, perché poi l’obiettivo di questo lavoro sono i nostri clienti, i nostri passeggeri. Convincere sempre più gente che il trasporto regionale in Italia è molto migliorato, è uno dei migliori al mondo”. Entro il 2027, il numero di nuovi convogli supererà quota 700 fra treni elettrici a doppio piano, monopiano e ibridi. Un investimento che, dal 2018 al 2027, ammonta a oltre 7 miliardi di euro per il rinnovo della flotta, ai quali si aggiungono altri 3 miliardi destinati all’implementazione di tecnologie e alla manutenzione avanzata.

Confcooperative Habitat, Maggioni: in 10 anni 87mila alloggi

Confcooperative Habitat, Maggioni: in 10 anni 87mila alloggiRoma, 24 set. (askanews) – Cooperative di abitanti, cura del suolo, cooperative di comunità a dispetto dell’over tourism e della speculazione. Sono alcuni dei temi su cui è impegnata la Cooperazione di Abitanti che, come alle sue origini, punta a tutelare il diritto alla casa e nell’impegno per comunità e società più eque, vero valore di un’economia sociale. Sono le tematiche al centro della conferenza per il 70esimo anniversario di Confcooperative Habitat, la Federazione di Confcooperative che raggruppa le cooperative di abitazione e le nuove cooperative di comunità.


“Solo negli ultimi 10 anni la cooperazione di abitanti ha realizzato 87.000 nuovi alloggi con prezzi, tra proprietà e affitto, inferiori almeno del 30% rispetto a quelli medi di mercato, con picchi anche dell’80%. Una politica di social housing ante litteram per far fronte al disagio abitativo e alla domanda messa a rischio”. Lo ha affermato Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat, secondo quanto riporta un comunicato in apertura della conferenza “Cooperare per l’eternità”. All’evento sono attesi gli interventi di: Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro dei Trasporti; Alessandro Morelli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio; Massimo Bitonci, sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy e di Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.


“Dal secondo dopoguerra a oggi la cooperazione è stata una grande protagonista della risposta abitativa, consegnando alloggi sia in proprietà sia in affitto a oltre 930mila famiglie; 70 anni di vita sono un traguardo importante, un momento per guardarsi dentro, riflettere e orientarsi ad un futuro incerto. Abbiamo trasformato l’Italia che usciva dalle macerie del secondo conflitto mondiale, grazie all’articolo 45 della Costituzione che riconosce il ruolo della cooperazione. Oggi – continua Maggioni – ci troviamo ad affrontare un altro tipo di macerie, quelle prodotte dalle crescenti disuguaglianze: stipendi bassi, costo della vita in crescita, mutui alle stelle e locazioni introvabili. E, quando si trovano, i canoni insostenibili stanno drammaticamente erodendo il diritto all’abitare giusto per molte famiglie, soprattutto quelle esposte a maggiore vulnerabilità”. Queste le sfide per il futuro: rendere città e territori ospitali, far convivere turismo e cittadini senza dover arrivare a illogici conflitti; coinvolgere con coraggio i giovani, dando loro voce e risorse per progettare un futuro migliore e più giusto. Territori belli, ma anche accoglienti per tutti.


In questo quadro l’associazione sottolinea anche il ruolo delle Cooperative di comunità: “Oltre 250 cooperative, più di 6.500 soci, circa 335.000 tra utenti e beneficiari garantite da un migliaio di occupati, in prevalenza donne. È questo l’identikit di un fenomeno che sta ridando energia e speranza ai territori delle aree interne. Sono imprese promosse da chi vive nei territori che rischiano lo spopolamento, con l’obiettivo di creare economie locali preservando natura, abitabilità, ospitalità e agricoltura. È urgente però una legge quadro nazionale – ribadisce Maggioni – che, qui come nella legislazione urbanistica, armonizzi il caos indotto dalle varie normative regionali. Sono interessati, tra gli altri, 5.500 comuni che rappresentano oltre il 60% della superficie nazionale”. Nel pomeriggio si terrà la presentazione e la premiazione dei progetti dei due bandi di Padova e di Torino dell’ultima edizione di AAAarchitetticercasi, il concorso per progettisti Under33 ideato e promosso da Confcooperative Habitat.


“La nostra politica abitativa è impegnata nel contrasto di consumo di suolo, privilegiando interventi di recupero di aree urbane degradate o dismesse. Un’azione che risponde alla necessità sempre più urgente di arrestare il consumo che nel nostro paese – continua Maggioni – secondo l’ultimo rapporto Ispra ha registrato una brusca accelerata a ritmi che non vedevamo più da 10 anni. Nell’ultimo anno infatti i fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno sfiorato i 2,5 metri quadrati al secondo e riguardato quasi 77 km quadrati in un solo anno (oltre 21 ettari al giorno): registrando un +10%”. “Il contrasto al dissesto idrogeologico parte dalle aree interne, 5.500 comuni che rappresentano il 67% della superficie nazionale. I cambiamenti climatici – sottolinea Maggioni – hanno prodotto danni per 111 miliardi, di cui 57,1 miliardi di euro solo per alluvioni. Negli ultimi 40 anni 1/3 del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue è stato “pagato” dall’Italia (Fonte Censis)”. Mentre “il consumo di suolo e di paesaggio non è determinato da una spinta demografica. Per questo è necessario regolare al meglio le trasformazioni territoriali, riducendo l’intasamento delle città, oggi sempre meno vivibili, con tempi di percorrenza casa – lavoro troppo elevati che minano la qualità della vita. Siamo tra i meno virtuosi in Europa. Insieme alla Francia – conclude Maggioni – i lavoratori italiani impiegano in media 45 minuti per andare da casa al lavoro. Gli italiani bruciano quasi 8 ore a settimana per andare e tornare dal lavoro. Come se trascorressero 4 giorni lavorativi al mese nel traffico tanto che quasi 1 su 2 desidera cambiare lavoro per avvicinarsi a casa”.

Trenitalia: dal 21 sett no check-in su biglietti digitali regionali

Trenitalia: dal 21 sett no check-in su biglietti digitali regionaliRoma, 14 set. (askanews) – A partire da sabato 21 settembre, in anticipo rispetto a quanto comunicato nei mesi scorsi, il biglietto digitale regionale si validerà automaticamente all’orario di partenza programmata del treno acquistato e non sarà più necessario fare il check-in. Lo riferisce con un comunicato Trenitalia (Gruppo FS Italiane).


Questa novità è stata pensata per rispondere alle esigenze dei viaggiatori, offrendo una maggiore comodità e riducendo il rischio di dimenticare di validare il biglietto prima di salire a bordo. E forse anche per superare le polemiche Restano invariate le condizioni di flessibilità per il cambio di data e di orario del viaggio. I passeggeri potranno continuare a effettuare cambi illimitati di data e orario di viaggio fino alle 23:59 del giorno precedente la partenza. Il giorno del viaggio, l’orario di partenza continuerà ad essere modificabile senza limiti, purché prima dell’orario programmato del treno scelto.


Con il biglietto digitale validato automaticamente all’orario di partenza – modalità che non elimina la possibilità di viaggiare con il tradizionale biglietto cartaceo – anche l’esperienza di viaggio diventa più semplice e sostenibile, conclude Trenitalia, oltre alla possibilità per i passeggeri di ricevere sul proprio dispositivo le informazioni relative al viaggio.

Treni, riattivata linea AV Roma-Napoli, con riduzione velocità

Treni, riattivata linea AV Roma-Napoli, con riduzione velocitàRoma, 8 ago. (askanews) – È stata riattivata la linea ferroviaria ad alta velocità Roma – Napoli con riduzione di velocità. Lo comunica Rete Ferroviara Italiana, precisando che la circolazione è in graduale ripresa dopo essere stata fortemente rallentata per due incendi, il primo nelle vicinanze della linea ferroviaria tra Salone e Anagni che ha provocato danni alle barriere antirumore e ad alcuni cavi e il secondo tra Gricignano e Caserta, senza danni all’infrastruttura.


L’intervento dei Vigili del Fuoco ha permesso di spegnere i due incendi di cui il primo di grosse dimensioni, prosegue un comunicato. I treni hanno registrato ritardi, limitazioni e cancellazioni. La circolazione riprenderà gradualmente. Potenziata l’assistenza ai passeggeri, conclude Rfi. (fonte immagine: RFI).

Negli ultimi 3 anni prezzi del gelato balzati del 30%

Negli ultimi 3 anni prezzi del gelato balzati del 30%Roma, 13 lug. (askanews) – Negli ultimi 3 anni i listini del gelato sono rincarati di quasi il 30%. In pieno aumento stagionale dei consumi, a fare i conti sul segmento è il Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc), che con un comunicato riferisce di aver elaborato i dati pubblicati sull’apposito osservatorio Mimit, mettendo a confronto i prezzi attuali di una vaschetta di gelato da 1 kg in tutte le città italiane con quelli in vigore nel 2021.


Il primo dato che emerge dalla ricerca è quello relativo al prezzo medio del gelato in vaschetta in Italia, si legge, che si attesta oggi a 5,86 euro al chilo, contro una media di 4,52 euro/kg del 2021, con un rincaro in tre anni del +29,6% – spiega il Crc – Aumenti quasi doppi rispetto al tasso di inflazione, che nel triennio 2021-2022-2023 si è attestata al 15,7%. Se si analizzano i listini nelle singole province, si scopre che Forlì è la città che oggi vanta il prezzo più alto del gelato, con una media di 8,28 euro al Kg, seguita da Firenze (7,79 euro), Bolzano (7,39 euro), Ancona (7,13 euro) e Milano (7,08 euro). Sul lato opposto della classifica Cuneo risulta la provincia più conveniente, con un prezzo medio di 4,21 auro al chilo, seguita da Arezzo (4,59 euro), Siena e Padova (entrambe a 4,60 euro) – afferma il Centro di formazione e ricerca sui consumi – Sul fronte dei rincari è a Lodi che si registrano gli aumenti più pesanti, pari al +48,7% sul 2021, seguita da Belluno e Ancona (+47,3%) e Verona (+46,8%). In totale 7 province segnano incrementi dei prezzi superiori al 40% rispetto al 2021. Situazione analoga nel settore dei gelati artigianali, dove i prezzi variano dai 20 ai 28 euro al kg (tra +20% e +30% sul 2021), mentre per un cono piccolo si spendono in Italia in media 2,7 euro, arrivando a sfiorare i 5 euro in alcune gelaterie del centro storico di Roma.


“Alla base dei forti rincari del gelato in Italia vi sono solo in parte gli incrementi delle quotazioni delle materie prime, dal cacao allo zucchero, che hanno influito sui costi a carico dei produttori – spiega il presidente del comitato scientifico Crc, Furio Truzzi – Gli aumenti sono semmai da attribuire ad una domanda in costante crescita, spinta anche dai turisti stranieri, al punto che per questa estate si prevedono consumi in salita del +6% con punte del +12% nelle città d’arte. Un business quello del gelato che sfiora in Italia i 2 miliardi di euro per quello industriale, con consumi pro-capite pari a 2,14 kg, e raggiunge i 3 miliardi per quello artigianale, dove la spesa annua è salita a circa 43 euro a cittadino” – conclude Truzzi.

L’economia del mare in Italia vale 178 mld, il 10,2% del Pil

L’economia del mare in Italia vale 178 mld, il 10,2% del PilRoma, 10 lug. (askanews) – Con 227.975 imprese e 1.040.172 di occupati, l’economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 64,6 miliardi di euro, che, considerando anche “il valore attivato” nel resto dell’economia, raggiunge i 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil nazionale. Sono le stime del XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato questa mattina a Roma, secondo quanto riporta un comunicato presso la Sala Longhi di Unioncamere alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci.


Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto, dice lo studio. Cresce il valore aggiunto diretto con un +15,1%, pari a due volte la crescita media italiana si ferma al 6,9%. Cresce il valore aggiunto complessivo di quasi un punto percentuale rispetto a quanto rilevato dall’XI Rapporto del 2023. Cresce il moltiplicatore, pari quest’anno a 1,8, a fronte dell’1,7% della scorsa rilevazione. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. Crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del 6,6%, pari a quasi quattro volte quello registrato nel Paese (1,7%). Rimane, invece, stabile il numero delle imprese. Come ogni anno, la dodicesima edizione del Rapporto, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.


All’evento di presentazione, moderato da Nunzia De Girolamo, sono intervenuti: il presidente di Unioncamere Andrea Prete, il presidente di Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina Giovanni Acampora, il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne Gaetano Fausto Esposito, il Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare Antonello Testa. “La blue economy si caratterizza come uno dei settori trainanti della nostra economia con una forte connotazione imprenditoriale. Ne è una dimostrazione l’incremento della base d’impresa che è aumentata nell’ultimo biennio dell’1,5% contro una contrazione di quasi due punti di quella complessiva, con una maggiore presenza di imprenditorialità giovanile e femminile”, ha sottolineato Andrea Prete, appena riconfermato presidente di Unioncamere, che ha aggiunto “al contempo l’economia del mare rappresenta una delle filiere in cui più forte è la crescita dell’attenzione al digitale e al green. Ecco perché il sistema camerale, che già nel passato ha dato forte enfasi all’economia blu, dedicherà nei prossimi anni un crescente impegno alle imprese di questo settore attraverso policy mirate sempre più inserite nel quadro delle priorità europee”.


“Il nostro Rapporto nazionale” – ha dichiarato Giovanni Acampora, Presidente Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina – “è diventato il documento di riferimento del sistema mare italiano, perché offre un’analisi puntuale del valore e del peso dell’Economia blu del nostro Paese, che mettiamo a disposizione di tutti: operatori del settore, Istituzioni, associazioni, imprese e dell’intero cluster del mare. Si tratta di un elemento imprescindibile per dare la giusta importanza alla Blue Economy italiana e affermare la sua leadership nel contesto euro-mediterraneo, in linea con il lavoro che stiamo portando avanti con il Piano del mare”. “In un Paese che è al primo posto in Europa tra le grandi economie per rapporto coste/superficie, la blue economy si caratterizza per essere “controcorrente” non solo perché ottiene risultati in termini di sviluppo e di occupazione superiori rispetto a quelli dell’economia complessiva, ma anche perché la crescita del valore aggiunto e degli occupati nel Mezzogiorno è stata di oltre due punti superiore a quella media italiana, grazie in particolare alle ottime performances del turismo”. Lo ha detto Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, secondo il quale “resta comunque da evidenziare che sia la produttività della filiera blu che la capacità di moltiplicare le risorse è inferiore nel Meridione, e che se entrambi i valori fossero allineati a quello dell’Italia settentrionale ci sarebbe un incremento di valore aggiunto locale di circa ulteriori 15 miliardi, pari a più di un quarto dell’attuale complessiva produzione blu al Sud”.


Secondo Antonello Testa, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare: “L’Economia del mare italiana conferma il suo trend di crescita superando i 178 miliardi di euro di valore aggiunto. I dati confermano la leadership dell’Italia in Europa, a differenza di quanto registrato dal EU Blue Economy Report 2024 che ci colloca al 4° posto come valore aggiunto dopo Germania, Francia e Spagna, guardando a un perimetro diverso dal nostro. La sfida dell’Italia si vince solo avendo la piena conoscenza dello scenario marittimo in cui ci muoviamo e della sua evoluzione in modo rapido e puntuale ed è quello che noi istituzionalmente, insieme al Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne – Unioncamere, facciamo da più di dieci anni”. Le imprese giovanili in Italia sono pari al 9,0% dell’economia blu, le imprese femminili al 22,4% e le imprese straniere al 7,4%. Secondo l’analisi la top 5 per incidenza del valore aggiunto dell’Economia del mare sul totale dell’economia territoriale vede a livello regionale: Liguria (11,9%), Friuli-Venezia Giulia (7,2%), Sardegna (7,1%), Lazio (6,0%) e Sicilia (5,7%). A livello provinciale: Trieste (18,9%), Livorno (17,6%), La Spezia (16,8%), Gorizia (13,7%) e Rimini (13,0%). Il Sud Italia consolida il suo primato di area a maggiore produzione di valore aggiunto con quasi 21 miliardi di euro di produzione diretta, pari a circa un terzo dell’intero “prodotto blu” nazionale. Lo stesso vale per l’occupazione, concentrata per oltre il 37% al Sud, nonché per le imprese, che addirittura superano nel Mezzogiorno le 111 mila unità, oltre il 48% dell’intera base imprenditoriale blu del Paese. Più basso invece il moltiplicatore pari all’1,6, a fronte del 2 del Nord-Est, dell’1,9 del Nord-Ovest e dell’1,7 del Centro.

Ciclovie, Corte Conti: sviluppo del sistema nazionale in ritardo

Ciclovie, Corte Conti: sviluppo del sistema nazionale in ritardoRoma, 25 giu. (askanews) – Sono numerosi i ritardi rilevati nella progettazione e nella realizzazione del Sistema nazionale delle ciclovie turistiche e degli interventi a sostegno della ciclabilità cittadina, con riflessi critici sulla gestione delle ingenti risorse messe a disposizione tra il 2018 e il 2023. Lo afferma la Corte dei conti, secondo quanto riporta un comunicato nella relazione che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, analizzando lo stato di avanzamento complessivo delle 10 ciclovie nazionali.


Tra queste la Ciclovia del Sole Firenze-Verona, ricordano i giudici contabili, la ciclovia Venezia-Torino, quella dell’acquedotto pugliese e il Grande raccordo anulare delle biciclette a Roma. Tutti progetti che puntano alla realizzazione di altrettanti itinerari archeologico-culturali a bassa velocità, con la titolarità dei ministeri delle infrastrutture e trasporti, della cultura e del turismo. Sul piano della programmazione, specifica la Corte, le carenze emerse sono legate anche alla tardiva adozione (agosto 2022) del Piano Generale della mobilità ciclistica, atteso sin dal 2018, e le lentezze procedurali osservate hanno inciso direttamente sulla gestione delle risorse, con numerose criticità inerenti al loro effettivo utilizzo e indicative di una capacità di spesa davvero ridotta.


Per la magistratura contabile, inoltre, l’insufficiente coordinamento fra le Pa interessate è stato elemento di particolare problematicità sul versante realizzativo, anche in considerazione delle tempistiche dell’intervento Pnrr sul “Rafforzamento della mobilità ciclistica”, tuttora in corso. La differenza, infine, tra costi medi sostenuti per le varie ciclovie, oltre a rendere indispensabili interventi all’insegna di una maggiore economicità, evidenzia, secondo la Corte, la necessità di un controllo centrale più efficace e coordinato nella gestione delle risorse e delle procedure, per il rispetto dei criteri programmatici e, in caso di interventi non più avviabili, per il recupero delle risorse erogate e l’eventuale riutilizzo, che renderanno fondamentale la collaborazione con il Mef.

Balneari, Ue: discutiamo con Italia, preferiamo accordi a deferimenti

Balneari, Ue: discutiamo con Italia, preferiamo accordi a deferimentiRoma, 3 mag. (askanews) – La Commissione europea “prende atto” della sentenza del Consiglio di Stato sul contenzioso in corso con l’Italia sulle concessioni balneari, e, spiegando che le discussioni con Roma restano aperte, ricorda che la decisione di avviare questa procedura di infrazione è stata presa “perché gli Stati hanno un obbligo di assicurare che le autorizzazioni su risorse naturali su cui vi sia scarsità nella disponibilità, e limitatezza nel numero, siano concesse per durate limitate e mediante procedure pubbliche aperte, aggiudicate sulla base di criteri obiettivi”. Lo ha riferito una portavoce della Commissione europea, Johanna Bernsel, rispondendo ad una domanda sul tema durante il briefing di metà giornata con la stampa.


“Non posso andare sui dettagli delle discussioni in corso, ma riguarda la salvaguardia di questi principi”. E eloquentemente ha aggiunto che in generale su questi temi “preferiamo gli accordi ai deferimenti alla Corte Ue”, ha detto. La portavoce ha ricordato che sul nodo dei balneari e degli stabilimenti la Commissione aveva emanato un parere motivato il 16 novembre dello scorso anno e che successivamente, a fine gennaio, aveva ricevuto una risposta dall’Italia. “Abbiamo ancora discussioni in corso”.


Incalzata sui tempi di queste discussioni, in particolare sulla possibilità che si voglia evitare un attrito sul caso prima delle elezioni europee, un’altra portavoce, Arianna Podesta ha replicato: “sapete molto bene che queste questioni richiedono tempo ad entrambe le parti, dato che sono correlate a diversi fattori. Abbiamo ricevuto la replica e ci vuole tempo per valutarla, è una questione complicata e discutiamo con gli Stati in maniera molto stretta per cercare una strada avanti. Ci vuole il tempo che ci vuole”, ha detto.

Edilizia, Anci e Cni firmano protocollo su rigenerazione urbana

Edilizia, Anci e Cni firmano protocollo su rigenerazione urbanaRoma, 22 apr. (askanews) – Il Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni) e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Aanci) hanno firmato oggi a Bari un protocollo d’intesa sul tema della rigenerazione urbana.


L’accordo, valido un anno – spiega una nota -, prevede sviluppo di percorsi di aggiornamento professionale, elaborazione di emendamenti e documenti sulle tematiche della rigenerazione urbana e del recupero edilizio; valutazione di eventuali proposte di legge atte a migliorare la vita dei Comuni e degli amministratori locali; promozione di tavoli di lavoro finalizzati allo studio delle normative, all’elaborazione di comuni progetti e di iniziative, volte a favorire la divulgazione e la uniforme applicazione della normativa tecnica sul territorio; attività di ricerca e divulgazione nel settore della rigenerazione urbana e del recupero edilizio; organizzazione di convegni, seminari e giornate di studio atte alla diffusione della cultura della rigenerazione urbana e del recupero edilizio e ogni altra forma di valorizzazione del patrimonio informativo; istituzione di borse di studio. Nel mettere in pratica i propri obiettivi Cni e Anci si avvarranno anche del supporto del centro nazionale di studi urbanistici (Censu) ed eventualmente anche della collaborazione di enti pubblici di ricerca.


Il protocollo, inoltre, potrà essere adottato come modello e punto di riferimento per analoghe attività e iniziative locali che possono coinvolgere, su base volontaria e tramite decisione libera ed autonoma, gli ordini territoriali degli ingegneri e le associazioni territoriali dell’Anci. “Sono molto contento che Cni e Anci abbiano assunto l’iniziativa di questo protocollo d’intesa – commenta il presidente dell’Anci, Antonio Decaro – e lo dico sia nella mia veste di rappresentante dei sindaci italiani sia in quella, per me se possibile ancor più sentita, di ingegnere che nella sua professione si è sempre occupato di opere pubbliche. La mia doppia esperienza personale mi ha insegnato quanto siano essenziali, per il governo del territorio, l’intesa e la collaborazione tra amministratori, tecnici e professionisti dotati delle più alte competenze. La rigenerazione urbana e il recupero del patrimonio edilizio sono processi tanto importanti per la crescita delle nostre comunità quanto complessi e articolati. Per questo è necessario che le politiche pubbliche si appoggino sulle migliori conoscenze relative alle nuove tecnologie disponibili e alle problematiche di opere che, nell’interesse dei cittadini, devono avere caratteristiche di alta qualità, sostenibilità e sicurezza. A questo fine sono sicuro che la collaborazione tra Cni e Anci si rivelerà utile alle amministrazioni e ai loro territori”.


“Cni e Anci – spiega Angelo Domenico Perrini, presidente del Cni – sono due enti istituzionali accomunati dal perseguire l’obiettivo dello sviluppo della cultura della rigenerazione urbana e del recupero edilizio nel nostro paese. Ciò può essere realizzato attraverso svariate attività quali ricerca, studio, comunicazione e promozione di questi temi. In questo senso, il protocollo che abbiamo firmato oggi punta a stabilire una stretta collaborazione tra Cni e Anci per divulgare nella maniera più appropriata le informazioni e sensibilizzare le amministrazioni rispetto a questi temi, attraverso lo studio dei fenomeni e della statistica, la puntuale analisi normativa, l’analisi e la promozione delle evoluzioni tecniche e delle buone pratiche. Il tutto anche attraverso la promozione di convegni, seminari e borse di studio”.