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Malattie rare, siglato accordo tra FNO TSRM e PSTRP e UNIAMO

Malattie rare, siglato accordo tra FNO TSRM e PSTRP e UNIAMORoma, 12 lug. (askanews) – La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) e la Federazione italiana malattie rare (UNIAMO) hanno formalizzato la loro collaborazione attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa. L’accordo è stato siglato in occasione della ‘Convention Monito Rare’ della Federazione UNIAMO, durante il quale è stato presentato il 10° rapporto sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia.


Alla firma Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP e Annalisa Scopinaro, Presidente di Uniamo. “Questo accordo testimonia l’impegno della FNO TSRM e PSTRP nei confronti delle persone con malattie rare”, spiega la Presidente Teresa Calandra. “Avvieremo iniziative di sensibilizzazione e formazione. Promuoveremo, tra i professionisti iscritti ai nostri albi ed elenchi speciali ad esaurimento, la ricerca scientifica al fine di migliorare la qualità della vita di chi convive con queste patologie. Lavoreremo a tutti i livelli per integrare le competenze delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione all’interno dei percorsi di screening, diagnostico-terapeutici e assistenziali, con l’obiettivo di agevolare l’accesso dei servizi sanitari su tutto il territorio nazionale, affinché ciascuno possa avere pari dignità di cura”.


Anche Annalisa Scopinaro, Presidente della Federazione Uniamo, ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa, dichiarando: “È fondamentale per le persone con malattia rara essere presi in carico in maniera multidisciplinare e trasversale fra i servizi sanitari: territoriali, ospedalieri e ultra specializzati. Gli specialisti sono necessari per la diagnosi e il follow up, servono poi tutti i professionisti sanitari per i trattamenti e la presa in carico. Di qui l’importanza di questo protocollo di intesa, che supporterà nella sensibilizzazione, nella formazione specifica e nel dialogo fra tutti gli attori in gioco”. Il protocollo pone particolare attenzione ai programmi di collaborazione rivolti alle problematiche proprie delle malattie rare per una migliore formazione professionale, di quanti sono impegnati nel pubblico e nel privato e che svolgono funzioni di pubblico interesse e dei rappresentanti di chi soffre di queste patologie.


Con l’accordo siglato si intende ampliare la conoscenza e la consapevolezza sul tema delle malattie rare, attraverso la promozione di progetti didattici e ricerca scientifica. Tra i punti cruciali del documento vi è lo studio e la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA), con il coinvolgimento attivo delle professioni TSRM e PSTRP, per migliorare la presa in carico delle persone assistite e con malattie rare su tutto il territorio nazionale.

Salute, Schillaci: investire in prevenzione per sostenibilità Ssn

Salute, Schillaci: investire in prevenzione per sostenibilità SsnGenova, 11 lug. (askanews) – “Oggi i cittadini italiani over 65 spesso sono affetti da una o più patologie cronico degenerative, malattie non trasmissibili che pesano moltissimo sul sistema sanitario nazionale. Dobbiamo investire assolutamente in prevenzione perché investire oggi in prevenzione vuol dire un domani avere meno persone malate e far sì che il sistema sanitario universalistico italiano, che è riconosciuto come un’eccellenza nel mondo, continui ad essere sostenibile e sia soprattutto per tutti. Se non investiamo oggi da subito in prevenzione, alla lunga nessun sistema come il nostro potrà essere sostenibile con le aspettative di vita che ci sono”. Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, parlando con i giornalisti a margine del “G7 Technical Event: Healthy and Active Ageing through Life-Long Prevention and Innovation” al Palazzo Ducale di Genova.

Altems, al via progetto per rilanciare Ssn con IA e digitalizzazione

Altems, al via progetto per rilanciare Ssn con IA e digitalizzazioneRoma, 11 lug. (askanews) – “La digitalizzazione rappresenta una svolta epocale ai fini del miglioramento e della sostenibilità complessiva del Servizio sanitario nazionale, laddove si intrecciano dati, economia, programmazione, governance, etica. La giornata di studio che Altems Advisory ha voluto organizzare è un primo momento di confronto a livello nazionale su come rendere “umana” la digitalizzazione del nostro Ssn, promuovendone il rilancio in quanto bene comune, rimettendo al centro la dignità della persona, tanto del paziente quanto dei professionisti sanitari. In linea con gli sviluppi dell’autonomia delle varie regioni italiane abbiamo in programma vari incontri regionali, al Nord, al Centro, al Sud, in modo da creare uno spazio di confronto multidisciplinare, sia fisico che virtuale, che darà il via a tre momenti di dibattito per cercare di rendere la digitalizzazione del Ssn un fenomeno condiviso a livello regionale dalle singole regioni autonome e dunque a livello nazionale in modo da rendere un servizio omogeneo su tutto il territorio nazionale”. Lo ha detto Dario Sacchini, professore di Bioetica all’Università Cattolica e Presidente di Altems Advisory all’evento “Digitalizzazione Umana: Dati, economia ed etica per una visione futura del SSN”, promosso da ALTEMS Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con il contributo non condizionante di Sanofi, cui hanno partecipato Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute, CEI; Francesco Rocca, Presidente Regione Lazio; Pierpaola D’Alessandro, Vicedirettore Generale Vicario Roma Capitale; Rocco Bellantone, Presidente ISS; Francesco Saverio Mennini, Capo del Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale, Ministero della Salute; Domenico Mantoan, Direttore Generale, Agenas; Marcello Cattani, Presidente Farmindustria; Serafino Sorrenti, Chief Innovation Officer Presso Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento per la Trasformazione Digitale.


“L’IA è fondamentale per la nostra strategia e contribuisce già in modo significativo al nostro progresso, nell’accelerare la drug discovery, migliorare la progettazione di studi clinici e i processi che sottendono alla produzione e alla fornitura dei nostri farmaci e vaccini. Essere la prima azienda del settore nell’utilizzo dell’IA su larga scala è un’ambizione che Sanofi ha affermato pubblicamente con decisione e coraggio, affermando contestualmente l’impegno a rispettare principi etici previsti dalla nostra organizzazione e promossi da importanti organismi internazionali, come l’OCSE. Nel nostro operare quotidiano al fianco di professionisti della salute e sanità, istituzioni e associazioni pazienti, è nostra ferma volontà contribuire ad un approccio in cui utilizzo dei dati, etica e sostenibilità diventino leva di governance, miglioramento continuo e sostenibilità del nostro sistema sanitario”. Lo ha detto Fulvia Filippini, Country Public Affairs Head, Sanofi.

Malattie rare e integratori alimentari, prima indagine Osservatorio NU.RA

Malattie rare e integratori alimentari, prima indagine Osservatorio NU.RARoma, 11 lug. (askanews) – L’Osservatorio permanente su Nutraceutici & Malattie Rare (NU.RA.) avvia l’indagine sull’utilizzo di integratori alimentari ed eventuale costo sostenuto da parte di persone con malattia rara. La compilazione può essere effettuata dalla persona con malattia rara o da un suo familiare/caregiver.


L’idea di creare un Osservatorio nasce da una precedente indagine condotta internamente alla Federazione Italiana Malattie Rare che ha coinvolto oltre 900 persone sull’uso di integratori alimentari nelle famiglie con un componente malato raro. Da questa verifica è emerso come ci sia ancora poca chiarezza sulla definizione e la natura dei nutraceutici; manca inoltre una puntuale definizione legislativa, legata anche al fatto che rientrano nella più ampia categoria degli “integratori alimentari” pur avendo specifiche caratteristiche. Infatti i nutraceutici oltre ad integrare una carenza nutrizionale sono utilizzati nel complesso meccanismo di prevenzione di sintomi delle varie patologie. Obiettivo dell’Osservatorio è promuovere la conoscenza del vissuto e percepito di pazienti e familiari con Malattie rare, in real world evidence, relativamente alla loro esperienza affinché venga valutato e garantito il profilo di sicurezza. Nel PNMR – Piano Nazionale Malattie Rare, inoltre, è prevista una ricognizione delle spese che rimangono a carico dei pazienti per trattamenti che rientrano nell’ambito del loro percorso di cura. Un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti regionali e di AIFA dovrà presentare una relazione a questo proposito al Comitato Nazionale Malattie Rare. La Federazione ha quindi pensato di approfondire in maniera tecnica questo argomento. L’Osservatorio, anche grazie a questa nuova indagine, produrrà dati e rapporti a supporto di questo obiettivo.


Il Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio NURA, riunitosi per la prima volta a marzo di quest’anno, è composto dal Prof. Giuseppe Turchetti (economista sanitario, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), Dott. Franco Frati (esperto di innovazione nutraceutica), Prof.ssa Carolina Muscoli (farmacologa, Università degli Studi Magna Graecia), Prof.ssa Anna Tagliabue (Università di Pavia, Presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana), Prof. Loreto Gesualdo, (Università degli Studi di Bari), Annalisa Scopinaro (Presidente UNIAMO FIMR) e dal Dott. Giulio Bigagli (consulente di strategia, Apertamente). L’Osservatorio NURA è promosso da UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare in collaborazione con Apertamente, società multiservizi di consulenza strategica e ricerche di mercato.


Un “integratore alimentare” è un prodotto sotto forma di compresse, capsule, polveri, liquidi o altre forme che contiene in forma concentrata uno o più nutrienti come vitamine, minerali, erbe, aminoacidi o altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, e che è destinato ad integrare la dieta normale. Gli integratori alimentari non hanno finalità di cura ma sono utilizzati per fornire nutrienti aggiuntivi che potrebbero essere carenti nella dieta di una persona in particolare in corso di diete terapeutiche speciali o ipocaloriche mirate alla perdita di peso o per scopi specifici come migliorare le funzioni dell’organismo o per ridurre il rischio di malattie.

Lavoro e vacanze, perché è difficile staccare davvero la spina

Lavoro e vacanze, perché è difficile staccare davvero la spinaRoma, 3 lug. (askanews) – E’ tempo di vacanze. Che sia mare o montagna, questo periodo dell’anno è da sempre sinonimo di riposo e di svago, e i dati lo confermano. Secondo gli ultimi rapporti diffusi da Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, nel 2022 oltre un terzo dei pernottamenti turistici degli europei è avvenuto nei mesi di luglio e agosto. Tuttavia, nonostante il desiderio diffuso di vacanze, riuscire a godersi il meritato riposo e staccare davvero la spina e la testa dal lavoro, non è così semplice come sembra. Un sondaggio condotto da Fishbowl di Glassdoor, un social network per professionisti, ha rivelato dati sorprendenti.


Alla domanda “Credi di poter staccare completamente dal lavoro quando ti prendi del tempo libero retribuito?”, posta a 20.297 professionisti, oltre la metà (54%) ha risposto negativamente. Questa difficoltà a disconnettersi è particolarmente marcata tra i professionisti più anziani: quasi due terzi (65%) dei lavoratori di età pari o superiore a 45 anni hanno dichiarato di non riuscire a staccare completamente durante le ferie, rispetto al 47% dei giovani tra i 21 e i 25 anni. L’indagine ha inoltre evidenziato come i lavoratori di alcune professioni siano particolarmente inclini a questa problematica. Tra gli insegnanti, il 73% non crede di potersi disconnettere completamente dal lavoro durante le ferie, mentre tra gli avvocati questa percentuale è del 71%. “Questi dati riflettono una realtà complessa in cui, nonostante l’importanza riconosciuta del riposo, molti professionisti faticano a trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata – spiega Alessandro Da Col, Top Voice di LinkedIn e Mindset ed Executive Coach e co-fondatore, insieme ad Alessandro Pancia, dell’Accademia Crescita Personale Meritidiesserefelice – in un’epoca in cui la tecnologia ci tiene costantemente connessi, la sfida di goderci il meritato riposo sembra essere più ardua che mai”.


Dunque, non vediamo l’ora che arrivino le ferie, poi però non riusciamo a godercele a pieno, portandoci dietro i problemi lavorativi e le tensioni familiari e quotidiane. Il co-fondatore, Alessandro Pancia, anch’egli Top Voice di LinkedIn, enfatizza il valore del tempo libero non solo per il benessere fisico, ma anche per quello psicologico. “Tuttavia, il semplice riposo non è sufficiente, è cruciale utilizzare questo tempo per coltivare relazioni significative e positive, disconnetterci dal lavoro e arricchire la nostra vita con nuove esperienze e prospettive. Il primo passo per risolvere il problema del work-time bleed, ossia il bilanciamento tra vita personale e professionale, è guardare ai propri confini per vedere se sono dove li vuoi. Pensa a ciò che conta per te: lavoro, famiglia, amici, sport, qualsiasi cosa. Stanno ricevendo abbastanza del tuo tempo e attenzione?”.


Per evitare di diventare un numero dell’ennesima statistica sul burnout e relazionarsi in modo adeguato alla cultura del “sempre attivo” è importante adottare delle precise strategie. Organizzare il lavoro prima di andare in vacanza Questo significa completare tutte le attività importanti e, se necessario, delegare compiti ai colleghi che rimarranno in ufficio durante la tua assenza. “Imparare a delegare non solo allevia il carico di lavoro, ma assicura anche che le responsabilità continuino a essere gestite in modo efficiente durante il periodo di vacanza”, spiega Da Col. Disconnettersi dai dispositivi tecnologici Limita l’uso di smartphone e di altri dispositivi tecnologici come pc e tablet, evita di controllare le mail di lavoro ed imposta messaggi di risposta automatica comunicando la tua assenza. “Questo distacco permette di ridurre l’ansia legata alle incombenze lavorative e di immergersi nel momento presente” afferma Alessandro Pancia. Programma attività piacevoli Pianifica attività che ti appassionano, come escursioni, letture, sport o hobby che solitamente non hai tempo di praticare. Secondo Alessandro Da Col, è cruciale dedicare del tempo alle attività che amiamo e che spesso trascuriamo durante l’anno, per favorire il benessere e la rigenerazione del nostro corpo e della nostra mente.


Coltiva relazioni. Dedica tempo ai tuoi familiari ed amici, trascorrendo momenti di qualità insieme a loro. Le relazioni personali non solo arricchiscono la nostra vita, ma sono anche fondamentali per rinnovare le nostre energie. Alessandro Pancia sottolinea che le connessioni umane sono essenziali per la salute psicofisica, evidenziando l’importanza di nutrire e valorizzare le relazioni nelle nostre vite quotidiane. Pratica la Mindfulness Meditazione, yoga o semplicemente passeggiate nella natura favoriscono la riduzione dello stress. “La mindfulness ci aiuta a vivere il momento e a ridurre le tensioni accumulate,” spiega Da Col. Stabilisci confini chiari Definisci chiaramente i confini tra lavoro e tempo libero, comunicandoli ai colleghi e rispettandoli rigorosamente. “I confini non mostrano solo rispetto per se stessi, ma anche per gli altri. “Se continui a lavorare durante le vacanze, potresti involontariamente incoraggiare gli altri a fare lo stesso” avverte Pancia. Non trasformare la vacanza in una Workcation Riformulare il periodo di ferie come riposo produttivo. Questo aiuterà a non sentirsi in colpa per il tempo libero, riconoscendo che il riposo è essenziale per la produttività a lungo termine. Riuscire a disconnettersi completamente dal lavoro durante le ferie è fondamentale per tornare rigenerati e pronti ad affrontare nuove sfide. “Il riposo non è un lusso, ma una necessità per il nostro benessere e la nostra produttività,” concludono gli esperti.

Rapporto MonitoRare UNIAMO: sistema costruito, accelerare su messa a terra

Rapporto MonitoRare UNIAMO: sistema costruito, accelerare su messa a terraRoma, 3 lug. (askanews) – Presentato a Roma, alla presenza di numerosi rappresentanti delle Istituzioni nazionali ed europee ed autorevoli componenti della comunità scientifica e delle Associazioni, il ‘X Rapporto MonitoRare’ sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia. Dal 2015, la Federazione UNIAMO – unico caso in Europa – raccoglie e aggrega tutti i dati disponibili tra gli stakeholders, per dare vita a un documento che offra una visione globale del sistema malattie rare, partendo dal punto di vista del paziente.


‘Quest’anno una doppia ricorrenza: dieci anni del Rapporto MonitoRare e 25 anni di UNIAMO, celebrati da una moneta commemorativa emessa dall’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato – ha ricordato la presidente di UNIAMO, Annalisa Scopinaro -. Tappe che sanciscono l’importanza della rappresentanza delle persone con malattia rara in Italia, attraverso la storia della nostra Federazione e con l’azione concreta di advocacy e ‘spinta del sistema’ rappresentata dal Rapporto’. I numeri di ‘MonitoRare’. Nella decima edizione del Rapporto ‘Monitorare’ si confermano innanzitutto alcuni punti di forza del sistema delle malattie rare in Italia, a cominciare dalla disponibilità di trattamenti: nel 2022 sono state erogate 11,4 milioni di dosi di farmaci orfani, 3 mln in più dell’anno precedente, con una crescita del numero di farmaci per le malattie rare compresi nell’elenco della Legge n. 648/1996 dai 31 del 2018 ai 57 del 2023 (erano appena 13 nel 2012). Eccellenza europea per lo screening neonatale esteso: con 49 patologie screenate, infatti, il programma di Sne è attivo a fine 2023 a pieno regime in tutte le Regioni/Province Autonome e si può considerare raggiunta l’omogeneizzazione delle malattie metaboliche ereditarie inserite nei pannelli di screening a livello regionale ai sensi della Legge 167/2016. Più della metà delle Regioni/PPAA, inoltre, hanno ampliato, spesso nell’ambito di progetti sperimentali, il panel di malattie considerate anche ad alcune altre patologie.


Nota dolente il mancato ampliamento del panel, sancito dagli emendamenti alla 167/2016 approvati nel 2020, che sono ancora al passo dietro l’approvazione del Nomenclatore tariffario. Aumenta la copertura dei registri regionali delle malattie rare che sale a 0,83% (0,87% nei minori di 18 anni). Nella prima edizione del Rapporto MonitoRare nel 2015 era lo 0,30%. Stabile, dopo il leggero aumento fatto registrare nell’anno 2021, il peso degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (30,6%). Da registrare positivamente anche il fatto che, a fine 2023, sono 17 le Regioni/PPAA che hanno inserito il tema delle malattie rare nell’ambito degli strumenti generali di programmazione sanitaria (vigenti o in via di approvazione nel 2023) o che hanno definito un Piano Regionale Malattie Rare. Un altro importante segnale positivo, che incide anche sul mondo delle malattie rare, viene dal processo di implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che, non solo ha portato all’avvio della riforma finalizzata alla riorganizzazione della rete degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), ma ha anche promosso il potenziamento delle attività di ricerca sulle malattie rare attraverso la realizzazione di due bandi di ricerca su base competitiva che hanno portato al finanziamento di n. 126 progetti (74 sulle malattie rare e 52 sui tumori rari) con un contributo di 100 milioni di euro.


L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle criticità che persistono, come i tempi lunghi di attuazione dei provvedimenti relativi alle leggi e disposizioni riguardanti le persone con malattia rara. Permangono, inoltre, ancora anche rilevanti disomogeneità territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali. A questi aspetti si aggiunge anche un altro elemento di preoccupazione legato all’impatto economico delle ATMP, per le persone con patologie rare e ultra-rare, significa l’accesso a cure che hanno dato prova di enorme vantaggio clinico. Ad oggi, tutte le Regioni/PPAA, con una sola eccezione, hanno provveduto a recepire con proprio atto formale il ‘Piano Nazionale Malattie Rare 2023 – 2026’ e il documento per il ‘Riordino della rete nazionale delle malattie rare’. Sono, però, solo 16 le Regioni che hanno già provveduto, generalmente entro il termine previsto del 31 gennaio 2024 all’individuazione di centro di coordinamento regionale, centri di riferimento e centri di eccellenza per le malattie rare in accordo ai contenuti del documento di riordino della rete nazionale malattia rare. Infine, sono ad oggi appena 6 (su 16, in quanto dal riparto sono escluse le Regioni a Statuto Speciale e le Province Autonome con la sola eccezione della Sicilia) le Regioni che hanno già provveduto ad impegnare con atto formale le risorse assegnate per l’anno 2023 per l’attuazione del ‘Piano nazionale malattie rare 2023-2026’ e del documento ‘Riordino della rete nazionale delle malattie rare’.


Il sottosegretario Gemmato. ‘Il Parlamento nella scorsa legislatura ha licenziato il testo unico malattie rare all’unanimità. Segno del grande lavoro svolto dalle associazioni. Grazie al report MonitoRare – ha spiegato Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato con delega alle Malattie Rare – abbiamo modo di capire quali sono le criticità da migliorare, in particolare la disparità tra nord e sud che esiste anche nel mondo malattie rare. Leggendo il vostro rapporto, secondo il quale il 29% dei Pcmr sono costrette a spostarsi fuori regione è un segno che ci fa riflettere’. Il ministro Locatelli. ‘Nelle malattie rare è fondamentale un approccio che sia coinvolgente, di collaborazione e di cooperazione tra i diversi esperti. Quello che vogliamo fare pure con la riforma della disabilità è superare tutte queste frammentazioni e mettere la persona al centro di un’elaborazione del progetto di vita che sia condivisa. alla presenza di tutti gli enti e istituzioni che devono dialogare e confrontarsi per rispondere ai bisogni che sono di un’unica persona’. Così il ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, in un videomessaggio inviato nel corso dell’evento di presentazione del report. ‘La strada è quella giusta. Per UNIAMO l’impegno costante è sicuramente anche quello di arrivare a diagnosi precoci, ad una ricerca sempre più adeguata a rispondere alle esigenze delle nuove malattie rare emergenti ma importante è anche il percorso di umanizzazione, della presa in carico della persona. Il tema è quello di non occuparci solo della patologia, perché dietro la malattia, dietro a una disabilità, c’è una persona – ha sottolineato – che va rispettata nella sua dignità’. Le conclusioni. ‘Nel Rapporto – ha concluso Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – sono evidenziate luci e ombre del nostro sistema: attività che vengono svolte a isorisorse, altre che hanno fondi dedicati ma con un utilizzo frammentato, personale dedicato con età media sempre più alta e senza ricambio generazionale. A questo si aggiunge la necessità per il sistema salute di fare i conti con il DM 77/2022, che non ha al momento integrazioni percepibili con le reti già esistenti (malattie rare, oncologiche, trapianti, ecc.). In Italia abbiamo buone leggi ma siamo lenti nella loro realizzazione. La spinta politica c’è, le approvazioni all’unanimità dei provvedimenti che ci riguardano sono un chiaro segnale di concordanza anche nell’ambito di pensieri molto diversi, ma manca poi la concretizzazione nella realtà quotidiana. La nostra esortazione è ‘rimbocchiamoci le maniche’. Cerchiamo, ognuno di noi, di fare la nostra parte in maniera sinergica e coordinata. Prendiamo spunto dai tanti obiettivi del piano, scegliamone uno, facciamolo nostro, stringiamo accordi e procediamo con la sua realizzazione, creando collegamenti fra istituzioni pubbliche, rappresentanti di associazioni e industrie private’. I contributi. Per la compilazione dei dati hanno contribuito: il Ministero della Salute; I Coordinamenti regionali per le malattie rare; AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco; Istituto Superiore di Sanità – Centro Nazionale Malattie Rare; INPS; Ministero dell’Istruzione e del merito; BBMRI; Direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare – UE; Orphanet Italia; Fondazione Telethon; Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare; Società Scientifiche; Centro Nazionale Sangue; Simmesn e Società Italiana di Odontostomatologia per l’Handicap – SIOH. Tra i fuori programma della giornata anche la firma del protocollo di intesa fra UNIAMO e FNO TSRM e PSTRP con Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO e Teresa Calandra, Presidente FNO TSRM e PSTRP. L’evento di presentazione del Rapporto è stato realizzato anche con il contributo non condizionato di Boerhringer Ingelheim, Novo Nordisk Spa e Blueprint Medicines.

Occhi a rischio con infezioni corneali: trapianto parziale può salvarli

Occhi a rischio con infezioni corneali: trapianto parziale può salvarliRoma, 29 giu. (askanews) – Quasi 10 casi al giorno di infezione da funghi o da Acanthamoeba, patogeni responsabili di cheratiti, con rischio di gravi danni agli occhi. In Italia si stima che si verifichino oltre 2000 casi l’anno di infezioni corneali da funghi e circa 800 da Acanthamoeba, un patogeno presente in acqua che trova nelle lenti a contatto, soprattutto se morbide, terreno ideale per la sua proliferazione. A lanciare l’allarme sono i massimi esperti riuniti al 22esimo Congresso della Società Internazionale Cornea, Cellule Staminali e Superficie Oculare (SICSSO), che mettono in guardia sul continuo aumento di queste infezioni. Purtroppo il 50% dei casi non risponde alle terapie mediche e comporta la necessità di un trapianto che fallisce in oltre la metà degli interventi, soprattutto per la tardività dell’operazione. Una speranza arriva dal trapianto di cornea lamellare anteriore, o DALK, in cui non viene impiantata la cornea a tutto spessore, ma si sostituiscono solamente gli strati corneali effettivamente compromessi, preservando quelli funzionalmente non danneggiati. I risultati di questa tecnica, di cui l’Italia è un’eccellenza mondiale, garantiscono un successo nel 99% dei pazienti, se l’intervento viene eseguito precocemente nei casi in cui l’infezione di grado più severo è resistente ai farmaci. “Il trapianto parziale di cornea, purché precoce, è oggi la vera soluzione alle infezioni gravi ovviamente non rispondenti alla terapia medica”, dichiara Vincenzo Sarnicola, Presidente SICSSO, tra i chirurghi più esperti al mondo di questa innovativa tecnica, nonché noto alle cronache internazionali per aver ricostruito lo scorso anno un occhio vedente da due occhi non vedenti. “In Italia si stima che si verifichino circa 3000 casi all’anno di cheratiti per infezioni da funghi o da Acanthamoeba – aggiunge -. Purtroppo le terapie mediche non sempre riescono a eradicare le infezioni. I microorganismi hanno così il tempo di penetrare nella cornea e danneggiarla, al punto di richiedere un trapianto che, se a tutto spessore, fallisce in oltre la metà dei casi, mentre nel 25% i risultati sono anatomici ma non funzionali e nel 5% portano alla enucleazione dell’occhio”. Risultati migliori sono possibili con un trapianto di cornea lamellare anteriore, o DALK, in cui non viene sostituita tutta la cornea, ma solo lo strato intermedio. “Questo intervento – spiega Sarnicola -, consiste nella sostituzione del solo foglietto intermedio della cornea (stroma) al posto di tutta la cornea e consente di sostituire soltanto la porzione malata lasciando intatto tutto il resto. Il trapianto risulta quindi molto meno invasivo con grandi vantaggi per il paziente. Se eseguito precocemente riesce poi quasi sempre a eradicare l’infezione garantendo una sopravvivenza dei tessuti trapiantati del 99%, con pochi casi di rigetto e facilmente trattabili”. “Resta la difficoltà di apprendere una metodica decisamente complessa che richiede grande perizia tecnica perché i migliori risultati si ottengono ancora separando manualmente i vari strati della cornea – sottolinea Eduard Holland della Cincinnati University -. L’Italia vanta i chirurghi più esperti al mondo in questa tecnica mininvasiva che vede gli Stati Uniti ancora in ritardo, con solo 1000 interventi DALK eseguiti all’anno, a fronte di 39.000 patologie dello stroma corneale in cui sarebbe invece indicata”. “Oggi nel nostro Paese, dei circa 7000 trapianti di cornea eseguiti ogni anno, oltre il 40% sono mininvasivi. Si tratta di trapianti parziali, realizzati cioè con tecniche selettive o lamellari. I risultati italiani costituiscono dunque un’eccellenza mondiale della quale andare fieri per lo sviluppo e la diffusione di tecniche chirurgiche sempre più innovative”, conclude Sarnicola.

Malattia di Huntington, indagine LIRH: sostegno psicologico inadeguato

Malattia di Huntington, indagine LIRH: sostegno psicologico inadeguatoRoma, 27 giu. (askanews) – In Italia il sostegno piscologico per persone con malattia di Huntington non è disponibile e, quando lo è, non risulta adeguato: è il risultato di una indagine qualitativa, promossa dalla Fondazione LIRH, la Lega Italiana Ricerca Huntington e condotta con la collaborazione del Dr. Nicolò Zarotti, ricercatore dell’Università di Lancaster e del Centro per le Neuroscienze Cliniche di Manchester.


“La malattia di Huntington – spiega la presidente della Fondazione LIRH, Barbara D’Alessio – è tradizionalmente considerata un disturbo del movimento, ma in realtà ad essa si associano moltissime difficoltà sul piano psicologico. Depressione, ansia, irritabilità, aggressività, compulsioni, apatia, comportamenti ossessivo-compulsivi sono quelle più frequenti, alle quali spesso si accompagna un maggiore rischio di suicidio, rischio che comunque caratterizza questa malattia rara. Non va inoltre trascurato l’impatto psicologico del test genetico e del crescere in una famiglia con persone malate”. Secondo i partecipanti al sondaggio condotto dalla fondazione LIRH manca l’offerta di assistenza psicologica nel pubblico, non viene fornito aiuto psicologico in caso di test genetico, ma soprattutto vi sono evidenti disparità regionali. Dall’altra parte, tra gli elementi che invece favoriscono l’accesso al supporto psicologico, sono emersi: i consigli ricevuti dalle associazioni pazienti, l’assistenza ricevuta dal medico specialista competente, l’avere iniziato un percorso di supporto psicologico per motivi diversi dalla malattia di Huntington e la possibilità di usufruire di sconti o tariffe agevolate. La maggior parte delle persone con malattia di Huntington e dei loro caregivers, in conclusione, immaginano il futuro sviluppo dell’assistenza psicologica come: gratuito, o comunque a un costo simbolico, personalizzato, fatto su misura sia del paziente che dei membri della famiglia e continuo nel tempo, che attraversi, cioè, tutte le diverse fasi della malattia.


“I pazienti e i caregivers – conclude il prof. Ferdinando Squitieri, direttore medico e scientifico della Fondazione LIRH – percepiscono il servizio pubblico di assistenza psicologica in Italia carente e inadeguato, avendo come alternativa un’assistenza privata spesso non affidabile e preferendo ricorrere al supporto psicologico fornito dalle associazioni dei pazienti, laddove possibile. Barriere come la sfiducia nella sanità pubblica e i pregiudizi ancora esistenti sulla terapia psicologica (e quindi sulla salute mentale) limitano l’accesso. Dall’altro lato il sostegno da parte delle associazioni dei pazienti, la guida di un clinico competente e la ricerca di sostegno per motivi diversi dalla malattia costituiscono elementi di facilitazione. Le persone coinvolte desiderano dunque ricevere un’assistenza psicologica a titolo gratuito, personalizzata e continuativa nel tempo”.

SIMI lancia allarme su e-cig tra giovanissimi: rischi per la salute

SIMI lancia allarme su e-cig tra giovanissimi: rischi per la saluteRoma, 27 giu. (askanews) – L’esame di tutta la letteratura scientifica disponibile dimostra che e-cig e prodotti a tabacco riscaldato sono tutt’altro che privi di rischi per la salute. A lanciare l’allarme è la Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) alla luce della revisione di tutta la letteratura scientifica sull’impatto delle e-cig e dei prodotti a tabacco riscaldato sulle patologie respiratorie – asma e bronchite cronica ostruttiva o BPCO – le prime che emergono con l’uso di e-cig e prodotti a tabacco riscaldato, condotta da un gruppo di esperti SIMI (Paola Andreozzi, Gualberto Gussoni, Giorgio Sesti, Nicola Montano, Antonello Pietrangelo), pubblicata su ‘Internal and Emergency Medicine’.


Le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato sono sempre più popolari soprattutto tra i giovanissimi. Introdotti sul mercato con l’auspicio che avrebbero sostituito il fumo di sigaretta nella strada verso la disassuefazione, troppo spesso – nota la SIMI – sono invece un rito di iniziazione dei giovani al fumo (anche di sigaretta tradizionale). Presto per pronunciarsi in maniera conclusiva sulla loro sicurezza per la salute (sono sul mercato da una decina d’anni, ma le patologie oncologiche, respiratorie e cardiologiche correlate al fumo si sviluppano nell’arco di 20-30 anni), ma cominciano ad esserci tanti studi ‘contro’. ‘Come internisti – afferma il primo autore della review, la dottoressa Paola Andreozzi, componente del Consiglio Direttivo della SIMI – molto di frequente ci troviamo ad assistere pazienti con malattie correlate al fumo. Per questo è necessario fare chiarezza tra i medici e con il pubblico su cosa dobbiamo attenderci, in termini di pericoli per la salute, dal fumo del terzo millennio, che spesso tra l’altro, continua ad associarsi alle sigarette tradizionali, in un tandem pericolosissimo’. ‘Gli internisti – afferma il professor Nicola Montano, presidente eletto della SIMI – devono essere ben informati delle tendenze emergenti rispetto alle patologie, in particolare respiratorie (asma e BPCO), indotte da queste alternative al fumo di sigaretta. E un imperativo fondamentale è quello di prevenire che le persone si accostino al fumo in qualunque forma’.


‘Purtroppo – sottolinea il professore Antonello Pietrangelo, past-president della SIMI – l’uso di e-cig e prodotti a tabacco riscaldato sta aumentando in maniera preoccupante tra i giovani e gli adolescenti, che rischiano di sviluppare una dipendenza dalla nicotina e di avvicinarsi in seguito al fumo tradizionale. Il loro uso nei giovanissimi deve insomma essere ristretto con tutti i mezzi’. ‘Smettere di fumare non è impresa facile – ammette il professor Giorgio Sesti, presidente della SIMI – ma l’esame di tutta la letteratura scientifica disponibile dimostra che e-cig e prodotti a tabacco riscaldato sono alternative tutt’altro che prive di rischi. Il loro uso comporta un aumentato rischio di ammalarsi di asma e/o BPCO e di danneggiare la funzionalità dei polmoni, rispetto ai non fumatori. Solo nel caso di un forte fumatore di sigarette tradizionali che non riesca proprio a smettere di fumare, l’impiego di questi prodotti alternativi può trovare una giustificazione, nel tentativo di mitigare il rischio’. E-cig e prodotti a tabacco riscaldato possono infiammare le vie aeree e aumentare la suscettibilità alle infezioni virali. Inoltre, anche se in modo diverso rispetto alle sigarette tradizionali, contengono sostanze chimiche in grado di alterare il DNA e questo potrebbe favorire la comparsa di tumori, a distanza di anni. Gli utilizzatori di e-cig hanno una maggior incidenza di asma/BPCO e sintomi peggiori, rispetto ai non fumatori. Sono in particolare i liquidi aromatizzati (quelli destinati al mercato di giovani e giovanissimi) ad avere la maggior azione irritante sulle vie aeree. E-cig e prodotti a tabacco riscaldato dunque non sono affatto innocui, anche se meno pericolosi delle sigarette tradizionali. In letteratura, inoltre, non ci sono neppure prove conclusive sul fatto che e-cig o prodotti a tabacco riscaldato siano effettivamente efficaci nel consentire ai fumatori (di sigarette) di smettere di fumare.


Il 70% dei fumatori vorrebbe smettere, ma non è facile. In media – prosegue la SIMI – servono 6 tentativi prima di riuscire nell’impresa. Aiutano i cerotti o altre terapie sostitutive a base di nicotina e il supporto comportamentale. E se l’avvento di e-cig e prodotti a tabacco riscaldato era stato accolto favorevolmente come strumento per la cessazione del fumo, adesso quell’entusiasmo si è raffreddato e ci si comincia a preoccupare del fatto che paradossalmente questi prodotti possano addirittura contribuire ad accrescere l’esercito dei fumatori. E ci si domanda anche, a che prezzo? Una risposta intanto viene dai numeri. In Italia, secondo Euromonitor International, nel 2020 questi nuovi prodotti rappresentavano il 7% di tutto il mercato del fumo nel nostro Paese; parallelamente, c’è stato un aumento del numero dei fumatori di e-cig (nel 2019 erano 900 mila). Non sono numeri trascurabili e sono in crescita. È bene dunque domandarsi cosa tutto ciò potrebbe comportare nei prossimi anni per il nostro Ssn. Asma e BPCO sono le più comuni malattie respiratorie nel mondo, una sfida di salute pubblica e un’importante causa di morbilità e mortalità. Secondo lo studio BOLD (Burden of Obstructive Lung Diseases) la prevalenza mondiale della BPCO è del 10,3%, con un trend in salita. L’Istat attribuisce all’Italia una prevalenza del 5,6% (probabilmente sottostimata). Anche per l’asma, la prevalenza mondiale si attesta sul 10% tra bambini e adolescenti, per scendere al 6-7% tra gli adulti (in Italia è del 6,1% sopra i 15 anni, con tendenza in aumento). Nei fumatori e nei pentiti della sigaretta queste due condizioni, asma e BPCO, possono coesistere, e non a caso. Il fumo è un importante fattore di rischio per BPCO e un trigger per l’asma. A fumare purtroppo è ancora un italiano su 4 (quasi uno su 3 nella fascia d’età 18-34 anni) e il numero stenta a ridursi ulteriormente. Il 35-45% dei pazienti COPD fuma (solo 1 su 5 non ha mai fumato). Metà delle persone che soffrono d’asma è fumatore attivo o un pentito della sigaretta.


Il fumo di sigaretta – ricorda la SIMI – è un complesso aerosol dove trovano posto 700 sostanze chimiche diverse (tra le più note, nicotina, monossido di carbonio e anidride carbonica, metalli pesanti come nichel, cadmio, cromo, arsenico, formaldeide, acreoleina, acetone, idrocarburi policiclici aromatici, catrame, ecc) molte delle quali con proprietà tossiche e cancerogene. Il fumo inoltre è ricco di ROS (radicali liberi dell’ossigeno) dannosi per tutte le strutture dell’organismo, comprese le vie aeree. Rispetto al fumo di sigaretta i liquidi delle e-cig contengono un minor numero di sostanze: glicerolo vegetale, propilen glicole, nicotina e acqua, ai quali si aggiungono aromi artificiali, estratti naturali o una combinazione dei due. Le e-cig non producono fumo, ma vapore. L’inalazione del loro aerosol riscaldato può scatenare un’infiammazione delle vie aeree (anche se con minor violenza rispetto al fumo di sigaretta). I vapori delle e-cig sono inoltre tossici per le cellule (soprattutto nei liquidi molto aromatizzati), ne influenzano la proliferazione e ne alterano la morfologia, in modo simile alla nicotina delle sigarette. Possono inoltre stimolare la produzione di ROS, che danneggiano il DNA e riducono la vitalità delle cellule. Le e-cig inoltre aumentano la suscettibilità alle infezioni respiratorie e possono esacerbare i sintomi di asma e BPCO. I prodotti a tabacco riscaldato (HnB) contengono sostanze chimiche dannose come la nicotina, particolato, benzene, acroleina e nitrosamine, in quantità inferiore a quella del fumo di sigaretta tradizionale, ma sempre pericolosa. Il loro uso prolungato si associa ad alterazioni dell’endotelio (il rivestimento interno dei vasi), a danno ossidativo e ad attivazione delle piastrine; aumentano l’infiammazione delle vie aeree e il rischio di infezioni a questo livello. Insomma, – conclude la SIMI – sono tutt’altro che innocue.

La guida per combattere le infestazioni delle blatte

La guida per combattere le infestazioni delle blatteRoma, 27 giu. (askanews) – Si tratta di un problema che riguarda tutti, attività di ristorazione e famiglie. Nelle grandi città come nei “piccoli borghi”.Ecco cosa fare per prevenire e per intervenire in caso di infestazione. Soprattutto adesso che, con il caldo, il rischio può diventare insostenibile


Nessuno ne è immune. Bar, ristoranti, alberghi e abitazioni sono costantemente sotto la minaccia di un’invasione di blatte. Un problema che riguarda le grandi città come i piccoli capoluoghi di provincia. Basta guardare in terra, nei nostri marciapiedi, per scorgerne una. Sopratutto vicino i cassonetti della spazzatura, quando arriva il buio. Un alert generalizzato, basti pensare che a livello globale, si prevede che il mercato del controllo dei parassiti, crescerà a un CAGR del 5.2% dal 2023 al 2029. Un settore in costante sviluppo, tanto è vero che l’ultima edizione di PestMed, fiera-evento biennale per i professionisti della disinfestazione e sanificazione che si svolge al BolognaFiere, si è chiusa con un + 30% degli espositori stranieri e un aumento del 40% di visitatori. Sul nostro pianeta, in effetti, sono presenti circa 4.400 specie di scarafaggi, raccolti in 500 generi e in 6 famiglie. In Italia ne sono presenti 40 tipi, rappresentanti tre famiglie. Tra queste specie, alcune sono infestanti e possono causare gravi danni alle attività umane e, in particolare, a bar, ristoranti e hotel, i principali bersagli dell’insetto: “Un problema che di certo riguarda in particolare il settore food ma che poi colpisce la vita di qualsiasi nucleo familiare, con il rischio che, nelle nostre case, possa crearsi una vera e propria colonia”, spiega Andrea Cattarin, President & Chief Executive Officer di SGD Group, azienda attiva nel settore della disinfestazione. E i numeri del settore parlano chiaro, evidenziando una problematica italiana e internazionale.


“Molti – spiega Cattarin – pensano che le cause di un’infestazione siano il disordine e la sporcizia che certo hanno un loro peso ma non sono, diciamo così, l’elemento indispensabile. Le blatte si nutrono di qualsiasi sostanza organica ed anche una piccola quantità di cibo può attirarne a centinaia e questo vuol dire che possono insinuarsi anche in appartamenti perfettamente puliti, nuovi, tenuti bene, appena restaurati. Basta che siano presenti sul pianerottolo o nel condominio e il gioco è fatto”. Se dunque le blatte sono nei paraggi, il rischio di avere intrusi è altissimo: “A quel punto – continua Cattarin – è sufficiente che cada una briciola mentre tagliamo il pane per offrire nutrimento a questi odiosi insetti. Un ragionamento questo che vale anche per un magazzino disordinato. Pur avendo alimenti tutti ben confezionati, il caos e la disorganizzazione non ci permettono di localizzarli e quindi di avere contezza della loro presenza, lasciando la possibilità di formare una famiglia con numerosi componenti. Se poi, anche per sbaglio, ci si dimentica di un cartone umido che tende a produrre muffa creiamo rifugio e cibo per rendere possibile la loro sopravvivenza. Sono particolari ai quali occorre porre massima attenzione perché la distrazione o la non curanza possono costare davvero molto caro”.


Ma quali sono le porte d’accesso che garantiamo loro? “Le blatte – afferma l’esperto – possono entrare dalle zanzariere, da sotto le porte, da cattive rifiniture fra tubo e piastrelle in bagno o in cucina e da fessure presenti nel condominio. Ma anche i cavidotti, gli impianti di riscaldamento e gli scarichi sono un’ottima autostrada. Le merci d’entrata sono uno dei maggiori punti di ingresso, con la complicità di ispezioni mal condotte o addirittura inesistenti e degli imballi secondari. Tutto questo rende chiaro il fatto che la colpa dell’infestazione è soprattutto nostra ed è per questo che il fai da te risulta del tutto inefficace. Occorre rivolgersi a specialisti del settore per comprendere come intervenire quando il danno è ormai presente o comunque cosa fare in via preventiva per non ritrovarsi poi con un problema gigantesco. Cosa che vale per tutti ma soprattutto per chi gestisce un bar o un ristorante”. Ma tornando al monitoraggio, “la prima cosa da fare -sottolinea il Ceo di SGD Group – è un’ispezione visiva di un tecnico specializzato. Con l’ausilio di strumentazione professionale si possono individuare, negli angoli più nascosti, gli escrementi, solidi o liquidi, che sono ovviamente la spia della loro presenza. Occorre quindi utilizzare le trappole che possono essere di due tipi: con attrattivi elementari e con ferormoni di aggregazione. Generalmente queste ultime, dal costo economico decisamente più contenuto, si utilizzano per la blattella germanica ma se, invece, voglio avere un’ampio raggio di azione è indispensabile ricorrere a un sistema che le catturi più o meno tutte. In questo caso, i cartoncini collanti con attrattivo alimentare sono lo strumento più efficace. Importante, in entrambi i casi, è il posizionamento scelto”.


L’altra possibilità è fornita dall’uso degli insetticidi che non vanno mai abbinati alle esche in gel perché l’azione repellente dello spray fa sì che le blatte non caschino nel tranello: “Esistono – conclude Cattarin – “insetticidi con caratteristiche diverse: formulati in esca e formulati liquidi con azione abbattente o residuale. L’impiego e la scelta di questi insetticidi dipendono da caso a caso, solitamente si interviene inizialmente con prodotti in spray, per contenere i costi, ma si possono utilizzare anche esche in gel. Ma questi, lo ripeto, sono solo consigli. Il fai da te può ridurre il rischio ma di certo non lo elimina”.