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Covid, Fiaso: ricoveri ancora in calo, -35% in una settimana

Covid, Fiaso: ricoveri ancora in calo, -35% in una settimanaMilano, 25 gen. (askanews) – Ricoveri Covid ancora in discesa del 35% nell’ultima settimana: la rilevazione della rete sentinella della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) disegna una curva dei ricoveri ormai in picchiata nelle ultime sei settimane.

Questa volta il dato più evidente è il -43% che arriva dai ricoverati “Per Covid”, ovvero coloro che occupano posti letto nelle malattie infettive o nelle medicine con sindromi respiratorie e polmonari da riferire all’infezione da Sars Cov2. Per i ricoveri “Con Covid”, ovvero coloro che sono in ospedale per altre cause ma sono risultati positivi al coronavirus, la percentuale di riduzione è stata del 29% e rappresentano il 63% dei pazienti Covid negli ospedali. L’età media è di 78 anni e nel 92% dei casi si tratta di soggetti che presentano anche altre patologie. In calo del 25% anche i ricoveri Covid nelle terapie intensive, con un 55% in meno dei pazienti “Per Covid” in rianimazione. Si tratta in termini assoluti di poche unità per ospedale e qui il profilo è quello di soggetti con età media di 68 anni e altre patologie.

Dopo il crollo registrato la scorsa settimana (-75%) resta stabile e di poche unità il dato che arriva dagli ospedali pediatrici e dai reparti di pediatria degli ospedali sentinella monitorati dalla Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. Non ci sono bambini in terapia intensiva e ricoveri sono esclusivamente nella fascia di età tra 0-4 anni “Per Covid”. “Il trend in discesa si mantiene, il Covid in questo momento è abbastanza irrilevante tra i patogeni respiratori che circolano nella popolazione. Resta prevalente l’influenza ma anche qui gli indicatori sono in discesa e si sta allentando anche la morsa sugli ospedali”, spiega il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore.

Nuova Campagna Ail “Non vedo l’ora”, firmata da Gibbo&Lori

Nuova Campagna Ail “Non vedo l’ora”, firmata da Gibbo&Lori

Roma, 23 gen. (askanews) – E’ on air dal 21 gennaio sulle principali reti televisive nazionali e sulle piattaforme online, la nuova campagna dell’Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma “Non vedo l’ora”. Firmata da Gibbo&Lori con Paolo Lentini, lo spot pone l’attenzione sul vissuto emotivo dei pazienti ematologici: la diagnosi di un tumore del sangue stravolge la quotidianità dei pazienti e dei loro cari, ci si ritrova a dover affrontare un lungo, complesso percorso terapeutico, spesso anche lontano da casa. Tutto ciò che fino a poco prima era normale, ripetitivo e dato per scontato viene a mancare di colpo e non si vede l’ora di riaverlo. Partecipare alla riunione di condominio, fare i compiti di matematica con i figli alla sera, cercare parcheggio… è possibile che al mondo ci siano persone che non vedono l’ora di vivere momenti come questi? Sì, perché la leucemia ti toglie la vita quotidiana, ti fa sentire la mancanza dei momenti semplici e belli, e persino dei meno belli, delle piccole seccature quotidiane. I piccoli gesti e le abitudini di ogni giorno che troppo spesso vengono date per assodate, rappresentano il sogno di un ritorno alla normalità. Lo spot narra il percorso sofferto affrontato dai pazienti e dai loro familiari e rappresenta l’impegno concreto dell’Associazione che contribuisce a ridare loro la vita di tutti i giorni. “Lo spot traduce in modo assai efficace come AIL sostiene le necessità dei pazienti, in tutta Italia, attraverso i servizi socio-sanitari che mette in campo per restituire il più possibile un ritorno alla normalità. Cerchiamo di alleviare le paure e i bisogni dei malati con l’obiettivo di sensibilizzare costantemente anche le istituzioni a non lasciarli soli”, afferma Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL.

“Di solito cerchiamo, attraverso il nostro lavoro, di trovare sempre una verità in cui tutti possiamo riconoscerci, qualcosa di forte da dire, un messaggio che non lasci indifferente. In questo caso, lo spunto nasce da una visita che abbiamo fatto all’Istituto dei Tumori di Milano. Ci hanno fatto vedere che i pazienti vivono in stanze sterili con un vetro che li separa dai parenti in visita anche, a volte, per mesi. In quel momento abbiamo pensato: qualsiasi cosa è meglio che stare qui. Al loro fianco c’è qualcuno che si impegna per farli tornare alla loro vita di tutti i giorni. Ci auguriamo di raggiungere più persone possibili e sostenere AIL nella lotta contro i tumori del sangue”, dichiarano Gibbo&Lori. La campagna “Non vedo l’ora”, realizzata in collaborazione con la sezione AIL di Milano, è stata girata con il regista Tobia Passigato in un’ala dismessa dell’ospedale Niguarda di Milano. Partendo da una stanza vuota, la casa di produzione The BigMama ha progettato e realizzato una camera sterile con un vetro per dividere i due protagonisti. Parte delle scene sono state girate senza vetro per non rendere troppo evidente il riflesso e permettere così di mantenere il colpo di scena finale. La riuscita emotiva dello spot è stata ottenuta anche grazie all’interpretazione degli attori, Laura Serena e Andrea Carabelli.

Stop ad anoressia e bulimia: al via il progetto “CiboAmico”

Stop ad anoressia e bulimia: al via il progetto “CiboAmico”Milano, 23 gen. (askanews) – Dieci incontri gratuiti contro anoressia e bulimia: dal 3 febbraio prossimo, i disturbi alimentari si combattono in cucina grazie ad un nuovo e innovativo percorso emotivo-sentimentale-alimentare, ideato da Lifeness dell’Associazione Italiana Chef e realizzato in collaborazione con il Policlinico Gemelli, l’Università di Tor Vergata di Roma, Coldiretti/Campagna Amica e Filiera Italia.

Il progetto “Lifeness CiboAmico” è stato ideato da Daniela Galdi, presidente dell’Associazione Italiana Chef (associazione di categoria che unisce circa 7 mila chef in Italia e nel mondo), esperta in nutrizione e ideatrice di Lifeness, organizzazione nata proprio da una costola dell’Associazione con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’educazione alimentare per una maggiore consapevolezza etica degli alimenti. Si tratta del primo modello – unico in Italia – di supporto terapeutico nato per combattere l’anoressia e la bulimia, unendo scienza medica e saperi dell’arte culinaria: per la prima volta il mondo degli chef dell’Associazione Italiana Chef – portavoce della tradizione della cucina italiana nonché sostenitrice della Dieta Mediterranea -, gli esperti di nutrizione, la medicina psichiatrica e la medicina del microbiota intestinale, si uniscono per rispondere a una sfida sanitaria legata ai disturbi alimentari. In Italia, dal 2019 ad oggi, la percentuale di giovani con disturbi alimentari è aumentata del 40%. E, dai dati dichiarati dall’Organizzazione mondiale della Sanita, i disturbi alimentari sono la seconda causa di morte nei giovanissimi tra i 12 e i 25 anni. Per rispondere a questa emergenza sanitaria nasce “Lifeness CiboAmico”, un progetto fortemente innovativo, il primo in Italia nel suo genere, che unisce sia l’aspetto filosofico di una ricerca di benessere interiore sia quello medico-scientifico di cura del corpo, alla luce delle nuove scoperte sull’asse intestino-cervello. Proprio per questo il comitato scientifico si avvale di alte professionalità: Lucio Rinaldi, psichiatra psicoterapeuta, professore di Psichiatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile del Day-Hospital di Psichiatria dell’Area Adolescenza e disturbi della Nutrizione presso il Policlinico Gemelli; Giuseppe Merra, medico di medicina interna, dottore di ricerca in onco-biologia e oncologia, professore in Scienze e Tecniche dieteticheapplicate all’Università di Tor Vergata di Roma, tra i massimi esperti di microbiota.

Demenza vascolare, nuove prospettive da tecniche innovative neuroimaging

Demenza vascolare, nuove prospettive da tecniche innovative neuroimagingRoma, 23 gen. (askanews) – Le tecniche avanzate di Risonanza Magnetica possono svolgere un ruolo decisivo nel diagnosticare precocemente i danni che l’ipertensione sta causando al cervello di un paziente, molto prima della comparsa di segni clinici. Condotta dal Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), questa nuova ricerca apre inoltre la strada a un possibile intervento terapeutico capace di contrastare le alterazioni cerebrali che, nel corso del tempo, possono portare alla demenza. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Hypertension, è partito dalle osservazioni su alcuni pazienti ipertesi, nei quali il gruppo di ricercatori Neuromed ha usato tecniche avanzate di diagnostica per immagini come l’imaging a Tensore di diffusione (DTI), indagini che hanno portato all’individuazione di alterazioni microscopiche alle strutture cerebrali. Questi risultati hanno rappresentato la base di partenza per una serie di ricerche su animali di laboratorio, individuando anche in questo caso danni cerebrali specifici, tra cui cambiamenti strutturali, microstrutturali ed emodinamici. Tra le scoperte più significative, lo studio ha evidenziato danni microstrutturali nella materia bianca (costituita dalle fibre che interconnettono i neuroni) e una riduzione del flusso sanguigno cerebrale correlati ad una diffusa rarefazione dei capillari cerebrali.

“I nostri risultati – dice l’ingegner Lorenzo Carnevale, ricercatore del Dipartimento di AngioCardioNeurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed – rappresentano un ulteriore sviluppo nel lavoro che portiamo avanti da molti anni per gettare nuova luce sul modo in cui l’ipertensione può determinare il decadimento cognitivo e contribuire all’insorgenza di malattie neurodegenerative. Oltre agli effetti noti dell’ipertensione su altri organi, come cuore e reni, per i quali abbiamo esami specifici, anche il cervello subisce alterazioni significative. Oggi abbiamo la possibilità di rilevare tempestivamente queste alterazioni mediante tecniche di imaging avanzate. Potrebbe rappresentare un passo in avanti importante nel contesto della gestione clinica dell’ipertensione e nella comprensione dei suoi effetti a lungo termine sul cervello”. Ma lo studio è andato più in profondità, rivelando il ruolo patogenico di un meccanismo neuroinfiammatorio mediato dai linfociti T CD8+ che producono interferone. Questa ulteriore scoperta apre la strada a nuove prospettive terapeutiche capaci di rallentare il processo di deterioramento cognitivo.

“Quando qui in Neuromed parliamo di ricerca traslazionale – commenta Giuseppe Lembo, Professore Ordinario di Scienze e Tecniche Mediche Traslazionali all’Università La Sapienza di Roma e direttore del Dipartimento di AngioCardioNeurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed – non ci stiamo riferendo a una generica collaborazione tra laboratori di ricerca e clinica. Questo studio mostra in modo chiaro la concretezza del concetto di traslazionalità: la cura dei pazienti stimola osservazioni nuove. E queste idee le portiamo in laboratorio, dal quale possiamo attenderci sviluppi concreti che torneranno ai pazienti stessi in forma di nuove tecniche diagnostiche e nuove terapie”.

Beta-talassemia, il peso di visite e cure su pazienti e caregiver

Beta-talassemia, il peso di visite e cure su pazienti e caregiverRoma, 23 gen. (askanews) – Un anno composto solo da 11 mesi. Per chi ha la beta-talassemia il tempo scorre diversamente. Trasfusioni e visite in media occupano 3 giorni al mese, 36 in un anno. Chi convive con la beta-talassemia dedica quindi ore e ore, ogni settimana, alla malattia e alla sua gestione: in media sono 4 le ore impiegate ogni settimana per esami specialistici e 19 i giorni che ogni anno vengono dedicati solo alle trasfusioni. La “misura” dell’impatto della malattia nella quotidianità dei pazienti e dei loro caregiver è stata al centro dell’incontro “Strade parallele: il significato del tempo nella beta-talassemia” che si è tenuto oggi presso il Centro Studi Americani a Roma, che ha coinvolto anche rappresentanti del mondo scientifico e istituzionale.

Nel corso dell’evento sono stati presentati i risultati dell’indagine nazionale realizzata su pazienti e caregiver, tuttora in corso, condotta da Elma Research. I dati si basano sulle risposte di un campione di 106 partecipanti e fanno emergere come la patologia abbia un peso importante non solo sui malati, ma anche su chi se ne occupa. “La dimensione del tempo è fondamentale nel vissuto dei pazienti con beta-talassemia, come emerge anche dalla survey che abbiamo condotto: la necessità di dedicare così tanto tempo a cure e controlli influenza il modo in cui i pazienti vivono la loro vita”, spiega Patrizia Amantini, Direttore di Ricerca Elma Research. I dati lo dimostrano: se si considerano i pazienti fra 21 e 40 anni si vede che il 46% afferma che la malattia modifica le abitudini, il 54% la possibilità di viaggiare, il 38% di avere una relazione stabile o sposarsi, il 42% di fare dei figli.

“La presenza della beta-talassemia significa per molti pazienti dover chiedere spesso aiuto (68%) per la gestione dei figli, per la cura della casa o per essere accompagnati alle visite; significa anche dover fare delle rinunce rispetto ai propri hobby e interessi, a vacanze e viaggi e a momenti di relax in generale, e per il 30% corrisponde a un re-set della propria vita in termini di lavoro e progetti famigliari”. Non stupisce, quindi, che nei pazienti con meno di 20 anni, sentimenti comuni siano quelli di incomprensione, confusione e scoraggiamento; in quelli fra i 20 e i 45 anni a pesare di più siano solitudine e stress; mentre per quelli più anziani sia, soprattutto, l’affaticamento a condizionare la vita. Per i caregiver sono sentimenti comuni incomprensione, stress e scoraggiamento. In generale più di 3 pazienti su 10 pensano che la patologia abbia un impatto importante sulla loro vita, sentimento che si acuisce per la fascia più attiva – fra i 40 e i 50 anni. Oltre il 30% richiede l’intervento di uno psicologo o uno psichiatra.

“La beta-talassemia è una condizione genetica con la quale oggi si può convivere, diventare adulti e anziani. Nonostante i miglioramenti delle cure e una prospettiva di vita inimmaginabile sino a pochi decenni fa, la necessità di terapie quotidiane e le frequenti ospedalizzazioni continuano a influire profondamente sulla vita dei pazienti e dei loro cari. Oggi in Italia si contano almeno 7mila persone che hanno la malattia, di cui il 73% ha necessità di trasfusioni. Migliaia di famiglie, quindi, che sono chiamate a una gestione impegnativa della cura e dei controlli, giorno dopo giorno, anno dopo anno”, sottolinea la Prof.ssa Raffaella Origa, Presidente della Società Italiana Talassemie e Emoglobinopatie (SITE). “Basti pensare che 1 malato su 4 ha bisogno, ogni volta che va a fare una trasfusione o una visita, di essere accompagnato da un caregiver. Chi accompagna i pazienti nel loro percorso di cura è molto spesso un genitore, anche oltre i 18 anni di età”. Per accendere i riflettori su questa condizione, SITE promuove la campagna “Strade parallele. Beta-talassemia: voci, immagini, bisogni”, realizzata con il contributo non condizionato di Vertex Pharmaceuticals: un progetto che, attraverso storie, testimonianze e approfondimenti scientifici vuole far riflettere su come il tempo sia un elemento fondamentale nella vita di ogni individuo e come la beta-talassemia possa influenzare profondamente la sua gestione (www.stradeparallele.it).

“È proprio a partire dalla valutazione di questa dimensione di sottrazione del tempo – allo svago, agli affetti, allo studio o al lavoro – ben fotografata dalla ricerca di Elma, che pensiamo sia fondamentale far emergere le sfide che devono affrontare i pazienti, ma anche come clinici e Istituzioni debbano collaborare per trovare delle soluzioni e risolvere le criticità sul piano clinico e organizzativo”, afferma il Dott. Giovan Battista Ruffo, Consigliere del Comitato Direttivo SITE. All’indagine faranno seguito iniziative, contenuti e materiali che diventeranno strumenti di informazione e sensibilizzazione per il pubblico e per le istituzioni, a livello nazionale e locale. Tra questi, una campagna pubblicitaria che sarà on air sia in ambito digitale che sul territorio – attraverso affissioni in diverse città italiane – e la realizzazione di un booklet che raccoglierà le storie e le testimonianze dei pazienti insieme al contributo degli esperti che sono al loro fianco per aiutarli ad affrontare e gestire la patologia. Inoltre, sono previsti alcuni eventi di sensibilizzazione che nei prossimi mesi toccheranno alcune regioni italiane con maggior prevalenza della malattia.

In Lombardia 851 domande per sostituire primi 251 medici gettonisti

In Lombardia 851 domande per sostituire primi 251 medici gettonistiMilano, 23 gen. (askanews) – “Abbiamo bandito questo primo concorso per i medici che devono lavorare nel campo dei pronto soccorso e della emergenza-urgenza, gli anestesisti e tutti quelli che si devono occupare dei codici minori. Avevamo bisogno, spalmati nell’arco di tutto l’anno, di 235 medici, in questa particolare specialità e abbiamo ricevuto 851 domande quindi mi pare che da questo punto di vista possiamo tranquillamente considerarlo un grande successo”. Lo ha detto l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, annunciando a margine della seduta del Consiglio regionale l’esito del primo bando indetto per sostituire i cosiddetti medici gettonisti.

“Abbiamo, come prima Regione, deciso di interrompere questa vergognosa vicenda dei gettonisti e delle cooperative. Abbiamo sempre ritenuto che fosse la cosa più immorale possibile e immaginabile vedere dei medici lavorare nei Pronto soccorso e nelle sale operatorie, dove ci sono le situazioni più critiche, secondo gli stipendi molto bassi e ingiusti che in questo momento i colleghi ricevono nell’ambito degli ospedali pubblici, ma fosse ignobile assolutamente che affianco di questi colleghi ci fossero dei medici che per 12 ore di lavoro potessero guadagnare 1.500 euro” ha osservato. “Sappiamo benissimo che molti di questi gettonisti lavorano la notte in un ospedale e guadagnano 1.500 euro, smontano per andare in un altro ospedale, e lavorano durante la giornata, lo hanno dichiarato loro stessi, e guadagnano altri 1.500 euro. In due o tre giorni questi signori, senza preoccuparsi dei livelli di stanchezza, stress e possibile distrazione, si guadagnano quei 5-6mila euro che poi permettono loro per il resto del mese di fare altro. Questo può accadere in una situazione di libero mercato in strutture che però non possono essere quelle pubbliche” ha continuato.

“Quando ho detto che noi avremmo chiuso questa vergognosa vicenda – ha proseguito – ho sempre pensato che queste erano parole di totale supporto a tutti quelli che giorno e notte lavorano nei nostri ospedali pubblici. Lo ripeto oggi, ‘non mollate e il risultato lo state vedendo’. Questo numero assolutamente inaspettato di risposte dei medici sta a significare, anzitutto, che forse abbiamo un po’ di credibilità, perché quando indichiamo un percorso, nominiamo nuovi direttori generali e delineiamo le attività che dobbiamo portare avanti nell’ambito dei pronto soccorso, per quello che riguarda anche l’abbattimento delle liste attesa, significa che non stiamo raccontando barzellette, ma stiamo indicando una strada. Questo numero così considerevole di colleghi che hanno aderito a questo primo bando, fatto in 13 giorni senza alcuna pubblicità e, anzi, con l’atteggiamento terroristico da parte d quelle cooperative che evidentemente si vedono rompere il giocattolo sotto le mani” lo sta a dimostrare. “Questo è un ritorno a casa di tanti medici che avevano lasciato gli ospedali negli anni passati. Forse avevano anche ragione, erano delusi e stanchi” ha aggiunto. Quanto agli stipendi previsti per i sostituti, ha concluso, “sono parametrati su quelle che sono le ore che loro svolgeranno nell’ambito delle diverse attività. Contemporaneamente con il ministro Schillaci siamo già d’accordo sul fatto che anche gli stipendi di quei medici che non hanno mai lasciato i loro ospedali saranno riveduti e corretti. In particolare per chi lavora nei pronto soccorso e per tutte le altre categorie che di fatto vivono in ospedale”.

Psicologi Toscani: migliaia di giovani dipendenti da smartphone

Psicologi Toscani: migliaia di giovani dipendenti da smartphoneRoma, 22 gen. (askanews) – “Anche in Toscana sono migliaia ogni anno i ragazzi che soffrono di ansia da social e risultano iper-dipendenti dagli smartphone. È necessario lavorare quanto prima su due fronti: quello scolastico, attraverso programmi di educazione digitale, e quello familiare, sensibilizzando i genitori”. A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana. “Corpi giovani, forti, belli – spiega Gulino – attitudini da supereroi, limiti inesistenti: il modello proposto dai social media, oggi, assomiglia ad una sfida costante. Quello che conta è la performance, la necessità di spingersi sempre oltre, anche a patto di fare del male agli altri o a sé stessi. La comunicazione social è rapida e attrattiva e, per questo, diventa una trappola per moltissimi giovani che soffrono perché non riescono a riprodurre quei modelli, quelle attitudini, e si sentono inadeguati”. Tra i principali effetti collaterali di questa dipendenza, quello che desta maggiore preoccupazione è senza dubbio rappresentato dall’ansia che è in grado di generare. “Gli esempi pericolosi sui social per la propria salute – prosegue Gulino – determinano stati di solitudine e disagio, che spesso assume forme più acute. Intervenire con piani terapeutici tempestivi è cruciale, in questi casi. Ancora più vitale è però fare prevenzione”. Un fenomeno che ne porta con sé un altro, direttamente correlato: “Quello dell’iper-dipendenza dagli smartphone. Un recente studio di Save the Children ci dice che oggi l’80% dei bambini che frequentano la prima media ha un cellulare, e un terzo lo usa per circa quattro ore al giorno. Dati che, se possibile, aumentano spostandosi nelle fasce adolescenziali”. L’idea lanciata, in questo senso, ha a che fare con l’educazione al digitale: “Va introdotta nei programmi scolastici – evidenzia la Presidente – coinvolgendo bambini e giovani, certo, ma anche genitori e insegnanti. Figli e studenti devono essere orientati e guidati ad un uso consapevole dei loro device, sui quali, esprimendosi e osservando, sviluppano in larga parte la loro capacità critica. Ascolto, dialogo e confronto sono elementi indispensabili per una prevenzione adeguata e per la promozione di una salute consapevole”. Ma non basta. Per creare nuovi navigatori digitali consapevoli è necessario portare a compimento un altro passaggio, che riguarda il contesto familiare: “Dobbiamo coinvolgere i genitori – conclude la presidente – in un processo di conoscenza e accompagnamento, sensibilizzandoli ad essere più vigili specialmente nella fascia d’età dei più piccoli”.

Osp. Bambino Gesù: aumentati del 50% i trapianti di fegato e rene

Osp. Bambino Gesù: aumentati del 50% i trapianti di fegato e reneRoma, 22 gen. (askanews) – Sono stati complessivamente 74 i trapianti di fegato e rene eseguiti nel 2023 al Bambino Gesù, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Si tratta del maggior numero di trapianti per anno mai realizzato nell’Ospedale della Santa Sede e tra i più alti in Europa. «Un importante risultato – sottolinea il direttore sanitario Massimiliano Raponi – ottenuto grazie ai tanti specialisti del Bambino Gesù coinvolti nei programmi di trapianto di organi addominali ma, soprattutto, grazie alla generosità delle famiglie che decidono di donare gli organi».

Più precisamente, nell’anno da poco concluso sono stati 30 i trapianti di fegato eseguiti al Bambino Gesù, 27 dei quali da donatore deceduto e 3 da vivente. I trapianti di rene sono stati invece 44, dei quali 33 da donatore deceduto e 11 da vivente. In 3 casi i pazienti hanno ricevuto un trapianto combinato di fegato e rene. In totale, quindi, sono stati eseguiti 74 trapianti di organi addominali con un incremento pari al 50% rispetto al 2022 quando erano stati eseguiti 49 trapianti. Gli specialisti del Bambino Gesù hanno studiato 49 potenziali donatori viventi (13 di fegato e 36 di rene), per valutare le condizioni fisiche e psicologiche di idoneità alla donazione. Sono state poi 14 le disponibilità utilizzate. «Il potenziamento della donazione da vivente – prosegue Raponi – è uno dei fattori che facilita l’incremento dei trapianti, insieme alla diffusione della cultura della donazione post mortem che registra da anni un trend positivo, come dimostrano anche i dati diffusi nei giorni scorsi dal Centro regionale e dal Centro nazionale trapianti». Un altro elemento importante è «l’utilizzo di nuove tecnologie come i sistemi di perfusione extracorporei degli organi destinati al trapianto, che ne hanno migliorato la conservazione e quindi l’utilizzabilità». L’attività trapiantologica del 2023 ha ottenuto risultati molto positivi anche sotto il profilo degli esiti clinici, nonostante la complessità e gravità delle malattie trattate, con una sopravvivenza del paziente vicina al 100%. In due casi si è reso necessario un nuovo trapianto di fegato (sopravvivenza graft, cioè dell’organo trapiantato, 93%), mentre un paziente è deceduto (sopravvivenza paziente 97%). Per quanto riguarda il rene, invece, è stata registrata una sopravvivenza paziente del 100% e del graft del 98%. Questi risultati sono tra i migliori a livello internazionale.

Sclerosi multipla, al via la Settimana nazionale dei lasciti Aism

Sclerosi multipla, al via la Settimana nazionale dei lasciti AismRoma, 22 gen. (askanews) – Prende il via la ventesima edizione la ‘Settimana nazionale dei lasciti di Aism- Associazione italiana sclerosi multipla’, in programma da oggi fino a domenica 28 gennaio. Si tratta di una iniziativa che rappresenta un importante tassello della campagna nazionale ‘Il Futuro sei Tu’, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui lasciti solidali per sostenere le persone con sclerosi multipla, neuromielite ottica e patologie correlate.

Caterina, giovane donna colpita da una forma aggressiva di sclerosi multipla progressiva, è la testimonial emblematica della campagna. “Il mio presente – racconta – è la sclerosi multipla progressiva. Ma il mio futuro, come quello di tante altre persone come me, è il sogno di riprenderci in mano fino in fondo la nostra vita. E la nostra speranza di futuro è in ogni persona che decide di fare un lascito testamentario per Aism”. Con questo messaggio di speranza Caterina sottolinea come anche grazie a un lascito testamentario abbia potuto riprendersi in mano la propria vita. Caterina ha infatti potuto beneficiare di una terapia innovativa finanziata dalla Fondazione di Aism anche grazie a un lascito solidale. La sua testimonianza riflette la forza della campagna e l’impatto positivo che una donazione, come un lascito solidale, può avere sulla vita delle persone colpite da sclerosi multipla e da altre patologie correlate. La Settimana dei lasciti Aism, realizzata in collaborazione e con il patrocinio del Consiglio nazionale del Notariato e con il sostegno della Federazione nazionale pensionati Cisl, coinvolgerà il pubblico da oggi al 28 gennaio attraverso una serie di incontri informativi in oltre 50 città italiane, tenuti dai notai. Durante gli eventi il pubblico potrà approfondire tematiche delicate legate alle successioni testamentarie e alle polizze a vita e ai lasciti solidali, che costituiscono un importante strumento per realizzare progetti significativi di Aism e della sua Fondazione, Fism. Il 30 gennaio, alle ore 17, si terrà inoltre un evento online, all’insegna dell’informazione e della sensibilizzazione al tema. L’incontro in modalità virtuale, al quale sono invitati tutti I cittadini che potranno iscriversi tramite il link Aism.it/eventolasciti, sarà moderato dalla giornalista e conduttrice televisiva Francesca Romana Elisei. Il calendario degli incontri e le informazioni sulla Settimana nazionale Aism dei lasciti testamentari 2024 sono disponibili al numero verde 800-094464 e sul sito dell’Associazione italiana sclerosi multipla www.aism.it/lasciti.

Demenze, Iss: forti differenze fra regioni nell’assistenza

Demenze, Iss: forti differenze fra regioni nell’assistenzaRoma, 22 gen. (askanews) – I servizi per le persone con demenza sono distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale, quanto a numero delle strutture per area territoriale e numero di residenti, orari di apertura, figure professionali impegnate. In generale, si rileva un maggiore sviluppo ed efficienza delle realtà del Nord Italia rispetto a quelle del centro e Sud Italia e isole. A livello nazionale, la valutazione dei servizi si attesta su giudizi negativi e molto negativi per il 45% dei familiari. Sono, questi, alcuni dei risultati delle attività realizzate dall’Osservatorio Demenze dell’Iss nell’ambito del Fondo per l’Alzheimer e le demenze 2021-2023, presentati durante un convegno nella sede dell’Istituto Superiore di Sanità che si tiene oggi e domani. Il Convegno è anche l’occasione per presentare le linee guida “Diagnosi e trattamento di demenza e Mild Cognitive Impairment” – le prime, sulla tematica, ad essere pubblicate dal nostro Paese. Secondo un recente studio, hanno ricordato gli esperti durante il convegno, in Italia i costi complessivi sostenuti per le demenze sono stimati in 23 miliardi di euro, di cui il 63% a carico dei familiari. “Le demenze sono un tema di salute pubblica molto importante, il cui impatto è destinato a crescere nel futuro, e coinvolge attualmente anche circa 4 milioni di familiari oltre ai pazienti – afferma il presidente dell’Iss Rocco Bellantone -. Questo lavoro ha cercato di entrare nel dettaglio dei contesti locali restituendo report specifici a ogni singola regione. Questa è la direzione, camminare insieme cercando di armonizzare le realtà regionali per uniformare e garantire i servizi a livello nazionale”. Il Fondo per l’Alzheimer e le demenze – anni 2021-2023 – è stato il primo finanziamento pubblico sulle demenze in Italia e ha rappresentato, dopo il Progetto Cronos e la pubblicazione del Piano Nazionale delle Demenze (Pnd), la più grande operazione di sanità pubblica su questo tema. Il fondo ha messo a disposizione alle Regioni e Provincie autonome (Pa) un finanziamento pari a 14 milioni e 100.000 Euro, ed un finanziamento di 900.000 Euro all’Iss. Agli enti territoriali è stato richiesto di intraprendere la proposizione di una o più azioni progettuali (diagnosi precoce, diagnosi tempestiva, telemedicina, tele-riabilitazione e trattamenti psicoeducativi, di stimolazione cognitiva e di supporto ai caregiver). L’Osservatorio Demenze dell’Iss, oltre a coordinare le attività a livello nazionale, ha realizzato una serie di attività.