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Ue, vice bloccati fino al 20: dopo “corrida” su Ribera possibile accordo

Ue, vice bloccati fino al 20: dopo “corrida” su Ribera possibile accordoRoma, 15 nov. (askanews) – E’ il 20 novembre la data decisiva per il futuro dei vicepresidenti della nuova Commissione europea e il centro della vicenda non sarà né a Bruxelles né a Roma, ma a Madrid. Anche se in Italia c’è la tendenza a vedere Raffaele Fitto come il protagonista, suo malgrado, dello scontro in atto, è la spagnola Teresa Ribera la figura al centro della tempesta. E nel mirino c’è il premier Pedro Sanchez.


Ribera, giurista dal curriculum impeccabile, vice premier e ministra della Transizione ecologica, è stata designata da Ursula von der Leyen come vicepresidente con le importanti deleghe alla Transizione pulita, giusta e competitiva e alla Concorrenza. Poi è arrivata la Dana, la tempesta che ha devastato la provincia di Valencia e travolto anche Ribera, che ha la responsabilità della Protezione civile, accusata di non essere intervenuta con prontezza. Il leader popolare spagnolo Alberto Nunez Feijòo ha chiesto e ottenuto che il Ppe tenesse una linea di estrema durezza nel corso dell’audizione (anche se c’era un patto di non belligeranza con i Socialisti, e infatti Fitto non è stato messo in particolare difficoltà) e soprattutto che la sua nomina non venga sbloccata prima di mercoledì 20 novembre, quando Ribera si presenterà per un’altra difficile audizione, questa volta davanti al Parlamento spagnolo, che la interrogherà sulla gestione della Dana, in quella che si preannuncia come una vera e propria “corrida”.


Dopo quella data si vedrà, con la consapevolezza del fatto che il leader del Ppe Manfred Weber difficilmente potrà sottrarsi alle richieste di Feijòo: il tedesco punta a una conferma alla guida dei Popolari alla loro prossima assemblea di aprile, e anche se la fronda interna (vedi il premier greco Mitsotakis e il polacco Tusk) non sembra ancora pronta al “ribaltone”, la componente spagnola è fondamentale per la sua rielezione. “Preparo i pop-corn”, avrebbe detto un ex presidente del Consiglio italiano. L’attuale inquilina di Palazzo Chigi, invece, con tutta probabilità seguirà la giornata del 20 novembre con un doppio animo: da un lato l’apprensione per il destino di Fitto, dall’altro una malcelata soddisfazione per le difficoltà di Sanchez, il leader europeo che più di tutti gli altri, nelle ultime settimane, ha marcato la sua distanza dalla premier italiana, in particolare sul modello dei centri in Albania che “crea problemi, più che risolverli”. Da qui ad allora le diplomazie sono al lavoro, per trovare un’intesa prima del fatidico mercoledì 27 novembre, quando è previsto nella plenaria di Strasburgo il voto di fiducia (attenzione: a scrutinio segreto) sull’intera nuova Commissione. Ogni previsione è difficile, anche se non siamo ancora all’1X2, dato che l’affondamento della nuova squadra di von der Leyen non sembra convenire a nessuno in questo momento. E meno che mai al Ppe, che non ha mai avuto un numero così predominante di propri membri nella Commissione.


Secondo il capo delegazione di Forza Italia nel gruppo del Ppe al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello “c’è una landing zone, una zona di atterraggio: la settimana prossima si troverà un accordo, probabilmente”. Martusciello, che durante l’audizione di Ribera l’aveva attaccata con virulenza per le sue presunte responsabilità nella cattiva gestione del disastro della Dana, con una nota stampa venerdì 15 ha puntualizzato: “Non vedo drammi sulle polemiche attorno a Fitto e Ribera, sono questioni che si risolveranno. Basta attendere”. E ha aggiunto: “Abbiamo deciso di attendere il 20 novembre, data in cui Teresa Ribera parlerà al Parlamento spagnolo. Noi siamo garantisti sempre. Ribera non è stata condannata, quindi il tema è esclusivamente politico e troverà una soluzione”. Meno ottimista il coordinatore del gruppo Renew in commissione Ambiente, il liberale francese Pascal Canfin. Dopo il voto in plenaria di giovedì 14 (in cui gli eurodeputati hanno approvato delle modifiche da introdurre al regolamento Ue contro la deforestazione, con gli emendamenti del Ppe passati grazie a una maggioranza di centro-destra-ultradestra) ha avvertito Canfin, “non siamo ancora alla crisi politica, ma iniziamo a vederne i segnali” ed è il Ppe che “sta aprendo il vaso di Pandora”. “L’ipotesi più probabile – sottolinea un’altra fonte europea – è che dopo il processo pubblico a Ribera le acque si calmino e che si possa procedere al voto in blocco dei membri designati della Commissione” rimasti bloccati dai veti incrociati, “magari dopo una rassicurazione pubblica, con una lettera di von der Leyen sul fatto che non ha alcuna intenzione di cambiare la maggioranza di luglio”. In altre parole, si fa strada l’ipotesi che Socialisti e Democratici (S&D) e i Liberali di Renew possano rinunciare alla richiesta di togliere a Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo, se von der Leyen garantirà che il maggior potere affidato all’italiano nella nuova Commissione non è legato a un ingresso del suo gruppo di riferimento, l’Ecr, nella maggioranza “europeista”, ma è piuttosto un gesto di riguardo per l’importanza del suo paese di provenienza.


A conferma di questa ipotesi, lo stesso Martusciello giovedì ha sottolineato che secondo quanto ha riferito da Manfred Weber “c’era un accordo nel Consiglio europeo sulla vicepresidenza esecutiva di Fitto”, e che “la capogruppo dei Socialisti (la spagnola Iratxe García Pérez, ndr) ha detto che non era a conoscenza di questo accordo, ma ne prendeva atto. Mi pare, quindi – concludeva Martusciello -, che si vada sostanzialmente verso uno scongelamento delle posizioni”. Fitto, intanto, è rientrato in Italia per il fine settimana. Al momento la linea è quella di restare coperto in Europa, lasciando che si consumi la lite su Ribera. Ma per lui – e per von der Leyen – si sta muovendo Antonio Tajani, che sempre venerdì 15 ha avuto un colloquio con Weber a Monaco di Baviera, ribadendo che “di fronte alle sfide da affrontare, da migrazioni a competitivita’, occorre lavorare per soluzioni. E’ necessario approvare la nuova Commissione nei tempi previsti”. E soprattutto si è mosso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che giovedì sera lo ha ricevuto al Quirinale diramando poi un breve quanto denso comunicato: il capo dello Stato ha “formulato gli auguri per l’affidamento dell’incarico – così importante per l’Italia – assegnatogli dalla presidente Von der Leyen nell’ambito della Commissione dell’Unione europea”. Un bollino di garanzia per i partner europei ma anche – sembra di leggere – un messaggio al Pd, perché non faccia mancare il sostegno al commissario. di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese

Ue, se lo stallo su Fitto preoccupa chi ambisce alla “promozione”

Ue, se lo stallo su Fitto preoccupa chi ambisce alla “promozione”Roma, 15 nov. (askanews) – L’impasse sulla nomina di Raffaele Fitto ha creato un po’ di ansia nel centrodestra italiano. E non solo per il rischio di non ottenere il ruolo di primo piano che, come viene detto, spetta all’Italia, ma banalmente per le speranze personali di chi spera in una “promozione”.


“Come andrà a finire?”, chiede preoccupato al cronista un esponente della maggioranza che ambisce a un upgrade. Certo è consapevole che gli spazi di manovra sono molto stretti perché il punto fermo nella testa di Giorgia Meloni è cambiare il meno possibile. La parola “rimpasto” la premier non la vuol sentir dire, a maggior ragione dopo lo “choc” del caso Sangiuliano, il difficile inizio di Alessandro Giuli al Ministero della Cultura e la previsione di ulteriori possibili modifiche da apportare alla squadra di governo per la posizione giudiziaria di Daniela Santanchè. Mettere mano agli equilibri, per la premier, vorrebbe dire aprire rischi di destabilizzazione dell’esecutivo. E quindi l’idea è sempre quella di “spacchettare” il pesante portafoglio di Fitto, affidando la regia del Pnrr ai sottosegretari alla Presidenza Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, mantenendo invariata – e magari potenziando – la squadra di tecnici che si sta occupando del Piano, che ora è entrato nel vivo dell’attuazione pratica, la cosiddetta messa a terra. E però c’è sempre la speranza per quei due posti da sottosegretario lasciati liberi da Augusta Montaruli e Vittorio Sgarbi e mai ricoperti. In ballo ci sarebbero le deleghe per gli Affari europei e per la Coesione e il Sud. Posti che sarebbero – negli accordi già definiti – appannaggio di Fratelli d’Italia. Ma dentro e anche fuori dal perimetro di Fdi c’è chi spera e si adopera per accreditarsi come papabile. In attesa di sapere “come andrà a finire”.


di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Ue, indiscreto: Meloni cambia hotel a Bruxelles?

Ue, indiscreto: Meloni cambia hotel a Bruxelles?Roma, 15 nov. (askanews) – Corre voce che Giorgia Meloni voglia cambiare l’hotel (l’Amigo) dove alloggia di solito quando arriva a Bruxelles e che già utilizzavano Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, Mario Draghi. Voglia di cambiamento? Vicini (Macron e Scholz) poco graditi? Troppi giornalisti in giro? Vedremo se l’idea si concretizzerà.


L’Hotel Amigo (gruppo Rocco Forte) è un cinque stelle a due passi dalla Grand Place. Citato per la prima volta nei registri cittadini nel 1522, fu in seguito utilizzato come prigione. Nel 1958, in occasione dell’Esposizione Universale, la famiglia Blaton lo trasformò in un hotel vip. Il nome è dovuto proprio al periodo in cui il palazzo era un carcere: i parenti dei reclusi, un po’ vergognandosi, quando veniva chiesto loro dove era il congiunto rispondevano “da un amico”. Al bar dell’hotel, recentemente ristrutturato e intitolato a Magritte, Angela Merkel tirava tardi con il suo staff. Oggi anche Olaf Scholz, a fine giornata, si ferma volentieri al bar per una birra, mentre Emmanuel Macron preferisce un buon calice di vino. Il bar dell’Amigo è stato anche il teatro, nel dicembre dello scorso anno, di un lungo incontro tra Meloni e il presidente francese, per un colloquio di disgelo facilitato da un buon bicchiere (bianco lei e rosso lui). All’incontro, catturato in una foto “rubata”, si unì in seguito anche il cancelliere tedesco.


di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli

Ue, le “pagelle” dei commissari: sono andati (quasi tutti) bene

Ue, le “pagelle” dei commissari: sono andati (quasi tutti) bene(di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese) Bruxelles-Roma, 8 nov. (askanews) – È stata una settimana incredibilmente intensa a Bruxelles, con ben 20 audizioni di conferma al Parlamento europeo, di oltre tre ore ciascuna, dei commissari designati del nuovo Esecutivo di Ursula von der Leyen. Mancano solo i sei vice presidenti esecutivi, che saranno ascoltati dagli eurodeputati martedì.


Nel complesso, anche in confronto alle esperienze passate, è andata piuttosto bene: a parte il responso, rimasto per ora in sospeso, sull’audizione dell’ungherese Oliver Varhelyi (su cui pesa soprattutto il fatto di essere stato nominato dal governo di ultradestra e antieuropeo di Viktor Orban), gli altri 19 commissari designati sono passati tutti. Non senza un momento di tensione, tuttavia: quando la svedese del Ppe Jessika Roswall (Ambiente, audizione di martedì 5 novembre) e la liberale belga Hadja Lahbib (Preparazione e Gestione delle crisi, audizione di mercoledì 6 novembre), sono state oggetto di una ‘presa di ostaggi politica’, che si è comunque risolta nel giro di poche ore, dopo una riunione dei coordinatori politici delle commissioni parlamentari competenti, e un intervento risolutivo dei capigruppo della ‘maggioranza Ursula’ (Ppe, Socialisti e Democratici, Liberali di Renew), nel pomeriggio di mercoledì.


Alla fine, Roswall, che effettivamente aveva svolto un’audizione deludente e ripetitiva, dimostrando di non conoscere abbastanza le tematiche del proprio portafoglio, e Lahbib, che invece aveva dato una buona prova, e probabilmente sarebbe passata senza problemi se non fosse stata individuata dal Ppe come ostaggio ideale per piegare Liberali e Socialisti, hanno ottenuto entrambe il via libera dalla maggioranza necessaria (dei due terzi) dei coordinatori dei gruppi politici. Come sono andati gli altri?


Benissimo il danese Jorgensen (Energia, S&D) e il lussemburghese Hansen (Agricoltura); bene l’olandese Hoekstra (Clima e Tassazione, Ppe), lo slovacco Sefcovic (Commercio, non affiliato), l’austriaco Brunner (Interni e Immigrazione, Ppe), il lettone Dombrovskis (Economia e Produttività, Ppe) l’irlandese McGrath (Giustizia e Stato di diritto, Renew), il greco Tzitzikostas (Trasporti e Turismo, Ppe), il polacco Serafin (Bilancio, Ppe). Il caso Varhely


All’ungherese Varhelyi (Salute e Benessere animali), vicino al gruppo di estrema destra Patriots, fondato da Viktor Orban, è stato chiesto di rispondere entro lunedì 11 novembre a una serie di domande scritte supplementari, dopo di che i coordinatori decideranno se dargli il via libera, proporre una nuova audizione, chiederne la bocciatura o modifiche al portafoglio assegnato. Varhelyi, comunque, si è difeso bene durante la sua audizione, non ha mai perso la calma nonostante i continui attacchi di molti eurodeputati, ed è stato criticato più su una questione marginale e controversa, quella del diritto all’aborto, che su punti specifici del proprio portafoglio. Il commissario designato ha ricordato che le leggi sull’aborto sono una competenza nazionale degli Stati membri (vero), e si è quindi rifiutato di impegnarsi a riconoscere e promuovere il diritto all’aborto come uno dei ‘diritti alla salute sessuale e riproduttiva’, secondo la definizione usata nelle convenzioni internazionali contro le discriminazioni di genere. Hoekstra chiude ai biocarburanti Da notare che l’olandese Wopke Hoekstra, nella sua audizione come commissario designato al Clima (ruolo che svolge già da un anno nell’attuale Commissione) ha confermato la chiusura dell’Esecutivo comunitario riguardo all’eccezione per i biocarburanti, che è stata chiesta soprattutto dall’Italia, per potere continuare a usarli dopo il 2035, quando tutti i veicoli immessi sul mercato Ue dovranno essere a emissioni zero. ‘I biocarburanti non possono essere parte del mix’ delle fonti energetiche per conseguire quest’obiettivo, perché ‘sarebbe eccessivamente difficile renderli completamente carbon-free’, ha detto Hoekstra. ‘Non posso riaprire questo punto, non posso andare a rivedere gli impegni che abbiamo assunto su come procedere per il settore auto’, ha aggiunto, prevedendo comunque ‘un futuro radioso’ per i biocarburanti ‘in altri settori’. Dombrovskis riapre al debito comune Va notata anche, dopo la netta chiusura della settimana scorsa da parte di von der Leyen, una timida riapertura, forse solo tattica, da parte del commissario designato agli Affari economici, l’attuale vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis, alla possibilità di proporre nuove emissioni di debito comune da parte dell’Ue per obiettivi prioritari comuni concordati dai Ventisette, come d’altra parte prospetta anche Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro della competitività europea. Dopo la scadenza del Pnrr, ha osservato Dombrovskis, ‘dovremo vedere come potenziare le capacità d’investimento’ dell’Ue per le priorità comuni (transizione verde e digitale, competitività, sicurezza e difesa. Questo, ha ricordato, è un lavoro che dovrà fare soprattutto il nuovo commissario Ue designato al Bilancio, il polacco Piotr Serafin. ‘Dovremo trovare come finanziare gli investimenti: attraverso nuove risorse proprie (del bilancio comunitario, ndr) che saranno proposte l’anno prossimo, attraverso contributi più rilevanti da parte degli Stati membri, oppure – ha detto finalmente – attraverso prestiti comuni. Tutto questo sarà discusso nell’ambito del nuovo quadro pluriennale di bilancio’. Dombrovskis ha precisato che ‘il primo punto importante è decidere cosa vogliamo finanziare; e se ci mettiamo d’accordo su questo, per quali importi. A quel punto possiamo discutere su come esattamente finanziarli. E penso – ha concluso – che nessuna opzione sia esclusa’. Von der Leyen il 30 ottobre aveva affermato invece che, quando viene individuato ‘un progetto europeo comune che vogliamo portare avanti insieme’, come ad esempio uno scudo europeo di difesa aerea, i modi per finanziarlo sono solo due: ‘O con contributi nazionali o con nuove risorse proprie’ per il bilancio comunitario. ‘Quindi su uno di questi due elementi dobbiamo decidere come andare avanti’, aveva aggiunto, concludendo che ‘non ci sono altri modi per finanziare progetti futuri’. Che cosa è accaduto in questa settimana per determinare questa riapertura (supponendo che Dombrovskis sia in linea con von der Leyen)? C’entra qualcosa la decisione del cancelliere tedesco Olaf Sholz di licenziare in tronco il suo ministro delle Finanze, il falco liberale Christian Lindner, ferocemente contrario al debito comune europeo? Ridefinite le competenze per le commissioni su Ambiente e Salute La riunione di mercoledì dei tre leader politici della maggioranza Ursula (il tedesco Manfred Weber,Ppe, la spagnola Iratxe García Pérez, S&D, e la francese Valéry Hayer, Renew), cha ha chiuso il caso Roswall-Lahbib, ha fornito l’opportunità per risolvere anche un’altra questione rimasta in sospeso: la distribuzione dei compiti tra la ‘vecchia’ commissione Ambiente (Envi), una delle più importanti del Parlamento europeo, e la nuova sottocommissione Salute (Sant), nella ‘zona grigia’ in cui le due aree di competenza di sovrapponevano. Sembra una questione di lana caprina, ma sono decisioni con una grande influenza sull’attività legislativa, e importantissime per le lobby. La Sant (presieduta dal pomacco Adam Jarubas, Ppe) è stata istituita ex novo nel febbraio 2023, soprattutto per volontà del Ppe e proprio per cercare di contrastare e bilanciare l’onnipresente influenza della Envi (presieduta dall’italiano Antonio Decaro, Pd) nel lavoro legislativo del Parlamento europeo, come si è visto in particolare nella scorsa legislatura riguardo al Green Deal. Un passaggio cruciale in questo tentativo di riequilibrio è il passaggio di status della Sant da sotto-commissione (sotto l’egida della Envi) a vera e propria commissione autonoma. Il negoziato dietro le quinte ha portato alla decisione che volevano i Socialisti e i Liberali. Alla commissione Envi rimarranno tutte le competenze sanitarie che hanno a che fare con l’ambiente: sicurezza alimentare, pesticidi e sostanze chimiche, qualità dell’aria e dell’acqua; alla Sant andranno le competenze riguardo alla sanità e sistemi sistemi sanitari, tabacco, industria farmaceutica e dispositivi medicali.

Ue, Pse proverà a “demansionare” Fitto ma Ribera lega mani sinistra

Ue, Pse proverà a “demansionare” Fitto ma Ribera lega mani sinistra(Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli) Roma-Bruxelles, 8 nov. (askanews) – Non affondare Raffaele Fitto ma colpirlo, ovvero demansionarlo, togliendogli i gradi di vicepresidente esecutivo per ridurlo a commissario semplice. E’ questa l’ipotesi che si fa strada nel Partito socialista europeo – in alleanza con i Verdi e i Liberali di Renew – in vista del “big tuesday”, come a Bruxelles hanno ribattezzato il 12 novembre, quando sono in programma le audizioni dei vice designati da Ursula von der Leyen. Proprio a lei, oltre che a Giorgia Meloni, sarebbe indirizzato il “segnale”: lo spostamento a destra impresso dalla presidente tedesca, in particolare sul tema dei migranti, ha indispettito Pse, Liberali e Verdi.


Fitto è certo del sostegno del Partito popolare europeo (“Lo consideriamo un commissario nostro”, sottolinea una fonte di alto livello interno al partito), naturalmente dei Conservatori di Ecr guidati da Meloni e anche dei Patriots di Viktor Orban – che lo ritiene “eccellente e pefetto” per il ruolo – Matteo Salvini e Marine Le Pen. Ma senza i socialisti i 2/3 necessari per un immediato via libera in commissione potrebbero non essere raggiunti. Con il Pd, prima componente del gruppo S&D, che al momento non si espone (l’audizione sarà “attenta e rigorosa e poi decideremo”, dice un europarlamentare Dem), giovedì il leader dei socialisti francesi Raphael Glucksmann ha detto chiaramente che il suo partito e il Pse non intendono dare via libera alla vicepresidenza di Fitto perché membro dei Conservatori, che non fanno parte della maggioranza Ppe-Pse-Liberali che con il supporto esterno dei Verdi ha dato il via libera a Vdl. Una posizione, quella dei socialisti francesi, condivisa dal Psoe spagnolo del premier Pedro Sanchez, che nelle ultime settimane ha allargato di molto la distanza da Meloni, in particolare sulla gestione dei migranti e l’intesa con l’Albania, un modello che “non risolve i problemi, li crea”, ha detto al termine dell’ultimo Consiglio europeo.


Ma proprio il Psoe potrebbe legare le mani al gruppo S&D: il destino di Fitto è legato a doppio filo a quello di Teresa Ribera, la spagnola punta di diamante della pattuglia socialista in Commissione con la vicepresidenza esecutiva alla Transizione verde e alla Concorrenza. Il calendario stabilito – con il voto di tutta la destra – sembra pensato proprio per rendere più difficile colpire Fitto. Martedì ci saranno tre gruppi, con due commissari sentiti in contemporanea in ognuno. L’italiano sarà nel primo blocco, Ribera nell’ultimo. Se venisse fatto uno sgambetto al primo, anche la seconda sarebbe a rischio. A ricordarlo è Fulvio Martusciello, capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo: “Hanno una pistola scarica” perché per Fitto e Ribera vale la massima “simul stabunt, simul cadent”.

Europa attende il “ciclone” Trump, preoccupazioni e riposizionamenti

Europa attende il “ciclone” Trump, preoccupazioni e riposizionamenti(Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli) Roma-Bruxelles, 8 nov. (askanews) – Se sull’Europa arriverà il ciclone Trump è presto per dirlo. Ursula von der Leyen ha subito cercato di tendere la mano tra due soggetti, Usa e Ue, che “sono più che semplici alleati” perché uniti da un “legame profondo” che deve proseguire in “un partnerariato transatlantico che continui a dare risultati per i nostri cittadini”. Ma al di là delle parole, l’elezione del tycoon molte preoccupazioni e qualche effetto nel Vecchio Continente già li ha provocati.


Innanzitutto le preoccupazioni: clima, Ucraina, dazi sono i tre temi su cui maggiormente potrebbe incidere il cambio dell’amministrazione americana. Sul clima si sa come la pensa Trump, con tesi al limite del negazionismo e una netta contrarietà agli accordi di Parigi. La sua visione della questione porterà anche un cambio di rotta concreto? Non è detto, secondo un ministro italiano: “Le elezioni americane – spiega – non vanno valutate con il nostro metro. Hanno un sistema con una resilienza molto alta e programmi di lungo periodo e non prevedo che sulle grandi questioni, come il clima, la linea stabilita cambierà di molto”. Sull’Ucraina Trump ha sempre detto di essere in grado di arrivare alla pace in breve tempo. Il problema è quale pace. E su questo – assicura una fonte Ue – la posizione di Bruxelles non cambierà: dovrà essere “pace giusta”. Ma nel caso di un disimpegno Usa nel sostegno militare l’Ue sarebbe in grado di proseguire da sola? Capitolo dazi. Il tycoon ha promesso misure di protezione tra il 10 e il 20% del valore delle merci. Un danno significativo per l’Italia e per la Germania (nostro primo mercato di sbocco, gli States sono il secondo). “Dovremo negoziare”, ha ammesso Mario Draghi. E parlando di Germania arriviamo agli effetti concreti. Non è certo la rielezione di Trump ad aver causato la crisi di governo – da tempo strisciante – e la cacciata del ministro delle Finanze Christian Lindner da parte del cancelliere Olaf Scholz. “Ma sicuramente la previsione di un cambiamento del quadro politico globale ha impresso un’accelerazione”, ragiona una fonte diplomatica. Di fronte all’allerta ciclone Trump, l’ormai debole cancelliere mercoledì ha subito cercato al telefono Emmanuel Macron, pure lui in crisi di consenso con sondaggi ai minimi storici. Per entrambi il timore è quello di uno sfaldamento dell’Unione. Per questo entrambi hanno lanciato un appello per “un’Europa più unita, più forte e più sovrana”. Il timore, infatti, è che Trump voglia procedere a stringere rapporti privilegiati con alcuni Paesi, indebolendo così la struttura europea, già non solidissima.


In quest’ottica sono iniziati i posizionamenti. Viktor Orban, che in questi giorni ha ospitato i leader a Budapest, è stato l’unico aperto sostenitore di Trump all’interno del Consiglio europeo (rimodellando anche l’acronimo MAGA in MEGA) e punta a farsi interlocutore principale tra Washington e Bruxelles. “Il più grande ritorno nella storia politica degli Usa! Congratulazioni al presidente Donald Trump per la sua enorme vittoria. Il mondo ne aveva molto bisogno”, ha commentato subito con entusiasmo. Ma lo stesso piano è anche quello che ha in testa Giorgia Meloni. Il suo ruolo, e il buon rapporto instaurato con Biden, le avevano consigliato prudenza in campagna elettorale e anche nel primo messaggio di congratulazioni inviato su X non aveva mostrato particolare entusiasmo. Poi mercoledì ha sentito il presidente eletto, confermando “la solida alleanza” ed esprimendo – entrambi – “la volontà di lavorare in stretto coordinamento su tutti i principali dossier internazionali, a partire dalla guerra in Ucraina e dalla crisi in Medio Oriente, con l’obiettivo comune di promuovere stabilità e sicurezza, anche nel quadro dei rapporti con l’Unione europea”. Dalla sua Meloni si giocherà la carta Elon Musk: con il proprietario di X e Tesla – che ha anche interessi economici in Italia – c’è un rapporto solido, culminato nella consegna del “Global Citizen Award” alla premier nel settembre scorso. “Nelle scorse ore – ha scritto mercoledì su X – ho sentito l’amico Elon Musk. Sono convinta che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future”. Un’amicizia ingombrante, che rischia di creare imbarazzi. Vedi quello “Scholz è un cretino”, postato giovedì dal miliardario.

Ue, Fitto è commissario Ue o italiano? (spoiler: Ue)

Ue, Fitto è commissario Ue o italiano? (spoiler: Ue)(di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli) Roma-Bruxelles, 8 nov. (askanews) – Nelle risposte scritte in vista dell’audizione il commissario designato Raffaele Fitto ha assicurato che se assumerà l’incarico si impegnerà con Valdis Dombrovskis, il lettone titolare dell’Economia, per far rispettare la scadenza del Pnrr al 2026, senza proroghe” (che vorrebbe l’Italia). E’ così che il commissario Fitto intende tutelare l’interesse dell’Italia in Europa?”, ha tuonato il M5s, dimenticando (come spesso accade a Roma) che il commissario italiano deve lavorare per l’Ue e non tutelare gli interessi dell’Italia, verso la quale al massimo può avere una “sensibilità” maggiore dei suoi colleghi.


Il Trattato sul funzionamento dell’Ue (articolo 245) parla chiaro: i membri della Commissione “devono adempiere i loro compiti in piena indipendenza, nell’interesse generale dell’Unione; in particolare, essi non possono sollecitare, né accettare istruzioni dai governi o da altri organismi esterni”. E sicuramente il ruvido Dombrovskis sarà attento a evitare deviazioni.

La vittoria di Trump fa gioire i “Mega”, preoccupazione Macron-Scholz

La vittoria di Trump fa gioire i “Mega”, preoccupazione Macron-ScholzRoma, 6 nov. (askanews) – La vittoria di Donald Trump fa festeggiare i “Mega” a partire da Viktor Orban, il primo sostenitore del tycoon che aveva rimodellato il suo motto “Make America great again” in “Make Europe great again”.


“Il più grande ritorno nella storia politica degli Usa! Congratulazioni al presidente Donald Trump per la sua enorme vittoria. Il mondo ne aveva molto bisogno”, dice il premier ungherese che domani e venerdì ospiterà a Budapest il Vertice della Comunità Politica Europea (CPE) e la riunione informale dei Capi di Stato o di governo del Consiglio Europeo. Nelle cancellerie europee, al di là delle congratulazioni formali, la vittoria di Trump crea preoccupazioni e interrogativi: quale sarà la linea sull’Ucraina? Arriveranno i dazi a penalizzare l’export (tedesco e italiano in particolare)? Preoccupazioni che sembrano rafforzate dal giudizio dei mercati: oggi le borse volano, mentre l’euro accusa il colpo.


Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz si sono sentiti telefonicamente, per un confronto sul tema. Macron ha lanciato un appello ai partner europei affinchè evitino di andare “ciascun per sé” a scapito di “una strategia europea coordinata”. Analogo appello è arrivato da Scholz, per il quale “l’Ue deve essere coesa e agire in modo strettamente coordinato”. Per quanto riguarda Giorgia Meloni, l’iniziale simpatia per Trump è stata, da quando al governo, stemperata per ragion di Stato. Pur ricordando sempre la sua provenienza politica e la vicinanza con i Repubblicani, negli ultimi mesi aveva sempre evitato un netto endorsement, visti anche i buoni rapporti con Joe Biden. Una linea in qualche modo ripresa questa mattina in un post su X: “A nome mio e del governo italiano le più sincere congratulazioni al Presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. Italia e Stati Uniti sono Nazioni ‘sorelle’, legate da un’alleanza incrollabile, valori comuni e una storica amicizia. È un legame strategico, che sono certa ora rafforzeremo ancora di più. Buon lavoro presidente”. Dalla sua, Meloni ha anche sicuramente il rapporto personale con Elon Musk, che dovrebbe avere un posto di rilievo nell’amministrazione Usa. Antonio Tajani – che a inizio 2025 sarà a Washington – non nega possibili contraccolpi ma si dice fiducioso: “E’ ovvio che talvolta non ci sono interessi coincidenti. Nel quadro complessivo di una amicizia forte credo che si potranno trovare risultati migliori perché ricordo che anche Trump alla fine del suo mandato nei confronti dell’Italia ebbe un atteggiamento più flessibile”.


Chi festeggia senza freni è Matteo Salvini, da sempre aperto sostenitore del tycoon, che oggi approfitta per togliersi anche un sassolino dalla scarpa nei confronti degli alleati: “Penso – dice – che altri anche nel centrodestra la pensassero in modo diverso, mi sembra evidente”, così come “accade per altre questioni europee, la Lega ha una posizione chiara. Ciò, però non intacca l’azione di governo che è un’azione italiana”.