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Autismo, individuata possibile causa di maggiore frequenza nei maschi

Autismo, individuata possibile causa di maggiore frequenza nei maschiRoma, 25 lug. (askanews) – Un team di ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto, coordinato da Alessandro Gozzi e in collaborazione con le Università di Trento e di Pisa, ha identificato un meccanismo biologico in modelli preclinici che spiegherebbe perché l’autismo si riscontra più frequentemente in individui di sesso maschile.


Lo studio, pubblicato sulla rivista “Science Advances”, – informa una nota – fornisce nuove importanti informazioni per la ricerca di base sull’autismo, evidenziando dei meccanismi biologici fino ad oggi per la gran parte sconosciuti, che contribuiscono a questa prevalenza di genere. I disturbi dello spettro autistico sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale in molteplici contesti e tipi di comportamento. In Italia si stima che circa 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza nei maschi 4,4 volte superiore rispetto alle femmine (“Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico” co-coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, ultimo aggiornamento 14/03/2024).


Il team di ricercatori ha identificato un nuovo meccanismo biologico legato al gene Ube3a, noto alla comunità scientifica per codificare un enzima chiave nel processo di degradazione delle proteine. Le persone con una diagnosi di autismo spesso presentano sovraespressione cromosomica di questo gene e circa l’1-2% dei casi totali di autismo è associato a questo tipo di alterazione genetica. In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato come la sovraespressione di Ube3a, in presenza di ormoni sessuali maschili, attivi un meccanismo di disregolazione a cascata di centinaia di geni chiave coinvolti nell’autismo, paragonabile al knockout genico.


Il team multidisciplinare ha condotto analisi su un modello murino con sovraespressione del gene Ube3a. Utilizzando test comportamentali e studi di mappatura cerebrale non invasiva tramite risonanza magnetica, i ricercatori hanno individuato che nel campione composto da maschi e femmine, solo i maschi manifestavano stereotipie comportamentali e alterazioni nella connettività cerebrale riconducibili allo spettro dell’autismo. Questo dato suggerisce che la maggiore prevalenza di autismo in individui di sesso maschile è determinata da meccanismi genetici sesso dipendenti. “Il nostro studio dimostra quello che si sospettava da tempo: ovvero che meccanismi genetici controllati dagli ormoni sessuali contribuiscono in modo fondamentale allo squilibrio diagnostico tra maschi e femmine che si osserva nell’autismo” ha dichiarato Alessandro Gozzi, coordinatore dello studio. “La sfida è ora capire quanti e quali altri meccanismi contribuiscono alla prevalenza di genere in autismo”. “Questo risultato rappresenta un passo avanti verso la comprensione del complesso puzzle genetico che si cela dietro l’autismo” spiega Michael Lombardo, ricercatore IIT coinvolto nello studio.


(Credits: Istituto Italiano di Tecnologia)

Salute, Gimbe: borse di studio Pnrr sono davvero aggiuntive?

Salute, Gimbe: borse di studio Pnrr sono davvero aggiuntive?Milano, 25 lug. (askanews) – “Al 30 giugno 2024 l’unica scadenza europea della missione Salute del Pnrr, che condiziona il pagamento delle rate, è stata rispettata”. Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, illustra l’attività di monitoraggio indipendente dello status di avanzamento delle riforme dell’Osservatorio Gimbe sul Servizio Sanitario Nazionale, che mira a fornire un quadro oggettivo sui risultati raggiunti, di informare i cittadini ed evitare strumentalizzazioni politiche. Il monitoraggio, oltre allo status di avanzamento, analizza le criticità conseguenti alla rimodulazione delle scadenze e all’esecuzione delle attività previste.


Secondo i dati resi pubblici il 23 luglio 2024 sul portale del Ministero della Salute che monitora lo stato di attuazione della Missione Salute del Pnrr, al 30 giugno 2024 è stata raggiunta l’unica scadenza prevista, relativa all’assegnazione di 2.700 borse di studio aggiuntive per corsi specifici di medicina generale, che garantiranno il completamento di tre cicli di apprendimento triennali. Ma secondo Cartabellotta, “se è certo che 900 borse annuali finanziate dal Pnrr sono state assegnate raggiungendo così il target, in assenza di una rendicontazione pubblica del totale delle borse di studio ordinarie è impossibile verificare se le borse Pnrr siano realmente ‘aggiuntive’”. Al 30 giugno 2024 sono stati raggiunti tutti i target previsti nel 2021, 2022 e 2023, ad eccezione del target ‘Stipula di un contratto per gli strumenti di intelligenza artificiale a supporto dell’assistenza primaria’ che era già stato differito dal 30 giugno 2023 al 31 dicembre 2024 (+ 18 mesi). Relativamente al 2024, il target ‘Realizzazione, implementazione e messa in funzione delle componenti architetturali che garantiscono l’interoperabilità nazionale di documenti e dati sanitari all’interno del Fascicolo sanitario elettronico’ è slittato dal 30 giugno al 31 dicembre 2024 (+ 6 mesi). È stato invece stato raggiunto con un anticipo di 6 mesi il target ‘Pubblicazione di una procedura di selezione biennale per l’assegnazione di voucher per progetti PoC (Proof of Concept) e stipula di convenzioni, progetti di ricerca su tumori e malattie rare e progetti di ricerca ad alto impatto sulla salute’ fissato al 31 dicembre 2024.


“Formalmente – conclude Cartabellotta – al 30 giugno 2024 le scadenze europee sul Pnrr che condizionano il pagamento delle rate sono state tutte rispettate. Tuttavia effettuata la ‘messa a terra’ della Missione Salute, il rispetto delle scadenze successive sarà condizionato soprattutto dalle criticità di attuazione del DM 77 nei 21 servizi sanitari regionali, legate sia alle figure chiave del personale sanitario coinvolte nella riorganizzazione dell’assistenza territoriale, sia alle rilevantidifferenze regionali di partenza. In tal senso, il primo banco di prova è al 31 dicembre 2024 quando dovranno essere ‘pienamente funzionanti’ almeno 480 Centrali Operative Territoriali”.

Ricerca, il vaccino contro la Dengue è efficace e sicuro

Ricerca, il vaccino contro la Dengue è efficace e sicuroRoma, 22 lug. (askanews) – Il vaccino contro la Dengue ha un’efficacia superiore al 50% nel ridurre i casi di malattia, con un effetto duraturo e un profilo di sicurezza molto buono. A confermarlo è la prima meta-analisi al mondo sull’efficacia di TAK-003, meglio noto come Qdenga: l’unico vaccino ad oggi approvato in Italia e in molti paesi europei per la lotta alla Dengue. Pubblicata sulla rivista “Vaccines”, l’indagine è stata realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università degli Studi di Ferrara.


“Questa è la prima analisi complessiva a livello mondiale e siamo molto contenti dei dati emersi”, dice Lamberto Manzoli, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Alma Mater, che ha coordinato lo studio. “Non era un esito scontato: sono stati necessari molti anni prima di arrivare a sviluppare un vaccino con risultati così buoni”. Il virus della Dengue, trasmesso da alcune specie di zanzare, infetta ogni anno circa 400 milioni di persone nelle aree più calde del pianeta, causando più di 3 milioni di morti. Il cambiamento climatico sta inoltre ampliando l’habitat delle zanzare portatrici del virus e questo sta provocando nuove epidemie di Dengue in un numero sempre maggiore di paesi. Anche in Italia, in seguito al continuo aumento di casi, la malattia è al centro di un’allerta sanitaria.


Ad oggi – spiega l’Alma Mater – non esiste una terapia efficace contro la malattia e le azioni di bonifica ambientale contro le zanzare non sono in grado di eliminare completamente il rischio di epidemie. L’unica strategia per la prevenzione è quindi quella legata al vaccino: approvato in Europa nel dicembre del 2022, TAK-003, meglio noto come Qdenga, ha mostrato risultati molto promettenti. Finora però non era disponibile una stima complessiva sulla sua efficacia e sicurezza. Gli studiosi hanno quindi esaminato e incrociato i dati dei 19 studi scientifici realizzati fino ad oggi sul vaccino, per trovare solide evidenze della sua capacità di combattere la malattia. Nel complesso sono stati presi in considerazione i casi di oltre 20.000 individui coinvolti nei diversi test, anche a distanza di più di un anno dall’ultima somministrazione, sia con una sola dose che con entrambe le dosi previste per la vaccinazione completa.


I risultati mostrano che il vaccino riduce di oltre il 50% il rischio di contrarre la malattia, con un elevato profilo di sicurezza. Tra chi ha ricevuto entrambe le dosi previste, più del 90% ha sviluppato gli anticorpi contro la Dengue, e la risposta è molto positiva anche tra chi ha ricevuto solo una dose: più del 70% degli adulti e più del 90% dei bambini e adolescenti sviluppano gli anticorpi. “Considerati i risultati ottenuti in termini di sicurezza, immunogenicità ed efficacia, la somministrazione di due dosi può senza dubbio rappresentare uno strumento fondamentale per la prevenzione della Dengue”, conferma Maria Elena Flacco, direttrice della Scuola di Specializzazione di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Ferrara e prima autrice dello studio. “Il vaccino attualmente disponibile può essere quindi molto utile non solo per le popolazioni delle aree endemiche, ma anche per i viaggiatori provenienti da aree non a rischio”.

Autonomia, Cartabellotta (Gimbe): compromette uguaglianza in sanità

Autonomia, Cartabellotta (Gimbe): compromette uguaglianza in sanitàMilano, 18 lug. (askanews) – L’autonomia differenziata aumenta il divario tra Nord e Sud del Paese sul fronte sanitario e pertanto compromette “l’uguaglianza dei cittadini di fronte al diritto costituzionale alla tutela della salute”. Così Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, commenta i risultati del monitoraggio del Ministero della Salute sulle cure essenziali nel 2022.


I dati, sottolinea il presidente della Fondazione Gimbe, confermano la presenza di una “frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese” che nel 2022 “non solo non accenna a ridursi, ma addirittura si amplia sia con l’Abruzzo che diventa inadempiente, sia per riduzione dei punteggi Lea nella maggior parte delle Regioni del Mezzogiorno”. Il che avviene “proprio nel momento in cui entra in vigore la legge sull’autonomia differenziata che in materia di salute non ha ritenuto necessario definire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) in quanto esistono già i Lea”. Per Cartebellotta non ci sono dubbi: “Considerato che i dati sull’esigibilità dei Lea, oltre a segnare un peggioramento complessivo rispetto al 2021, confermano anche per l’anno 2022 un enorme gap Nord-Sud – evidenzia il presidente della Fondazione Gimbe – è evidente che senza definire, finanziare e garantire i Lep anche in sanità, le maggiori autonomie in sanità legittimeranno normativamente questa frattura, compromettendo l’uguaglianza dei cittadini di fronte al diritto costituzionale alla tutela della salute”.

Cure essenziali, nel 2022 promosse 13 Regioni: Emilia-Romagna prima

Cure essenziali, nel 2022 promosse 13 Regioni: Emilia-Romagna primaMilano, 18 lug. (askanews) – Nel 2022 solo 13 Regioni rispettano gli standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud: la Puglia e la Basilicata uniche promosse al Sud, ma in posizioni di coda. In 10 Regioni le performance peggiorano rispetto al 2021. Sono i dati del Ministero della Salute che, come ogni anno, valuta l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), ovverodelle prestazioni sanitarie che tutte le Regioni e Province Autonome devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket. “Si tratta di una vera e propria ‘pagella’ per i servizi sanitari regionali – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe- che identifica quali Regioni sono promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e quali bocciate (inadempienti)”. Le Regioni inadempienti vengono sottoposte ai Piani di rientro, uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute che nelle situazioni più critiche può arrivare sino al commissariamentodella Regione.


Dal 2020 la “Griglia Lea” è stata sostituita da 22 indicatori Core del Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. In ogni area le Regioni possono ottenere un punteggio tra 0 e 100 e vengono considerate adempienti se raggiungono almeno 60 punti in tutte le tre aree; invece, se il punteggio è inferiore a 60 anche in una sola area, la Regione risulta inadempiente. “Se nel 2020 e nel 2021, segnati dall’emergenza pandemica, il monitoraggio ha avuto solo un ruolo informativo – precisa il presidente – nel 2022 per la prima volta i risultati degli indicatori Core vengono utilizzati a scopo valutativo”. A seguito della recente pubblicazione della Relazione 2022 del “Monitoraggio dei Lea attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia” da parte del Ministero della Salute, “la Fondazione Gimbe – spiega Cartabellotta – ha effettuato alcune analisi per stimare l’entità dell’attuale frattura Nord-Sud nel garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute anche alla luce della recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata”. Sul fronte adempimenti Lea, rispetto al 2021 le Regioni adempienti nel 2022 scendono da 14 a 13: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. In particolare, dal 2021 al 2022 nessuna Regione passa da inadempiente ad adempiente, mentre l’Abruzzo diventa inadempiente per il punteggio insufficiente nell’area della prevenzione. Rimangono inadempienti 7 Regioni: Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano con un punteggio insufficiente in una sola area; Calabria, Sardegna e Sicilia con un punteggio insufficiente in due aree; Valle D’Aosta insufficiente in tutte le tre aree. “Nel 2022 – commenta Cartabellotta – aumenta il gap Nord-Sud, visto che solo Puglia e Basilicata si trovano tra le 13 Regioni adempienti, collocandosi rispettivamente in terzultima e in ultima posizione tra quelle ‘promosse’”.


Considerato che il Ministero della Salute non sintetizza in un punteggio unico la valutazione degli adempimenti Lea, la Fondazione Gimbe ha elaborato una classifica di Regioni e Province Autonome sommando gli score ottenuti nelle tre aree; i risultati sono riportati in ordine decrescente di punteggio totale e suddivisi in quartili. “Rispetto al semplice status di adempiente o inadempiente – osserva Cartabellotta – il punteggio totale mostra ancora più chiaramente l’entità del gap Nord-Sud: infatti, ai primi 10 posti si trovano 6 Regioni del Nord, 4 del Centro e nessuna del Sud, mentre nelle ultime 7 posizioni -fatta eccezione per la Valle D’Aosta – si collocano solo Regioni del Mezzogiorno”.

Estate in salute, tutti i vantaggi della dieta mediterranea

Estate in salute, tutti i vantaggi della dieta mediterraneaRoma, 17 lug. (askanews) – Con l’estate nel pieno della sua stagione, esaltiamo i vantaggi della Dieta Mediterranea, modello alimentare celebrato per i suoi effetti positivi sulla salute, mettendo in risalto l’importanza dei due alimenti ‘liquidi’: l’olio extravergine d’oliva e il vino. Questi alimenti non solo arricchiscono i piatti estivi con sapori intensi, ma supportano anche la salute cardiovascolare e il benessere generale grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, come spiegano il Prof. Attilio Giacosa e la Prof.ssa Silvana Hrelia, rispettivamente Presidente e membro del Comitato Scientifico IRVAS, Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute.


“L’estate rappresenta il periodo ideale per adottare la Dieta Mediterranea – precisa Silvana Hrelia – poiché offre un’ampia varietà di frutta e verdura fresche e di stagione, ideali per soddisfare le necessità nutrizionali durante i mesi più caldi. Questo regime alimentare, basato sull’abbondante consumo di frutta e verdura di stagione, legumi e carni bianche, costituisce un’essenziale strategia dietetica per promuovere la salute cardiovascolare, migliorare il benessere generale e aumentare la longevità. La Dieta Mediterranea include anche due componenti ‘liquidi’ fondamentali: l’olio extravergine d’oliva e il vino, da consumarsi – quest’ultimo – sempre moderatamente e in abbinamento ai pasti. A questo proposito, l’olio extravergine d’oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi e composti fenolici, gioca un ruolo cruciale nella protezione contro le malattie croniche, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie”. Anche il vino, consumato con moderazione e in abbinamento ai pasti, rappresenta un altro elemento distintivo della Dieta Mediterranea con potenziali benefici per la salute, grazie alla sua composizione nutrizionale e ai suoi componenti bioattivi. Come sottolinea Attilio Giacosa: “Il consumo moderato e responsabile di vino può contribuire positivamente alla salute, grazie alla presenza di antiossidanti come i polifenoli e il resveratrolo. Questi composti hanno dimostrato di giocare un ruolo protettivo per il cuore e possono contribuire alla prevenzione di malattie croniche, se inseriti in un contesto di una dieta equilibrata. Il vino è inoltre parte integrante della cultura e delle tradizioni alimentari di molte regioni del mondo, specialmente nella Dieta Mediterranea. Viene consumato spesso durante i pasti e può contribuire alla varietà e al gusto complessivo dell’alimentazione”.


In estate sia l’olio d’oliva che il vino offrono diversi vantaggi, legati al benessere, alla convivialità e alla piacevolezza dell’esperienza gastronomica. L’olio extravergine d’oliva è un compagno perfetto per i pasti estivi. Mentre il vino, soprattutto bianco e rosato, è generalmente più leggero dal punto di vista della gradazione alcolica rispetto, invece, a cocktail che spesso contengono liquori ad alta gradazione alcolica e zuccheri aggiunti. “Utilizzare un olio extravergine d’oliva di alta qualità, preferibilmente proveniente da fonti certificate, per massimizzarne i benefici nutrizionali e il gusto dei piatti estivi, è un vero e proprio toccasana per favorire benessere e longevità – spiega Attilio Giacosa -. Con la sua versatilità e i suoi benefici per la salute, l’olio d’oliva è un alleato prezioso per creare piatti estivi leggeri, gustosi e nutrienti, dall’antipasto al gelato: sia una fresca insalata estiva, utilizzando verdure di stagione, sia per marinare carni bianche, come pollo o pesce, prima di grigliarle; sia per condire carpacci di carne o pesce, insieme a agrumi ed erbe fresche, fino ad offrire un tocco unico e raffinato ai dessert estivi, come gelati, mousse o torte. Relativamente al vino, va sottolineato che mentre molti cocktail sono carichi di zuccheri semplici provenienti da sciroppi, succhi di frutta o bevande gassate, esso contiene zuccheri naturali derivati dall’uva. Ovviamente il suo consumo dev’essere sempre moderato e in abbinamento a cene leggere e piatti estivi: ad esempio, un vino bianco fresco può essere perfetto con piatti a base di pesce, insalate o verdure grigliate, mentre un rosso leggero può sposarsi bene con carni bianche o antipasti. Contribuendo, così, anche a godere di momenti conviviali durante una cena all’aperto o in compagnia di amici e familiari”. Credits: foto di Panerai da Pixabay.

Iss: da rubinetti acqua potabile sicura, conforme a parametri al 99%

Iss: da rubinetti acqua potabile sicura, conforme a parametri al 99%Roma, 16 lug. (askanews) – L’acqua potabile che arriva nelle case degli italiani è sostenibile e sicura: negli ultimi tre anni è risultata conforme ai parametri sanitari microbiologici e chimici stabiliti nel 99,1% dei casi e nel 98,4% è conforme ai parametri indicatori, non direttamente correlati alla salute ma a variazioni anomale della qualità che potrebbero, per esempio, influire su sapore, odore o colore. È quanto emerge dal primo rapporto elaborato dal neonato Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) dell’Istituto Superiore di Sanità presentato oggi, alla presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci.


“Dai dati che abbiamo raccolto emerge che l’acqua potabile è sicura e controllata capillarmente nel tempo in tutto il Paese, conforme quasi nel 100% dei casi ai parametri di legge e con una gestione sicura delle non conformità – afferma Rocco Bellantone, presidente dell’Iss -. È importante che si ribadisca questo concetto, visto che secondo l’Istat quasi un terzo degli italiani non si fida dell’acqua dei propri rubinetti”. Il rapporto, realizzato sulla base dei dati prodotti dalle Regioni italiane insieme al Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale e coordinato dal Ministero della salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, ha esaminato i risultati di oltre 2,5 milioni di analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche condotte in 18 Regioni e Province Autonome, corrispondenti a oltre il 90% della popolazione italiana, tra il 2020 e il 2022. Dal punto di vista territoriale tutte le Regioni hanno mostrato percentuali di conformità medie molto alte, superiori al 95%. Le oscillazioni del tasso di conformità sono minimali dal punto di vista della prevenzione sanitaria, che in ogni caso è stata adeguatamente assicurata.


I dati registrano comunque come Regione migliore sia per i parametri sanitari chimici e microbiologici che per i parametri indicatori l’Emilia-Romagna seguita da Veneto e Piemonte, mentre i tassi di conformità relativamente minori per parametri sanitari sono registrati nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, e, per i parametri indicatori, in Umbria e nella PA di Trento. Per quanto riguarda le limitate non conformità rilevate a livello nazionale “si tratta di alcune tracce episodiche e circostanziate a livello locale di contaminazioni microbiologiche (Enterococchi, Escherichia coli) e indicatori di contaminazioni ambientali (coliformi) – informa l’Iss – mentre in alcune limitate aree territoriali si rilevano ancora non conformità per elementi naturali come fluoro e arsenico, associate a gestioni idriche non efficienti di sistemi in economia. Le non conformità rilevate attestano comunque che il sistema dei controlli funziona e che è in grado di gestire i rischi secondo un principio di masima precauzione che previene esposizioni pericolose per l’uomo”.


L’Italia, – ha sottolineato il direttore generale dell’Iss Andrea Piccioli – ha avuto un ruolo importante nel chiedere in sede europea di costruire una normativa che sia ancora più stringente sulla qualità e la sicurezza dell’acqua potabile. “Nel settore delle acque destinate al consumo umano – specifica Piccioli – l’Italia rappresenta un modello di prevenzione e risposta, presentato come riferimento anche nella Conferenza mondiale sull’acqua di New York 2023, che realizza un partenariato esteso tra istituzioni e portatori di conoscenza e interesse, pubblici e privati, che ha tra gli obiettivi prioritari politiche di accesso ad acqua e servizi igienici sicuri come diritto fondamentale per tutta la popolazione, inclusi luoghi di cura, scuole e edifici prioritari”. “L’acqua, d’altra parte, è essenziale per il benessere del corpo e per la nostra salute: rappresenta circa il 60% del nostro peso corporeo e apporta importanti contributi di elementi minerali che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare, ma una vasta fascia della popolazione non ne assume la quantità raccomandata di circa 2 litri al giorno per le donne e 2,5 litri per gli uomini – dichiara Graziano Onder, coordinatore della segreteria scientifica dell’Istituto Superiore di Sanità – in particolare gli anziani in oltre il 40% dei casi non raggiungono questa quantità con il rischio che di un impatto negativo sulla performance fisica e cognitiva, in particolare, ma non solo, in questa popolazione. L’acqua, che sia di rubinetto o in bottiglia, è fondamentale in tutte le fasi della vita, fin dalla gravidanza e dai primi mesi di vita”.


La pubblicazione del rapporto è il primo passo verso la costruzione di una ‘anagrafe dell’acqua’, con l’obiettivo di mettere a disposizione del pubblico tutti i dati sulle caratteristiche dell’acqua potabile nella propria zona. “Nonostante l’acqua rappresenti la risorsa circolare per eccellenza, la governance ed i controlli che presiedono alla sua sicurezza sono spesso segmentati in diverse normative, assetti istituzionali e soggetti attuatori – spiega Luca Lucentini, direttore del CeNSiA -. Anche per questo, con una legge nazionale seguita da un decreto legislativo è stato istituito presso l’Iss il Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque che, tra gli altri compiti, gestirà anche la raccolta e l’analisi dei dati attraverso l’Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA) per garantire un’informazione completa e aggiornata ai cittadini che potranno conoscere l’origine e la qualità della propria acqua di rubinetto, a partire dalle risorse idriche prelevate dagli ambienti naturali fino al loro rubinetto e evidenziando tutte le misure di protezione e controllo applicate, collegandosi anche al Sistema Informativo Nazionale per la Tutela delle Acque Italiane, coordinato e gestito dall’Istituto Superiore per la protezione dell’ambiente (Ispra)”. In occasione della pubblicazione del rapporto l’Iss mette a disposizione un video e un sito dedicato (https://www.iss.it/acqua-e-salute-copertina) con tutte le informazioni utili sull’acqua a partire dalla descrizione del suo ‘viaggio’ dal punto dove viene prelevata fino al rubinetto di casa. Vi è poi un focus su quali sono i diversi tipi di acqua e quale è la sua importanza per la salute. Non manca, infine, una sezione dedicata a smentire i principali falsi miti sull’acqua potabile: si ribadisce così ad esempio che berla non favorisce i calcoli e può essere usata in gravidanza o in allattamento.

Giovani e sanità, quasi metà “under 30” ha fiducia in qualità SSN

Giovani e sanità, quasi metà “under 30” ha fiducia in qualità SSNRoma, 15 lug. (askanews) – Il 41% dei giovani italiani tra 18 e 30 anni si dichiara convinto che, in caso di malattia o necessità mediche, il SSN possa offrire loro le migliori cure disponibili e le più avanzate innovazioni scientifiche. Se interrogati sul futuro della sanità, i giovani italiani puntano i riflettori sul superamento delle differenze, a partire da quelle socioeconomiche (di reddito, stato economico, professione ecc.) ritenute da 7 italiani su 10 “under 30” (69,6%) come la causa principale di disuguaglianze nell’accesso alla sanità. A seguire, il 45,9% dei giovani mette in evidenza le differenze geografiche nella qualità dei servizi sanitari disponibili, ma gli “under 30” sono attenti anche alle differenze etniche, ritenute rilevanti per il 30,4% e alle differenze intergenerazionali (25,3%) e di genere (24,2%).


È il quadro tracciato dall’indagine “Giovani e sanità: il futuro che vogliamo” promossa da Novartis nell’ambito del percorso intrapreso al fianco di tutti gli attori del Sistema Paese per re-immaginare la sanità del futuro. In primo piano l’ascolto delle nuove generazioni, avviato con 6 tavoli di lavoro con oltre 40 under 35 e un successivo Board di ascolto con diversi interlocutori sanitari, per identificare la visione e le aspettative dei giovani verso la sanità del futuro.“In Novartis siamo convinti che, per migliorare concretamente la vita delle persone, l’innovazione debba essere sostenuta da un impegno collettivo, volto a garantire un accesso equo e tempestivo alla cura, affinché l’innovazione sia effettivamente disponibile per chi ne ha bisogno – commenta Valentino Confalone, Country President Novartis Italia -. Per questo lavoriamo al fianco delle istituzioni, della comunità medica e dei pazienti, su diversi fronti di azione, per favorire l’evoluzione della sanità verso nuovi modelli in grado di affrontare le sfide che ci attendono. A questo si aggiunge l’ascolto e il dialogo aperto con le nuove generazioni che rappresentano un punto di partenza fondamentale per reimmaginare il futuro della sanità”.


Le priorità su cui intervenire secondo i giovani – Investimenti in ricerca scientifica (26,8%) e maggiori risorse economiche (19,1%) sono le priorità, secondo i giovani italiani tra i 18 e 29 anni, per affrontare le sfide sanitarie del futuro. Una lista in parte diversa da quella degli “over 30”, che mettono al primo posto la necessità di nuove assunzioni di medici e infermieri (25,5% “over 30” vs. 13,9% degli “under 30”).Le differenze socioeconomiche rappresentano per la metà dei giovani (55,7%) la grande priorità su cui concentrare interventi volti a garantire una sanità equa e accessibile per tutti. Rispetto alle generazioni precedenti, il divario tra giovani e meno giovani sale a 10 punti percentuali per quanto riguarda la priorità attribuita alle differenze etniche come fattore prioritario su cui intervenire per garantire una sanità equa (13,9% “under 30” vs. 3,7% “over 30”).


“I giovani si mostrano più sensibili delle generazioni precedenti per quanto riguarda le disuguaglianze generate a livello sanitario dalle differenze etniche e di genere – spiega Cosimo Finzi, direttore AstraRicerche – Un divario che emerge anche in altri ambiti, dove i giovani si mostrano in generale più ottimisti rispetto agli “over 30”. Ad esempio, se interrogati sulla accessibilità per i cittadini dei servizi del SSN, il 37,6% dei giovani “under 30” ritiene che i servizi del SSN siano fisicamente vicini e accessibili ai cittadini. La maggioranza degli “over 30″ si esprime invece in termini meno positivi, con solo il 30,3% che dà una valutazione positiva e ben il 34,5% che ritiene i servizi poco o per niente accessibili”.Attenzione alla propria salute – Quasi 8 giovani italiani su 10 si dichiarano consapevoli dell’importanza della prevenzione (76,8%) e quasi 6 su 10 dichiarano di sottoporsi a visite ed esami a scopo preventivo ogni uno o due anni (58,2%). La prevenzione oncologica è al primo posto per rilevanza attribuita (74,7%), ma i giovani attribuiscono più importanza rispetto alle generazioni precedenti alla prevenzione per la salute mentale (45,9% vs 30,3%) e delle malattie infettive (43,3% vs 28,8%).


Dopo i tavoli di lavoro realizzati in collaborazione con il CNG e un Board di ascolto e confronto con alcuni interlocutori del Sistema Salute, “Partner per il Futuro” di Novartis continuerà con un percorso di lavoro con le istituzioni che sfocerà nella definizione di linee d’azione concrete per intervenire sulle tematiche chiave emerse dai tavoli di lavoro e confermate dall’indagine, quali la prevenzione e l’accesso all’innovazione, con l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze sanitarie. Il progetto “Partner per il Futuro” fa da sfondo al piano di investimenti in Italia di circa 350 milioni di euro entro il 2025, con progetti che puntano a valorizzare la qualità e l’attrattività del Sistema Salute italiano a livello europeo e globale. 

Come affrontare gli ultimi mesi di gravidanza con il caldo estivo

Come affrontare gli ultimi mesi di gravidanza con il caldo estivoRoma, 13 lug. (askanews) – Sono giorni da bollino rosso. Il caldo estivo può diventare una sfida impegnativa, soprattutto per le future mamme. Considerando che settembre registra il picco di nascite in Italia secondo l’Istat, molte donne affrontano proprio durante l’estate le fasi finali della gravidanza. Con l’aumento delle temperature, crescono anche i disagi e le difficoltà. È quindi essenziale adottare strategie adeguate per vivere al meglio questo periodo delicato.


“In gravidanza, il corpo subisce cambiamenti fisiologici significativi: l’aumento del volume del sangue materno per garantire un adeguato flusso sanguigno alla placenta richiede un’adeguata idratazione – spiega Marco Grassi, ginecologo del Reparto di Ginecologia dell’Ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno – Il caldo può causare disidratazione attraverso la sudorazione, portando alla perdita di liquidi e sali minerali cruciali per l’equilibrio materno-fetale”. L’idratazione gioca un ruolo fondamentale: “Bere almeno 2 litri di acqua al giorno è cruciale per prevenire la disidratazione,” aggiunge il Dott. Grassi. Raccomanda inoltre di limitare il consumo di bevande caffeinate e alcoliche. Durante l’estate, è bene optare per pasti leggeri e frequenti così da mantenere la temperatura corporea sotto controllo. “E’ consigliato una dieta variegata, da seguire per l’intero corso della gestazione, con un’attenzione particolare alla verdura e alla frutta di stagione, da consumare solo dopo un accurato lavaggio – suggerisce il Dott. Grassi – limitare gli zuccheri semplici e privilegiare carboidrati complessi come pasta e pane aiuta a mantenere un adeguato apporto nutrizionale”. Per aumentare il comfort domestico, è consigliabile migliorare il microclima con tende oscuranti e mantenere le finestre chiuse durante le ore più calde, aprendole nei momenti più freschi. Inoltre, regolare il condizionatore tra i 24 e i 26 gradi aiuta a mantenere una temperatura confortevole.


Indossare abiti leggeri e traspiranti aiuta a mantenere il corpo fresco. “Per trovare sollievo dal caldo, sono consigliati bagni e docce con acqua tiepida” suggerisce il Dott. Grassi. Evitare di uscire nelle ore più calde della giornata e di percorrere strade trafficate, dove l’inquinamento è maggiore. Utilizzare creme solari aiuta a prevenire scottature e la comparsa di macchie scure sulla pelle. Se stai pianificando una vacanza durante gli ultimi mesi di gravidanza, informati sulle previsioni di eventuali ondate di calore nel luogo di destinazione. Al mare, limita l’esposizione al sole alle ore più fresche della giornata, utilizzando sempre creme protettive. Per alleviare il gonfiore addominale, disagio che riguarda molte donne specie nll’ultimo periodo di gestazione, il Dott. Grassi consiglia di sollevare i piedi quando possibile e di considerare l’uso di calze a compressione. “Un pediluvio con acqua fresca può offrire un sollievo immediato”. Infine, per quanto riguarda l’esercizio fisico, durante gli ultimi mesi di gravidanza privilegiare attività leggere, come ad esempio: camminate, ginnastica dolce, yoga, conclude il Dottor Grassi.

Malattie rare, siglato accordo tra FNO TSRM e PSTRP e UNIAMO

Malattie rare, siglato accordo tra FNO TSRM e PSTRP e UNIAMORoma, 12 lug. (askanews) – La Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) e la Federazione italiana malattie rare (UNIAMO) hanno formalizzato la loro collaborazione attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa. L’accordo è stato siglato in occasione della ‘Convention Monito Rare’ della Federazione UNIAMO, durante il quale è stato presentato il 10° rapporto sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia.


Alla firma Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP e Annalisa Scopinaro, Presidente di Uniamo. “Questo accordo testimonia l’impegno della FNO TSRM e PSTRP nei confronti delle persone con malattie rare”, spiega la Presidente Teresa Calandra. “Avvieremo iniziative di sensibilizzazione e formazione. Promuoveremo, tra i professionisti iscritti ai nostri albi ed elenchi speciali ad esaurimento, la ricerca scientifica al fine di migliorare la qualità della vita di chi convive con queste patologie. Lavoreremo a tutti i livelli per integrare le competenze delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione all’interno dei percorsi di screening, diagnostico-terapeutici e assistenziali, con l’obiettivo di agevolare l’accesso dei servizi sanitari su tutto il territorio nazionale, affinché ciascuno possa avere pari dignità di cura”.


Anche Annalisa Scopinaro, Presidente della Federazione Uniamo, ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa, dichiarando: “È fondamentale per le persone con malattia rara essere presi in carico in maniera multidisciplinare e trasversale fra i servizi sanitari: territoriali, ospedalieri e ultra specializzati. Gli specialisti sono necessari per la diagnosi e il follow up, servono poi tutti i professionisti sanitari per i trattamenti e la presa in carico. Di qui l’importanza di questo protocollo di intesa, che supporterà nella sensibilizzazione, nella formazione specifica e nel dialogo fra tutti gli attori in gioco”. Il protocollo pone particolare attenzione ai programmi di collaborazione rivolti alle problematiche proprie delle malattie rare per una migliore formazione professionale, di quanti sono impegnati nel pubblico e nel privato e che svolgono funzioni di pubblico interesse e dei rappresentanti di chi soffre di queste patologie.


Con l’accordo siglato si intende ampliare la conoscenza e la consapevolezza sul tema delle malattie rare, attraverso la promozione di progetti didattici e ricerca scientifica. Tra i punti cruciali del documento vi è lo studio e la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA), con il coinvolgimento attivo delle professioni TSRM e PSTRP, per migliorare la presa in carico delle persone assistite e con malattie rare su tutto il territorio nazionale.