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Studio Bring-Up prevenzione: essere seguiti da cardiologo fa la differenza

Studio Bring-Up prevenzione: essere seguiti da cardiologo fa la differenzaRoma, 17 mag. (askanews) – Presentati oggi al 55mo Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO, in corso a Rimini, i risultati dello studio Bring-up Prevenzione. Lo studio, spiega Furio Colivicchi, Past President ANMCO e Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma, “ha finora incluso 4.790 pazienti provenienti da 189 centri cardiologici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di pazienti con storia di pregresso infarto o malattia coronarica o malattia ostruttiva degli arti inferiori o patologia cerebrovascolare. Da un’analisi preliminare dei dati raccolti, l’età media di questa popolazione è 67 anni ed il 20% è di sesso femminile. Dati allarmanti sono quelli correlati alla prevalenza dell’obesità, il 20% di questi pazienti sono obesi, e del fumo di sigaretta, infatti il 21% è fumatore. In generale, una percentuale significativa di pazienti, pur avendo una precedente diagnosi di malattia cardiovascolare, non ha una ottimale gestione di fattori di rischio, come appunto l’obesità e il fumo di sigaretta. Possiamo quindi migliorare la gestione di questa popolazione di pazienti. Fondamentale a tale scopo è la consapevolezza del rischio di nuovi eventi come infarto ed ictus ascrivibili a fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e obesità. Inoltre, il 27% dei pazienti inclusi nello studio Bring-up Prevenzione sono diabetici e nell’11% dei casi hanno una malattia renale cronica. Sebbene sia noto che il colesterolo è il fattore causale delle malattie aterosclerotiche, le statine, trattamento di prima linea per questi pazienti, erano impiegate inizialmente solo nel 68% dei pazienti prima della visita cardiologica. Dopo il controllo cardiologico la percentuale è salita al 98%. Questa variazione è espressione del fatto che essere seguito da un cardiologo può migliorare significativamente il profilo di rischio e ridurre la probabilità di recidive ischemiche, come infarto o ictus. I cardiologi possono quindi fare la differenza, migliorando il destino clinico dei pazienti. Ulteriori informazioni preziose verranno poi fornite da una dettagliata analisi della gestione terapeutica complessiva di questa popolazione di pazienti, che sarà disponibile alla conclusione dello studio”.

Da Enea e Nanofaber un cerotto biodegradabile che cura le ferite

Da Enea e Nanofaber un cerotto biodegradabile che cura le feriteRoma, 17 mag. (askanews) – Un cerotto biodegradabile che cura le lesioni della pelle grazie a un unguento brevettato incorporato nelle sue nano fibre. Lo hanno messo a punto Enea e Nanofaber, spin off della stessa Enea, con l’obiettivo di ridurre la frequenza delle medicazioni e, di conseguenza, il dolore e il rischio di infezioni. I contenuti di questa innovazione sono stati pubblicati sulla rivista “Pharmaceutics”.


“Per realizzare questo particolare cerotto multistrato, biocompatibile e biodegradabile è stata impiegata una tecnica innovativa, chiamata elettro filatura o electrospinning. Si tratta di un processo produttivo utilizzato sia in ambito industriale che scientifico e serve a produrre membrane nanostrutturate che consentono di incapsulare il medicamento e di rilasciarlo in modo graduale e controllato, una volta a contatto con la ferita”, spiega Antonio Rinaldi, ricercatore Enea e co-fondatore di Nanofaber. Il prototipo di cerotto è formato da due strati esterni composti da un materiale sintetico biocompatibile usato in ambito medico; nello strato interno, invece, è presente un fitounguento per la rigenerazione della pelle lesionata, brevettato da Enea, e si basa su una formulazione di origine naturale costituita da olio di Neem ed estratto oleoso di fiori di iperico.


“Per poter sfruttare al meglio il meccanismo rigenerativo dell’unguento o semplicemente aumentarne il campo di applicazioni abbiamo studiato strategie innovative per controllarne il rilascio graduale e ottimale rispetto alle fasi di rigenerazione del tessuto cutaneo”, spiega Anna Negroni, ricercatrice del Laboratorio Enea di Tecnologie biomediche. “Grazie alla collaborazione con Nanofaber – aggiunge – è nato un nuovo concept di cerotto biomedico che conserva le proprietà terapeutiche dell’unguento e ne garantisce una migliore biodisponibilità attraverso il rilascio graduale, molto utile per una più efficace e corretta gestione della guarigione delle lesioni cutanee. E a breve dovremmo passare a una sperimentazione preclinica per valutarne l’efficacia anche in vivo”. “Attraverso questo cerotto siamo riusciti a coniugare, in modo soddisfacente, le proprietà medicali del fitounguento con sistemi nano e micro-strutturati ottenuti per manifattura additiva, che hanno permesso di amplificarne le applicazioni e il potere terapeutico”, rimarca Antonio Rinaldi.


Per verificare l’efficienza di incapsulazione e di rilascio del principio attivo da parte del cerotto, – si legge nella notizia pubblicata sull’ultimo numero in italiano del settimanale ENEAinform@ – i ricercatori hanno effettuato accurate indagini spettroscopiche e cromatografiche. La validazione dell’efficacia terapeutica, invece, è stata condotta mediante test in vitro di biocompatibilità, citotossicità e di migrazione cellulare. I risultati dimostrano che il fitounguento elettrofilato non produce effetti negativi sulla vitalità cellulare ma è in grado di migliorare l’efficacia di guarigione della ferita, come dimostrato dallo scratch test che ha simulato la presenza di una ferita su un monostrato di cellule indotta mediante l’esecuzione di un graffio. “Abbiamo riscontrato che le cellule cresciute sulla membrana contenente il medicamento incapsulato riparano la ferita più velocemente rispetto alla membrana vuota. Inoltre, la messa a punto dello scratch test condotto nello studio è esso stesso un risultato della ricerca perché ha permesso di ottenere un modello di guarigione della ferita in vitro, che consente uno studio time-lapse e di potenziale interesse generale per la bioingegneria e biotecnologia”, conclude Anna Negroni.

Malattie tiroidee croniche: piu’ informazione, meno esami inutili

Malattie tiroidee croniche: piu’ informazione, meno esami inutiliRoma, 16 mag. (askanews) – In Italia le persone che soffrono di patologie della tiroide sono più di 6 milioni. La Settimana Mondiale della Tiroide (SMT) è l’occasione per parlare delle malattie che colpiscono questa ghiandola, dell’importanza di una diagnosi corretta e degli opportuni controlli. Anche quest’anno la SMT si celebrerà a partire dal 20 maggio e si concluderà il 25 maggio, in occasione della Giornata Mondiale della Tiroide. “Malattie tiroidee croniche: più informazione meno esami inutili” vuole essere un invito, rivolto a tutta la popolazione, ad avere un ruolo attivo nell’informarsi, da fonti qualificate, sui temi della salute e che l’informazione sia considerata parte degli stili di vita raccomandati al pari della buona alimentazione e del movimento. “Le organizzazioni dei pazienti e la comunità scientifica chiedono che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosca le malattie tiroidee quali malattie NON trasmissibili che, per definizione della stessa OMS, sono le patologie croniche, a lungo decorso, che derivano da una combinazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali, differenziandosi quindi dalle malattie infettive contagiose, trasmissibili da un soggetto all’altro, che causano epidemie”. Le malattie non trasmissibili costituiscono la principale causa di morte e di disabilità nel mondo: appartengono a questa categoria le malattie cardiovascolari, il cancro, le malattie respiratorie croniche, il diabete e anche l’obesità. L’interesse principale nel far riconoscere le malattie della tiroide nell’ambito delle malattie croniche risiede nel fatto che la ricerca biomedica in questo settore richiede finanziamenti cospicui; riconoscere le malattie tiroidee quali malattie croniche consentirebbe l’accesso a maggiori finanziamenti per nuovi studi i cui risultati andrebbero a beneficio della popolazione interessata da tali patologie. «La Settimana Mondiale della Tiroide 2024», introduce Rossella Elisei, Presidente Associazione Italiana Tiroide (AIT) e coordinatrice della SMT, «è patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche, quali Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC), Associazione Italiana Medicina Nucleare (AIMN), European Thyroid Association (ETA), insieme a CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di Eisai, IBSA Farmaceutici e Merck Serono». «La maggior parte delle malattie della tiroide possono entrare di diritto nel gruppo delle malattie non trasmissibili, infatti, sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo sono patologie croniche, nella maggior parte dei casi di natura “autoimmune”, ovvero causate da una reazione immunitaria anomala che si rivolge contro le cellule della tiroide, causandone distruzione nel caso dell’ipotiroidismo o eccessiva stimolazione nel caso dell’ipertiroidismo. In entrambi i casi si tratta di patologie che hanno necessità di essere periodicamente controllate, senza eccedere nel numero dei controlli e nel tipo di esami da eseguire ciclicamente. Ad esempio, il dosaggio degli autoantianticorpi, il cui valore numerico può variare indipendentemente dalla variazione clinica della malattia, non va ripetuto ad ogni controllo, ma solo in particolari momenti del percorso di cura identificati dallo specialista, conclude l’esperto», afferma Gianluca Aimaretti, Presidente SIE. «È importante tuttavia sottolineare che, se è vero che da un lato la frequente ripetizione di esami clinici e strumentali non strettamente necessari, rappresenta una delle voci più dispendiose, per quanto riguarda il bilancio del nostro SSN, dall’altro non deve essere dimenticata, come invece purtroppo spesso accade, la necessità del monitoraggio della funzione tiroidea nei pazienti anziani con nota patologia, soprattutto se in terapia con ormone tiroideo o farmaci antitiroidei», dice Fabio Monzani, Delegato SIGG.

Covid, studio: nei tre anni successivi aumenta rischio cardiovascolare

Covid, studio: nei tre anni successivi aumenta rischio cardiovascolareRoma, 16 mag. (askanews) – L’aumento del rischio cardiovascolare associato nei pazienti Covid-19 potrebbe essere esteso per anni e non limitato alla fase acuta dell’infezione. Sono questi i risultati dello studio, pubblicato su “Cardiovascular Research”, condotto dai ricercatori dell’IRCCS San Raffaele di Roma in collaborazione con gli studiosi dell’Università di Roma “La Sapienza” e dell’Università di Napoli “Federico II”. Numerosi studi precedenti hanno dimostrato, su un numero limitato di soggetti ospedalizzati, che l’infezione da Sars-Cov-2 è molto spesso associata allo sviluppo di eventi cardiovascolari (CV) e cerebrovascolari (MACCE). La rilevanza invece dell’attuale lavoro risiede nel fatto che prende in esame una popolazione reale di grandi dimensioni coinvolgendo soggetti provenienti da un database dei Medici di Medicina Generale della ASL 1 di Napoli seguiti per 3 anni, durante la pandemia nel periodo 2020-22, e confrontati con una popolazione pre-pandemia derivata dallo stesso database nel periodo 2017-19. Si tratta di una popolazione di circa 229 mila pazienti, tra cui circa 32 mila soggetti che hanno avuto una diagnosi molecolare di COVID-19, in una regione a rischio moderato secondo la classificazione europea SCORE. “I risultati hanno dimostrato che il gruppo infettato dal virus del Covid -19 ha avuto circa il doppio dei casi di infarto del miocardio, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e miopericarditi. Un rischio maggiore che nella popolazione affetta da Covid-19 si protrae per almeno 3 anni. La rilevante ricaduta clinica e sociale impone quindi un’attenzione particolare nei confronti dei soggetti colpiti dal Covid-19 che devono essere seguiti nel tempo, per il possibile sviluppo di malattie cardiovascolari” ha spiegato Massimo Volpe, Responsabile del “Centro per la Diagnosi e Cura dell’Ipertensione Arteriosa e delle Complicanze Cardiovascolari” dell’IRCCS San Raffaele e tra i firmatari dello studio. Il lavoro scientifico invita quindi alla pianificazione di un follow-up più lungo per i pazienti affetti da Covid-19, al fine di prevenire e gestire tempestivamente il potenziale verificarsi di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari avversi maggiori.

Dengue, ISS: da inizio anno in Italia 197 casi, tutti importati

Dengue, ISS: da inizio anno in Italia 197 casi, tutti importatiRoma, 16 mag. (askanews) – Sono saliti a 197 i casi di infezione confermata da virus dengue segnalati all’Istituto Superiore di Sanità dall’inizio dell’anno al 13 maggio 2024. Non sono stati segnalati decessi. Tutti i casi segnalati sono stati contratti durante viaggi all’estero, ed in seguito notificati in Italia. La maggior parte delle infezioni risultano contratte in Brasile, uno dei paesi più colpiti dalla epidemia di dengue che si sta diffondendo in Centro e Sud America dall’inizio dell’anno, e alle Maldive.


Nel primo trimestre del 2024, sottolinea l’ISS, il numero di segnalazioni di casi confermati da virus dengue è aumentato di circa 6 volte rispetto allo stesso periodo del 2023, questo aumento è coerente con l’aumento diffuso della trasmissione del virus dengue negli ultimi anni a livello globale. “La trasmissione locale della Dengue in Italia, così come in altri Paesi europei, è un evento raro. La maggioranza dei casi è contratta all’estero – sottolinea Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss – .Tuttavia, le condizioni climatiche e la presenza di una zanzara in grado di trasmettere il virus rendono possibile la trasmissione in alcuni mesi dell’anno, nel contesto di una elevata circolazione in molti paesi del mondo. L’attenzione nei confronti di questa infezione è alta nel nostro paese con un monitoraggio attento dei casi diagnosticati in Italia da parte delle Regioni/PA, del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Consigliamo a chi intraprende viaggi internazionali, di verificare se è nota la trasmissione di questo virus nelle aree visitate e di adottare tutte le misure di prevenzione raccomandate. Al rientro in Italia, in caso si manifestino sintomi, consigliamo di rivolgersi rapidamente al proprio medico di riferimento”.

Da oggi a Rimini cardiologi ospedalieri AMCO a Congresso

Da oggi a Rimini cardiologi ospedalieri AMCO a CongressoRoma, 16 mag. (askanews) – Si apre oggi il 55° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO, il più importante evento di Cardiologia in Italia, che si svolgerà fino al 18 maggio 2024 nell’ormai tradizionale sede del Palacongressi di Rimini. Il Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO rappresenta da oltre 50 anni uno degli incontri culturali più attesi per il vasto mondo di attività clinica cardiologica, in cui verranno presentate le più recenti e significative novità cliniche, scientifiche ed organizzative, maturate nelle cardiologie del nostro Paese. Anche quest’anno oltre 4000 cardiologi ospedalieri si sono dati appuntamento per confrontarsi su tutti i grandi temi della  prevenzione, della cura e della ricerca  e   sulle   novità   legate   all’attività  clinica cardiovascolare. Prospettive, cure e ricerca saranno al centro delle sessioni di lavoro che vedranno alternarsi i più grandi esperti della Cardiologia Italiana per un costruttivo ed efficace confronto di idee ed esperienze originali, da sempre necessario per rispondere adeguatamente alla complessità di una realtà sanitaria in continua evoluzione. Un’occasione unica di aggiornamento professionale, con sessioni svolte anche con il contributo delle maggiori società scientifiche cardiologiche internazionali, come l’American Heart Association (AHA), l’American College of Cardiology (ACC) e la Società Europea di Cardiologia (ESC). Fabrizio Oliva – Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano dichiara: “Nel corso dei tre giorni di congresso saranno presentati gli attesissimi risultati di quattro studi clinici su tematiche di notevole rilevanza per la salute pubblica, dall’infarto allo scompenso cardiaco. Risultati che contribuiranno a migliorare la pratica clinica in ambito cardiovascolare” . “Il Congresso – aggiunge – offrirà, come sempre un’importante occasione di scambio e aggiornamento di assoluto spessore. Un grande evento che si concretizza come ogni anno in un incontro aperto e ricco di stimoli, testimoniando appieno l’impegno dell’ANMCO nel sostenere la crescita e la formazione dei Cardiologi italiani. Tutto questo nella piena consapevolezza del ruolo centrale che ogni Cardiologo riveste all’interno del Servizio Sanitario Nazionale e con l’obiettivo di fornire le più aggiornate evidenze scientifiche sulla Cardiologia Clinica e Interventistica. E’ davvero una cosa rara e preziosa – conclude Oliva – poter contare su una comunità scientifica di alto profilo capace di confrontarsi liberamente e apertamente su tutti gli argomenti più critici della Cardiologia”. Al passo con i grandi appuntamenti scientifici internazionali il Congresso ANMCO potrà essere approfondito dal termine dei lavori delle singole giornate sulla piattaforma digital.anmco.it che negli ultimi anni ha visto crescere in modo esponenziale la fruizione di tutti i contenuti.

Adhd: farmaci riducono del 40% i comportamenti a rischio

Adhd: farmaci riducono del 40% i comportamenti a rischioRoma, 16 mag. (askanews) – Si calcola che solo il 4% degli atti violenti siano collegabili ad una malattia mentale e che la stragrande maggioranza di chi ne soffre non commette reati o agisce violenza. Però una scarsa aderenza terapeutica può aumentare il rischio di comportamenti impulsivi tra coloro che hanno un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e favorire il loro coinvolgimento in reati minori. Uno studio condotto dal Dipartimento di Psichiatria infantile e dell’adolescenza del Centro medico universitario dell’Università di Groningen, Paesi Bassi, ha infatti dimostrato che un’elevata aderenza ai farmaci per l’ADHD è associata a una riduzione del rischio di commettere un reato minore tra il 33% e il 38% rispetto a quanto succede periodi di bassa aderenza. I risultati del lavoro svolto su quasi 20 mila ragazzi, appena pubblicati sul The Journal of Child Psychology and Psychiatry, si inseriscono nella discussione attorno alla corretta gestione dell’ADHD, tema che sarà oggetto di dibattito in occasione della terza edizione del convegno congiunto della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (“Psicofarmacologia clinica in età evolutiva: efficacia, sicurezza e implicazioni nelle successive età della vita”) che si è aperto oggi a Cagliari e che si concluderà domani con la consegna del premio “Alessandro Zuddas”, dedicato allo stimato neuropsichiatra cagliaritano, ordinario di neuropsichiatria all’università di Cagliari, scomparso prematuramente nel luglio 2022. “L’obiettivo del convegno è di implementare e diffondere le conoscenze sulle principali classi di farmaci in psichiatria in una prospettiva trasversale di neurosviluppo che metta a confronto la realtà clinica dell’età evolutiva e quella dell’età adulta – commenta Matteo Balestrieri, co-presidente della SINPF e professore di psichiatria all’Università di Udine -. Dal confronto e dalla contaminazione di queste due realtà possono essere identificate strategie terapeutiche efficaci e personalizzate in grado dire rispondere ai bisogni ancora inevasi per la psichiatria delle diverse età della vita”.


Una diagnosi e una presa in carico precoce può infatti fare la differenza sulla qualità della vita di una persona con un disturbo da deficit di attenzione/iperattività. “L’ADHD è uno dei principali disturbi del neurosviluppo ed è una delle più comuni condizioni psichiatriche dell’infanzia – spiega Giovanni Migliarese, primario di psichiatria all’ASST di Pavia e consigliere SINPF tra i promotori del convegno -. In Italia, ha una prevalenza stimata del 2,9% nella fascia d’età tra 5 e 17 anni, in linea con la media europea. In molti casi permane nell’età adulta, dove si registra una prevalenza analoga. L’impatto del disturbo sulla qualità di vita delle persone dipende da numerose variabili e dall’interazione con l’ambiente e il contesto: alcuni periodi di vita diventano più difficili, soprattutto quando le persone affrontano dei passaggi evolutivi”. “L’ADHD può accompagnarsi a disturbi d’ansia, del sonno e dell’apprendimento se non diagnosticata e trattata correttamente – precisa Elisa Fazzi, presidente Sinpia e ordinario di neuropsichiatria infantile agli Spedali Civili – Università di Brescia -. In particolare, la sottostima della diagnosi è particolarmente frequente nella giovane popolazione femminile. perché si presenta clinicamente differente, prevalendo l’aspetto delle difficoltà dell’attenzione, piuttosto che l’iperattività marcata. Le femmine inoltre vanno più incontro nell’età successiva a problemi di uso di sostanze e autolesionismo. Il disturbo in età adulta è anche correlato a performance accademiche e lavorative inferiori alla media, con effetti sulla condizione economica”.


Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine mostra che le persone con l’ADHD abbiano dalle 4 alle 7 volte di probabilità in più di infrangere la legge. Il nuovo studio olandese aggiunge un ulteriore tassello, confermando l’importanza di una corretta terapia. Utilizzando i dati presenti in due database olandesi, Statistics Netherlands (CBS) e Foundation for Pharmaceutical Statistics (SFK), i ricercatori hanno cercato di indagare l’associazione tra l’aderenza ai farmaci per l’ADHD e i reati minori registrati tra il 2005 e il 2019 che riguardano un totale di 18.234 ragazzi dai 12 ai 18 anni. “I risultati mostrano che un’elevata aderenza ai farmaci per l’ADHD si associa a una riduzione del rischio di commettere un reato minore tra il 33% e il 38% rispetto a periodi di bassa aderenza, ovvero periodi con o senza quantità sufficienti di farmaci dispensati – evidenzia Balestrieri -. La riduzione del rischio può quindi essere probabilmente associata ai farmaci per l’ADHD”. Ma guai a cedere a facili strumentalizzazioni. “Chiaramente l’uso di farmaci per l’ADHD può ridurre la tendenza a comportamenti compensativi impulsivi in persone con questo disturbo – precisa Migliarese -. Nello studio riportato bisogna sottolineare che i reati sono minori, quali atti vandalici, violazioni dell’obbligo di frequenza scolastica, minacce, risse o uso e possesso illegale di fuochi d’artificio, tendenzialmente legati a comportamenti ad alta ‘sensation seeking’ e dunque impulsivi. È importante non effettuare una connessione diretta tra ADHD e comportamenti delinquenziali che hanno altra genesi”. Diverso è infatti il caso degli autori di reato che manifestano in più occasioni un comportamento antisociale. “In questi casi – specificano gli esperti – la carica di aggressività, spesso favorita dall’uso di sostanze, è da ricondursi ad una incapacità di gestire l’aggressività su base biologica e mentale”.

Lega Filo D’Oro, al via Conferenza su tecnologie assistive e disabilità

Lega Filo D’Oro, al via Conferenza su tecnologie assistive e disabilitàRoma, 15 mag. (askanews) – Presentare gli ultimi studi e le nuove frontiere sulle tecnologie assistive, ovvero l’insieme di tutte le innovazioni tecnologiche sperimentate con successo nella riabilitazione delle persone con disabilità, e raccontare come queste possano permettere a chi presenta deficit sensoriali, motori e intellettivi di interagire con il mondo esterno, favorendone l’indipendenza, l’autodeterminazione e una migliore qualità di vita. Sono questi i principali obiettivi dell’Assistive Technology and Disabilities Conference (ATAD), importante evento a livello internazionale evidence based sullo sviluppo e la valutazione di nuovi programmi basati sulle tecnologie assistive per le persone con disabilità intellettive e multiple.


L’evento, “Tecnologia a supporto di persone con disabilità intellettive e multiple, per la promozione di attività fisica, compiti complessi e funzione ricreativa e comunicativa”, giunto quest’anno alla sua terza edizione, affronterà la tematica delle tecnologie assistive da più punti di vista: per favorire la funzione comunicativa e ricreativa della persona con disabilità, ma anche per promuovere l’attività fisica e i compiti complessi. La conferenza è organizzata e promossa dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro ETS, pioniera nell’applicazione delle tecnologie assistive per gli interventi educativi e riabilitativi delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali, sotto la direzione scientifica del Professor Giulio Lancioni, Direttore del Centro di Ricerca e membro del Comitato Tecnico Scientifico ed Etico della Lega del Filo d’Oro. L’iniziativa si svolgerà venerdì 17 maggio 2024 presso la Sala Conferenze del Centro Nazionale della Lega del Filo d’Oro (via Linguetta, 3 – Osimo) e vedrà la partecipazione di alcuni dei principali esperti del settore, insieme a ricercatori italiani ed internazionali sulle tematiche delle tecnologie assistive. L’evento sarà fruibile anche attraverso la modalità webinar. Le persone con disabilità sensoriali e plurime alla vista e all’udito sono oltre 360mila

Salute, in aumento i casi di esofagite eosinofila anche in Italia

Salute, in aumento i casi di esofagite eosinofila anche in ItaliaRoma, 14 mag. (askanews) – Uscita dal grande gruppo delle malattie rare, oggi l’esofagite eosinofila sta diventando una vera e propria sfida per la gastroenterologia. Questa impennata è stata rivelata da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Alimentary Pharmacology & Therapeutics. Che sottolinea come la patologia colpisca almeno 34 bambini e 42,2 adulti ogni 100.000 abitanti. Ma l’elemento chiave è la rapidità della sua progressione, che l’ha portata ormai ben oltre la soglia sotto la quale una malattia è definita rara. “Questi dati epidemiologici, che riteniamo validi anche per il nostro Paese, dimostrano la notevole diffusione dell’esofagite eosinofila nella popolazione infantile. Probabilmente il dato è anche sottostimato – spiega il professor Claudio Romano, Presidente SIGENP – ed è difficile al momento valutarne le dimensioni esatte: i sintomi sono subdoli, si possono confondere con quelli di altre patologie e – al di fuori dei centri specializzati – non è così conosciuta come dovrebbe. Lo studio comparativo dell’Università di San Diego, California e dell’universita’ del North Carolina ha appurato che tra le prime osservazioni su questa patologia, degli anni 80 e quelli più recenti, fine 2023, la prevalenza è cresciuta dell’800%. La ricerca mondiale è al lavoro, sono in arrivo nuovi farmaci. Se ne parlerà da domani al 18 maggio anche nel corso del 56° meeting dell’ESPGHAN, Societa’ Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica che si svolgerà quest’anno in Italia, proprio qui a Milano”.


Il più delle volte la malattia viene diagnosticata per la prima volta in Pronto Soccorso dove vengono portati i pazienti quando vanno incontro al blocco di un bolo alimentare nell’esofago. “È questo il più frequente incidente causato dalla malattia trascurata” afferma la prof. Caterina Strisciuglio, Associato di Pediatria all’Università Luigi Vanvitelli della Campania. “Non di rado la prima diagnosi avviene in pronto soccorso quando i medici sono costretti ad intervenire in emergenza per rimuovere il bolo alimentare dall’esofago. In quanto all’incidenza, pur essendo maggiore nel secondo decennio di vita, osserviamo sempre piu’ spesso casi di bambini che non hanno ancora compiuto 10 anni. La malattia è decisamente più frequente nel sesso maschile. Tra i sintomi che possono mettere in allarme i genitori, benché non ne esistano di specifici, ci sono il vomito dopo i 18 mesi, se frequente o un ostinato rifiuto del cibo”. Ci sono segnali che i genitori possono tenere sotto controllo per verificare l’eventuale esordio della malattia: “Va osservato se il bambino impiega tanto tempo per completare il pasto”, spiega la dott. Francesca Rea, Responsabile dell’Ambulatorio patologie eosinofile del tratto gastrointestinale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, “se mastica a lungo, se beve molto mentre si mangia, se preferisce pasti morbidi o in pezzetti molto piccoli. Questi comportamenti non vanno sottovalutati, perché possono essere la spia di una esofagite eosinofila. Che puo’ essere diagnosticata con certezza in fase anche precoce con un esame invasivo, ma assolutamente sicuro: una endoscopia dell’esofago, EGDS, durante la quale si fanno alcune piccole biopsie. Se nei tessuti asportati si riscontra un’abnorme quantità di eosinofili, la situazione è chiara”.


Ma se diagnosticata in tempo, e questo è più facile proprio in età pediatrica, l’esofagite eosinofila può essere tenuta sotto controllo, anche se non guarita impedendole di progredire e aggravarsi. “Si possono usare normali inibitori della pompa protonica, corticosteroidi, dieta di eliminazione” sottolinea il prof. Salvatore Oliva, Associato presso il Dipartimento Materno Infantile dell’Università La Sapienza di Roma. “Ma la grande novità è un farmaco biologico appena approvato anche in Italia, e di cui stiamo aspettando la rimborsabilità anche per l’esofagite eosinofila, contro la quale è perfetto. E ce ne sono altri in fase di sperimentazione. Abbiamo pero’ due problemi. Il primo è che molti farmaci sono efficaci, ma non essendo ufficialmente indicati contro questa malattia sono in una forma sbagliata; per esempio, i corticosteroidi che si usano per l’asma sono efficaci ma dobbiamo somministrarli in modi non previsti. In particolare, devono essere deglutiti anziché inalati. Il secondo problema e’ che i farmaci più nuovi non sono ancora autorizzati per i bambini. Quelli che ne avrebbero piu’ bisogno per frenare la malattia prima che progredisca”. La crescente diffusione dell’esofagite eosinofila sta suscitando una comprensibile attenzione da parte della comunità scientifica. “Questa malattia” conclude il prof. Romano è una delle grandi sfide della gastroenterologia nei prossimi anni. E la SIGENP con i suoi Centri di riferimento distribuiti su tutto il territorio nazionale ha già accolto questa sfida. È fondamentale che venga meglio conosciuta dal pubblico, dalle famiglie per poter arrivare a una diagnosi precoce e impostare una terapia corretta che ne blocchi la progressione”. Occorre, insomma, informare, creare consapevolezza.


“Questo è il compito che ci prefiggiamo e che portiamo avanti come ESEO Associazione di famiglie contro l’esofagite e le patologie gastrointestinali eosinofile”, spiega la Presidente Roberta Giodice: “Sensibilizzare le istituzioni, l’opinione pubblica e aiutare questi pazienti e le loro famiglie, a fronteggiare una patologia di cui molti non conoscono neppure l’esistenza. Con la campagna ESEO Italia 2024 intendiamo promuovere una corretta educazione sanitaria attraverso attività e progetti mirati a garantire con la sensibilizzazione una riduzione del ritardo diagnostico per i pazienti con patologie gastrointestinali eosinofile, orientandoli nei percorsi di cura”.

Giornata Mondiale Celiachia: Ainc: nostri negozi presidio sanitario

Giornata Mondiale Celiachia: Ainc: nostri negozi presidio sanitarioRoma, 14 mag. (askanews) – Maggiore coordinamento a livello nazionale con le ASL, in modo che tutti i negozi per celiaci ottengano i rimborsi dei bonus in tempi certi, a prescindere dalla Regione in cui si trovano; un sostegno ai negozi che presidiano bacini territoriali a bassa presenza di pazienti celiaci; l’autorizzazione a vendere, non solo prodotti gluten free, ma anche alimenti per soggetti che soffrono di intolleranze differenti. Sono le proposte che ha avanzato Bruno Prandolini, Segretario Generale dell’AINC, Associazione Italiana Negozi Celiachia, intervenendo a un evento – organizzato in concomitanza con la Giornata Mondiale della Celiachia che cade il prossimo 16 maggio – che si è tenuto questa mattina a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.


L’evento, informa una nota, è stato organizzato dall’Intergruppo Parlamentare malattia celiaca, allergie alimentari e AFMS su iniziativa della Presidente, la senatrice Elena Murelli. Sono intervenuti tra gli altri il ministro della Salute, Orazio Schillaci; il senatore Francesco Zaffini; il senatore Raoul Russo; la senatrice Beatrice Lorenzin; la senatrice Simona Flavia Malpezzi. “I nostri non solo solamente dei negozi, ma sono dei veri e propri presidi sanitari territoriali – ha detto Prandolini. – Consentono infatti al Sistema Sanitario Nazionale di erogare più di 55 milioni di euro l’anno per l’acquisto di prodotti senza glutine. Si tratta di una grande responsabilità che gestiamo con estrema cura”. Prandolini ha quindi ricordato che l’AINC rappresenta oltre il 30% dei negozi specializzati che “assistono mensilmente oltre 50.000 pazienti, ovvero circa un quinto della popolazione che ha ricevuto la diagnosi. Della filiera fanno parte più di 500 aziende produttrici: si tratta non solo di aziende industriali, ma di realtà artigianali che ogni giorno si dedicano alla ricerca e allo sviluppo per garantire prodotti di alta qualità, con caratteristiche nutrizionali ottimali, con l’obiettivo di migliorare la vita dei pazienti celiaci”. Il Segretario Generale dell’AINC ha sottolineato che i negozi hanno un ruolo fondamentale nell’assistenza dei soggetti intolleranti: “Offrono supporto e consulenza nella scelta della dieta più adatta alle loro esigenze alimentari”. Per questo l’Associazione – che già organizza mensilmente incontri con le aziende per far conoscere le caratteristiche dei prodotti – da quest’anno ha deciso anche di “sviluppare percorsi di formazione con nutrizionisti, coinvolgendo negozianti e pazienti celiaci”. E sul ruolo che hanno questi negozi nella vita di ogni giorno dei soggetti celiaci, Michele Mendola, delegato regionale AINC per la Sicilia e fondatore della community CeliachiaFacile, spiega: “Siamo dei presidi sanitari, è vero, ma siamo anche delle botteghe – ha detto Mendola, – dove una persona celiaca può scegliere tra migliaia di prodotti, trovando magari quelli realizzati da piccole realtà artigiane locali. I clienti da noi si sentono curati, non solo perché forniamo loro assistenza, ma anche perché conosciamo le loro necessità e i loro gusti. Insomma, perché ci prendiamo cura di loro”.