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Caso Al-Masri, Meloni e governo contro Cpi e Germania. Imbarazzo in Ue

Caso Al-Masri, Meloni e governo contro Cpi e Germania. Imbarazzo in UeRoma, 1 feb. (askanews) – Complotto europeo contro l’Italia, complotto dei giudici contro il governo. E’ una guerra su tutti i fronti quella dichiarata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal governo sul caso Al-Masri, il generale libico, conosciuto come il “torturatore di Mitiga”, arrestato in Italia su mandato della Corte penale internazionale e poi scarcerato e rimpatriato su un Falcon di Stato.


Una vicenda ancora tutta da chiarire (su cui il governo starebbe anche valutando l’apposizione del segreto di Stato) che ormai è stata oscurata dalla polemica politica dopo che lo scorso 28 gennaio, con un video pubblicato sui social, la premier ha annunciato di aver ricevuto un avviso di garanzia – che in realtà è un avviso di procedimento, una cosa diversa – dalla Procura di Roma insieme ai ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, autorità delegata alla sicurezza. Il procedimento è nato da una denuncia presentata da Luigi Li Gotti, avvocato, già sottosegretario alla giustizia nel governo Prodi II (in quota Italia dei Valori) ma con una formazione politica di destra, prima del Movimento sociale italiano poi in Alleanza nazionale. Meloni e gli altri esponenti del governo hanno scelto come avvocato Giulia Bongiorno, senatrice leghista e presidente della commissione Giustizia che ha suggerito di tenere bassi i toni. Evidentemente inascoltata. Sul fronte interno la linea è quella dell’attacco alla cosiddetta “giustizia a orologeria”. In primo luogo contro il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi che – va ricordato – non è una ‘toga rossa’ ma viene dalla corrente di destra di Magistratura Indipendente, la stessa di Mantovano. Per Meloni quello di Lo Voi è stato un atto non “dovuto” ma “chiaramente voluto”. E Fratelli d’Italia, con una “batteria” di comunicati, ha anche adombrato – neanche velatamente – il motivo: sarebbe stata una “vendetta giudiziaria” perché Palazzo Chigi (Mantovano) gli ha tolto l’uso del volo di Stato per tornare a Palermo dalla capitale. E’ comunque, per la premier, un attacco di parte della magistratura al governo, magari per cercare di fermare la riforma della giustizia. Ma “se alcuni giudici vogliono governare, si candidino alle elezioni”, avverte, mentre consulta con un sondaggio la base del partito su eventuali manifestazioni di piazza.


Ma per questa newsletter quel che interessa di più è il fronte “esterno”, tutto europeo. E qui nel mirino ci sono la Cpi (peraltro istituita a Roma nel 1998), e anche la Germania. L’idea di Meloni, che ha chiesto “chiarimenti” ai giudici dell’Aia, è che la tempistica della richiesta di arresto sia “sospetta” perchè la Corte “ci ha messo mesi a spiccare il mandato di arresto ed è stato spiccato quando aveva già attraversato almeno 2-3 nazioni europee”. Dunque – è l’ipotesi accreditata – potrebbe essere stato un modo per mettere in difficoltà proprio l’Italia. Anche una “colomba” come il ministro degli Esteri Antonio Tajani parla di possibile “attacco politico, anche con il sostegno di qualcun altro all’estero”. E sul banco degli accusati c’è la Germania, il Paese in cui era transitato Al-Masri prima di arrivare in Italia. Proprio Berlino avrebbe segnalato il passaggio del generale (che avrebbe legami con vari servizi segreti) alla Cpi, che ha quindi diramato l’ordine di arresto. “Se i sospetti che gli 007 tedeschi abbiano tramato contro l’Italia per bloccarne l’ascesa fossero confermati, sarebbe un fatto gravissimo”, attacca Andrea Delmastro (Fdi), sottosegretario alla Giustizia, fedelissimo di Meloni, che chiede “un chiarimento immediato in Europa”. Europa che, al momento, appare chiaramente imbarazzata. In questi casi, in cui vi sono posizioni controverse assunte da un governo nazionale e sottoposte a forti critiche dalle opposizioni, per i portavoce della Commissione è chiara la linea da tenere (si chiama proprio così, “line to take”, ed è fissata per iscritto nelle riunioni quotidiane in cui si cerca di prevedere le domande dei giornalisti) nelle risposte ai giornalisti: “Non commentiamo”. Ma in questo caso, nonostante l’usuale prudenza e le frasi paludate, la Commissione ha tenuto comunque a sottolineare due caratteristiche fondamentali della Corte penale internazionale, proprio quelle che le accuse del governo italiano sembrano mettere in dubbio: la sua indipendenza e la sua imparzialità. “Quello che possiamo dire, come Commissione europea e come Unione europea, è che sosteniamo la Corte penale internazionale e i principi stabiliti nello Statuto di Roma”, con cui è stata istituita, “e rispettiamo l’indipendenza e l’imparzialità della Corte”, ha affermato il portavoce per la Politica estera dell’Esecutivo comunitario, Anouar El Anouni, rispondendo a una domanda sul caso Almasri venerdì 31, durante il briefing di mezzogiorno per la stampa. La domanda riguardava specificamente le accuse da parte di esponenti del governo italiano, secondo cui la Cpi avrebbe deliberatamente emesso il mandato di cattura per Almasri solo dopo che il generale libico aveva lasciato la Germania ed era arrivato in Italia. Il portavoce della Commissione ha quindi ribadito le posizioni espresse dal Consiglio Ue nelle sue conclusioni del 26 giugno 2023, nel 25esimo anniversario dell’adozione dello Statuto di Roma. In quell’occasione, ha ricordato, “il Consiglio ha invitato tutti gli Stati membri a garantire la piena cooperazione con la Corte internazionale”, e questo, ha puntualizzato, “anche tramite la rapida esecuzione dei mandati di arresto in sospeso”.


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Cpi contro l’Italia per scarcerazione Almasri, imbarazzo in Ue

Cpi contro l’Italia per scarcerazione Almasri, imbarazzo in UeRoma, 25 gen. (askanews) – Il caso Almasri provoca una frattura tra la Corte penale internazionale e il governo italiano e crea imbarazzo nell’Unione europea, che si nasconde dietro silenzi e “no comment”.


Najeem Osema Habish, conosciuto come Almasri (“l’egiziano”), capo della polizia giudiziaria libica, è stato arrestato lo scorso 19 gennaio a Torino, su richiesta della Corte penale internazionale. Secondo i magistrati dell’Aia, Almasri sarebbe responsabile di aver coordinato, ordinato e eseguito omicidi, violenze sessuali e torture nelle strutture carcerarie di Tripoli, in particolare a Mitiga, il penitenziario dove vengono rinchiusi migliaia migranti. Proprio per questo è detto anche il “torturatore di Mitiga”. Almasri è stato rilasciato appena due giorni dopo l’arresto, espulso e rimpatriato, con un volo di Stato, in Libia. Una storia dai contorni poco chiari che ha provocato l’irritazione della Cpi e le proteste delle opposizioni in Italia, che hanno chiesto al governo di riferire in Parlamento. La prima spiegazione è arrivata informalmente dal Ministero della Giustizia, che si è giustificato parlando – in sostanza – di un cavillo burocratico. Una volta eseguito l’arresto, sono stati informati la Corte d’Appello di Roma, competente per la materia, e il Ministero della Giustizia. Per ‘convalidare’ l’arresto sarebbe servito un atto del ministro Carlo Nordio, che però non è arrivato perché “considerato il complesso carteggio” il ministro stava “valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma”. Una ricostruzione ben poco convincente per le opposizioni che hanno chiesto al governo di riferire al Parlamento con un’informativa, ipotizzando che dietro allo strano rilascio ci sia una motivazione “politica” legata ai rapporti tra Roma e Tripoli, in particolare nella “gestione” dei migranti. Informativa che non arriverà prima della prossima settimana. Nel frattempo anche la Corte ha chiesto “chiarimenti” ricordando “il dovere di tutti gli Stati membri di cooperare pienamente”.


In attesa che arrivino le spiegazioni, giovedì 23 è stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a parlare rispondendo al question time, ma senza fugare i dubbi. Piantedosi non è entrato nel merito dei fatti che hanno portato alla scarcerazione, limitandosi a dire che “considerato che il cittadino libico era a piede libero in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte Penale Internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato”. Almasri è stato quindi imbarcato sul volo di Stato e riportato in Libia, accolto tra gli applausi. Il ‘caso’ crea imbarazzi anche a Bruxelles. “Non spetta alla Commissione attuare un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Tutti gli Stati membri dell’Ue fanno parte dell’accordo di Roma, e devono tutti applicare quelle regole e collaborare con la Corte penale internazionale”, ha risposto un portavoce dell’Esecutivo comunitario, Anouar El Anouni, alle domande poste durante il briefing quotidiano per la stampa del 23 gennaio. A un giornalista che chiedeva se la Commissione intenda sollecitare chiarimenti sulla vicenda da parte del governo italiano, un’altra portavoce, Arianna Podestà, ha replicato: “Questo è un caso in cui abbiamo una decisione proveniente da una corte nazionale, ed è una cosa che deve essere discusso direttamente con quella corte”. “Ciò che abbiamo sempre detto – ha continuato Podestà – è che l’Ue sostiene la CPI e i principi enunciati nello Statuto di Roma della Corte”. Ma, ha ribadito, “questa è una questione tra una corte nazionale e la Corte penale internazionale”. Rispondendo ad altre domande, la portavoce ha poi aggiunto: “Quello che diciamo, e che abbiamo già detto, è che ribadiamo il nostro forte impegno per la giustizia penale internazionale e la lotta contro l’impunità. Questo è un principio consolidato a cui ci atteniamo sempre. Inoltre, come scrive anche il Consiglio europeo nelle sue conclusioni del 2023, facciamo appello a tutti gli Stati membri affinché garantiscano la piena cooperazione con la Corte nell’esecuzione dei mandati di arresto internazionali”. “Ci sono contatti e discussioni in corso tra le autorità nazionali e la CPI. Non spetta alla Commissione commentare. Le due parti stanno chiarendo, stanno discutendo le procedure, stanno discutendo i fatti e non abbiamo altro da aggiungere come contributo a questa discussione in corso”, ha detto ancora Podestà.


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli