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Alcol, Iss: consumo a rischio per 1 italiano su 6

Alcol, Iss: consumo a rischio per 1 italiano su 6Roma, 23 mag. (askanews) – Quattro adulti italiani su 10 dichiarano di non consumare bevande alcoliche, ma 1 persona su 6 (18%) ne fa un consumo definito a maggior rischio per la salute, per quantità o modalità di assunzione: il 9,6% degli adulti per binge drinking (consumi episodici eccessivi, corrispondenti a 5 o più unità alcoliche in una unica occasione per gli uomini e 4 o più per le donne), il 10% per consumo alcolico esclusivamente o prevalentemente fuori pasto e il 2% per un consumo abituale elevato (3 o più unità alcoliche giornaliere per gli uomini e 2 o più per le donne). Tra gli over 65 coloro che dichiarano di non consumare alcol abitualmente sono 6 su 10, ma 2 su 10 riferiscono un consumo moderato e una percentuale lievemente inferiore, il 17%, a rischio. Sono questi alcuni dei principali dati pubblicati sul sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità che emergono dal nuovo dataset delle sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento, relative alla popolazione adulta (18-69 anni) e a quella anziana (over 65 anni). Nel biennio 2022-23 sono state intervistate rispettivamente 63mila e 30mila persone. Uomo, giovane e giovanissimo, non in difficoltà economica e con un alto livello di istruzione, perlopiù residente nel Nord Italia: è questo l’identikit del consumatore adulto a maggior rischio, anche se non mancano elementi di allarme per il consumo fra le giovani donne. Dal 2010, si osserva fra gli uomini un progressivo aumento del consumo a maggior rischio e una tendenziale e lenta riduzione del binge drinking; fra le donne invece il consumo di alcol a maggior rischio sembra stabile, ma va aumentando la componente del consumo di tipo binge e sebbene in ambito femminile resti significativamente inferiore a quello degli uomini, le differenze di genere vanno riducendosi. Tra gli over 65 si registra un trend di consumo a rischio più frequente tra gli uomini, che si riduce all’avanzare dell’età e rimane prerogativa delle classi socialmente più avvantaggiate.


L’attenzione degli operatori sanitari al problema dell’abuso di alcol appare ancora troppo bassa: appena il 7% dei consumatori a “maggior rischio” riferisce di aver ricevuto il consiglio di bere meno. Il consumo a maggior rischio è più frequente fra i giovani e in particolar modo i giovanissimi (fra i 18-24enni la quota sfiora il 36%), rivelandosi sempre circa 3 volte maggiore di quanto si osserva fra le generazioni più mature dei 50-69enni. Fra gli ultra 35enni aumenta grazie alla crescita della componente del binge drinking, che dopo un calo legato all’emergenza pandemica ha ripreso ad essere praticato. Il binge drinking così come il consumo di alcol fuori pasto sono prerogative dei più giovani e socialmente più avvantaggiati, mentre il consumo abituale elevato è caratteristica di persone meno giovani e socialmente più svantaggiate. Il consumo di alcol a maggior rischio resta una prerogativa dei residenti nel Nord Italia (con un trend in aumento) in particolare in Valle d’Aosta e PA di Bolzano, seguite, tra le Regioni settentrionali, dalla PA di Trento, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Tra le Regioni del Sud, il Molise ha la percentuale di consumatori di alcol a maggior rischio più alta della media nazionale e paragonabile a quella della PA di Bolzano. Anche il consumo di tipo binge è una prerogativa dell’Italia settentrionale (dove si registra anche un aumento significativo dal 2010) e in particolare del Nord Est, ma Molise e Sardegna si distinguono negativamente fra le Regioni meridionali (il Molise fa registrare una delle quote più alte del Paese). Preoccupa gli esperti il numero di persone che assume alcol pur avendo una controindicazione assoluta, come i pazienti con malattie del fegato, fra i quali solo poco meno della met, il 49, dichiara di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Il 10% delle donne in gravidanza riferisce di aver consumato alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista e fra le donne che allattano al seno la quota aumenta al 27%.

Alzheimer, geriatri Sigot: la prevenzione è possibile nel 40% dei casi

Alzheimer, geriatri Sigot: la prevenzione è possibile nel 40% dei casiRoma, 23 mag. (askanews) – Sono oltre sei milioni le persone in Italia interessate direttamente o meno dalle demenze. Si stima che siano circa 1,1-1,2 milioni di persone, a cui si devono aggiungere circa quattro milioni di familiari e badanti coinvolti e circa 900mila persone con deficit cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment – MCI). Non esistono cure, ma è possibile una prevenzione che eviti o ritardi la comparsa dei sintomi nel 40% dei casi. Le strategie vanno da un corretto stile di vita, base dell’invecchiamento in salute, alla stimolazione cognitiva e alla socializzazione, fino ad una gestione geriatrica che abbia una visione complessiva della persona. Questo è uno dei temi al centro del 38° Congresso Nazionale della Società Italiana Geriatria Ospedale e Territorio, che si tiene fino al 24 maggio a Roma presso l’Hotel Ergife. Presidenti del Congresso sono Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT Nazionale, Direttore Unità Operativa Complessa di Geriatria e del Dipartimenti Internistico dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Roma, e Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus. La prevenzione dell’Alzheimer e delle demenze in generale è possibile intervenendo sui fattori di rischio nel corso di tutta la vita. La prevenzione include la possibilità di stimolazione cognitiva (per esempio strategie di allenamento della memoria), socializzazione, attività fisica e dieta adeguata secondo i principi dell’invecchiamento attivo o healthy aging, e quanto dimostrato dalla ricerca scientifica (si pensi ad esempio ai risultati del Finger Study basato su alimentazione, esercizio fisico, stimolazione cognitiva, controllo dei fattori di rischio vascolari e metabolici). “Il declino cognitivo è evitabile, ma dipende dal patrimonio genetico, dall’ambiente in cui viviamo e dallo stile di vita, ossia i comportamenti durante tutto il corso dell’esistenza, a partire dall’attività fisica e dalla dieta – spiega Luca Cipriani, Direttore UO Geriatria ASL Roma 1 e Vicepresidente SIGOT -. La letteratura scientifica sull’Alzheimer identifica dodici fattori di rischio modificabili: istruzione inadeguata, ipertensione, deficit uditivo, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, diabete, scarso contatto sociale, lesioni cerebrali traumatiche, abuso di alcol, inquinamento atmosferico. Il rischio potenzialmente modi­ficabile è del 40%. Le azioni specifiche che si possono prendere includono il mantenimento della pressione sanguigna sistolica al di sotto di 130 mm Hg nella mezza età, la promozione dell’uso di apparecchi acustici, la riduzione dell’esposizione all’inquinamento atmosferico e al fumo passivo, la prevenzione delle lesioni cerebrali, la limitazione del consumo di alcol, lo scoraggiamento del fumo, un buon livello di istruzione, il contrasto all’obesità e al diabete, una buona qualità del sonno. Occorre inoltre attribuire un ruolo centrale alla geriatria, affinché possa prendere in carica la persona anziana che è a maggior rischio di sviluppo di demenza”.


Più del 40% degli ultra 75enni vive da solo ed è a rischio di solitudine; inoltre, essendo aumentata la vita media, la probabilità di incorrere nel decadimento cognitivo e nella demenza è molto alta rispetto al passato. I dati più recenti emergono dal Report dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicato a inizio 2024, che stima anche il costo annuo della demenza in 23 miliardi di euro, il 63% dei quali a carico delle famiglie. “La prevalenza dell’Alzheimer e delle demenze in generale è in aumento, in quanto si tratta di un tema legato all’invecchiamento, fenomeno che interessa da vicino il nostro Paese – sottolinea Andrea Fabbo, direttore della UO di Geriatria della AUSL di Modena e Vicepresidente SIGOT – . La demenza è una sindrome ad alto impatto, che aumenterà nei prossimi anni, creando ulteriori difficoltà e stress nelle famiglie, viste le complicanze legate ai disturbi del comportamento (agitazione, problemi del sonno). Si deve pertanto potenziare l’assistenza sia a domicilio che nelle strutture, visto che il 70% delle 350mila persone ricoverate nelle RSA ha una qualche forma di demenza; al tempo stesso si deve creare una rete che permetta alle persone con demenza e ai loro caregiver di poter essere gestiti nella comunità. Il Fondo nazionale Alzheimer di 35 milioni di euro permetterà alle regioni di proseguire i progetti iniziati nell’organizzazione della rete dei centri per i disturbi cognitivi e le demenze; l’obiettivo a cui stiamo lavorando al tavolo tecnico coordinato dal Ministero della Salute è un nuovo Piano Nazionale, visto che il precedente risale al 2014 e non si occupa della residenzialità. Questo ambizioso obiettivo potrà essere raggiunto se inserito nell’agenda politica del Paese”.

Terme Saturnia, programma di retreat mirati a benessere psicofisico

Terme Saturnia, programma di retreat mirati a benessere psicofisicoRoma, 23 mag. (askanews) – Terme di Saturnia Natural Destination, nel cuore della Maremma Toscana, propone brevi retreat tematici per ritrovare l’equilibrio, dedicarsi alla pratica dello yoga e del respiro, risvegliare il metabolismo in un mese alle soglie del caldo estivo. La novità assoluta è l’Energy Rebalance Retreat 3 notti.


Il retreat più nuovo di tutti si terrà dal 27 al 30 giugno e si chiama Energy Rebalance Retreat 3 notti. L’esperienza sarà guidata dalla naturopata heilpraktiker Laura Quinti, specializzata in psiconeuroimmunologia della nutrizione e iridologia. “Il mio invito è quello di lasciarsi guidare in un’esperienza rigenerativa sensoriale recuperando la consapevolezza del corpo e dei suoi ritmi naturali imparando ad ascoltare le esigenze emotive. Riusciremo insieme a trasformare stress, disagi, blocchi e disarmonie in energia vitale”, afferma Laura Quinti, Naturopata di Terme di Saturnia.


Il retreat è caratterizzato da una consulenza naturopatica (check-up iridologico indaga le problematiche di disbiosi, candida, intolleranze e disagi alimentari, stress, stati d’ansia e disturbi emotivi, stanchezza cronica e dolori di vario genere); da un trattamento reiki con cristalli (unire il reiki ai cristalli potenzia notevolmente il trattamento tradizionale. I cristalli vengono posizionati talvolta nei 7 centri energetici principali, i chakra, prima di procedere con il trattamento tradizionale, altrimenti su zone specifiche che necessitano di essere riequilibrate); lavaggio bioenergetico vibrazionale (tecnica efficace per risolvere traumi emotivi, agisce direttamente a livello biologico eliminando da subito i blocchi più dannosi, talvolta risalenti alla fase prenatale, secondo il principio per cui il blocco non sta nell’evento in sé, ma resta nella fisiologia del corpo); il massaggio sonoro con le campane tibetane (le armoniose vibrazioni prodotte sul corpo creano un riequilibrio sia fisico che emotivo, attivando le cellule e agendo sui liquidi, promuovendo uno stato di profondo rilassamento che aiuta sciogliere i nodi irrisolti); tecniche di gestione dello stress con esercizi che insegnano a riconoscere le fasi di tensione e a gestirle con azioni mirate; e infine l’energy rebalance menu (esso sollecita un’alimentazione naturale dove il piacere sensoriale del cibo integrale, a basso contenuto glicemico e non acidificato, acquista valore nella prevenzione della salute). Per chi invece ha a disposizione più tempo, sarà possibile partecipare a un retreat di 7 notti. Dal 16 al 23 giugno, si terrà infatti lo Yoga Retreat Estate 7 notti, ideato per coloro che amano l’estate, con le sue lunghe e luminose giornate, la sua vitalità, libertà e gioia. Adele Galbiati, operatrice olistica e yogini, si occuperà di riequilibrare gli elementi che compongono la propria energia utilizzando strumenti mutuati dallo yoga, dalla meditazione e dall’Ayurveda. Sarà praticato lo Yin Yoga dal ritmo tranquillo e i Pranayama rinfrescanti; l’ora del tramonto sarà favorevole anche alla pratica della meditazione.

Iss: in aumento casi morbillo. Sono 399 da inizio anno, 89% non vaccinati

Iss: in aumento casi morbillo. Sono 399 da inizio anno, 89% non vaccinatiRoma, 23 mag. (askanews) – Nel mese di aprile 2024 sono stati notificati in Italia 145 casi di morbillo, un numero in aumento sia rispetto ai casi registrati a marzo (127), sia a quelli di aprile 2023. Lo afferma l’ultimo bollettino del sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale, pubblicato oggi, secondo cui dall’inizio dell’anno sono 399 i casi confermati. “Dal 2023 – scrivono gli esperti del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss -, sono in corso aumenti significativi nel numero di casi e di epidemie di morbillo a livello globale, incluso in diversi Paesi Europei. Anche in Italia, si osserva un notevole aumento dei casi di morbillo nel 2024 , in particolare nei mesi di marzo e aprile 2024, la maggior parte dei quali si è verificata in persone non vaccinate. Circa tre quarti dei casi segnalati nei primi quattro mesi dell’anno sono adolescenti e adulti: questi dati suggeriscono che sono presenti ampie quote di persone suscettibili in queste fasce di età. Preoccupano anche i casi segnalati nei bambini sotto l’anno di età, troppo piccoli per essere vaccinati che dipendono quindi dalla copertura vaccinale nella popolazione per essere protetti dal morbillo, e i casi tra gli operatori sanitari”.


Ecco le caratteristiche principali dei casi notificati dall’inizio dell’anno. L’età mediana dei casi segnalati è pari a 31 anni (range: 0 – 69 anni). Oltre la metà dei casi (50,9%) ha un’età compresa tra 15 e 39 anni e un ulteriore 25% ha più di 40 anni di età. Tuttavia, l’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (83,4 casi per milione). Sono stati segnalati 17 casi in bambini con meno di un anno di età. Lo stato vaccinale è noto per 363 casi dei 399 segnalati (91,0%), di cui 323 casi (89,0%) erano non vaccinati al momento del contagio, 22 casi (6,1%) erano vaccinati con una sola dose, e 14 casi (3,8% ) erano vaccinati con due dosi. Per i rimanenti quattro casi (1,1%) non era noto il numero di dosi effettuate. • Centoventisette casi (31,8%) hanno riportato almeno una complicanza. Le complicanze più frequentemente riportate sono state epatite/aumento delle transaminasi (n=56) e polmonite (n=54). È stato segnalato un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato. Per il 50,1% dei casi (200/399) viene riportato un ricovero e per ulteriori 64 casi una visita in Pronto Soccorso.

Dermatologi: è allarme abuso creme antibiotiche. +1/3 infezioni resistenti

Dermatologi: è allarme abuso creme antibiotiche. +1/3 infezioni resistentiRoma, 23 mag. (askanews) – E’ allarme abuso di antibiotici locali in ambito dermatologico: secondo l’ultimo rapporto rilasciato dall’AIFA sull’uso degli antibiotici in Italia, il consumo dei primi 10 antibiotici non sistemici per uso dermatologico è pari a oltre 278 milioni di dosi annue, di cui oltre 168 milioni riguardano il consumo della sola gentamicina, anche associata al cortisone, tra le creme antibiotiche più abusate anche per il fai-da-te. Una nuova emergenza, già sottolineata dall’OMS nel manuale AWaRe del 2021 per ridurre la prescrizione di antibiotici topici, che si inserisce anche in Italia nell’emergenza irrisolta dell’antibiotico-resistenza. A mettere in guardia sui rischi dell’uso abnorme di creme antibiotiche è un pool di dermatologi esperti che hanno lavorato al primo documento di indirizzo sul corretto impiego degli antibiotici per ridurre la probabilità di insorgenza dell’antibiotico-resistenza in dermatologia. Al centro delle raccomandazioni degli esperti il ricorso agli antisettici, al posto degli antibiotici locali, cioè sostanze in grado di contrastare i microrganismi presenti sulla superficie cutanea e di arrestarne la moltiplicazione attraverso una azione ad ampio spettro. “Il ricorso massiccio e improprio alla terapia antibiotica locale anche per le infezioni cutanee superficiali, che interessano ogni anno milioni di italiani, è infatti, non soltanto inefficace, perché ferite e ustioni lievi sono contaminate da una molteplicità di microrganismi refrattari all’azione specifica dell’antibiotico, ma ha anche ridotto di un terzo la sensibilità agli antibiotici comuni più utilizzati come, ad esempio, la gentamicina – spiega Giuseppe Argenziano, presidente SIDeMaST e direttore della Clinica Dermatologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli -. Recenti studi, su ceppi di Staphylococcus aureus, il batterio coinvolto nel circa 40% dei casi di infezione batterica cutanea, hanno mostrato un tasso crescente di resistenza agli antibiotici topici più utilizzati. In particolare, la gentamicina, comunemente utilizzata nel trattamento delle infezioni cutanee superficiali, è risultata correlata a una importante emergenza di resistenze batteriche”. “L’utilizzo improprio degli antibiotici topici può influenzare anche l’aumento delle resistenze batteriche agli antibiotici sistemici – avverte Stefano Veraldi, professore di Dermatologia e Venereologia presso l’Università di Milano Bicocca -. Per esempio, curare l’acne in maniera sbagliata può non solo peggiorare la patologia stessa, ma anche determinare l’insorgere di problematiche importanti, quali l’antibiotico-resistenza sistemica, che può rappresentare un pericolo anche per future terapie. L’uso fai-da-te degli antibiotici topici è quindi un errore che si può intensificare con l’estate, durante le vacanze, che portano a una vita più attiva e all’aperto, spesso meno protetti dai vestiti, in cui può capitare di subire punture d’insetto, piccole ferite come tagli, lesioni da trauma o ustioni lievi causate dall’esposizione al sole, che possono essere sovrinfettate da microrganismi, – sottolinea Veraldi-. Anche in questi casi è da evitare una copertura antibiotica empirica, fai-da-te”. “L’aumento dell’antibiotico-resistenza topica nelle infezioni cutanee è il prezzo che si paga per le troppe prescrizioni delle creme antibiotiche da parte degli specialisti, anche per infezioni superficiali”, dichiara Giuseppe Micali, direttore della Clinica Dermatologica dell’Università di Catania, tra gli esperti del documento di indirizzo e autore di uno studio condotto su 1500 specialisti. Dermatologi, chirurghi plastici e medici estetici sono stati invitati a rispondere a un questionario che ha raccolto dati a livello nazionale per analizzare il trattamento topico scelto per prevenire infezioni di piccole ferite chirurgiche conseguenti a laserterapia, peeling superficiali, biopsie o crioterapia. Dalle risposte raccolte è emerso che circa 7 specialisti su 10 usano di routine antibiotici topici e solo il 20% prescrive trattamenti idratanti e riepitelizzanti. “Il motivo di questa scelta dipende dall’errata convinzione che tale condotta terapeutica possa essere utile a prevenire le infezioni superficiali – afferma l’esperto -. L’indagine condotta sul campo ha dunque confermato il malcostume di buona parte delle categorie prese in esame a prescrivere antibiotici topici per la medicazione delle piccole ferite chirurgiche. Tutto questo in difformità con le attuali linee guida internazionali e nazionali che prevedono l’utilizzo esclusivo, sia in fase preoperatoria che nel post operatorio, di agenti antisettici che non influiscano sulla refrattarietà dei microrganismi batterici, limitando il ricorso all’antibioticoterapia topica solamente a specifiche condizioni”. “In accordo con le evidenze scientifiche più recenti, per prevenire le infezioni di piccole ferite da trauma e post-chirurgiche, ustioni lievi e lesioni ulcerative, senza alimentare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, il documento di indirizzo sottolinea la necessità di ricorrere all’utilizzo esclusivo di antisettici, sotto forma di creme, garze o cerotti – spiega Maria Rita Nasca, tra i coautori del documento e dermatologa presso la Clinica Dermatologica dell’Università di Catania -. Il ricorso all’antibiotico topico deve invece, oggi, essere limitato a specifiche circostanze, come, ad esempio, l’insorgenza di segni evidenti di infezione locale o sistemica, quali stati febbrili, o in presenza di pazienti immunodepressi o con diabete”. Per il trattamento dell’impetigine, della follicolite e dell’acne, invece, l’utilizzo di antisettici è indicato solo per alcuni pazienti e in specifiche situazioni. “Deve cambiare il nostro approccio alla pratica clinica, con un ricorso sempre più frequente a sostanze antisettiche al posto degli antibiotici. In caso contrario ci troveremo di fronte a una emergenza nella cura delle infezioni cutanee”, conclude Argenziano.

Insieme contro l’Hiv: allo Spallanzani per sensibilizzare alla prevenzione

Insieme contro l’Hiv: allo Spallanzani per sensibilizzare alla prevenzioneRoma, 23 mag. (askanews) – L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS, in occasione della giornata conclusiva della Settimana Europea del Test, organizza un evento di carattere scientifico e sociale con l’obiettivo di promuovere ulteriormente la cultura dello screening e della prevenzione per HIV e Infezioni Sessualmente Trasmesse. L’appuntamento è per lunedì alle 15 presso l’entrata posteriore del padiglione Di Raimondo. Come già accaduto per tutta la Settimana Europea del Test, saranno coinvolte le associazioni e le istituzioni partner dell’Istituto: Associazione Nazionale per la Lotta contro l’Aids (ANLAIDS) Lazio, il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, associazione Arcigay Roma, Gay Center, associazione Plus Roma, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), Be Free Cooperativa Sociale contro tratta, violenza e discriminazioni. La manifestazione coniugherà interventi scientifici, sociali e artistici mentre all’interno del padiglione sarà possibile sottoporsi ai test per HIV, sifilide ed epatite C e ricevere counseling su tutte le Infezioni Sessualmente Trasmesse e informazioni su tutti gli strumenti di prevenzione e cura. Ad aprire la manifestazione i saluti del Direttore generale, dott. Angelo Aliquò. A seguire interverranno il Direttore scientifico, dr. Enrico Girardi, su “Perché ancora HIV oggi” e la dr.ssa Alessandra Marani della Direzione Sanitaria per parlare della European Testing Week. Dopo l’intermezzo musicale de “I fattacci”, spazio alle associazioni: Massimo Farinella per Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Filippo Leserri per Checkpoint Plus Roma, Francesco Angeli per Roma Checkpoint (Arcigay Roma/Gay Center), Giovanna Laurendi per Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà (INMP), Giulia Paparelli per Cooperativa Be Free, Rosario Gallipò per ANLAIDS Lazio. Dopo l’esibizione “L’ABC del sesso sicuro x sessi insicuri” di Valeria De Michele e Cristiano Brogani, la dr.ssa Valentina Mazzotta dell’UOC Immunodeficienze virali dello Spallanzani parlerà dell’importanza della PrEP mentre il dr. Andrea Antinori, Direttore del Dipartimento clinico dello Spallanzani, presenterà “I percorsi delle mostre: oltre il passato”, cioè le quattro mostre installate in Istituto per l’occasione: “40 ANNI POSITIVI – dalla pandemia di AIDS ad una generazione HIV free”; 35^ Giornata di Lotta all’AIDS – 1 Dicembre 2023 – Ministero della Salute; “Messa a nudo” di Francesca Mariani; “La Libertà che guida il Popolo” di Rakele Tombini. A chiudere la manifestazione il concerto dei Titubanda e il dj set con DjChei.

WWF, inaugurata l’Oasi in ospedale a Padova

WWF, inaugurata l’Oasi in ospedale a PadovaRoma, 21 mag. (askanews) – Nel mese dedicato alle Oasi WWF, inaugura nel complesso di Pediatria all’Azienda Ospedale Università di Padova un nuovo spazio naturale accessibile e senza barriere, che permetterà di inserire il contatto con la natura nei percorsi riabilitativi dei giovani pazienti, soprattutto quelli a lunga degenza, e di favorire momenti di tranquillità e socializzazione tra pazienti e famiglie. Si tratta della terza Oasi in Ospedale realizzata dal WWF in Italia, dopo quelle già inaugurate nei giorni scorsi a Palermo e Bari.


I 240 metri quadri dell’Oasi in Ospedale a Padova sono inseriti nel contesto del più vasto giardino dell’ospedale pediatrico, vicino al reparto di Oncoematologia Pediatrica e facilmente raggiungibile dagli altri reparti. Di fronte l’ingresso dell’Oasi è stato realizzato il percorso sensoriale circondato da piante odorose, officinali e da una scatola olfattiva posizionata dentro una piccola bacheca, contenente essenze di fiori di varie specie. Tutti gli elementi dell’istallazione, come lo specchio d’acqua, il giardino delle farfalle e le sedute, sono arricchiti da piante tipiche ed autoctone, per allestire ambienti naturali capaci anche di aumentare la biodiversità locale. I nidi artificiali, le mangiatoie per uccelli posizionati sugli alberi, insieme alle bat-box e al condominio per insetti, sono set di una fototrappola che potrà fissare i ricordi dei piccoli pazienti. A Padova, poi, la natura entrerà anche nelle camere dei giovani ospiti dell’ospedale, grazie ad ecosistemi in bottiglia e a piccoli vasi di erbe officinali trasportabili. La Clinica Pediatrica svolge la propria attività nell’ambito dell’Azienda Ospedale Università di Padova e, assieme alle altre unità operative pediatriche ed ostetriche-ginecologiche costituisce il Dipartimento ad Attività Integrata per la Salute della Donna e del Bambino altrimenti detto, all’interno dell’Ospedale Generale, “Ospedale Materno-Infantile”. La Clinica Pediatrica nello specifico – con oltre 150 posti letto disponibili- , rappresenta una realtà complessa e articolata che eroga servizi assistenziali e svolge attività didattica e di ricerca, esclusivamente rivolta all’ambito pediatrico.


Quest’area verde attrezzata, realizzata dal WWF grazie ad un importante progetto di raccolta fondi lanciato con l’edizione di Urban Nature “La Natura si fa Cura”, sarà utilizzabile non solo dai piccoli pazienti e dai loro familiari, ma anche da insegnanti?, associazioni di volontariato? e altre figure specifiche del comparto ospedaliero, come educatori professionali e terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. Oggi, 21 maggio, a Padova l’Oasi è stata inaugurata alla presenza del Dott. Giuseppe Dal Ben, Direttore Generale AOUP; del Prof. Giorgio Perilongo, Direttore Dipartimento Assistenziale Salute donna bambino; del Prof. Eugenio Baraldi, Direttore Dipartimento Universitario Salute donna bambino; della Prof. Ssa Alessandra Biffi, Direttore Clinica di Oncoematologia pediatrica; di Marco Galaverni, Direttore Oasi, Educazione e Attivazione WWF Italia e di Carmelo Motta, Delegato WWF Veneto.


“Siamo emozionati di poter inaugurare oggi qui a Padova la nostra terza Oasi in Ospedale. La connessione tra la salute della natura e la nostra salute, in ottica One Health, è qualcosa di essenziale che dobbiamo riscoprire e valorizzare sempre più. Sapere che centinaia di piccoli pazienti e le loro famiglie potranno beneficiare di questi spazi naturali ci riempie di emozione, ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza il supporto di donatori e volontari e del meraviglioso personale dell’Azienda Ospedale Università di Padova che ci teniamo a ringraziare. Il progetto prevede anche un percorso di formazione con proposte laboratoriali ed esperienziali da svolgere nell’Oasi, a cura dell’Ufficio Educazione e Formazione del WWF Italia, per docenti delle scuole nell’ospedale e per il personale della struttura”, dichiara Marco Galaverni, direttore Oasi, Educazione e Attivazione del WWF Italia. Questa inaugurazione ha avuto luogo all’interno del Mese dedicato alle Oasi WWF, che dal 25 aprile al 26 maggio hanno ospitato quasi 200 eventi in tutta Italia.


Solo pochi minuti trascorsi a guardare panorami dominati da alberi, fiori o laghetti e fontane possono aiutare a ridurre il dolore, abbattere i livelli di stress, ansia e rabbia, agendo sulla pressione sanguigna, la tensione muscolare, il battito cardiaco e l’attività cerebrale. Le Oasi in Ospedale sono un vero e proprio laboratorio all’aperto dove osservare, conoscere e imparare a prendersi cura della Natura (in particolare la piccola fauna come insetti impollinatori e uccelli), sia per momenti di relax che favoriscano il recupero fisico-psichico, sia per svolgere attività terapeutiche. Ecco i principali obiettivi delle Oasi in Ospedale: migliorare la qualità della degenza dei pazienti coinvolgendoli in attività didattiche, ludiche e creative legate alla cura degli ecosistemi, garantendo esperienze positive e psicologicamente benefiche; promuovere la cultura della bellezza, il rispetto della natura e della biodiversità con introduzione di concetti quali educazione civica e ambientale; sviluppare la motricità e le capacita’ cognitive e di apprendimento, attraverso la cura manuale degli ecosistemi presenti. L’apprendimento di nozioni relative alla natura favorirà un miglioramento della sfera cognitiva, stimolando concentrazione, capacita’ logiche e memoria; rafforzare l’autostima e la percezione positiva di sé stessi, attraverso la cura degli elementi dell’Oasi in Ospedale, nel vedere il risultato delle proprie attenzioni, sapendo di aver dato un contributo al miglioramento della salute della natura; favorire la socializzazione attraverso il lavoro anche a piccoli gruppi. L’iniziativa prevede anche la formazione del personale coinvolto nel progetto a cura dell’Ufficio Educazione e Formazione del WWF Italia con la partecipazione del WWF locale, che include docenti delle Scuole in Ospedale e il personale medico/ospedaliero, e che si svolgerà in momenti online e in presenza con il WWF locale, disponibile a supportare anche le prime fasi di interventi formativi. La realizzazione delle Oasi in Ospedale è stata possibile anche grazie al sostegno di: Pediatri dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP), Pediatri per un mondo possibile (PuMP) e la Fondazione Fight the Stroke. Grazie alla collaborazione di un comitato scientifico, il progetto ha ricevuto il patrocinio dell’Associazione Ospedali Pediatrici Italiani (AOPI).

OMS: nel 2022 +1 milione casi sifilide in persone tra 15 e 49 anni

OMS: nel 2022 +1 milione casi sifilide in persone tra 15 e 49 anniRoma, 21 mag. (askanews) – L’HIV a livello globale, le epidemie di epatite virale e le infezioni a trasmissione sessuale (IST) causano 2,5 milioni di morti ogni anno, secondo un nuovo rapporto dell’OMS – Implementazione delle strategie del settore sanitario globale sull’HIV, l’epatite virale e le infezioni a trasmissione sessuale, 2022-2030.


I nuovi dati mostrano che le malattie sessualmente trasmissibili sono in aumento in molte regioni. Nel 2022, gli Stati membri dell’OMS hanno fissato l’obiettivo ambizioso di ridurre di dieci volte il numero annuale di infezioni da sifilide negli adulti entro il 2030, da 7,1 milioni a 0,71 milioni. Tuttavia, i nuovi casi di sifilide tra gli adulti di età compresa tra 15 e 49 anni sono aumentati di oltre 1 milione nel 2022, raggiungendo gli 8 milioni. Gli incrementi maggiori si sono verificati nella Regione delle Americhe e nella Regione Africana. In combinazione con il calo insufficiente osservato nella riduzione delle nuove infezioni da HIV e da epatite virale, il rapporto segnala minacce al raggiungimento dei relativi obiettivi degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) entro il 2030. “La crescente incidenza della sifilide solleva grandi preoccupazioni”, ha affermato il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Fortunatamente, ci sono stati importanti progressi su una serie di altri fronti, tra cui l’accelerazione dell’accesso a beni sanitari critici, tra cui la diagnostica e il trattamento. Abbiamo gli strumenti necessari per porre fine a queste epidemie come minacce alla salute pubblica entro il 2030, ma ora dobbiamo garantire che, nel contesto di un mondo sempre più complesso, i paesi facciano tutto il possibile per raggiungere gli obiettivi ambiziosi che si sono prefissati”, ha sottolineato. Quattro malattie sessualmente trasmissibili curabili – sifilide, gonorrea, clamidia e tricomoniasi – fanno contare oltre 1 milione di infezioni al giorno. Il rapporto Oms rileva inoltre un aumento della sifilide adulta e materna (1,1 milioni) e della sifilide congenita associata (523 casi ogni 100.000 nati vivi all’anno) durante la pandemia di COVID-19. Nel 2022 ci sono stati 230.000 decessi legati alla sifilide.


I dati mostrano anche un aumento della gonorrea multiresistente. Nel 2023, su 87 paesi in cui è stata condotta una sorveglianza rafforzata sulla resistenza antimicrobica della gonorrea, 9 hanno segnalato livelli elevati di resistenza al trattamento di ultima linea per la gonorrea. L’OMS sta monitorando la situazione e ha aggiornato il trattamento raccomandato per ridurre la diffusione di questo ceppo di gonorrea multiresistente. Nel 2022 sono stati registrati circa 1,2 milioni di nuovi casi di epatite B e quasi 1 milione di nuovi casi di epatite C. Il numero stimato di decessi per epatite virale è aumentato da 1,1 milioni nel 2019 a 1,3 milioni nel 2022, nonostante efficaci strumenti di prevenzione, diagnosi e trattamento. Le nuove infezioni da HIV si sono ridotte solo da 1,5 milioni nel 2020 a 1,3 milioni nel 2022. Cinque gruppi chiave della popolazione – uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, persone che si iniettano droghe, prostitute, individui transgender e individui nelle carceri e in altri ambienti chiusi – sperimentano ancora tassi di prevalenza dell’HIV significativamente più alti rispetto alla popolazione generale. Si stima che circa il 55% delle nuove infezioni da HIV si verifichino tra queste popolazioni e tra i loro partner. I decessi legati all’HIV continuano ad essere elevati. Nel 2022 si sono verificati 630.000 decessi correlati all’HIV, il 13% dei quali si è verificato tra bambini di età inferiore ai 15 anni.

Demenze, al via maxi-progetto europeo per mappare fattori rischio

Demenze, al via maxi-progetto europeo per mappare fattori rischioRoma, 21 mag. (askanews) – Scoprire tutti i fattori di rischio genetici, ambientali e comportamentali della demenza, in particolare della malattia di Alzheimer, individuare e programmare degli interventi atti a compensare e ridurre gli effetti di questi fattori, sì da massimizzare le chance di prevenzione e intervento precoce anche grazie allo sviluppo di modelli basati sull’intelligenza artificiale: è questo il cuore di COMFORTage, un progetto internazionale che vede coinvolti, nella cornice di Horizon, 13 paesi europei, con l’Italia capofila. Il progetto è stato presentato presso l’Università Cattolica, campus di Roma – Fondazione Policlinico Universitario Policlinico Gemelli IRCCS, in occasione del primo Clinical Meeting dedicato, organizzato da Camillo Marra, ordinario di Neuropsicologia e Neuroscienze Cognitive e direttore della scuola di specializzazione in Neuropsicologia presso la Facoltà di Psicologia del Campus di Milano, infine direttore dell’Unità Operativa Clinica della Memoria del Policlinico Gemelli di Roma. Ed è proprio la Clinica della Memoria del Gemelli ad avere il ruolo di coordinare tutti i Paesi, nonché di dirigere il programma di ricerca e l’attuazione dei 13 diversi programmi di intervento che saranno attivati in Europa. Al progetto, con un finanziamento complessivo di 19 milioni di euro, partecipano anche Gemelli Generator e Gemelli Digital Medicine & Health del Policlinico Gemelli, quali componenti tecnologiche e di sviluppo dei sistemi di Intelligenza artificiale nella gestione dati. Il progetto, infatti, è destinato a raccogliere un enorme dataset, che aprirà nuovi scenari e fornirà nuove conoscenze nella prevenzione e nella cura delle demenze.


“COMFORTage vede la partecipazione di 29 centri in Europa con l’obiettivo di arruolare oltre 4000 pazienti (di cui 300 italiani) ed identificare i principali fattori di rischio di Alzheimer e di promuovere l’intervento di innovativi sistemi di riabilitazione e prevenzione basati su nuove tecnologie, intelligenza artificiale, realtà aumentata virtuale”, chiarisce il professor Marra. La demenza rappresenta la più importante emergenza clinica nella popolazione anziana. A causa dell’invecchiamento della popolazione la frequenza di demenza rappresenta una condizione quasi epidemica, con 12 milioni di persone colpite in Europa e circa 1,5 milioni in Italia. La malattia di Alzheimer rappresenta il 50% di tutte le forme di demenza. Al momento non esistono cure per bloccare la progressione della malattia e i farmaci a disposizione permettono solo il controllo dei sintomi, per di più per periodi limitati di tempo. Al contrario, sempre più convincenti evidenze scientifiche hanno confermato che l’intervento tempestivo sugli stili di vita e la riabilitazione effettuata nelle fasi iniziali possono procrastinare la comparsa della malattia nelle persona a rischio o rallentarne il decorso nelle persone colpite.


I partecipanti al consorzio COMFORTage si propongono di attivare interventi di screening sulla popolazione sana (selezionando gli individui da arruolare perché presentano un deficit cognitivo iniziale percepito soggettivamente anche se non clinicamente manifesto), o in fase molto precoce di malattia, formulando mappe di rischio e attuando interventi di prevenzione della malattia attraverso l’uso delle più avanzate acquisizioni tecnologiche, strumenti innovativi che vanno dalle tecniche di realtà immersiva all’applicazione dei modelli di intervento assistiti dall’intelligenza artificiale. Il consorzio prevede la partecipazione di partner tecnologici e clinici che avranno il compito di pianificare i migliori trattamenti personalizzati nelle diverse forme di demenza. “Alla fine di questi quattro anni – spiega il prof Marra – si potrà ottenere una nuova conoscenza dei meccanismi genetici, neurofisiologici e biologici che determinano un aumentato rischio di malattia di Alzheimer; saranno definite delle mappe di rischio personalizzate che permetteranno di identificare soggetti in fase preclinica di demenza (senza sintomi) e infine si potranno attuare interventi di prevenzione personalizzati anche attraverso l’uso di nuovi strumenti tecnologici di supporto ai pazienti e alle famiglie”, spiega. L’obiettivo è quello di creare un grande data set europeo su cui raccogliere una grande quantità di informazioni che potranno permettere di definire in maniera più precisa chi è realmente a rischio di malattia e quali siano gli interventi preventivi più efficaci non farmacologici per rallentare, procrastinare o addirittura bloccare la progressione della demenza. Il ruolo dell’intelligenza artificiale nella gestione dei big data è cruciale nella riuscita del progetto, conclude Marra, e la collaborazione di Gemelli Generator e Gemelli Digital Medicine & Health con gli altri partner europei di gestione dati sarà cruciale nella definizione degli algoritmi di identificazione del rischio, di predizione di malattia e di prevenzione.

Farmaco per distrofia Duchenne, Commissione Ue rinvia parere negativo CHMP EMA

Farmaco per distrofia Duchenne, Commissione Ue rinvia parere negativo CHMP EMARoma, 21 mag. (askanews) – La Commissione Europea ha rinviato il parere negativo del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) su Translarna™ (ataluren), l’unico farmaco per la distrofia muscolare di Duchenne con mutazione non-senso.


L’azienda PTC Therapeutics ha annunciato oggi la notizia, aggiungendo che la Commissione Europea ha chiesto al CHMP di includere, nel processo di nuova valutazione che seguirà, anche tutti i dati raccolti nei Registri Pazienti e i dati di vita reale. Inoltre, l’EMA ha informato PTC che è stata presa la decisione di considerare non valide la riunione del gruppo consultivo scientifico per Translarna del 5 settembre 2023 e tutte le fasi procedurali che ne sono seguite. «È una grande vittoria per la comunità Duchenne e Becker italiana ed internazionale, che potrà continuare ad utilizzare il farmaco» dichiara Filippo Buccella, fondatore di Parent Project aps, l’associazione di pazienti con distrofia muscolare di Duchenne e Becker, grave patologia genetica rara e degenerativa.


“Questa è la notizia che aspettavamo da molto tempo. È frutto di un lavoro condiviso tra associazioni, clinici e famiglie. Siamo molto felici di questo esito perché dà valore alla voce dei pazienti e delle famiglie che ogni giorno convivono con questa patologia. Tutta la nostra comunità è ben consapevole dell’importanza di questo risultato che pone in evidenza quanto sia importante lavorare sulla persona e sulla sua qualità della vita. Grazie a Translarna™ abbiamo uno strumento in più a disposizione delle nostre famiglie per fare questo”, dichiara Marco Rasconi, presidente nazionale UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. “La sinergia fra Parent Project, UILDM e UNIAMO ha prodotto un ottimo risultato. La Federazione lavora da tempo per far integrare nei dossier PROMs e PREMs e real world data, che possono dare indicazioni preziose sull’efficacia dei trattamenti, andando oltre il risultato prettamente clinico. Pur non essendo procedure ancora strutturate adeguatamente, la richiesta della Commissione Europea di far rivalutare Ataluren con un occhio di riguardo ai dati riferiti dai pazienti e registrati in STRIDE è un passo importante per tutto il sistema. Anche i dossier dovranno essere meglio finalizzati a questo obiettivo, con raccolte mirate e strutturate in maniera scientifica. È importante lavorare in maniera sinergica per ottenere risultati”, dichiara Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare.