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Volo salvavita dell’Aeronautica Militare per un bimbo di 10 anni

Volo salvavita dell’Aeronautica Militare per un bimbo di 10 anniMilano, 6 feb. (askanews) – Un bambino di 10 anni, in imminente pericolo di vita, è stato trasportato da Lecce a Firenze nel primo pomeriggio di martedì 6 febbraio, con un aereo Falcon 50 dell’Aeronautica Militare, in dotazione al 31esimo Stormo con sede sull’aeroporto di Roma-Ciampino.


Il trasporto sanitario urgente, richiesto dalla Prefettura di Lecce, è stato immediatamente disposto e coordinato dalla Sala Situazioni di Vertice del Comando della Squadra Aerea, la sala operativa dell’Aeronautica Militare che ha, tra i propri compiti, anche quello di attivare e gestire i voli sanitari, attraverso i velivoli e gli equipaggi che la Forza Armata tiene in stato di prontezza, 24 ore su 24, ogni giorno dell’anno per questo genere di necessità. Giunto sull’aeroporto di Lecce-Galatina, l’equipaggio dell’aereo ha imbarcato il piccolo paziente, precedentemente ricoverato presso l’Ospedale pugliese “Vito Fazzi”, assieme a un’equipe medica e al suo papà. Il Falcon 50 è immediatamente decollato alla volta dell’aeroporto di Firenze-Peretola dove, dopo circa un’ora di volo, il bimbo è stato trasferito a bordo di un’ambulanza per raggiungere l’Azienda ospedaliera universitaria Meyer. Il velivolo militare ha fatto quindi rientro sull’aeroporto di Ciampino per riprendere il servizio di prontezza operativa.


Quello di oggi è il terzo volo sanitario eseguito in pochissimi giorni a favore di pazienti bisognosi di cure specialistiche urgenti. Venerdì 2 febbraio, infatti, è stato il caso di un uomo di 48 anni trasportato da Lecce verso l’ospedale di Bologna e Lunedi 5 febbraio, invece, quello di un uomo di 61 anni da Reggio Calabria a Bari. Attraverso i suoi Reparti di Volo, l’Aeronautica Militare mette a disposizione mezzi ed equipaggi pronti a decollare in qualunque momento e in grado di operare anche in condizioni meteorologiche difficili per assicurare il trasporto urgente non solo di persone in imminente pericolo di vita, come accaduto oggi, ma anche di organi ed equipe mediche per trapianti. Sono centinaia ogni anno le ore di volo effettuate per questo genere di interventi dagli aerei del 31esimo Stormo di Ciampino, del 14esimo Stormo di Pratica di Mare, della 46esima Brigata Aerea di Pisa e dagli elicotteri del 15esimo Stormo di Cervia.

Tumore alla gola impedisce respiro: bimbo operato alla nascita

Tumore alla gola impedisce respiro: bimbo operato alla nascitaRoma, 6 feb. (askanews) – Un’enorme massa tumorale all’altezza della gola gli avrebbe impedito, alla nascita, di respirare. La vita di un feto di 37 settimane è stata salvata al momento del parto da un intervento unico nel suo genere, eseguito mentre il neonato era ancora connesso alla placenta. Pochi minuti a disposizione dei chirurghi per estrarlo dalla pancia della mamma e collegarlo alla macchina cuore-polmone, prima di recidere il cordone ombelicale e completare il parto cesareo. La procedura salvavita, denominata EXIT-to-ECMO, è stata eseguita all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli da un’équipe multidisciplinare coordinata dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove tre giorni dopo è stata anche rimossa la massa tumorale. A distanza di 4 mesi, il bambino sta bene ed è tornato a casa con la famiglia. Il bimbo nato con la procedura EXIT-to-ECMO aveva sviluppato nella vita intrauterina una massa tumorale benigna ma a crescita ‘tumultuosa’, molto compatta e voluminosa. Il tumore, localizzato sul collo (dal mento alla spalla), era grande quanto la testa del piccolo paziente e aveva ormai inglobato i vasi arteriosi (carotide) e la via respiratoria (trachea). Per queste caratteristiche, la massa avrebbe impedito al bambino di respirare da solo al momento della nascita e avrebbe impedito anche ai medici di procedere con l’intubazione o con la tracheotomia (apertura chirurgica della trachea) per consentire la respirazione, procedure estreme ma “standard” in circostanze simili. Durante la gestazione, la mamma è stata assistita dagli specialisti del Bambino Gesù che hanno seguito l’evoluzione del tumore nel feto e pianificato nel dettaglio il momento del parto preparandosi a tutte le evenienze. La complessità del caso del piccolo paziente ha portato le équipe mediche ad attivare – primo caso noto in Italia – la procedura EXIT-to-ECMO (EXIT finalizzata all’ECMO) che ha permesso al neonato non solo di sopravvivere ma anche di preservare la normale funzione del cervello, messa a rischio dall’impossibilità di respirare. Il parto in EXIT (EX-utero Intrapartum Therapy) consiste nell’estrarre parzialmente il feto dalla pancia della mamma, tramite taglio cesareo, mantenendolo connesso a cordone ombelicale e placenta che continuano, così, ad assicurare la circolazione e l’ossigenazione del sangue del bambino. Questa procedura concede ai chirurghi un breve intervallo di tempo (circa 40-50 minuti), prima di dover completare il parto con il clampaggio del cordone ombelicale, durante il quale si possono eseguire manovre come l’intubazione o la tracheotomia per supportare la funzione respiratoria del bambino.


Nel caso specifico, considerati volume e consistenza del tumore che impedivano il rapido accesso alle vie aeree con le tecniche ‘convenzionali’, l’unica possibilità per il piccolo era la circolazione extracorporea (ECMO – Extra Corporeal Membrane Oxigenation). Il posizionamento della macchina cuore-polmone che sostituisce, dall’esterno, la funzione respiratoria e cardiaca, è una manovra chirurgica molto delicata e complessa, ancor più in contesti di emergenza: in tempi brevissimi, prevede l’apertura del torace del bambino (in questo caso ‘in EXIT’, ovvero non del tutto nato) e l’inserimento all’interno dei grossi vasi sanguigni vicino al cuore di due cannule collegate al macchinario. Dopo aver avviato la circolazione extracorporea, il parto cesareo è stato portato a termine. A poche ore dalla nascita – sempre con il supporto dell’ECMO – il bimbo è stato trasferito all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per la preparazione all’intervento di rimozione del tumore. L’operazione, durata circa 7 ore, è stata eseguita 3 giorni dopo il parto da un’équipe multidisciplinare composta da chirurghi neonatali, anestesisti, cardiochirurghi, perfusionisti, neurofisiologi, otorinolaringoiatri e infermieri del Bambino Gesù. Nelle settimane successive il piccolo è stato assistito in ospedale per il recupero post intervento e per le cure oncologiche. Dopo 4 mesi di ricovero, è tornato finalmente a casa per trascorrere il suo primo Natale con la famiglia.

Diventare genitori con malattia genetica rara: parte ciclo incontri

Diventare genitori con malattia genetica rara: parte ciclo incontriRoma, 6 feb. (askanews) – Un ciclo di incontri per rispondere alle domande più comuni delle coppie affette o portatrici di una malattia genetica che potrebbe essere trasmessa ai propri figli e che è possibile intercettare e prevenire attraverso la procreazione medicalmente assistita (PMA): è l’iniziativa al via il 10 febbraio 2024 con il primo evento all’hotel Royal Santina di Roma (seguiranno incontri a Napoli ad aprile e a Padova a ottobre), focalizzato sulla patologia del rene policistico. Gli incontri sono organizzati dal Centro Demetra – Centro di medicina riproduttiva nel campo della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) con sede a Firenze, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, – in sinergia con le associazioni di pazienti. La legge 40/2004, come noto, non permetteva alle coppie senza problemi di infertilità, affette però da una malattia genetica ereditabile dalla prole, di accedere alle tecniche di PMA. La Corte costituzionale ha però giudicato illegittimo questo divieto, aprendo a questa possibilità già da alcuni anni. “In particolare, attraverso il test genetico pre-impianto – afferma Claudia Livi, direttore clinico del centro Demetra di Firenze – è oggi possibile andare a studiare l’assetto cromosomico e genetico degli embrioni ottenuti in vitro, per selezionare e andare a trasferire nell’utero materno solo quelli non affetti, scongiurando il rischio di trasmissione della malattia che, per molte di queste coppie, è molto alto. Sappiamo però che l’informazione su questi temi è ancora scarsa e che le coppie si devono orientare attraverso il passaparola e internet. Abbiamo deciso di invitarle a questi incontri per rispondere a tutte le loro domande e ai loro dubbi, illustrando nel dettaglio cosa la scienza oggi ci consente di fare per avere un figlio non affetto dalla malattia”. Il progetto “Diagnosi preimpianto: viaggio nelle malattie rare”, dopo i primi incontri con l’Associazione Famiglie SMA e l’Associazione X-fragile, prosegue il suo viaggio con l’Associazione Italiana Rene Policistico ETS (AIRP) nella data romana, per un confronto aperto tra esperti e pazienti, cui parteciperanno, oltre a ginecologi esperti di PMA, i genetisti Daniela Zuccarello della AOU di Padova e Antonio Capalbo di Juno Genetics. Ad aprile si parlerà poi di sindrome di Duchenne a Napoli e ad ottobre di malattia di Huntington a Padova. “La patologia del rene policistico – spiega la presidente AIRP, Luisa Sternfeld Pavia – è una delle malattie genetiche più comuni con un’incidenza di 1 su 1000 ed è la principale causa genetica di insufficienza renale dell’adulto. La caratteristica principale di questa malattia è il formarsi di cisti in entrambi i reni. Le cisti aumentano in numero e dimensioni durante la vita di un individuo fino a causare la perdita totale di funzionalità renale nella metà dei pazienti. La malattia è tuttavia sistemica perché altri organi oltre al rene possono essere colpiti. Per tutti questi motivi, è grande la paura dei pazienti di poter trasmettere la patologia ai loro figli. Spiegare loro le possibilità che ci sono fa parte della nostra mission volta a migliorare la loro qualità di vita: e avere un figlio sano di certo è uno dei modi migliori per essere felici, pur essendo affetti da una malattia impegnativa”.


I presenti potranno porre domande sul tema, a cui gli esperti presenti risponderanno, anche avvalendosi di piccoli video esplicativi. È gradita l’iscrizione alla mail convegni@centrodemetra.com. Inoltre, a partire dai giorni precedenti e anche durante l’incontro, si potranno porre domande scrivendo alla stessa mail. Le risposte saranno discusse nel corso dell’incontro.

Neuropsichiatri Sinpia: 12% ragazzi a rischio dipendenza da videogiochi

Neuropsichiatri Sinpia: 12% ragazzi a rischio dipendenza da videogiochiRoma, 5 feb. (askanews) – Ore e ore trascorse su internet, sempre con il cellulare in mano. Quando video o giochi diventano ossessione, c’è da preoccuparsi. Tanto più se riguarda i ragazzi. Sempre più spesso, infatti, si sente parlare di Internet Gaming disorder ovvero una dipendenza patologica da internet che siano giochi, video o social network, tanto che nel 2019, nel corso della 72a World Health Assembly tenutasi a Ginevra per aggiornare l’undicesima versione dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-11), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito ufficialmente il Gaming Disorder – GD all’interno della sezione inerente ai disturbi del comportamento relativi alle dipendenze. In occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete (Safer Internet Day), 6 febbraio 2024, istituita e promossa dalla Commissione Europea, la SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, sottolinea l’importanza dell’uso consapevole di Internet da parte di bambini e adolescenti e del ruolo attivo e responsabile dei genitori.


Secondo i dati di un recente studio sulle “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, realizzato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che nella popolazione scolastica tra 11 e 17 anni il rischio di disturbo da uso di videogiochi vede coinvolto ben il 12% degli studenti (circa 480.000 studenti italiani). Il genere maschile è più colpito, con il 18% negli studenti delle secondarie di primo grado e il 13,8% negli studenti delle superiori; contro il 10,8% nelle scuole medie e il 5,5% nelle scuole superiori per le femmine. Rispetto all’età, la percentuale di rischio maggiore si rileva nelle scuole medie con il 14,3% dei ragazzi a rischio, mentre il dato scende al 10,2% alle superiori. Nell’era digitale in cui viviamo i videogiochi sono diventati una forma di intrattenimento sempre più diffusa, sia per i bambini e i ragazzi, che per gli adulti. “E’ importante non demonizzarli – sottolinea Elisa Fazzi, Presidente SINPIA, Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia – poiché i videogiochi possono anche offrire opportunità uniche per l’apprendimento e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti, per favorire le abilità cognitive e sociali, offrendo occasioni di divertimento e la possibilità di creare scenari ricchi di fantasia. Allo stesso tempo è necessario essere consapevoli che un uso eccessivo o inappropriato dei videogiochi può avere un impatto negativo sulla salute mentale e sul benessere dei ragazzi, specialmente dei più piccoli. Per tale motivo, i genitori e gli adulti di riferimento hanno un ruolo cruciale nel garantire che i bambini e gli adolescenti mantengano un equilibrio sano tra gioco e altre attività importanti, come lo studio, l’interazione sociale e l’esercizio fisico”. Le famiglie possono aiutare a identificare giochi appropriati in base all’età e a promuovere un utilizzo mirato per scopi educativi. Inoltre, il videogioco può incoraggiare l’interazione tra genitori e figli, consentendo di trasformare l’esperienza videoludica in un momento di apprendimento condiviso e di dialogo aperto. Peggioramento nello studio e isolamento sociale possono rappresentare campanelli d’allarme per un genitore: “Allo stato attuale – interviene Stefano Berloffa, Neuropsichiatria Infantile, IRCCS Stella Maris Calambrone Pisa- l’Internet Gaming Disorder è oggetto di discussione da parte di clinici e ricercatori in quanto le evidenze scientifiche mostrano come la dipendenza da videogiochi si possa presentare in associazione a diversi disturbi psichiatrici. Numerosi studi hanno evidenziato come l’utilizzo eccessivo di videogiochi in adolescenti o pre adolescenti, possa avere un impatto negativo soprattutto determinando disimpegno cognitivo con peggiori risultati scolastici e, più in generale, nel funzionamento sociale”.


Quando si parla di Internet e videogiochi è difficile individuare un approccio giusto o sbagliato in termini assoluti, è necessario saper valutare i differenti aspetti che entrano in gioco, le diverse età, e l’impatto dei diversi contesti in cui bambini e soprattutto ragazzi si trovano ad avere a che fare con la tecnologia nelle loro giornate. Le regole devono poter essere condivise e chiare, ma allo stesso tempo flessibili per rimodularsi progressivamente con la crescita, per questo i genitori e gli adulti di riferimento svolgono un ruolo cruciale. “In questo scenario – precisa Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – la costruzione di un accordo condiviso con i figli sul tempo che si può trascorrere con i videogiochi e sugli schermi o l’evitarne l’uso durante i pasti (anche da parte dei genitori stessi) è solo una parte, così come evitare l’uso nell’ora prima di dormire, perché l’esposizione alla luce blu emessa dagli schermi dei dispositivi può influenzare negativamente il riposo notturno, sopprimendo la produzione di melatonina. Ancora più importante è imparare insieme, adulti e ragazzi, ad “addomesticare gli schermi” (Marangi 2023) per usarli in modo positivo, che vuol dire essere più consapevoli di come funzionano e conoscere meglio gli usi possibili e i loro aspetti positivi, oltre che negativi”.

Pediatria, giochi nel metaverso contro paura aghi e per ridurre anestetici

Pediatria, giochi nel metaverso contro paura aghi e per ridurre anesteticiRoma, 5 feb. (askanews) – Calmare alieni impazziti nel metaverso o combattere cellule nemiche che si aggirano nel corpo umano puntandoli con lo sguardo attraverso un visore di realtà virtuale e dimenticando così di essere in una sala operatoria per il posizionamento di un accesso venoso. La sperimentazione è in corso all’ospedale Giovanni XXIII di Bari e i risultati sono incoraggianti. “Abbiamo verificato che questa modalità aiuta i bambini a vincere la paura degli aghi, a gestire meglio l’ansia di un intervento e ci permette anche di evitare o ridurre l’impiego di farmaci per sedare o addormentare i piccoli pazienti”, spiega Maria Luigia Lasorella, dirigente medico in anestesia e rianimazione al Giovanni XXIII. Nel sistema in corso di sperimentazione a Bari ci sono due modalità disponibili per evitare la sedazione profonda, necessaria durante interventi di accesso vascolare, che per i bambini possono risultare lunghi e dolorosi. Un programma che attraverso esercizi guidati di respirazione produce una sorta di ipnosi clinica e una modalità di gioco che distrae il bambino permettendo agli anestesisti di operare. “Abbiamo addormentato un bambino autistico che quando si è svegliato nella sua stanza voleva finire il gioco – racconta la dottoressa Lasorella – in un altro caso siamo riusciti a ridurre di un terzo l’impiego di farmaci sedativi per condurre un piccolo intervento evitando la sedazione profonda”. “Stiamo riscontrando dei benefici in linea con quella che è la letteratura nell’uso della realtà virtuale in preparazione di un intervento chirurgico nei pazienti adulti. La distrazione nel paziente pediatrico è d’ausilio nel ridurre l’ansia preoperatoria dell’intera famiglia ma richiede personale dedicato e tempi di preparazione che spesso non abbiamo. La realtà virtuale utilizzando programmi di ipnosi clinica e videogiochi è uno strumento rapido che non richiede personale aggiuntivo e consente ai piccoli di scoprire che distraendosi dolori come quello dell’agopuntura sono facilmente superabili giocando”, conclude la dottoressa.

World Cancer Day, al Policlinico Gemelli il cinema che cura

World Cancer Day, al Policlinico Gemelli il cinema che curaRoma, 5 feb. (askanews) – “Insieme contro il cancro”. È questo il titolo dello speciale evento che giovedì 8 febbraio, alle ore 16.00, si svolgerà nella sala MediCinema al Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Nell’occasione, offerta dalla Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day) che si celebra ogni anno il 4 febbraio, saranno proiettate due proposte filmiche realizzate con diverse tecniche narrative, ma entrambe nate come espressione conclusiva di un percorso di sostegno psicologico rivolto a pazienti oncologiche. Si partirà con il docu film “Il Tempo dell’attesa” con la regia di Rolando Ravello, prodotto da MediCinema Italia ETS e Medusa Film con il contributo di Roche Italia, per raccontare un anno di percorso effettuato da MediCinema insieme alla professoressa Daniela Chieffo, responsabile della UOS di Psicologia Clinica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e associato di Psicologia generale all’Università Cattolica, campus di Roma, e alle psicologhe Letizia Lafuenti e Ludovica Mastrilli, per sostenere un gruppo di pazienti in cura presso l’UOC di Ginecologia Oncologica del Gemelli, diretta dal professor Giovanni Scambia, ordinario di ginecologia all’Università Cattolica, campus di Roma. Il film racconta come le sensazioni stimolate dalla visione di diversi film, legate a specifiche tappe psicologiche, rielaborate dopo la proiezione in sedute di psicoterapia di gruppo, hanno consentito a un gruppo di pazienti di riappropriarsi della propria vita, di riallacciare la linea fratturata delle loro esistenze e soprattutto di scoprire dentro di sé una forza inedita, prezioso complemento delle cure oncologiche. I risultati di questo progetto di cineterapia sono stati pubblicati sulla rivista di settore Cancers. Il film con tratto leggero e delicato consente a queste pazienti di raccontarsi come sono, forti e allo stesso tempo fragili guerriere, dimostrando che l’essere ascoltate e la vicinanza di persone care, dà loro la spinta per riappropriarsi nuovamente della vita. La pellicola può inoltre fornire un sostegno anche a tutti i care giver, suggerendo come interagire con questa tipologia di pazienti e offrire loro il giusto supporto. Le pazienti attrici nel film saranno presenti in sala MediCinema.


Seguirà la proiezione del documentario “Da Amazzone ad Afrodite” ideato e realizzato dall’associazione Spazio Supporto Donna APS. Il documentario è l’atto finale del progetto iniziato con un laboratorio per il benessere psicofisico dedicato a donne che hanno affrontato il cancro al seno. Il laboratorio, basato sul Metodo Strasberg dell’Actor’s Studio di New York, ha condotto le donne a riscoprire e a riappropriarsi del proprio corpo, dei propri sensi e delle proprie emozioni, offuscati dalla battaglia contro la malattia e dalle cure per recuperare integrità e forza vitale. Nel documentario le donne raccontano con passione e autenticità la loro malattia e l’esperienza del laboratorio. Che cosa vogliono trasmettere queste voci, questi volti e le loro storie? Una scelta possibile: non abbandonarsi – coraggiose Amazzoni – alle ferite del corpo e dell’anima inflitte dalle battaglie contro la malattia, ma riappropriarsi dei diritti e delle doti di Afrodite: volersi bene, apprezzarsi, prendersi cura dell’anima. Il progetto “Da Amazzone a Afrodite” è stato ideato e realizzato da Silvia Guglielmi, Vice Presidente dell’Associazione, analista transazionale, life & career coach, con Annalisa Salvatore, psicologa e psicoterapeuta, la regia è di Daniele Coccia, filmmaker, story teller e autore di cortometraggi, documentari e spot; tutti loro saranno presenti in sala MediCinema insieme alle pazienti. Spazio Supporto Donna APS, Presidente Graziella Lombi, è un Presidio territoriale di Terapie Oncologiche Integrate e Prevenzione Terziaria con sede in Oriolo Romano (VT) dedicato alle donne che affrontano malattie oncologiche. Diverse attività sono offerte grazie alla disponibilità degli operatori del Servizio di Terapie Integrate del Centro di Senologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in sinergia con la Susan G.Komen Italia.

Il 2024 è l’anno del Wellbeing, le tendenze per le Risorse Umane

Il 2024 è l’anno del Wellbeing, le tendenze per le Risorse UmaneMilano, 3 feb. (askanews) – Il 2024 mette al centro il benessere come fattore fondamentale per la soddisfazione dei dipendenti e, di conseguenza, per il successo aziendale.


Ad affermarlo è Gympass, la piattaforma leader nel settore del corporate wellness, che nella sua seconda ricerca annuale sullo stato del benessere nella vita lavorativa, sottolinea la crescente importanza del wellbeing in tutto il mondo. Basato su un’indagine condotta su un campione di oltre 5.000 dipendenti in nove Paesi, tra cui l’Italia, “Lo stato dell’arte del wellbeing aziendale 2024” si focalizza sul benessere olistico come trend chiave a cui guardare nei prossimi 12 mesi per attrarre e fidelizzare i talenti, massimizzando nel contempo la produttività. I dati parlano chiaro: non può esserci produttività senza wellbeing. I dipendenti di tutto il mondo riconoscono questa correlazione e il ruolo centrale che riveste nelle decisioni in materia di occupazione; non esiste una singola dimensione del benessere che venga considerata estranea alla carriera. Ogni parte della vita non lavorativa è, in realtà, fondamentale per ottenere ottime prestazioni professionali.


Entrando nello specifico dell’analisi del mercato italiano, quello che colpisce di questo studio è l’interesse sempre maggiore da parte dei lavoratori del bel Paese per la propria salute emotiva e il proprio grado di coinvolgimento mentale. Mentre il 98% dei dipendenti afferma che non solo il benessere emotivo ma anche l’interesse nei confronti delle attività svolte influiscono sulla produttività, il 96% degli intervistati si sofferma, invece, su quanto sia determinante l’impatto del benessere fisico sul rendimento aziendale. Il benessere dei dipendenti non è negoziabile per la forza lavoro globale di oggi, e la sua importanza sta crescendo significativamente di anno in anno. Dal report emerge, infatti, che in Italia: il 95% dei lavoratori ritiene che il benessere sul lavoro sia importante quanto il livello salariale. Il 86% dei dipendenti è favorevole all’idea di lasciare un’azienda non attenta al benessere delle persone. Il 63% degli intervistati afferma di usufruire dei benefit per il wellbeing messi a disposizione dal proprio datore di lavoro.


In un mercato del lavoro in cui la stragrande maggioranza dei lavoratori tiene al wellbeing tanto quanto allo stipendio e utilizza il benessere come fattore guida delle proprie decisioni in materia di scelta dell’impiego, le aziende sono chiamate a garantire un benessere olistico in ogni fase del ciclo di vita dei dipendenti. “E questo perché – spiega Claudia Cipolla, Head of Italy Enterprise Business di Gympass Italia – le organizzazioni somigliano sempre più a organismi complessi che prosperano grazie alle relazioni tra i diversi elementi. Ciò che accade alle persone al di fuori dell’azienda condiziona inevitabilmente il benessere all’interno azienda stessa. L’integrazione fra dentro e fuori, è l’unica strada per creare un concetto di ‘benessere vita-lavoro’, in cui le esperienze private e quelle lavorative si amplificano a vicenda. Le aziende che riescono a cogliere questo collegamento – continua Cipolla – hanno l’opportunita? di offrire ai propri dipendenti un’esperienza ottimizzata per il benessere e la produttivita?.” Il 2024 si preannuncia, quindi, un anno molto sfidante per le HR che sono chiamate a garantire un’employee experience quanto mai positiva. La priorità assoluta è migliorare l’esperienza dei dipendenti, concentrandosi su iniziative che ruotino intorno alla centralità del benessere senza dimenticare l’importanza della formazione costante con programmi di apprendimento e sviluppo competenze su misura e il ruolo chiave di modelli organizzativi più flessibili e vicini alle esigenze dei dipendenti. Tutto questo per contribuire a preparare lavoratori più ingaggiati che vivano in uno stato di benessere e quindi siano più propensi a contribuire agli obiettivi di business, spesso anche generando più valore di quello a loro richiesto per ruolo e mansione.

Pediatri e Associazioni pazienti a Schillaci: e-cig rischiose per ragazzi

Pediatri e Associazioni pazienti a Schillaci: e-cig rischiose per ragazziRoma, 1 feb. (askanews) – Il crescente uso di sigarette elettroniche tra i ragazzi e le ragazze già nelle scuole secondarie di primo grado preoccupa i pediatri e alcune associazioni di pazienti che di recente hanno indirizzato una lettera al ministro della Salute Orazio Schillaci sottolineando che “il fenomeno solleva una serie di criticità” e richiede “una risposta da parte delle autorità sanitarie”. Assicurare maggiori controlli nella vendita di dispositivi contenenti tabacco e nicotina ai minori, regolamentare le aromatizzazioni che incentivano il loro utilizzo tra i giovani e mettere in campo campagne di sensibilizzazione sul tema: sono alcune delle richieste contenute nella lettera firmata dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), dalla Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP), da Federasma e Allergie – Federazione Italiana Pazienti OdV e dall’Associazione nazionale pazienti Respiriamo insieme – APS. A motivare la presa di posizione dei pediatri “è l’età sempre più precoce in cui si iniziano a usare questi dispositivi, con il 20% dei ragazzi tra i 13 e 15 anni che usa abitualmente la sigaretta elettronica e il 14% che usa prodotti a tabacco riscaldato. Tra questi fumatori abituali il 51% dichiara di avere voglia di fumare come prima cosa al mattino o che, dopo aver fumato, sente un forte desiderio di fumare nuovamente, segni questi di dipendenza da nicotina. A ciò si aggiungono la scarsa consapevolezza dei rischi per la salute, il marketing occulto e sempre più aggressivo sui social media rivolto agli adolescenti che sta contribuendo alla crescita esponenziale del loro uso e, non da ultimo, il mancato controllo sulle vendite ai minori con il 75% dei ragazzi tra 13 e 15 anni che dichiara di non avere ricevuto un rifiuto dal venditore a causa dell’età”.

“Il mondo delle sigarette elettroniche include una vasta gamma di dispositivi che erogano nicotina, simulando l’esperienza del fumo tradizionale senza la combustione del tabacco. Questi sono disponibili principalmente in due forme: i sistemi “heat-not-burn” (a tabacco riscaldato non bruciato) e le sigarette elettroniche vere e proprie, di cui i modelli “podmod” hanno quasi del tutto sostituito i vecchi sistemi a ricarica “liquida”, indirizzando il mercato verso il consumo “usa e getta. Questi dispositivi e il vapore da essi generato contengono, oltre alla nicotina, anche solventi, aromi e spesso sostanze nocive non dichiarate come dimostrato da studi scientifici sull’argomento”, si legge nella lettera. Dalla dipendenza da nicotina agli effetti irritativi per l’apparato respiratorio, “la Commissione europea su ambiente, salute, rischi ambientali ed emergenti – prosegue la lettera – si è espressa sui rischi per la salute associati all’uso di dispositivi che dispensano nicotina. Oltre alla dipendenza da nicotina sono stati sottolineati anche gli effetti di tipo irritativo a carico del tratto respiratorio anche con sintomi asmatici acuti a causa dell’esposizione ai polioli, aldeidi e nicotina. Poco noti sono gli effetti a lungo termine sul sistema cardiovascolare e respiratorio per l’esposizione a nitrosamine, acetaldeide e formaldeide. È importante anche segnalare, benché rari, gli effetti acuti da intossicazione per l’ingestione accidentale dei liquidi contenuti nei dispositivi da parte dei bambini, a causa di un packaging spesso accattivante e colorato, nonché i danni da ustioni per esplosioni accidentali legati al malfunzionamento dei device o a un loro errato utilizzo”. “Negli adolescenti, inoltre, le sigarette elettroniche predispongono all’uso della sigaretta tradizionale, come dimostra uno studio di meta-analisi che riassume dati europei e nord-americani”, sottolineano gli esperti. Le proposte dei pediatri: prima tra tutte quella di assicurare “un rigoroso controllo della vendita dei dispositivi contenenti tabacco e nicotina ai minori, contribuendo così alla iniziativa della Commissione Europea di avere entro il 2028 la prima generazione ‘tobacco-free’”. Pediatri e associazioni dei pazienti chiedono inoltre al Ministro della Salute “di regolamentare il confezionamento, per evitare che abbia come target indiretto i bambini. Importante è poi vietare la cessione a titolo gratuito ai minori non solo dei dispositivi, ma anche delle ricariche, di cui nella gran parte dei casi vengono omaggiati e programmare iniziative per garantire il divieto di marketing, anche occulto, diretto ai ragazzi sulle piattaforme digitali. In più, occorre equiparare la regolamentazione sulle aromatizzazioni che favoriscono l’uso tra i ragazzi a quella delle sigarette tradizionali, proibendo le vendite di prodotti contenenti mentolo o frutta associati a tabacco e nicotina. Infine, serve programmare una campagna di sensibilizzazione nazionale per personale sanitario, genitori, adolescenti e – con un accordo interministeriale – personale della scuola con modalità atte a poterla diffondere agli adolescenti e sui media”.

Malattie rare, partita da Ministero Salute la campagna #UNIAMOleforze

Malattie rare, partita da Ministero Salute la campagna #UNIAMOleforzeRoma, 1 feb. (askanews) – Al via stamani a Roma le iniziative di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare, nell’ambito del mese dedicato alle malattie rare, che si concluderà il 29 febbraio, il giorno più raro del calendario, quando si celebrerà in tutto il mondo il “Rare Disease Day”. Il lancio della campagna di sensibilizzazione si è tenuto presso l’Auditorium del Ministero della Salute, in un evento con focus sulle patologie rare in età pediatrica. All’evento, svoltosi, in collaborazione con il Ministero della Salute, è stato presentato lo spot realizzato con il contributo del maestro Beppe Vessicchio.

Ad aprire i lavori il sottosegretario alla Salute con delega alle malattie rare, Marcello Gemmato: “Abbiamo licenziato il Testo unico delle malattie rare e poi il Piano operativo. Il governo – ha spiegato – ha finanziato con 50 milioni di euro in due anni l’attuazione. Le risorse sono divise per le Regioni e ci consegnano tutti gli strumenti anche per le diagnosi precoci e per la successiva presa in carico”. Il 70% delle malattie rare è di origine genetica e un malato su 5 ha meno di 18 anni: “La diagnosi precoce – ha proseguito Gemmato – può essere risolutiva per far emergere nei tempi la malattia e dare ai bambini una prospettiva di vita migliore”. L’evento di oggi al Ministero apre un mese importante per le malattie rare che faranno tappa nelle prossime settimane con eventi e manifestazioni in altri capoluoghi italiani. “Molte volte – ha affermato Paola Facchin, Coordinatore Interregionale Malattie Rare, Conferenza Regioni e Province Autonome – viene sottolineato il fatto di sanità diverse da regione e regione, ma la differenza deriva dai Lea, che vanno aggiornati perché non corrispondono all’esigenza dei malati rari, in quanto rispondono all’esigenza dei gruppi più frequenti e non ai bisogni dei pazienti rari. Finalmente – ha chiosato Facchin – è stato però individuato nel piano un gruppo di lavoro misto per individuare un elenco nazionale convidiso e trovare una soluzione”.

Insieme ad una campagna out-of-home, con la brandizzazione di autobus, tram e pensiline in quattro città italiane (Roma, Milano, Bologna e Venezia), per tutto il mese di febbraio verranno organizzati eventi di sensibilizzazione con la presenza delle più alte cariche politiche e istituzionali. La campagna social coinvolgerà influencer, persone con malattia rara, associazioni e cittadini, con una grafica coordinata e momenti focali sul racconto delle “storie” dei pazienti. Le tematiche affrontate durante il mese di febbraio sono quelle scaturite dai tavoli di lavoro promossi dalla Federazione, dalla presentazione di MonitoRare – il Rapporto sulla condizione delle persone con malattia rara – fino agli Stati generali delle malattie rare. Condensate nelle “Effemeridi”, le pubblicazioni di UNIAMO dovrebbero orientare la politica e le istituzioni nei prossimi mesi. Per l’edizione 2024 del Rare Disease Day, la diciassettesima, UNIAMO ha deciso di raggiungere con la sua campagna di sensibilizzazione un pubblico più giovane, stringendo una partnership con il FantaSanremo, il fantasy game basato sul Festival della canzone italiana che l’anno scorso ha coinvolto oltre un milione e mezzo di partecipanti. Sul sito fantasaremo.com si potrà comporre la propria squadra fatta da 5 artisti, acquistati con 100 baudi – la valuta del gioco -, e iscriverla alla Lega UNIAMO.

“Quest’anno in particolare – ha dichiarato Annalisa Scopinaro – ci siamo voluti rivolgere ai giovani cercando degli strumenti anche di grande presa che possano far sentire i nostri ragazzi meno soli. L’intenzione è che i ragazzi senza patologie che si affacciano a questo mondo possano comprendere meglio le difficoltà di un ragazzo con malattia rara: sono loro i costruttori del mondo del futuro, e lo devono rendere sempre più giusto ed equo. La stesura del Piano nazionale per le malattie rare è partita quasi 5 anni fa con la partecipazione di UNIAMO al tavolo che l’ha scritto e implementato. I 25 anni di UNIAMO non sono 25 anni in cui abbiamo fatto solo azioni di sensibilizzazione, c’è un lavoro nascosto di lavoro a stretto contatto con le istituzioni per costruire consapevolezza dei bisogni e documenti che puntano alla risoluzione dei problemi. Questa giornata è il punto di arrivo dei percorsi fatti insieme per arrivare agli obiettivi che ci siamo prefissati”, ha concluso. All’evento sono anche intervenuti Sergio Iavicoli (Direttore Generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, Ministero della Salute), Americo Cicchetti (Direttore Generale della Programmazione sanitaria, Ministero della Salute), Marco Silano (Direttore Centro Nazionale Malattie Rare), Simone Boselli (Delegato Eurordis), Rita Treglia (segretario UNIAMO), Giuseppe Zampino (Direttore Unità Operativa Complessa Pediatria – Policlinico Gemelli), Maria Iascone (Responsabile f.f. SSD Laboratorio di Genetica Medica ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo), Franca Benini (Centro regionale Veneto terapia del dolore e cure palliative pediatriche – Dipartimento di Salute donna e bambino – Università di Padova). Ha moderato i lavori Vincenzo La Manna, vicedirettore dell’agenzia di stampa Askanews.

Iss: pubblicata la prima mappa delle risorse di sostegno per i padri

Iss: pubblicata la prima mappa delle risorse di sostegno per i padriRoma, 1 feb. (askanews) – E’ online la prima “Mappa delle risorse di sostegno per i padri”, che contiene informazioni sui diversi gruppi di sostegno ai padri/partner presenti sul territorio italiano, rendendo più visibili e facilmente accessibili le risorse disponibili, dai percorsi di accompagnamento alla nascita ai gruppi di ascolto. La mappa fa parte delle azioni del progetto 4E-Parent, che ha come obiettivo la promozione della paternità attiva come mezzo per la prevenzione della violenza di genere.

L’iniziativa intende fra le altre cose promuovere l’attenzione sull’importanza del ruolo paterno e genitoriale, stimolando le possibilità di confronto, la riproduzione e la diffusione di buone pratiche e rafforzando così i contatti e il lavoro di rete tra le diverse realtà nazionali che sostengono la paternità. Nella mappa sono incluse associazioni e istituzioni ispirate al principio dell’uguaglianza di genere e che rispondono ai seguenti standard: assenza di elementi misogini e omotransfobici, offerta di servizi e proposte a libero accesso o che, a fronte di iscrizioni o attività a pagamento, non abbiano natura e finalità commerciali, trasparenza in merito a possibili conflitti di interesse. Le risorse per il sostegno ai padri sono consultabili, a seconda delle proprie necessità, sia attraverso una mappa territoriale delle Regioni italiane, sia attraverso una suddivisione per ambiti tematici. Inoltre, per ogni risorsa indicata sulla mappa viene fornita una breve descrizione delle attività svolte, dei loro destinatari, indirizzi e numeri di telefono per prendere contatto. La mappa, creata grazie alle risposte fornite compilando un modulo specifico, è aggiornata periodicamente con il supporto dell’associazione “Maschile Plurale” e degli altri partner di progetto.

Papà che si prendono cura dei propri figli e figlie e lo fanno fin dai primi momenti dalla nascita, in maniera concreta ed empatica: sono i cardini del progetto europeo 4E-PARENT. Le quattro “E” riepilogano i presupposti del progetto: Early, per la partecipazione da subito, Equal a indicare un approccio paritario ed equo, Engaged che richiama la partecipazione attiva e Empathetic per la valenza empatica, accudente e responsiva. Il progetto, che si avvale di un finanziamento europeo, vede l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) capofila e la partecipazione di diversi partner: il Centro per la salute del bambino (CSB), l’associazione il Cerchio degli Uomini, l’agenzia di editoria scientifica Zadig, la società di consulenza Deep Blue, la Rete degli uomini Maschile Plurale, la rete per lo sviluppo delle bambine e dei bambini International Step by step Association (ISSA) e può contare inoltre sul supporto del Comitato Italiano per l’UNICEF, dell’Associazione culturale pediatri (ACP) e dell’Istituto Ricerca Intervento Salute (IRIS).

Alla mappa, tra le iniziative già realizzate, si aggiungono anche i tre corsi FAD “Il padre nei primi 1.000 giorni di vita” dedicati rispettivamente al personale sanitario, a quello educativo e al personale del volontariato e terzo settore a contatto con le famiglie sin dai primi momenti di vita. Infine, nella pagina dedicata ai materiali di comunicazione del progetto sono scaricabili le nuove schede informative dedicate a: occupazione femminile, offerta di asili nido, legislazione sui congedi, welfare aziendale. Il coinvolgimento da subito, pratico ed empatico, del padre nella genitorialità – afferma ormai da tempo la letteratura scientifica – ha esiti positivi per lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo dei bambini, crea fin dall’inizio un forte legame affettivo, migliora la salute psico-fisica della prole e della madre e contribuisce alla parità fra uomini e donne e al contrasto alla violenza domestica. Inoltre, per una donna avere accanto un compagno più informato, consapevole e partecipe (senza essere intrusivo o controllante) è un grande beneficio: per condividere responsabilità e lavoro di cura e domestico, per conciliare lavoro, famiglia e tempo libero con minore stress, per relazioni familiari più equilibrate e più ricche.