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Droga, Iss: Fentanyl 100 volte più potente morfina e 100 volte più tossico

Droga, Iss: Fentanyl 100 volte più potente morfina e 100 volte più tossicoRoma, 2 mag. (askanews) – Il Fentanyl è un oppioide sintetico con proprietà analgesico narcotiche. E’ circa 100 volte più potente della morfina, ma anche circa 100 volte più tossico . I suoi analoghi, più di 150 analoghi illeciti al momento nel mercato nero, arrivano ad essere fino a mille volte più potenti della morfina. Gli esempi più comuni sono il Sufentanyl o il Carfentanyl. In Italia il Fentanyl viene utilizzato per scopi consentiti e sotto controllo medico come anestetico generale nelle operazioni di chirurgia maggiore e nella terapia palliativa per il dolore terminale oncologico. Nel mercato delle droghe, invece, può essere utilizzato come agente di taglio dell’eroina o anche al posto dell’eroina stessa. E’ quanto chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità.


Il Fentanyl e i suoi analoghi – spiega – possono essere prodotti nei cosiddetti kitchen laboratories, laboratori da cucina illegali e ciò, oltre a rendere la sostanza più potente, rende anche possibile la sua diffusione a un prezzo più basso. Occorre tenere presente che se è vero che si tratta di un prodotto cento volte più potente della morfina è altrettanto vero che è 100 volte più tossico poiché si lega in modo molto più potente ai recettori cerebrali degli oppioidi. Questo meccanismo rende tra le altre cose più difficile, quasi impossibile, invertire l’overdose da Fentanyl con il naloxone, che è il farmaco generalmente utilizzato per intervenire nelle overdose da oppiacei. Né l’eroina tagliata col Fentanyl né il Fentanyl da solo sono la “droga degli zombie”. Si definisce tale una preparazione di eroina o di Fentanyl tagliati con la xilazina, anestetico e mioriilassante veterinario, al momento utilizzato pochissimo in Italia, ma impiegato invece dal mercato illecito per fare un taglio che dia più potenza alla preparazione ma costi di meno. La xilazina produce delle ulcere cutanee negli arti superiori ed inferiori, soprattutto dove avviene l’iniezione delle preparazioni di strada da eroina. Queste ulcerazioni profonde rendono i consumatori zombie: da qui il nome utilizzato per definire questa droga.


L’allerta di terzo grado (alert di terzo grado) è una comunicazione di massima urgenza che viene mandata a tutti gli operatori che hanno a che fare con i consumatori di sostanze d’abuso. Nei destinatari di questa comunicazione ci sono: tossicologie forensi, forze di Polizia, il Ministero della Salute, l’Aifa(Agenzia Italiana del Farmaco), gli assessorati regionali alla Salute, i Pronto Soccorso, gli Ospedali. Gli alert sono coordinati dal Dipartimento delle politiche anti-droga, il cui braccio operativo è il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, si avverte che c’è un’allerta sanitaria per i consumatori di droga. L’allerta di grado 3 si riferisce a sostanze che possono provocare intossicazioni severe o morti, quale per esempio proprio il Fentanyl. Al momento, in Italia c’è un piano nazionale di allerta sul Fentanyl partito il 12 marzo scorso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.


A Perugia si è verificato il primo caso in Italia in cui è stata rilevata una preparazione da strada contenente questo oppioide sintetico e al momento tutte le Forze di polizia sono allertate, insieme alla Direzione Centrale Servizi Antidroga. Sono in corso delle indagini per vedere se il fenomeno è circoscritto o diffuso. E’ allertata anche la magistratura, che deve dare l’autorizzazione all’analisi delle preparazioni da strada.

Tornano nelle piazze i Cuori di biscotto di Fondazione Telethon

Tornano nelle piazze i Cuori di biscotto di Fondazione TelethonRoma, 2 mag. (askanews) – Anche quest’anno, torna la campagna “Io per Lei” di Telethon dedicata alle mamme, da sempre al centro della missione della Fondazione nata trent’anni fa dall’appello di un gruppo di mamme dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM). Organizzata in prossimità della Festa della Mamma, la campagna “Io per lei” è un invito a sostenere la grande catena di solidarietà verso le mamme dei bambini con una malattia genetica rara scegliendo, con i Cuori di biscotto che quest’anno celebrano 10 anni, di compiere un gesto d’amore per sostenere la ricerca scientifica di Fondazione Telethon. In tutta Italia, il 4 e 5 maggio sarà possibile trovare oltre 2.000 punti di raccolta dove 6000 volontari di Fondazione Telethon e UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, di AVIS – Volontari Italiani Sangue, Anffas – Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, UNPLI – Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, Azione Cattolica, e presso le edicole di SI.NA.GI aderenti, distribuiranno i Cuori di biscotto a fronte di una donazione minima di 15 euro.


“La determinazione e la dedizione con le quali le mamme dei bambini con malattie genetiche rare si prendono cura dei propri figli e l’impegno quotidiano per rendere loro la vita meno difficile sono per noi una fonte d’ispirazione e lo stimolo a lavorare sempre per trovare una cura per queste patologie – commenta Francesca Pasinelli, Consigliere delegato di Fondazione Telethon. – La ricerca è il mezzo scelto da Fondazione Telethon per trovare soluzioni efficaci per questi bambini, affinché nessuno di loro sia lasciato indietro, e per dare una speranza concreta alle loro mamme”. Si rinnova anche l’appuntamento con la settimana di sensibilizzazione di Fondazione Telethon sulle reti Rai dal 29 aprile al 5 maggio 2024, con il supporto di Rai per la Sostenibilità-ESG, per continuare a sostenere il lavoro dei ricercatori e dare risposte concrete in termini di cure e terapie a chi affronta le difficoltà di una malattia genetica rara.


La campagna “Io per lei” ha il sostegno di BNL BNP Paribas, partner storico al fianco di Fondazione Telethon con oltre 336 milioni di euro raccolti in 33 anni a sostegno della ricerca scientifica: anche quest’anno sarà possibile per i clienti BNL donare attraverso i 1.397 sportelli ATM e 585 agenzie su tutto il territorio, e sull’APP BNL in modo semplice e sicuro. Anche quest’anno DHL è vettore ufficiale della campagna di piazza.

Sanità, Ordine Medici Milano contro decreto liste d’attesa di Schillaci

Sanità, Ordine Medici Milano contro decreto liste d’attesa di SchillaciRoma, 2 mag. (askanews) – “Il ricorso al TAR l’abbiamo fatto contro il decreto appropriatezza di Beatrice Lorenzin, poi sospeso visto il ritiro e l’approvazione del decreto LEA; nulla ci vieta di farlo anche contro il decreto Schillaci. Dobbiamo solo attendere che venga pubblicato, con le premesse che abbiamo letto. Perché se sono davvero queste, allora significa che abbiamo lavorato più di 20 anni invano”. Sono le prime parole del presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, dopo aver letto le anticipazioni di stampa sulle nuove regole prescrittive, con codici e burocrazia, per i medici di famiglia e specialisti, “utilizzando parole acchiappa-consenso come diminuzione delle liste d’attesa e limitazione della medicina difensiva”.


“Si parla di appropriatezza prescrittiva da molti decenni – spiega Rossi -. Già negli anni Novanta diventata materia di approfondimento universitario. Ciò che lascia esterrefatti è che si dica ancora che i medici si debbano ‘familiarizzare’ con questo tipo di logica. Peraltro, un costosissimo carrozzone di enti di controllo è impegnato ogni giorno a verificare le prescrizioni di farmaci e di esami, che giunge fino alla Corte dei Conti. Dunque, se c’è chi conosce alla perfezione queste regole sono proprio i medici del SSN, di famiglia e specialisti. Dire dunque che i medici debbano imparare a conoscere queste regole è prima di tutto un obbrobrio storico, totalmente inaccettabile, al limite dell’insulto”. Nel 2016 il Ministro Beatrice Lorenzin predispose un decreto sull’appropriatezza dal taglio esclusivamente economico, con molti errori e senza alcuna condivisione con gli Ordini dei Medici o le associazioni di categoria. Come allora anche oggi si parla nuovamente di limitare le prescrizioni, ma con altre motivazioni: ridurre le liste d’attesa e limitare la medicina difensiva. Ma in realtà sempre di soldi si tratta. “Contro il decreto Lorenzin ci fu una forte levata di scudi e, come OMCEOMI, facemmo infatti ricorso al TAR – aggiunge Rossi -. Ma dopo un anno, il decreto venne sostituito dal decreto sui LEA che correggeva pesantemente il vecchio decreto, lo metteva sotto altra luce, decisamente più corretta, con indicazioni condivise da tutti, dando dunque ragione all’Ordine dei Medici di Milano”.


Oggi la situazione è molto simile. “Pensare di ridurre le liste d’attesa con un decreto che va a misurare la prescrizione dei medici, è una contraddizione di termini. Una sciocchezza – spiega Rossi -. Ma c’è di più: il decreto vuole anche aumentare gli oneri di carattere burocratico. Perché teoricamente d’ora in avanti i medici dovrebbero inserire nel quesito diagnostico che ogni medico già prepara (è persino insultante dire che lo deve fare) anche dei codici, dei numeretti che fanno riferimento a tabelle preimpostate (ICD 9 – CM). Ma è impossibile far rientrare in un codice una patologia o un sintomo specifici: l’essere umano ha comunque sempre una sua complessità. Questa è una assurdità che va condannata ed evitata con ogni mezzo. Non solo perché aumenterà in modo inaudito il carico burocratico dei medici, ma anche il rischio di errore causato da migliaia di codici specifici. Senza contare che aumenterà l’attesa dei pazienti, le lamentele, le code…. E le aggressioni e le minacce, verbali e fisiche, già sempre più all’ordine del giorno. Tutto ciò si ridurrà insomma ad una enorme gigantesca marea di tempo perso e tolto al paziente”. Il problema delle liste d’attesa è reale. “È un problema fisiologico legato all’essenza dell’essere umano – precisa Rossi -: nessuno, ovviamente, vuole ammalarsi e morire. Ciò porta il cittadino, il paziente, a cercare di fare tutti gli esami possibili per evitare e prevenire ogni tipo di malattia: ‘Mi faccia fare un checkup completo’ è la frase classica di chi, anche in ottima salute o con sintomi risibili, si rivolge al proprio medico. Ma questo è problema di tipo educazionale, dovrebbe essere insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado. Serve un’azione corretta sulla appropriatezza prescrittiva: insegnare ai cittadini e futuri cittadini il corretto utilizzo del SSN. Accettando anche le indicazioni del medico, quando dice che un esame non è necessario”. “A questo proposito, giudico, di nuovo, sostanzialmente nulla l’azione di questo emanando decreto sulla così detta medicina difensiva. Anche qui la prima cosa da fare è garantire al medico la protezione necessaria per le decisioni che prende – continua Rossi -. Perché quando accade qualcosa a un paziente, viene immediatamente attribuita la responsabilità al medico e subito si pensa ad intentare un’azione legale. L’educazione sanitaria ai cittadini deve comprendere anche questo punto. Un medico non è uno sciamano in grado di prevedere il futuro”.

Roma, il 5 maggio evento Associazione Linfa contro neurofibromatosi

Roma, il 5 maggio evento Associazione Linfa contro neurofibromatosiRoma, 2 mag. (askanews) – “Dalla presa in carico alla terapia di bambini ed adulti”, questo il titolo della conferenza organizzata per il 5 maggio a Roma, dall’Associazione Linfa lottiamo contro le neurofibromatosi, per far conoscere le neurofibromatosi e le modalità di diagnosi, assistenza e trattamento di bambini ed adulti. Un evento aperto a tutti presso il Centro Congressi Cavour a partire dalle ore 9, a cui seguirà dalle 14, l’assemblea Linfa con l’esposizione dei progetti di cui malati e famiglie possono beneficiare.


Tra gli ospiti ci saranno i medici dei centri di Roma accreditati impegnati nell’assistenza di bambini e adulti affetti da queste malattie genetiche rare, Policlinico Gemelli, Istituto CSS Mendel e ospedale pediatrico Bambin Gesù. L’associazione Linfa, attiva in tutta Italia, ha come obiettivo il benessere delle persone affette dalle neurofibromatosi e delle loro famiglie. A tale scopo, promuove la ricerca scientifica sulle NF in centri ospedalieri d’eccellenza e sostiene progetti di assistenza ai malati e alle famiglie. Linfa, finanzia progetti di ricerca per la diagnostica e la terapia che coinvolgono vari centri italiani e esteri, collabora con importanti associazioni e fondazioni statunitensi ed europee; mette in campo il sostegno economico per il supporto psicologico e scolastico e gestisce due linee telefoniche di ascolto sia di persone malate che dei loro familiari.

Zanzara Anopheles in Salento, Iss: no allarme su ritorno malaria

Zanzara Anopheles in Salento, Iss: no allarme su ritorno malariaRoma, 30 apr. (askanews) – Il ritrovamento lungo la costa salentina tra Lecce e Otranto, di una zanzara Anopheles sacharovi, rinvenuta in Italia dopo circa 50 anni dalla ultima segnalazione “non deve destare allarme per un possibile ritorno della malaria in Italia”. Così l’Istituto superiore di sanità in una nota.


Questa zanzara – scoperta grazie a una ricerca congiunta tra Istituto Superiore di Sanità, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e Basilicata e Azienda Sanitaria Nazionale (ASL) di Lecce pubblicata sulla rivista “Parasites and Vectors” – insieme ad un’altra specie, Anopheles labranchiae, era associata alla trasmissione della malaria prima che la malattia fosse eradicata dal paese nel 1970. La scoperta di Anopheles sacharovi – spiega l’Iss – non deve però destare allarme per un possibile ritorno della malaria in Italia in quanto le condizioni socio-economiche e igienico-sanitarie del nostro paese sono certamente molto diverse da quelle del passato. Inoltre una specifica Circolare Ministeriale dà chiare indicazioni per la costante sorveglianza dei casi umani di malaria importata e stabilisce gli interventi da mettere in atto sul territorio in presenza di presunti casi autoctoni. Certamente la scoperta è rilevante dal punto di vista scientifico e sanitario perché, dopo le opere di bonifica e la campagna di lotta antimalarica del secondo dopoguerra, questa zanzara era ritenuta ormai scomparsa dal nostro territorio. D’altro canto, – prosegue l’Iss – appare chiaro che la sorveglianza entomologica è di estrema importanza ed è necessaria per prevenire il rischio di reintroduzione di questa malattia nel nostro paese. Questa ricerca infatti, finanziata dal Ministero della Salute e recentemente anche da fondi del Pnrr, è stata avviata in Puglia e Basilicata sin dal 2018, in alcune aree storicamente endemiche per la malaria.


Fino ad ora erano state identificate solo Anopheles labranchiae, già segnalato in altre regioni italiane e ritrovato nel Gargano e nel Metaponto e Anopheles superpictus, ritenuto vettore secondario, presente in limitate aree della Basilicata. In entrambi i casi comunque le loro densità non sembrano epidemiologicamente rilevanti. Alla fine del 2022, il ritrovamento in un’area rurale del leccese di un unico esemplare adulto, identificato molecolarmente come Anopheles sacharovi, ha dato l’avvio, l’anno successivo, ad una indagine entomologica mirata a confermarne la presenza e a ricercarne i focolai larvali. Larve di questa specie sono state ritrovate in aree naturali e protette, a basso o nullo impatto antropico; questo fa ipotizzare una sua presenza residuale anche nei decenni passati e un possibile lento ripopolamento, favorito dalla minore pressione delle attività umane e dall’assenza di trattamenti pesticidi ad uso agricolo, oltre che dai fattori climatici favorevoli.


Il ritrovamento di questa zanzara – conclude l’Iss – conferma, ancora una volta, la necessità di mantenere alta l’attenzione e rafforzare tutte le misure di prevenzione, oltre al monitoraggio entomologico per la sorveglianza dell’”anofelismo residuo”, così come si sta già facendo per le altre malattie trasmesse da zanzare, quali la dengue o la West Nile, con il Piano di Sorveglianza Nazionale delle Arbovirosi.

Festa della mamma: una rosa in vaso per sostenere ricerca su Alzheimer

Festa della mamma: una rosa in vaso per sostenere ricerca su AlzheimerRoma, 29 apr. (askanews) – Da Giovedì 2 a Mercoledì 15 Maggio 2024, in tutti i supermercati ed ipermercati Coop aderenti sul territorio italiano, torna la campagna “Non Ti Scordar di Te” in favore di Airalzh Onlus (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer).


In occasione della Festa della Mamma si potrà acquistare una o più rose Kordana in vaso e, per ogni piantina, verrà devoluto 1 Euro ad Airalzh Onlus, Associazione toscana con sede a Barberino di Mugello – l’unica a promuovere la Ricerca medico-scientifica, a livello nazionale, sulla malattia di Alzheimer ed altre forme di demenza – per sostenere la Ricerca contro la malattia di Alzheimer. Airalzh Onlus lavora, con costanza e con impegno, per raggiungere l’obiettivo di “Un domani senza Alzheimer”. Dal 2016, infatti, oltre 3 milioni di euro sono stati impiegati per finanziare 82 Assegni di Ricerca, 26 progetti di Ricerca relativi al Bando AGYR (Airalzh Grants for Young Researchers) e 2 progetti, frutto della collaborazione fra Airalzh e la Fondazione Armenise Harvard, rivolto a Ricercatori “mid-career”. Altri 600mila Euro sono a budget per 2 Bandi: AGYR 2024 e “Airalzh Starting Grants” dei quali, da poco, si sono aperte le fasi per presentare la propria candidatura.


Grazie alla campagna “Non ti scordar di Te”, Coop Italia rinnova il proprio impegno nel sostenere, assieme ad Airalzh Onlus, la Ricerca contro l’Alzheimer. Una rosa Kordana in vaso che può contribuire nella Ricerca e nel dare speranza ad oltre 3 milioni di persone tra pazienti, famigliari e caregiver.

Sangue, CNS: raccolta plasma da record ma autosufficienza più lontana

Sangue, CNS: raccolta plasma da record ma autosufficienza più lontanaRoma, 29 apr. (askanews) – Crescita record per la raccolta plasma ma l’autosufficienza è ancora più lontana. È il paradosso che emerge dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal Ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue, che ha rappresentato un’occasione di dibattito e confronto tra esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari, condivisi nel corso del convegno dagli esperti del CNS, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente, quando la quota di autosufficienza era pari al 64. L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, passata da circa 104 grammi ogni mille abitanti nel 2022 a 108 nel 2023. Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda. L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale”, è il commento del direttore del CNS, Vincenzo de Angelis, a conclusione dei lavori del convegno e del confronto di esperienze e prospettive sul futuro della raccolta di plasma. “I dati, per quanto ancora preliminari – continua De Angelis – confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il COVID ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

Malattia di Huntington, LIRH: 40 mila a rischio ma ricerca fa passi avanti

Malattia di Huntington, LIRH: 40 mila a rischio ma ricerca fa passi avantiRoma, 29 apr. (askanews) – “La Lega Italiana Ricerca Huntington è nata 10 anni fa perché la malattia di Huntington non faccia più paura”, ponendosi come punto di riferimento per l’assistenza, la ricerca e la conoscenza di questa malattia neurologica rara, più nota come còrea, per via dei movimenti involontari che procura in tutto il corpo e che è possibile prevedere con un test genetico per chi è a rischio.


A parlare ai microfoni di Radio Radicale è la presidente della Fondazione Lirh, Lega Italiana Ricerca Huntington, Barbara D’Alessio, che spiega: “In Italia circa 6.500 persone ne sono affette, ma circa 40.000 sono a rischio di ereditarla. Si tratta di una malattia rara, genetica, neurodegenerativa che si manifesta in età adulta. La mutazione genetica è nota e si trasmette dal genitore affetto ad ogni figlio con una probabilità del 50%. Molto raramente colpisce i bambini e quando succede è più grave e viene trasmessa dal papà. Si nasce con questo “difetto” genetico ma ci si ammala ad un certo punto della vita. La complessità di questa malattia rara è legata al fatto che colpisce sia il corpo che la mente: debilita la persona, facendole perdere progressivamente l’autonomia motoria, cognitiva e mentale”. La presidente Barbara D’Alessio spiega ancora come è nata la fondazione: “L’aspetto più peculiare della nostra fondazione è che nasce da un’alleanza tra un gruppo di famiglie e un ricercatore, l’attuale direttore scientifico della nostra fondazione, il prof. Ferdinando Squitieri, neuroscienziato noto a livello internazionale, che coordina e dirige l’attività di ricerca clinica. Nel corso degli anni, sul territorio è nata ed è cresciuta intorno alla Fondazione una rete di associazioni di persone e famiglie con malattia di Huntington, che si riconoscono nella sua missione. Oggi esistono la Lirh Toscana, la Lirh Sardegna, la lirh Puglia, la Lirh Friuli-Venezia Giulia e anche “Noi Huntington”, la rete dei più giovani, che rappresentano un punto di riferimento soprattutto sul piano informativo e sociale”.


Infine, un messaggio a tutte le famiglie: “Non abbiate paura, la ricerca sta facendo passi avanti, noi siamo qui per dare assistenza gratuita. È molto importante conoscere la malattia di Huntington (spesso le stesse famiglie che ne sono colpite non la conoscono abbastanza e non ne parlano), continuare a studiarla (come stiamo facendo) e prendersi cura di chi ne è coinvolto. Il fatto che dalla malattia di Huntington non si possa ancora guarire non significa che la persona non possa essere correttamente curata e presa in carico, insieme alla sua famiglia. Chiunque volesse saperne di più, può contattarci al numero verde 800.388.330”.

Tumori cerebrali: due nuovi neuronavigatori al Policlinico di Bari

Tumori cerebrali: due nuovi neuronavigatori al Policlinico di BariRoma, 27 apr. (askanews) – Due nuovi neuronavigatori multimediali a tecnologia elettromagnetica e ottica ad infrarossi sono stati acquistati dal Policlinico di Bari e uno di essi è dotato di modulo ecografico per verificare già durante l’intervento che la rimozione del tumore sia macroscopicamente completa. L’ospedale universitario barese aggiorna e raddoppia la dotazione tecnologica dell’unità operativa di neurochirurgia che è così in condizione di operare anche in due sale.


“Sono strumentazioni all’avanguardia che ci permetteranno di poter pianificare e eseguire interventi ancora più personalizzati e mirati sul paziente”, spiega Francesco Signorelli, direttore dell’unità operativa di neurochirurgia del Policlinico di Bari. “Lo scorso anno – aggiunge – abbiamo eseguito circa 300 interventi per neoplasie cerebrali, questo significa che tra urgenze e attività programmata quasi ogni giorno feriale abbiamo trattato un tumore al cervello”. Con questi numeri, come certificato da Agenas, il Policlinico di Bari è il primo centro nel meridione per queste delicatissime procedure. “La neurochirurgia del Policlinico di Bari è una eccellenza nel panorama sanitario nazionale e questo investimento va nella direzione delle politiche aziendali di garantire ai pazienti i migliori standard di cura disponibili”, commenta il direttore generale Antonio Sanguedolce. “L’acquisto – specifica – è avvenuto attraverso la nuova programmazione dei fondi Fesr-Fse 2021-2027 a cui abbiamo avuto la possibilità di accedere grazie al lavoro di squadra con il dipartimento promozione della salute della Regione Puglia”.

”Combo Lift”: è Made in Italy l’innovativo lifting non chirurgico

”Combo Lift”: è Made in Italy l’innovativo lifting non chirurgicoRoma, 26 apr. (askanews) – La ricerca nella medicina estetica è in costante evoluzione, allontanandosi sempre più dal concetto di lifting chirurgico tradizionale. Una crescente necessità nata per rispondere alle aspettative di una clientela sempre più informata e alla ricerca di soluzioni rapide, efficaci, sicure e mini invasive. In questo contesto di cambiamento è targata “Made in Italy” una innovativa metodologia che consente di riposizionare la pelle cadente, riacquisendo compattezza cutanea.


“Combo Lift”, questo il suo nome, è ideato dal chirurgo estetico Cristina Rosati che esegue in esclusiva questa metodica. “Si tratta di un mini lifting non chirurgico – spiega la Rosati – in cui i tessuti lassi diventano un filler biologico che stimola il derma a produrre il collagene. Questa procedura estetica consiste in un trattamento mini-invasiva che combina diverse tecniche all’avanguardia per ottenere risultati naturali e duraturi, agendo su più livelli per riposizionare la pelle cadente, ridefinendo i contorni del viso, del collo e stimolando la produzione di collagene. L’obiettivo è restituire freschezza e compattezza alla pelle senza ricorrere al bisturi ma garantendo risultati naturali, duraturi e con un tempo di recupero minimo”. Una svolta nel campo della chirurgia estetica che offre un’alternativa sicura ed efficace al lifting tradizionale, regalando un aspetto più giovane, fresco e senza cicatrici evidenti. Ma qual è il segreto del suo successo? “Il successo sta nel fatto che può essere considerato un ‘lifting sartoriale’ modulato sui tratti di ogni singolo paziente. Per questo ogni intervento è unico, irripetibile e uguale a nessun altro: proprio come la seconda pelle di un abito di sartoria, poi, ha tempi di ripresa più rapidi rispetto al periodo di recupero di un lifting chirurgico tradizionale”, sottolinea il chirurgo.


“In un mondo che va veloce, le persone hanno la necessità di non fermarsi dal lavoro e di poter mostrarsi in pubblico rapidamente, cosa che il lifting classico non permette per i numerosi accorgimenti che bisogna osservare (tenere un cappuccio, pernotto in clinica, evidenti ecchimosi, gonfiore, rimozione dei punti). Il mio, invece, è un trattamento ambulatoriale non invasivo che combina un minor downtime a risultati di lunga durata ottenuti in una sola seduta. Una metodologia che non ha nulla da invidiare al lifting tradizionale”. Questa tecnica innovativa, punta ad armonizzare il volto nella sua interezza, partendo da uno studio accurato della fisionomia e fisiognomica di ogni singolo paziente. “Durante la fase preparatoria si esegue uno studio personalizzato su ciascun volto in modo da valorizzare la fisionomia del paziente senza stravolgerla, ottenendo un risultato naturale e armonico che rispetti l’io della persona. Il segreto è comprendere bene l’anatomia e le relazioni facciali, secondo le proporzioni auree e non in base a un ipotetico concetto di perfezione. Sono fermamente convinta che la bravura del chirurgo stia nel far comprendere che bellezza non significa seguire canoni ideali. E’ un approccio olistico che valuta un volto nella sua interezza e comprende che ogni paziente ha una struttura facciale e un’anatomia diversa: per questo è importante prendere in considerazione l’equilibrio generale del viso al fine di creare un aspetto armonioso”, evidenzia la Rosati.


La procedura, frutto di uno studio ventennale nel campo della chirurgia e della medicina estetica, è eseguita in modo artistico e studiata per chiunque desideri allineare la propria bellezza esteriore con la propria vitalità interna, il tutto secondo una sobria eleganza, senza alterazioni esagerate. “Beneficia di questa tecnica la pelle senescente ma anche quella diventata lassa per una perdita di peso o danneggiata dal sole o dal fumo”, sottolinea la Rosati. “Anche chi ha cicatrici da acne può beneficiare di questa metodologia poiché lo stiramento dei tessuti può contribuire alla riduzione delle cicatrici. Le aree del collo e del viso come il solco lacrimale (la zona sotto sotto gli occhi), la mascella, le tempie, la mandibola e il mento normalmente perdono volume con l’età: con il trattamento “Combo Lift” si può ripristinare quel volume e sollevare il viso per togliere anni, ottenendo un aspetto fresco, naturale e riposato”, conclude Cristina Rosati.