Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Roma, al Campus Bio-Medico inaugurata nuova risonanza magnetica 3 Tesla

Roma, al Campus Bio-Medico inaugurata nuova risonanza magnetica 3 TeslaRoma, 28 mar. (askanews) – È stata inaugurata la nuova Risonanza Magnetica (RM) tre Tesla della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: la nuova strumentazione consentirà una maggiore risoluzione spaziale, con immagini sempre più dettagliate, e anche, in alcuni casi, una più veloce esecuzione dell’esame rispetto alle risonanze magnetiche più diffuse, quelle meno potenti a 1,5 Tesla. La maggiore risoluzione dello strumento consente, nella diagnosi di patologie cerebrali o muscolo-scheletriche e della colonna vertebrale, di identificare lesioni più piccole nonché strutture anatomiche non visibili con macchine della generazione precedente. La qualità delle immagini rende questa strumentazione il riferimento per gli esami dei distretti cerebro-vascolari e neurologici, oltre a consentire di effettuare esami funzionali, di spettroscopia, della prostata e del pancreas.


L’acquisto dell’apparecchiatura – informa una nota – è stato possibile grazie al contributo dato dalla Fondazione Roma, attraverso la Biomedical University Foundation, nel quadro di un più ampio finanziamento per lo sviluppo del Centro per la Ricerca e Cura della malattia di Alzheimer della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Oltre ai vertici della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, hanno partecipato all’inaugurazione il prof. Bruno Beomonte Zobel, coordinatore dell’Imaging Center del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, il dott. Franco Parasassi, presidente Fondazione Roma, il prof. Paolo Arullani, presidente dell’Advisory Board della Biomedical University Foundation, l’avv. Civita Di Russo, vice capo di Gabinetto del Presidente della Regione Lazio, l’on. Ylenja Lucaselli, capogruppo alla Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei Deputati.


Le apparecchiature con magnete da tre Tesla, rispetto a quelle da 1,5, garantisco prestazioni superiori in particolare nello studio di ipofisi, ippocampo, nuclei del tronco, nervi cranici, orecchio interno, corteccia cerebrale, tumori. Inoltre, riducono il rischio di immagini distorte, eliminando così la necessità di sottoporsi a ulteriori risonanze. Spiega il coordinatore Imaging Center della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico Bruno Beomonte Zobel: “Con questa tipologia di strumentazione si possono utilizzare tecniche cosiddette “avanzate” come la Spettroscopia a RM, il Tensore di diffusione, la Trattografia a RM e la RM funzionale con segnale BOLD. La RM funzionale è in grado di individuare le zone dell’encefalo che consumano ossigeno mentre il soggetto che viene esaminato con la macchina di RM sta svolgendo una determinata attività come può essere il guardare un video, l’ascoltare una musica o il compiere un piccolo movimento con un dito. In questo modo è stato possibile studiare, su volontari sani, quali sono le aree cerebrali che sono coinvolte, nel senso che vengono attivate e consumano ossigeno, nell’assunzione di certe decisioni”.

Covid, torna l’Osservatorio sulle fake news realizzato da CRI con The Fool

Covid, torna l’Osservatorio sulle fake news realizzato da CRI con The FoolRoma, 28 mar. (askanews) – Dal 2020 al 2023 si sono verificate circa 21.000 interazioni digitali pertinenti a discorsi di disinformazione relativi alla condizione post-virale conosciuta come Long Covid. Tra le conversazioni analizzate, le teorie della disinformazione si sono focalizzate principalmente su due narrative false: la negazione dell’esistenza del Long Covid e l’erronea associazione di questa condizione con la somministrazione dei vaccini anti-Covid-19. È quanto emerge dall’Osservatorio “Vera Salute”, realizzato dalla Croce Rossa Italiana e dall’agenzia “The Fool”, che nel mese di marzo di quest’anno ha affrontato il tema delle fake news presenti sul web relative proprio al Long Covid.


Vediamo nel dettaglio quali sono le notizie false circolate con maggiore frequenza. “Anzitutto – spiega la Cri – non è vero che il vaccino sia la causa del Long Covid. Viceversa, esistono molti studi che evidenziano come la vaccinazione contro il Covid abbia avuto un effetto sulla riduzione del rischio di Long Covid nei pazienti vaccinati prima o dopo l’infezione. Falso che il Long Covid sia una questione psicologica. Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come entità clinica specifica. Errata anche la convinzione che i bambini e i giovani non possano esserne colpiti. Molti studi scientifici hanno preso in analisi campioni di pazienti soggetti da Long Covid tra cui erano presenti bambini e soggetti di giovane età. Il Long Covid è un problema concreto anche per loro ed è necessario non sottovalutare sintomi persistenti che possono essere causa di enorme disagio per i più piccoli con la compromissione della loro vita quotidiana. Sbagliato, inoltre, pensare che solo chi ha avuto sintomi gravi possa incontrare questa specifica problematica; infatti, anche persone che hanno avuto forme lievi di Covid-19 possono soffrire di Long Covid. Il digiuno intuitivo non aiuta a guarire dai sintomi persistenti da Covid-19. Falso anche che i sintomi possano essere costanti nel tempo. Il Long Covid, infatti, si può manifestare con ampia variabilità di sintomi che possono essere generici come tosse, astenia ed affanno, fino a manifestazioni più specifiche come dolore toracico o palpitazione, disturbi del sonno o neuropatie periferiche. I sintomi possono essere di varia natura e presentarsi in forma singola o in combinazione. Si va dal mal di testa, a forme di distrazione, fino a problemi gastrointestinali, dolori muscolo-scheletrici, fino all’ansia e alla depressione”.

Virus respiratorio sinciziale, Pediatri: strategia prevenzione condivisa

Virus respiratorio sinciziale, Pediatri: strategia prevenzione condivisaRoma, 28 mar. (askanews) – “Un importante passo in avanti verso l’adozione di una strategia preventiva efficace contro il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), principale causa di ospedalizzazione nei bambini sotto l’anno di vita, che tiene conto delle nuove soluzioni di prevenzione disponibili”, dichiara Antonio D’Avino, Presidente Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), a commento della circolare diramata alle Regioni dalla Direzione generale della Prevenzione del Ministero della Salute con le “Misure di prevenzione e immunizzazione contro il virus respiratorio sinciziale”.


Come riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevenzione del VRS rappresenta una priorità di sanità pubblica, essendo il virus la principale causa di ricovero e responsabile di infezioni alle basse vie aeree, come bronchioliti e broncospasmo, per neonati e bambini entro il primo anno di vita. Il picco di incidenza del VRS avviene nel periodo invernale, contemporaneamente ad altre malattie respiratorie, determinando un sovraccarico assistenziale con migliaia di accessi negli ambulatori del pediatra di famiglia e nei Pronto Soccorso, e ricoveri in ospedale e in terapia intensiva per le forme più gravi. “Oggi, grazie alla disponibilità di anticorpi monoclonali innovativi indicati per neonati e bambini è possibile prevenire la circolazione del virus e tutelare la salute della popolazione pediatrica che, specialmente nel primo anno di età, è maggiormente esposta ai rischi derivanti dall’infezione”, prosegue D’Avino. “In particolare, l’anticorpo monoclonale Nirsevimab negli studi preregistrativi si è dimostrato sicuro e in grado di ridurre dell’80% le forme più gravi di infezione da VRS. Evidenze confermate anche dai primi dati di utilizzo di Paesi come Spagna, Lussemburgo e Stati Uniti che hanno inserito l’anticorpo monoclonale all’interno dei loro calendari per tutti i lattanti alla loro prima stagione di VRS. Alla stregua di un programma vaccinale, sarebbe opportuno organizzare la somministrazione di tale anticorpo monoclonale direttamente in ambito ospedaliero, prima della dimissione dal reparto di maternità, per tutti i bambini nati nel periodo epidemico, tra ottobre e marzo, mentre i bambini nati nel periodo compreso tra aprile e settembre dovrebbero essere immunizzati nel mese di ottobre dell’anno di nascita, a cura dei servizi territoriali e del proprio Pediatra di Famiglia”.


“L’auspicio è che tutte le Regioni possano recepire in maniera omogenea le indicazioni contenute nella circolare ministeriale e rendere disponibili le nuove soluzioni per consentire l’attuazione di strategie preventive adeguate a tutelare la salute dei più piccoli e a ridurre i carichi assistenziali causati dalle infezioni da VRS sul territorio e negli ospedali. I Pediatri di Famiglia della FIMP si rendono disponibili a essere parte attiva di questa strategia, consapevoli di essere per i genitori un punto di riferimento certo per gli interventi assistenziali in materia di prevenzione. Il rapporto fiduciario che ci lega alle famiglie rappresenta il migliore antidoto contro la disinformazione contribuendo, insieme al counseling, alla scelta consapevole di prevenzione della patologia da VRS”, conclude il Presidente nazionale FIMP.

Al Gemelli un ambulatorio per vaccinare i “fragili”

Al Gemelli un ambulatorio per vaccinare i “fragili”Roma, 26 mar. (askanews) – Le persone fragili sono sempre più numerose, non solo per ragioni demografiche (gli ultra-65 enni in Italia sono ormai un quarto della popolazione), ma anche per la presenza di una serie di patologie (dai tumori, al diabete) che rendono questi pazienti più esposti a complicanze di ogni tipo. Comprese quelle infettive, molte delle quali sono prevenibili con i vaccini. Ma per proteggere al meglio questa popolazione di anziani e fragili bisogna essere proattivi. È questa la filosofia alla base del Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2023-2025 che promuove una diffusa capillarità dei punti vaccinali e una maggiore proattività nel raggiungere gruppi di popolazione ad alto rischio o difficilmente raggiungibili. E gli ospedali potrebbero giocare un ruolo di primo piano nell’individuazione dei ‘fragili’ e nell’offrire loro una serie di vaccinazioni. “Al Gemelli – riflette Patrizia Laurenti, direttore UOC di Igiene Ospedaliera della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e docente di Igiene all’Università Cattolica, campus di Roma – su 90 mila pazienti dimessi l’anno, circa la metà è composta da soggetti potenzialmente fragili (pazienti oncologici, diabetici, immunodepressi, trapiantati). Per tutti loro potrebbe essere programmata una protezione vaccinale per malattie quali influenza, Covid-19, polmonite da pneumococco, herpes zoster e, prossimamente, virus respiratorio sinciziale. Fondamentale l’alleanza con i clinici e gli specialisti che assistono questi pazienti perché ci aiutino a individuare, rispetto al loro percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, il momento migliore per offrire questa copertura vaccinale”. “La possibilità di offrire queste vaccinazioni in un setting ospedaliero – prosegue Laurenti – è davvero un’opportunità grande che dobbiamo cogliere, perché porterebbe vantaggi non solo per i pazienti, ma anche per le strutture ospedaliere, con un efficientamento della loro organizzazione (più rapido turn over dei posti letto) e per l’abbattimento del rischio di ri-ospedalizzazione per complicanze legate alle malattie infettive prevenibili da vaccino. Vantaggi che si estendono all’intera società e al contrasto dell’antibiotico-resistenza”.


Un anno fa, l’Osservatorio Italiano Prevenzione, lanciava il programma nazionale Ospivax. “Anche sulla base di quanto previsto dal nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale che stimola a valorizzare per le vaccinazioni dei setting alternativi (Medico di Medicina Generale, farmacie) ai centri vaccinali del territorio – spiega la professoressa Laurenti – il programma Ospivax invita a vaccinare in ospedale non solo i pazienti fragili e vulnerabili, ma anche gli operatori sanitari e i loro caregiver, secondo la strategia ‘cocoon’ (proteggo il caregiver e il familiare di un paziente fragile, per proteggere meglio il paziente). L’obiettivo insomma, come ospedale, è quello di mettersi al servizio della prevenzione perché abbiamo una grande opportunità di intercettare i fragili, che così possono approfittare di un’offerta vaccinale attiva, in integrazione con il territorio. I criteri di attribuzione dei ‘bollini’ Ospivax sono molto rigorosi, ma come Gemelli riteniamo di avere tutte le carte in regola per ottenere il bollino ed essere tra i primissimi a livello nazionale”. Un altro punto cruciale è come individuare i ‘fragili’. Sarà un algoritmo di intelligenza artificiale messo a punto dall’ICT del Gemelli (dottor Emilio Meneschincheri e dottor Tonino Marchetti) e applicato ai registri sanitari elettronici dell’ospedale, a individuare i soggetti più a rischio di ‘fragilità’. “Questi verranno ricontattati – anticipa la professoressa Laurenti – per un’offerta attiva di vaccinazione da erogarsi presso il nostro ambulatorio vaccinale ospedaliero (presso la sala prelievi del secondo piano, una volta a settimana) o presso i centri vaccinali di riferimento della ASL Roma 1 che collabora al Progetto. Questa attività rientra nel Work Package 3 CareVax, parte del progetto nazionale multi-stakeholder DARE (DigitAl lifelong pRevEntion), i cui referenti per Fondazione Policlinico Gemelli sono la professoressa Stefania Boccia e la dottoressa Roberta Pastorino. La fase pilota del progetto, che partirà il prossimo aprile e durerà 6 mesi, coinvolgerà i pazienti del Centro Malattie Apparato Digerente (CEMAD) e gli emodializzati. Il nostro obiettivo è di trasformarla in un’attività strutturata, a beneficio di tutti i pazienti del Gemelli”.

Alle Terme di Chianciano riaprono le cure termali stagionali

Alle Terme di Chianciano riaprono le cure termali stagionaliRoma, 24 mar. (askanews) – Il 28 marzo riaprono le quattro cure termali stagionali, convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale presso l’Institute for health di Terme di Chianciano, il Centro avanzato e integrato di medicina preventiva di Terme di Chianciano, con un focus particolare sulla prevenzione delle malattie croniche del fegato, dell’apparato digerente, del cuore e dell’apparato cardiovascolare, del diabete e della sindrome metabolica.


Le Terme di Chianciano, uno dei poli termali più conosciuti della Toscana, tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia, patrimonio dell’UNESCO, procedono rapidamente verso una riqualificazione strutturale e concettuale di rilievo, in cui l’intramontabile cura attraverso le acque si integra con la prevenzione e le cure naturali, per un’offerta diagnostico-terapeutica completa, mai vista prima sul territorio. Infatti, coloro che cercano soluzioni di salute e benessere, trovano nell’Institute for health di Terme di Chianciano un vero e proprio centro di medicina integrata, rivolto alla diagnosi e alla cura delle patologie più diffuse, nel contesto di uno storico centro termale, con una confortevole Palestra della Salute interna. Dal 28 marzo sarà quindi possibile eseguire la propria cura termale, pagando il solo ticket di 55 euro (ad eccezione degli aventi diritto all’esenzione). Il ciclo comprende la visita medico termale iniziale e 12 giorni di cura, da prenotare in modo consecutivo, potendo personalizzare, tuttavia, la frequenza delle sedute in casi particolari. Le cure termali tradizionali presso le Terme di Chianciano appartengono a quattro branche. In caso di dispepsia o sindrome del colon irritabile con stipsi è consigliato il ciclo di cura idropinica, associandolo alla fangatura epatica e al bagno termale per un effetto depurativo su tutto il tratto gastro-intestinale. Se il problema è di tipo muscolo-scheletrico, con dolore cronico da artrosi, fibromialgia o esisti da reumatismi acuti, la prescrizione è per fango e bagno termale, a cui viene eventualmente aggiunta l’idrozonoterapia su consiglio del medico termale. Se l’affezione è delle vie aeree superiori, come sinusite cronica o rinite, sono consigliate le cure inalatorie. In caso di insufficienza venosa degli arti inferiori, si eseguono i bagni carbogassosi con idromassaggio per un effetto gambe leggere piuttosto rapido. Le cure termali convenzionate con il SSN devono essere prescritte dal proprio medico di famiglia o dallo specialista convenzionato, che riporterà su ricettario regionale la dizione corretta della cura consigliata e la relativa diagnosi. In questo modo, il paziente potrà chiamare o contattare via mail le Terme di Chianciano e prenotare la visita medico termale e il proprio ciclo di cura.


Per Terme di Chianciano, le cure termali sono un tassello importantissimo nella visione olistica di approccio multidisciplinare alla salute. Il periodo ideale in cui eseguirle è consigliato dal proprio medico, tuttavia la stagione tra la primavera, l’estate e l’autunno è la migliore per favorire coloro che arrivano da lontano per beneficiare ciclicamente delle virtù delle acque termali. Anche i residenti nelle zone limitrofe preferiscono godere degli effetti benefici delle cure, da questo periodo in poi. Inoltre, la riapertura stagionale delle cure termali avviene una settimana dopo la celebrazione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che cade il 22 marzo di ogni anno. La tutela di questo bene universale e indispensabile alla vita è particolarmente sentita dalle Terme di Chianciano che quotidianamente lavorano per valorizzare le proprietà delle acque termali, attraverso le cure e le piscine termali Theia. Con un’attenzione privilegiata verso l’ecosostenibilità e la tutela del territorio le terme si prendono cura del Parco Termale, dove sorge la fonte Acqua Santa e si trova il Salone Sensoriale per percorsi naturopatici olistici.

Cure dentali: risparmi per oltre 9 mld con prevenzione e terapie qualità

Cure dentali: risparmi per oltre 9 mld con prevenzione e terapie qualitàRoma, 23 mar. (askanews) – Una visita di controllo annuale e terapie dentali tempestive e di qualità potrebbero far risparmiare all’Italia oltre 9 miliardi di euro all’anno, quasi quanto costerà il ponte sullo stretto di Messina. Ad evidenziarlo gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) durante il 23° Congresso Nazionale, che si conclude oggi a Rimini, dedicato proprio alla qualità delle terapie in parodontologia e implantologia. Stando infatti a un recente rapporto dell’European Federation of Periodontology in tutto il mondo vengono spesi ogni anno 544 miliardi di dollari in cure per risolvere carie o parodontiti che si sarebbero potute facilmente prevenire. In Italia si stima un costo medio pro capite nel lungo termine di oltre 18.000 euro per la cura di carie o malattie parodontali, evitabili con un’adeguata prevenzione che preveda visite di controllo regolari per consentire terapie precoci. Purtroppo, gli italiani hanno ancora paura del dentista e il 64% lo teme: tra le paure più grandi, il disagio per la postura e i rumori degli strumenti caratteristici dello studio odontoiatrico. Così solo il 28% si controlla regolarmente, mentre il 40% va dal dentista solo quando ha sintomi evidenti.


“La prevenzione è l’arma vincente che abbiamo per ridurre i problemi di salute orale, che oggi riguardano una persona su due nel mondo, un’incidenza molto più alta di tutte le altre comuni malattie non trasmissibili – osserva Francesco Cairo, presidente SIdP e professore di parodontologia all’Università di Firenze -. Due miliardi di persone soffrono di carie, un miliardo di parodontite grave: il documento dell’European Federation of Periodontology, sottolineando che la spesa per le cure odontoiatriche rappresenta circa il 5% di tutti i costi sanitari a livello mondiale, ha perciò invitato a investire di più in prevenzione perché gran parte di queste spese potrebbero essere evitate. Potrebbero essere risparmiati ben 544 miliardi di dollari, per due terzi connessi alle cure e per un terzo dovuti ai costi indiretti delle patologie odontoiatriche, ma soprattutto la perdita di denti provocata da carie e parodontite è del tutto evitabile per la maggior parte delle persone”. Il documento dell’European Federation of Periodontology ha stimato i costi a lungo termine direttamente associati alla terapia di carie e malattia parodontale in persone dai 6 ai 65 anni in Brasile, Francia, Italia, Germania, Indonesia e Gran Bretagna. Il dato è ovviamente condizionato dalla numerosità della popolazione e va dai 9 miliardi in Italia, ai 35 miliardi in Brasile. Il più alto costo per le singole persone è stimato in Gran Bretagna con 22 mila euro a cittadino e il più basso in Indonesia con 6.000 euro. Nel nostro Paese tali costi superano i 18.000 euro a persona, ma con differenze sostanziali fra chi ha un alto o un basso reddito. “Per i primi la spesa è circa la metà rispetto ai secondi, perché una condizione socioeconomica più elevata si associa a migliori possibilità di accesso alle cure, a un’alimentazione di maggior qualità, a strumenti culturali più adeguati per conoscere e aderire alle strategie di prevenzione – specifica Cairo -. Questo significa che è necessario oltre che doveroso ridurre le disuguaglianze, per favorire l’accesso a controlli e diagnosi precoci in tutti gli strati della società”.


“Dobbiamo tuttora combattere la paura del dentista, che secondo una recente indagine è ancora ben radicata nel 64% degli italiani” – continua Cairo. Il sondaggio, condotto da Curasept ed Edra, ha evidenziato che tanti (49%) hanno più paura di sedersi sulla poltrona del dentista che di bisturi e siringhe (29%) o di togliere un neo (15%): la maggioranza teme il dolore, ma contribuiscono al disagio anche la postura scomoda, che costringe a stare a bocca aperta e immobili, i rumori caratteristici degli strumenti come il trapano o l’aspiratore, la condizione di passività e l’impossibilità di parlare per comunicare il fastidio. “La conseguenza è che le terapie necessarie diventano più impegnative, sia in termini di spesa sia soprattutto a livello clinico – riprende Cairo -. L’indagine d’altro canto ha sottolineato che accanto alla paura c’è anche una diffusa fiducia nei professionisti: il 30% degli italiani ne apprezza la preparazione e il calore umano, che aiutano ad affrontare con maggior serenità la seduta. È perciò fondamentale diffondere sempre di più la cultura della prevenzione e l’importanza di cure di qualità, per far sì che sempre più persone possano mantenere il loro sorriso senza dover spendere una fortuna”.

Tempi vestizione sono parte orario lavoro: risarcimento per infermieri

Tempi vestizione sono parte orario lavoro: risarcimento per infermieriRoma, 22 mar. (askanews) – Il 19 marzo scorso dal Tribunale di Avellino è arrivata la sentenza di primo grado che condanna l’Azienda Ospedaliera Moscati al pagamento di oltre 300mila euro di risarcimento per 68 infermieri. Il Nursind, assistito dall’avvocato Domenico De Angelis, uno dei legali più esperti in Diritto del lavoro, ha vinto infatti la causa per i tempi di vestizione e per i passaggi di consegne. “Un’altra vittoria per gli infermieri e per il sindacato: il tempo per indossare la divisa prima dell’inizio del turno, come abbiamo sempre sostenuto, va compreso nell’orario di lavoro e, quindi, retribuito – commenta Romina Iannuzzi, segretario territoriale Nursind Avellino e membro della direzione nazionale -. È dal 2015 che non solo portiamo avanti questa battaglia di civiltà nelle aziende sanitarie italiane, ma incassiamo anche risultati a favore dei lavoratori. Al punto da poter dire che su questo principio la nostra sigla ha fatto giurisprudenza”.


Ai 68 infermieri spetterà nel dettaglio una somma di circa 4.500 euro ciascuno, oltre naturalmente alla soddisfazione di vedersi riconosciuto un diritto a lungo calpestato. È proprio su questo aspetto che si sofferma il segretario nazionale Nursind, Andrea Bottega, commentando la sentenza: “È sempre bello quando a trionfare sono i diritti. A maggior ragione, come nel caso dei tempi di vestizione, se parte integrante del contratto, che il datore deve rispettare. Dell’intera vicenda, infatti, l’aspetto spiacevole è quello di essere costretti ad aprire contenziosi legali per poter dare agli infermieri, categoria tra le meno pagate d’Europa, la sacrosanta retribuzione che spetta loro”.

Cardiologi Anmco: controllo colesterolo per prevenzione cardiovascolare

Cardiologi Anmco: controllo colesterolo per prevenzione cardiovascolareRoma, 21 mar. (askanews) – In Italia ogni anno 230.000 persone muoiono a causa di malattie cardiovascolari, e circa 47.000 decessi sono attribuibili al mancato controllo del colesterolo. Una condizione che non riguarda esclusivamente la fascia di età più elevata poiché le stime epidemiologiche mostrano che la malattia si manifesta nel 73% nel sesso maschile e nel 43% di quello femminile già in età giovanile e nella mezza età. Il colesterolo rappresenta infatti uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, causando per il Sistema Sanitario Nazionale un impatto clinico, organizzativo ed economico enorme. Ciò nonostante secondo le più recenti Linee Guida internazionali, su oltre 1 milione di pazienti a più alto rischio l’80% non raggiunge il target indicato. Il controllo del colesterolo, causa di sviluppo e crescita delle placche, è uno dei principali obiettivi della terapia mirata alla prevenzione cardiovascolare. Lipids in Rome, evento organizzato dall’ANMCO – Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, nella sua seconda edizione riunisce a Roma esperti provenienti da tutta Italia per discutere, condividere, e confrontarsi sulle principali novità in merito a quella che è una vecchia sfida per la quale sono però disponibili nuove soluzioni. L’evento Nazionale si svolgerà il 22 e 23 Marzo presso il Centro Congressi Auditorium Aurelia in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi e con il patrocinio della più importante società scientifica cardiologica statunitense, l’American College of Cardiology. Fabrizio Oliva – Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano – dichiara: “Nel corso dell’incontro l’attenzione verrà focalizzata sulla necessità di un trattamento precoce soprattutto dopo eventi acuti come l’infarto del miocardio. La comunità scientifica internazionale è infatti unanimemente concorde sul beneficio che può apportare l’impiego di farmaci ad alta efficacia somministrati quanto prima possibile in modo da evitare che i pazienti siano esposti ai rischi dovuti a livelli di colesterolo elevato. Negli ultimi anni grazie a studi osservazionali su larga scala che hanno incluso centinaia di migliaia di persone è stato dimostrato che quanto più a lungo gli individui sono esposti a livelli elevati di colesterolo tanto maggiore è il rischio di sviluppo e crescita delle placche aterosclerotiche con conseguente rischio di manifestazioni acute quali l’infarto. Per tale motivo le più recenti raccomandazioni formulate dagli esperti di tutto il mondo indicano l’importanza di utilizzare, dopo un evento acuto, non solo farmaci ad alta efficacia ma fin da subito una combinazione farmaci, se necessario includendo farmaci più innovativi come l’acido bempedoico o gli inibitori di PCSK9, cosi’ da aumentare la probabilità di successo della terapia e anche l’aderenza al trattamento ovvero il prosieguo nel tempo della terapia prescritta. Allo stesso modo quando gli elevati livelli di colesterolo sono conseguenza di malattie genetiche, e quindi presenti fin dalla più giovane età, per evitare i danni correlati alla persistente esposizione al colesterolo per numerosi anni, ovvero evitare lo sviluppo e la crescita delle placche, è necessario mettere in pratica un approccio simile, cioè, utilizzare subito farmaci potenti ed in combinazione cosi’ da favorire il mantenimento della terapia nel lungo tempo”. Furio Colivicchi – Past President ANMCO e Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma – sottolinea: “I due giorni di lavori sono l’occasione per discutere anche delle crescenti evidenze sulle novità all’orizzonte in termini di possibilità di ridurre il rischio cardiovascolare attraverso farmaci, come le piccole molecole di RNA (siRNA) o gli oligonucleotidi antisenso (OSA), in grado di modulare l’espressione di proteine che giocano un ruolo nel metabolismo dei grassi circolanti, con molecole che agiscono in maniera selettiva a livello del fegato. Questo tipo di trattamento ha il vantaggio di avere una lunga durata d’azione, quindi non richiedere una somministrazione quotidiana del farmaco e garantire in tal modo una maggiore aderenza alla terapia. Da circa un anno è a disposizione l’inclisiran, un farmaco che permette di ridurre il colesterolo cattivo in circolo attraverso iniezioni sottocutanee praticate due volte l’anno. Questo grazie al suo meccanismo d’azione del tutto innovativo ovvero riducendo l’espressione di una proteina che interferisce con la captazione del colesterolo plasmatico da parte delle cellule del fegato. La ricerca scientifica, sfruttando un meccanismo d’azione simile, ovvero di modulazione dell’espressione di proteine, sta sviluppando nuovi farmaci rivolti verso altri fattori che aumentano il rischio cardiovascolare e che possono essere responsabili di eventi acuti proprio come il classico colesterolo cattivo. Uno degli obiettivi dei farmaci in via di sviluppo è ad esempio la lipoproteina(a) che, quando è elevata, anche se si interviene efficacemente sul colesterolo cattivo in circolo, può favorire eventi acuti e potenzialmente invalidanti come l’infarto e l’ictus, ma anche la malattia di valvole cardiache come la stenosi valvolare aortica calcifica”. “Globalmente anche l’edizione 20224 di Lipids in Rome 2024 – conclude Colivicchi – sarà un’eccellente opportunità di aggiornamento in campo di gestione delle malattie cardiovascolari associate agli elevati livelli di colesterolo e altri lipidi nel circolo sanguigno, con uno sguardo alle promettenti ed innovative opzioni terapeutiche attese per il prossimo futuro”.

Diabete di tipo 1 e celiachia: al via in Italia gli screening pediatrici

Diabete di tipo 1 e celiachia: al via in Italia gli screening pediatriciRoma, 21 mar. (askanews) – Prende il via con un progetto pilota che coinvolgerà 4 Regioni il primo programma in Italia di screening per il diabete di tipo 1 e per la celiachia che mira a identificare, nella popolazione pediatrica sana, le persone a rischio di sviluppare una o entrambe queste malattie, in modo da poter offrire loro un trattamento precoce. Il progetto, reso possibile dalla legge 15 settembre 2023, n. 130, è stato presentato oggi durante un convegno nella sede dell’Iss, a cui hanno partecipato il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, il presidente della commissione Affari Sociali della Camera Ugo Cappellacci e il presidente dell’Iss Rocco Bellantone. L’iniziativa, è emerso durante il convegno, è la prima al mondo che prevede uno screening regolato da una legge dello Stato, come sottolineato anche da un recente articolo pubblicato dalla rivista Science e da un commento su Lancet.


“Oggi tagliamo un traguardo straordinario – ha affermato Mulè, il principale promotore della legge -. Dobbiamo fare ancora più in fretta perché, pochi giorni fa, un bambino di 6 anni è morto per chetoacidosi e il suo caso si aggiunge agli altri martiri del diabete di tipo 1. Oggi abbiamo l’ambizione di dare giustizia a chi non c’è più. La legge 130 guarda al futuro: abbiamo avuto la consapevolezza di dover intervenire e ce l’abbiamo fatta tutti insieme con il risultato di essere riusciti ad alzare una bandiera di cui dobbiamo essere fieri. L’Italia è il primo paese al mondo che introduce lo screening su tutta la popolazione pediatrica per rilevare gli anticorpi di diabete di tipo1 e celiachia. La comunità scientifica internazionale ce lo riconosce e gli articoli sulle riviste più prestigiose, come Lancet e Science, lo hanno certificato. Un ringraziamento di cuore al Parlamento che ha votato all’unanimità la legge, ai clinici, agli scienziati, all’Istituto superiore di sanità e alle associazioni dei pazienti di diabete e celiachia. È la vittoria di tutti loro”. “Nella Commissione che presiedo – ha commentato Cappellacci – è più facile trovare buona politica, è più facile trovare le ragioni che uniscono rispetto a quelle che dividono, tant’è vero che stiamo per avviate un altro percorso simile a questo sulle patologie renali. La salute si può perseguire attraverso la prevenzione e la diagnosi precoce: quando evitiamo situazioni tristi, quando miglioriamo la vita dei pazienti, quando facciamo risparmiare il Servizio Sanitario Nazionale vale sempre la pena di fare il massimo sforzo”. Il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno siglato una convenzione per la realizzazione di un progetto propedeutico al programma di screening che ha lo scopo di evidenziare la sostenibilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, le potenzialità, le criticità organizzative e i costi-benefici di uno screening su scala nazionale per le due patologie.  Questa fase pilota sarà condotta in 4 regioni: Lombardia, Marche, Campania e Sardegna, in cui i Pediatri di Libera Scelta (PLS) che aderiscono allo studio recluteranno su base volontaria bambini di 2, 6 e 10 anni. Verranno misurati gli auto-anticorpi relativi al diabete tipo 1 e celiachia e valutata la presenza di due varianti genetiche che si associano a queste patologie. Per il progetto la legge prevede la spesa di 3,85 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e di 2,85 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026. I risultati verranno raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità e valutati da un Osservatorio, istituito sempre dalla legge presso il ministero della Salute. Il vantaggio di attuare lo screening per DT1 e celiachia nella popolazione pediatrica deriva dalla possibilità di identificare i bambini a rischio o di diagnosticare precocemente i bambini che sono affetti da queste patologie. Le ricerche scientifiche condotte in tutto il mondo dimostrano, infatti, che diagnosi e interventi tempestivi riducono fortemente sia i rischi acuti che le conseguenze a lungo termine di queste malattie nelle persone che ne sono affette. Nei casi di diabete tipo 1 ancora troppo spesso la diagnosi avviene per un esordio acuto di chetoacidosi, uno squilibrio metabolico grave che richiede il rapido ricovero del paziente in Pronto Soccorso e che può lasciare danni permanenti o anche mettere in pericolo la vita del bambino. Nei casi di celiachia, l’identificazione precoce è utile, non solo per la cura dei sintomi direttamente collegati alla celiachia, ma soprattutto per la prevenzione delle complicanze a lungo termine che possono insorgere nei casi non riconosciuti.


“Di solito si usa l’espressione ‘tempesta perfetta’, ma forse è più adatto dire che oggi è l”arcobaleno perfetto’, dove si uniscono la Politica con la P maiuscola e la Tecnica con la T maiuscola – ha commentato Bellantone -. Con questo progetto si affrontano due malattie che hanno un impatto sulla vita delle persone e sul sistema sanitario più importante di quanto si pensi”.

Tubercolosi, Girardi (Spallanzani): problema globale ma eliminarla si può

Tubercolosi, Girardi (Spallanzani): problema globale ma eliminarla si puòRoma, 21 mar. (askanews) – “La tubercolosi resta tutt’oggi un problema sanitario globale di enormi proporzioni. Molti dei successi che erano stati ottenuti negli anni precedenti la pandemia di Covid si sono attenuati a causa dell’impatto che questa ha avuto sui sistemi sanitari. Ora è il momento di riprendere la strada verso l’eliminazione della tubercolosi”. Così il Direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” IRCCS, Enrico Girardi, in un video pubblicato in vista della Giornata mondiale contro la Tubercolosi in programma il 24 marzo 2024. “In Paesi come l’Italia – prosegue Girardi – eliminare la tubercolosi come problema di sanità pubblica è un obiettivo possibile e che richiede un impegno rinnovato. Il nostro Istituto sta lavorando per contribuire a questo ambizioso obiettivo su diverse linee. In primo luogo: garantire una diagnosi rapida e un trattamento adeguato per le persone con tubercolosi. In secondo luogo: garantire alle persone che hanno avuto un’esposizione o sono a rischio di tubercolosi interventi per evitare che l’infezione progredisca verso la malattia. E infine, contribuire a sviluppare con la ricerca nuovi strumenti per il controllo della tubercolosi per una migliore diagnosi, per una migliore terapia, per un miglior esito per i pazienti. I pazienti sono una componente fondamentale del nostro impegno per questa malattia e desideriamo coinvolgerli sempre di più nella nostra attività per contrastare la tubercolosi”.