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Avis: crescono le donazioni di sangue e plasma

Avis: crescono le donazioni di sangue e plasmaRoma, 28 mag. (askanews) – È un’AVIS in salute e in costante crescita, sia in termini di donatori sia di donazioni, quella che emerge dalla 90a Assemblea Generale, tenutasi a Vicenza dal 24 al 26 maggio scorsi. Le donazioni di sangue e plasma sono state complessivamente 1.992.590, pari a un incremento di ben due punti percentuali rispetto all’anno precedente, e i soci iscritti hanno raggiunto quota 1.294.822, che si traduce in +0,5%. Degna di nota anche la crescita delle donazioni di plasma. Il nostro Paese, infatti, lo scorso anno ha inviato oltre 880mila chili, pari oltre il 4% in più del 2022, alla produzione di farmaci impiegati nella cura di numerose patologie ed esigenze cliniche. Tra queste ricordiamo l’emofilia, le malattie epatiche, le ustioni, i trapianti, le immunodeficienze primitive e acquisite, oltre alla prevenzione dell’epatite B, del tetano e molto altro ancora.


«Sebbene l’Italia sia autosufficiente nella raccolta di globuli rossi per uso ospedaliero – ha sottolineato il Presidente nazionale, Gianpietro Briola – è ancora costretta a importare dall’estero circa il 20% dei medicinali plasmaderivati. Per raggiungere questo obiettivo è più che mai importante incrementare il numero di donatori giovani, soprattutto nella fascia d’età tra i 18 e i 25 anni, passata da 227.991 nel 2011 a 196.158 nel 2022, pari a un calo del 14%». L’Assemblea generale di AVIS è stata anche l’occasione per presentare i risultati di un’indagine nata dalla sinergia tra AVIS e un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna. Contenuti nel libro «Il dono di sé, dono per gli altri», i dati si riferiscono a un campione di 3.200 giovani donatori tra i 18 e i 35 anni iscritti all’Associazione e illustrano le motivazioni che spingono a compiere questo gesto di solidarietà. Tra esse vi sono, in particolare, l’esempio della famiglia o di un amico, il passaparola tra pari e il contatto con le associazioni del dono, soprattutto a scuola, un ambito in cui AVIS è impegnata da ormai tanti anni, e sui nuovi media. I giovani donatori sono, inoltre, mossi da spinte motivazionali intrinseche, come la sensazione di autostima e di benessere. Sono, dunque, queste le leve su cui puntare per il raggiungimento dell’autosufficienza di farmaci plasmaderivati. “Lascia che la solidarietà entri in circolo: dona il sangue, dona il plasma” è il tema scelto da AVIS per la prossima Giornata mondiale del donatore di sangue, che si celebrerà il 14 giugno. Istituita nel 2004 dall’Organizzazione mondiale della Sanità proprio nel giorno in cui nacque il medico e biologo austriaco Karl Landsteiner, co-scopritore dei gruppi sanguigni, questa ricorrenza rappresenta l’occasione per mantenere alta l’attenzione globale sull’importanza delle donazioni volontarie, gratuite, anonime e periodiche. Lo slogan di AVIS punta ad essere una vera e propria metafora: come il sangue circola nelle nostre vene, così i valori di altruismo e generosità incondizionata vogliono farsi strada tra le persone e soprattutto tra i giovani. Il 14 giugno si celebrerà la consueta giornata mondiale del donatore di sangue, giunta quest’anno alla sua ventesima edizione.

Dermatologi SIDeMaST a Congresso: sulla pelle mai abbassare la guardia

Dermatologi SIDeMaST a Congresso: sulla pelle mai abbassare la guardiaRoma, 28 mag. (askanews) – In occasione del 98° Congresso Nazionale organizzato a Giardini di Naxos (Me) da oggi e fino al 31 maggio, i dermatologi della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse, lanciano un messaggio chiaro: “Bisogna sensibilizzare le persone a proteggere e curare la propria pelle”.


Un esempio su tutti sono i dati di incidenza del melanoma – in Italia il terzo tumore più frequente sia negli uomini che nelle donne al di sotto dei 50 anni – rilevati in alcuni Centri dermatologici italiani SIDeMaST: le prime stime indicano infatti un’incidenza doppia – 30 casi ogni 100mila abitanti – rispetto ai dati ufficiali che parlano di 15 casi ogni 100mila abitanti. In cifre, circa 15mila nuovi casi ogni anno, rispetto ai circa 7mila stimati (dati Iss). “Oggi abbiamo la possibilità di trattare meglio tante malattie dermatologiche che prima purtroppo si faticava a curare, il melanoma in primis – ha detto il presidente SIDeMaST Giuseppe Argenziano, Ordinario di Dermatologia dell’Università della Campania L. Vanvitelli di Napoli – ma la tutela della propria salute inizia prima e la partita non si vince da soli: bisogna investire sulla propria cute senza mai abbassare la guardia. Oggi sappiamo perfettamente che il 95% dei tumori maligni epiteliali ed il 70-95% dei melanomi sono provocati dalla esposizione solare eccessiva. Tumori che possiamo prevenire adottando un adeguato stile di vita. Questo significa comprendere l’importanza della prevenzione primaria, proteggendo se stessi e i propri figli fin da piccoli dall’esposizione eccessiva e non controllata al sole, un nostro alleato per molti aspetti ma anche un cancerogeno naturale, e alle radiazioni UV in generale, non solo quindi quelle dei raggi solari ma anche quelle artificiali”. Le misure protettive includono una combinazione che va dal cercare l’ombra, proteggersi con vestiti, occhiali e cappello fino all’utilizzo di creme protettive per gli UVA e UVB con fattore di protezione alto o estremo sulle zone scoperte.


E la prevenzione deve proseguire osservando con attenzione ogni cambiamento della pelle, imparando a riconoscere i segnali di allarme relativi all’inizio di un tumore cutaneo e consultandosi periodicamente con il dermatologo quando si nota qualcosa di diverso o che cresce. “Nonostante gli importanti risultati delle nuove terapie introdotte per i tumori della pelle – aggiunge Maria Concetta Fargnoli, Vice presidente SIDeMaST e Professore Ordinario di Dermatologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila – la diagnosi precoce resta la nostra arma più importante ed è lì che dobbiamo agire, insegnando alle persone ad osservarsi costantemente con attenzione. Il dermatologo ha oggi a sua disposizione numerose metodiche diagnostiche non invasive che, in aggiunta alla visita clinica, sono di grande utilità nel migliorare l’accuratezza diagnostica, consentendo la diagnosi precoce ed evitando le asportazioni inutili”. La carta da giocare è appunto sensibilizzare le persone. “Ecco perché – ha aggiunto il presidente Argenziano – la SIDeMaST è disponibile a interagire con il ministero della Salute per intensificare le campagne di prevenzione primaria dei tumori della pelle e cambiare il sentito comune dei cittadini nei riguardi dell’esposizione alla luce solare o ultravioletta artificiale: proteggersi dai raggi ultravioletti è fondamentale. Non lo diciamo mai abbastanza. Un messaggio forte che dobbiamo rivolgere soprattutto alle popolazioni giovani”.

Fondazione Mama Sofia: presentato progetto sanitario in Marocco

Fondazione Mama Sofia: presentato progetto sanitario in MaroccoMilano, 28 mag. (askanews) – Nell’ambito della cooperazione sanitaria Italia-Marocco, è stato presentato a Rabat e a Casablanca il progetto pilota “Mama Sofia accorcia le distanze nella cura”. L’iniziativa, inserita all’interno del Piano Mattei per l’Africa, è promossa dalla Fondazione Mama Sofia con il patrocinio della Presidenza italiana del Consiglio dei ministri e realizzata grazie alla collaborazione tra istituti di ricerca e ospedali italiani d’eccellenza, tra cui per la pediatria l’Istituto Gaslini di Genova e Vexavit e Dedalus, aziende italiane leader nel settore tecnologico. Hanno partecipato l’ambasciatore d’Italia in Marocco, Armando Barucco, la presidente della Fondazione Mama Sofia, Zakia Seddiki Attanasio, il presidente di Vexavit Italia, Salvatore Gandolfo, il professore Raffaele Ciavarella di Vexavit e il presidente di Dedalus, Andrea Fiumicelli.


L’iniziativa avrà il suo primo sviluppo in Marocco, in considerazione del forte legame che il Paese ha con l’ambasciatore Luca Attanasio, console generale a Casablanca dal 2010 al 2013, e marito di Zakia Seddiki Attanasio, Presidente della Fondazione Mama Sofia, di origine marocchina. “‘Mama Sofia accorcia le distanze nella cura’ è un progetto che conferma l’impegno che vogliamo mettere nel realizzare attività che abbiano un valore reale a livello etico e sociale e è, inoltre, un riconoscimento del lavoro di Luca verso quel principio di cooperazione a lui tanto caro” ha dichiarato la presidente Seddiki Attanasio, aggiungendo “il mio intento attraverso l’azione intrapresa con la Fondazione è quello di dare un contributo affinché l’Italia possa essere costruttrice di pace e solidarietà tra i popoli. Iniziamo da qui, dal Marocco, che simbolicamente un significato particolare per me: prima di tutto è il mio Paese di origine, e poi il punto di partenza del legame tra me e Luca. Le differenze culturali – ha concluso – non devono rappresentare un ostacolo ma un valore, uno strumento per avvicinarci e arricchirci”.


Nello specifico il progetto vuole creare un sistema di monitoraggio continuo dei parametri fisiologici individuali tramite dispositivi indossabili, non invasivi, multi-parametrici al fine di sviluppare un sistema di controllo medico stabile, sostenibile e avanzato, con l’obiettivo di favorire la ricerca, lo sviluppo e il miglioramento dell’efficienza complessiva del sistema sanitario. Punto di forza è, inoltre, la replicabilità dell’iniziativa: saranno infatti, mutuati modelli e “best practice” che consentiranno ad altre aree remote di implementare con successo un sistema simile, adattato perfettamente alle specifiche esigenze locali. La replicabilità garantirà la diffusione massiva di tecnologie avanzate e la condivisione delle esperienze, contribuendo alla visione globale delle problematiche sanitarie per rendere possibile ridisegnare il mondo. Questa iniziativa permetterà di potenziare la prevenzione delle malattie attraverso il monitoraggio regolare dei parametri, consentendo diagnosi tempestive e interventi preventivi.

Indagine Simeu: nei PS crescono tempi permanenza, aumentano accessi over80

Indagine Simeu: nei PS crescono tempi permanenza, aumentano accessi over80Roma, 28 mag. (askanews) – Nei Pronto Soccorso aumentano le esigenze cliniche e assistenziali degli anziani, crescono i tempi di permanenza, il 3,5% dei pazienti ha eseguito più di 5 accessi nel 2023. Medici, infermieri, specializzandi Medicina di Emergenza e Urgenza provenienti da tutta Italia si incontreranno a Genova dal 30 maggio al 1 giugno per il Congresso Nazionale della Società Scientifica SIMEU, proponendosi di affrontare in modo sistematico i temi relativi alla corretta definizione dei contesti e delle professionalità del futuro. In occasione dell’imminente evento l’Osservatorio SIMEU ha raccolto alcuni dati che contribuiscono a descrivere l’evoluzione dell’attività erogata dalla Medicina di Emergenza Urgenza in questi ultimi anni. È stata eseguita una rilevazione su un campione significativo di Pronto Soccorso italiani raffrontando i dati relativi all’anno 2019 (anno pre-pandemico, con circa venti milioni di accessi nazionali) con quelli relativi all’anno 2023 (18.000.000 di accessi, dati Agenas). Osserva il Responsabile dell’Osservatorio, Andrea Fabbri: “A fronte di una diminuzione del numero totale degli accessi di Pronto Soccorso, l’incremento relativo di pazienti over 80 provoca un aumento, in termini assoluti, di oltre 250.000 casi. Ma è ancora più importante comprendere che è la composizione della popolazione del Pronto Soccorso a mutare profondamente. Le esigenze cliniche e assistenziali di pazienti così anziani moltiplicano l’impegno necessario da parte di tutti gli operatori (medici, infermieri, OSS) per un fattore di incremento che è certamente superiore alla semplice differenza numerica”. Relativamente al tempo medio di attesa in Pronto Soccorso per il ricovero in area medica il dato rilevato vedeva nel 2019 un’attesa media di 25 ore che diventa di 31 ore nel 2023.


Il Past President SIMEU Salvatore Manca commenta: “Il tempo d’attesa per il ricovero in area medica è aumentato in pochi anni del 25%: 6 ore in più. Quel tempo ha un valore assoluto che riflette il disagio dei pazienti e l’impegno assistenziale messo in atto nei Pronto Soccorso, sempre più a corto di strumenti per provvedere alle nuove esigenze. Se si moltiplica il tempo di 31 ore per il numero dei ricoveri in Medicina in un anno emerge una cifra spaventosa: decine di milioni di ore di assistenza e cura in barella”. L’indagine SIMEU si è orientata anche sull’aspetto economico dell’attività di Pronto Soccorso. Sono stati presi in esame alcuni dati grezzi comparando ancora il 2019 con il 2023: Costo/paziente per esami di laboratorio: +13%. Costo/paziente per diagnostica per immagini: +23%. Costo/paziente per farmaci: +15%. Beniamino Susi, vicepresidente nazionale SIMEU: “Il dato dei costi per paziente è grezzo e andrebbe approfondito e meglio definito. Quel che sappiamo è che l’incremento, in generale, è legato solo in minima parte a un aumento dei prezzi e deriva soprattutto dal crescere delle attività. Il che è certamente il risultato sia del maggior tempo di stazionamento in Pronto Soccorso di tanti pazienti, sia dell’incremento della loro complessità clinica e dell’accuratezza della diagnostica e della terapia effettuata in PS”. Infine un dato interessante che riguarda gli accessi ripetuti in Pronto Soccorso: circa il 3,5% dei pazienti registrati in Pronto Soccorso ha eseguito più di 5 accessi nel solo anno 2023. “Le cause degli accessi ripetuti – spiega Antonio Voza, Segretario nazionale SIMEU – sono molteplici e molto differenti tra loro: ci sono persone con grandi difficoltà sociali, come i senza fissa dimora, ma anche pazienti con condizioni croniche che hanno necessità frequenti, come i pazienti con patologia psichiatrica, oncologica, geriatrica. Il denominatore comune è certamente la presenza di problematiche, siano cliniche o assistenziali, che comunque non trovano soluzioni e generano inevitabilmente la categoria dei “frequent flyers” del Pronto Soccorso: l’espressione evidente di carenze esterne all’obiettivo della Medicina d’Emergenza Urgenza ma che possono rivolgersi solo ad essa”.

Sanità, Ue: ok aiuti di Stato per progetto sei Stati tra cui Italia

Sanità, Ue: ok aiuti di Stato per progetto sei Stati tra cui ItaliaRoma, 28 mag. (askanews) – La Commissione europea ha approvato, ai sensi delle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato, il primo importante progetto di comune interesse europeo (IPCEI) a sostegno della ricerca, dell’innovazione e della prima diffusione industriale di prodotti sanitari, nonché di processi di produzione innovativi di prodotti farmaceutici. Questo progetto IPCEI – informa la Commissione – contribuirà in particolare agli obiettivi dell’Unione europea della salute, realizzando innovazioni riguardanti malattie per le quali non esistono mezzi soddisfacenti di prevenzione o trattamento e rafforzando la preparazione dell’UE alle minacce sanitarie emergenti.


Il progetto, denominato “IPCEI Med4Cure”, è stato notificato congiuntamente da sei Stati membri: Italia, Belgio, Francia, Slovacchia, Spagna e Ungheria. Gli Stati membri erogheranno fino a 1 miliardo di euro in finanziamenti pubblici, che dovrebbero a loro volta mobilitare altri 5,9 miliardi di euro di investimenti privati. Nell’ambito di questo progetto IPCEI, 13 imprese attive in uno o più Stati membri, di cui nove piccole e medie imprese, parteciperanno a 14 progetti altamente innovativi. Il progetto IPCEI Med4Cure riguarda progetti di ricerca e sviluppo che coprono tutte le fasi chiave della catena del valore farmaceutica, dalla raccolta e dallo studio di cellule, tessuti e altri campioni a tecnologie di produzione sostenibile di terapie pionieristiche, compresi i trattamenti personalizzati, e l’applicazione di tecnologie digitali avanzate.


Il progetto mira ad accelerare i progressi in campo medico e a promuovere la resilienza dell’industria sanitaria dell’Ue grazie al miglioramento della capacità di scoprire farmaci, in particolare per esigenze mediche insoddisfatte come le malattie rare, e allo sviluppo di processi di produzione di farmaci innovativi e più sostenibili. Tali sviluppi miglioreranno la qualità dell’assistenza sanitaria e aumenteranno la preparazione dell’Ue rispetto alle minacce sanitarie emergenti, contribuendo nel contempo alla transizione verde. Il completamento dell’intero progetto IPCEI – conclude la Commissione – è previsto per il 2036, con tempistiche variabili in funzione dei singoli progetti e delle imprese coinvolte. Secondo gli Stati membri partecipanti, si prevede la creazione diretta e indiretta di circa 6000 posti di lavoro.

Allarme internisti: se la gonna non si allaccia rischio infarto aumenta

Allarme internisti: se la gonna non si allaccia rischio infarto aumentaRoma, 27 mag. (askanews) – Si credeva, una volta, che le donne fossero più protette degli uomini da ictus e infarti. Almeno fino alla menopausa, grazie all’ombrello protettivo degli estrogeni. Una sorta di fake news scientifica che ha alimentato la convinzione che le donne non dovessero preoccuparsi più di tanto della salute del cuore, visto che a proteggerle ci pensava madre natura. Ma i numeri smentiscono questa convinzione: da anni, in termini di mortalità cardiovascolare, le donne hanno ‘sorpassato’ gli uomini, anche in Italia. Secondo l’ISTAT nel 2020 si sono registrati 128.500 decessi per malattie cardiovascolari tra le donne, contro 98.850 tra gli uomini. “Se è vero che il divario di mortalità cardiovascolare diventa più sfavorevole alle donne, man mano che si va avanti negli anni – ricorda Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) – c’è un’importante eccezione che riguarda le donne con pre-diabete o diabete. In presenza di queste condizioni, infatti il rischio cardiovascolare risulta molto aumentato già prima della menopausa”. Un problema non da poco che riguarda una popolazione molto ampia: in Italia si stimano in totale circa 4 milioni di persone con diabete e 12-13 milioni di persone con pre-diabete: in pratica quasi 1 persona su 4. “Per una donna, essere portatrice di pre-diabete, significa essere esposta ad un rischio molto maggiore di eventi cardiovascolari, già prima della menopausa”, spiega Sesti.


Come sapere se si è a rischio aumentato? “La prima cosa da fare – afferma il professor Sesti – è pesarsi e misurare la circonferenza del giro vita. Un aumento dei depositi di grasso a livello viscerale (cioè tra gli organi addominali, all’interno del fegato e del pancreas), rivelato da un giro vita abbondante (sopra 80 cm nelle donne e sopra 94 cm negli uomini) è un importante campanello d’allarme, perché un aumento di grasso a livello addominale correla con una maggiore insulino-resistenza, un difetto metabolico che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo di pre-diabete e poi di diabete”. Da tenere d’occhio anche la pressione arteriosa perché nel passaggio da pre-diabete a diabete, le donne diventano sempre più ipertese, sia per quanto riguarda la ‘massima’ (la pressione sistolica), che la ‘minima’ (la diastolica) che invece, al contrario, negli uomini tende a diminuire. “È importante fare periodicamente gli esami del sangue – prosegue Sesti-. Una donna con pre-diabete tenderà ad avere livelli di colesterolo ‘buono’ (HDL) sempre più bassi e trigliceridi sempre più alti, man mano che si avvicina al diabete conclamato. Insomma – sottolinea il Presidente Sesti – le donne con prediabete presentano una sindrome metabolica molto più grave rispetto all’uomo e questo le rende a maggior rischio cardiovascolare rispetto alla controparte maschile”. E i danni d’organo possono essere evidenziati anche prima che avvenga il ‘fattaccio’, cioè l’infarto o l’ictus. “Il ventricolo sinistro delle donne – spiega ancora il professore – tende ad aumentare di spessore (a ipertrofizzarsi) molto più di quello maschile, nel passaggio da normoglicemia a pre-diabete, a diabete. E l’ipertrofia ventricolare sinistra è un noto fattore di rischio per infarto. Anche l’efficienza della ‘macchina’ cardiaca nelle donne si riduce molto man mano che ci si avvicina al diabete, perché per fare lo stesso lavoro (pompare sangue), deve consumare sempre più ossigeno. Ecco perché, se nell’uomo con diabete il rischio di eventi cardiovascolari è aumentato di circa 4 volte, nelle donne con diabete questo rischio risulta maggiorato di ben 9 volte. Il vantaggio di genere insomma, viene spazzato via dal diabete, anche prima della menopausa. “Per questo – conclude il Presidente della SIMI – è necessario uno stretto monitoraggio di queste pazienti (esami del sangue, misurazione della pressione, del peso e del giro vita); è importante mettere in campo ogni iniziativa di prevenzione per evitare di arrivare al pre-diabete o peggio di passare al diabete conclamato. Benissimo dunque gli screening oncologici, ma è necessario fare anche gli screening cardio-metabolici. Le donne, in particolare quelle in sovrappeso e con glicemia ai livelli alti della norma, devono sapere che il loro cuore è sotto attacco. Attenzione dunque alle gonne o ai pantaloni che non si allacciano più. Potrebbe essere la prima spia di un aumentato rischio di infarto”.

Giornata sport bimbi con malformazioni: tante famiglie al Bambino Gesù

Giornata sport bimbi con malformazioni: tante famiglie al Bambino GesùRoma, 27 mag. (askanews) – Si è svolto presso la sede di Palidoro dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù l’Open Day in cui i pazienti colpiti da malformazioni o agenesia (vale a dire l’assenza completa) degli arti superiori hanno potuto provare diversi sport adattati, dal basket integrato alla scherma passando per il tennis da tavolo. All’evento hanno partecipato il Comitato Italiano Paralimpico, il Centro Sportivo Italiano di Roma, oltre alle associazioni delle famiglie Raggiungere ed Energy Family.


Obiettivo dell’Open Day era quello di coinvolgere le famiglie e promuovere il ruolo dello sport adattato nel percorso terapeutico e riabilitativo dei pazienti. Presso la sede di Palidoro del Bambino Gesù è attiva l’unità operativa complessa Day hospital neuroriabilitazione e attività sportiva adattata che si occupa, tra le varie attività, anche della definizione dell’Attività Fisica Adattata (APA) personalizzata per bambini e ragazzi con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale. Nel 2023 sono stati seguiti in tutto 1517 pazienti con un’età media di 7,6 anni. Di questi, il 58,2% erano maschi e il restante 41,8%femmine. Il 48,6% dei pazienti provenivano dal Lazio mentre il restante 51,4% da fuori Regione. Già a ottobre dello scorso anno nella sede di Palidoro del Bambino Gesù era stata inaugurata “L’isola di Carlo”, un campo per il basket adattato donato dalla famiglia benedizione e intitolata alla memoria del figlio. I bambini e i ragazzi seguiti dall’unità operativa DH neuroriabilitazione e attività sportiva adattata vengono sottoposti a una valutazione clinico-riabilitativa da parte di un team interdisciplinare, composto da medici dello sport, fisiatri, fisioterapisti, personale laureato in scienze motorie, esperti in attività fisica adattata per essere poi avviati all’attività sportiva migliore in base alla loro condizione.


«La linea di confine tra riabilitazione e sport adattato è infatti sempre più sottile – spiega Gessica Della Bella, responsabile dell’Unità Operativa DH neuroriabilitazione e attività sportiva adattata – . Il nostro obiettivo è quello di integrare lo sport nel progetto riabilitativo, perché abbiamo avuto modo di verificare che lo sport adattato facilita il recupero o l’acquisizione di una o più funzioni attraverso il gioco e il divertimento». L’Open Day si è aperto con l’intervento della dottoressa Della Bella, responsabile day hospital neuroriabilitazione e attività sportiva adattata dell’Ospedale, seguito da quelli di Marco Iannuzzi, presidente CIP Lazio, e di Alessandro Pellas, vicepresidente territoriale CSI di Roma. Due ospiti di eccezione hanno poi raccontato ai bambini e ai ragazzi presenti la loro esperienza con lo sport adattato: Carlo Di Giusto, direttore tecnico delle nazionali di basket in carrozzina, e Andrea Pellegrini, medaglia d’oro nella sciabola alle Paralimpiadi di Atene 2004. All’evento hanno partecipato anche due associazioni, Raggiungere ed Energy Family, che offrono sostegno alle famiglie di bambini nati con agenesia o malformazioni agli arti o che li hanno persi a seguito di un trauma.

Geriatri: insufficienza respiratoria acuta nuova epidemia tra gli anziani

Geriatri: insufficienza respiratoria acuta nuova epidemia tra gli anzianiRoma, 27 mag. (askanews) – È allarme insufficienza respiratoria acuta per gli anziani: questa patologia, infatti, è sempre più frequente e colpisce fino al 40% di pazienti con più di 75 anni ricoverati in reparti per acuti ospedalieri, con rischio di mortalità fino al 20-25% circa, come risulta da uno studio recentemente pubblicato nella rivista internazionale Internal and Emergency Medicine e condotto nella Geriatria dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza. Questi dati confermano ulteriormente l’appropriatezza dell’accesso degli anziani in Pronto Soccorso, dopo che già nel 2022 uno studio italiano aveva smentito con dati significativi il luogo comune secondo cui gli accessi in PS degli anziani fossero più inappropriati di quelli dei giovani, dimostrando esattamente il contrario. Questi temi sono stati al centro del 38° Congresso Nazionale della Società Italiana Geriatria Ospedale e Territorio, che si è svolto a Roma. “L’insufficienza respiratoria acuta (carenza di ossigeno nel sangue arterioso) è la prima diagnosi di dimissione dei pazienti con più di 75 anni ed in alcuni reparti coinvolge fino al 40% dei pazienti – sottolinea Filippo Luca Fimognari, Direttore Scientifico SIGOT e Direttore della UOC di Geriatria e del Dipartimento Medico dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza -. Uno studio appena pubblicato e basato su 2024 ospedalizzazioni nella Geriatria della nostra Azienda Ospedaliera, ha rilevato che ne era affetto ben il 48% dei pazienti. Può essere provocata da varie patologie acute, in primis lo scompenso cardiaco, ma anche da BPCO riacutizzata, polmoniti, embolia polmonare, sepsi, versamenti pleurici. È dunque necessario identificare subito le cause per definire la prognosi, che spesso è negativa, con una mortalità intra-ospedaliera del 20-25% (rispetto al 4% di mortalità dei pazienti senza insufficienza respiratoria), e per poter trattare le patologie sottostanti”. È un vero allarme quello che parte dalla comunità dei geriatri. “Per fronteggiare l’insufficienza respiratoria acuta serve anche un impegno del territorio per i pazienti dimessi che spesso necessitano di una ossigeno-terapia a domicilio, ma soprattutto rimane centrale il ruolo dell’ospedale, poiché i pazienti che arrivano in Pronto Soccorso con questa patologia costituiscono una percentuale consistente di codici ad alta gravità. Devono essere accolti senza pregiudizi e ricoverati tutte le volte in cui il ricovero sia ritenuto clinicamente opportuno – aggiunge Filippo Luca Fimognari -. Il ricorso in PS è appropriato, perché pur essendo una patologia sotto diagnosticata e di cui si parla poco, è una vera e propria epidemia. Inoltre, pone l’esigenza di nuovi posti letto in area medica, con particolare attenzione ai reparti di geriatria per acuti, la cui carenza spiega anche l’affollamento dei Pronto Soccorso, spesso intasati da pazienti già arruolati per essere ricoverati ma che non possono essere trasferiti in reparto per la mancanza di posti letto. Questa realtà conferma quanto già rilevato dallo studio pubblicato sulla rivista scientifica Geriatrics & Gerontology International nel 2022 che riscontrava come gli accessi degli anziani in PS, ed i successivi ricoveri nei reparti, fossero quattro volte più appropriati negli anziani che nei giovani. La diffusione dell’insufficienza respiratoria acuta conferma che le condizioni di cronicità e fragilità rendono gli anziani clinicamente instabili, maggiormente vulnerabili, e pertanto più a rischio di quadri clinici acuti e gravi, che richiedono l’accesso in Pronto Soccorso e spesso il successivo ricovero”.

A Piazza di Siena per migliorare qualità vita oncologia pediatrica

A Piazza di Siena per migliorare qualità vita oncologia pediatricaRoma, 25 mag. (askanews) – L’evoluzione del progetto “POP-Pony&OncologiaPediatrica: cavalli e pony per l’umanizzazione della cura ospedaliera” nato nel 2022 con un Protocollo di Intesa tra FISE-Federazione Italia Sport Equestre e l’U.O. di Oncologia Pediatrica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli diretta dal Prof. Antonio Ruggiero.


L’obiettivo è, da un lato, rivolto alla promozione della qualità di vita dei pazienti durante l’ospedalizzazione e, dall’altro, l’avvio di un percorso riabilitativo volto a rimettere in gioco potenzialità e risorse dopo il percorso di cura. Un lavoro sinergico tra FISE, FOP (Fondazione Oncologia Pediatrica) e l’U.O. di Oncologia Pediatrica che ha permesso un’accurata preparazione ed una specifica formazione rivolta ai tecnici FISE coinvolti.


Il Presidente della FISE Marco Di Paola ha sottolineato, ancora una volta, l’importanza dei progetti che vedono il cavallo come interprete di un percorso di assistenza e di carattere terapeutico. “Siamo contenti, ha dichiarato Di Paola, di proseguire questo percorso, iniziato nel 2022 con il Gemelli, e di aiutare i giovani pazienti del reparto di oncologia pediatrica, ad affrontare al meglio il percorso delle cure cliniche ed il recupero della normalità e della certezza nelle proprie possibilità”. Due le fasi che contraddistinguono il progetto: “In therapy” con un lavoro svolto in ospedale grazie all’ingresso dei pony nei giardini del Policlinico e “Off therapy” con il coinvolgimento dei piccoli pazienti nei vari circoli ippici laziali, accompagnati da tecnici specializzati e formati e monitorati dalla referente FISE Dott.ssa Chiara De Santis Del Tavano.


Questo progetto si inserisce nel lavoro promosso dall’U.O. di Oncologia Pediatrica e finalizzato ad aiutare il paziente e la sua famiglia ad ammortizzare l’impatto della malattia oncologica oltre che a sperimentare risorse positive e benessere all’interno del contesto ospedaliero e nella fase successiva di fine terapia. In tal senso il progetto POP si è mosso in sinergia con un altro progetto, E-Art (Emergenza-Arte), che promuove l’Arte e il suo valore terapeutico, attraverso laboratori artistico-espressivi attivati in modo permanente in reparto. Entrambi i progetti sono parte integrante e qualificante del percorso terapeutico, al fine di garantire al paziente una migliore qualità di cura e il riconoscimento delle sue esigenze fisiche, psicologiche e sociali.


In questa occasione è stata presentata l’opera, denominata “Anima”, un dipinto realizzato dall’artista Lara Androvandi con la collaborazione diretta anche dei piccoli pazienti che, nel corso dei laboratori di pittura, hanno scoperto la tecnica della pittura con l’acqua. L’opera, dopo essere stata esposta all’interno della mostra “Cavalli d’autore 2023” di Siena, torna dai piccoli e giovani artisti che hanno contribuito a realizzarla e rimarrà negli spazi dell’Unità Operativa. Anima è un cavallo reale che tramite la Ebru Art prende vita su uno sfondo giallo, per ricordare il fiocco simbolo della “Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile”.

L’Ospedale Bambino Gesù partecipa alla Giornata Mondiale dei Bambini

L’Ospedale Bambino Gesù partecipa alla Giornata Mondiale dei BambiniRoma, 24 mag. (askanews) – L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù parteciperà con i propri pazienti e il proprio personale sanitario alla prima Giornata Mondiale dei Bambini e delle Bambine che si terrà a Roma, sabato 25 e domenica 26 maggio.


L’iniziativa, annunciata lo scorso 2 marzo da Papa Francesco, è promossa dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede. La manifestazione prevede due appuntamenti principali: un grande evento allo Stadio Olimpico nel pomeriggio di sabato, seguito dalla celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro la mattina della domenica, che culminerà con l’Angelus e il saluto del Papa ai bambini di tutto il mondo. Un gruppo di pazienti dell’Ospedale, provenienti dalle case di accoglienza che ospitano le famiglie durante i periodi di cura, saranno allo Stadio con i loro genitori sabato sera, e poi l’indomani in piazza San Pietro. Porteranno con loro uno striscione con la scritta: Vite che aiutano la vita, che riassume perfettamente la missione quotidiana di cura e di ricerca svolta con dedizione dai medici e dai ricercatori del Bambino Gesù.


Parallelamente, il personale medico e infermieristico dell’Ospedale pediatrico della Santa Sede contribuirà al servizio di assistenza sanitaria durante entrambi gli eventi. In stretta collaborazione con gli operatori dell’Ares 118, più di 30 tra medici e infermieri del Bambino Gesù saranno di presidio nei luoghi di raduno dei bambini e le bambine di tutto il mondo, sia allo Stadio Olimpico che in Piazza San Pietro. Il loro compito sarà quello di assicurare un presidio sanitario efficiente, pronto a intervenire in caso di necessità, permettendo così a tutti i partecipanti di vivere questa esperienza in serenità e sicurezza.