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Fascicolo Sanitaria Elettronico, una leva per la digitalizzazione

Fascicolo Sanitaria Elettronico, una leva per la digitalizzazioneRoma, 30 nov. (askanews) – Un unico strumento in grado di fotografare lo stato di salute dei cittadini, seguendone l’evoluzione nel tempo, e che, se correttamente implementato, permette un iter di presa in carico e assistenza sanitaria significativamente più efficienti. Tuttavia, sono ancora numerose le criticità a livello operativo quando si guarda al Fascicolo Sanitario Elettronico, a partire da una forte disomogeneità a livello territoriale in termini di applicazione e utilizzo. Un elemento, quest’ultimo, che rischia di comprometterne l’efficacia come strumento di diagnosi, cura e prevenzione. Ed è proprio con l’obiettivo di individuare le criticità presenti e contribuire a migliorare l’implementazione di questo strumento che ha avuto luogo il terzo appuntamento del ciclo di tavole rotonde sulla sanità digitale promosso da Doctolib – tech company nata in Francia nel 2013 e attiva in Italia dal 2021, tra i principali player europei nella sanità digitale – organizzato dall’istituto I-COM.

Come emerge chiaramente dai dati Agid relativi al terzo trimestre dell’anno in corso, il Fascicolo è ancora poco utilizzato sia dai cittadini sia dai professionisti sanitari. Se si guarda all’utilizzo di questo strumento da parte delle aziende sanitarie troviamo, a un estremo, diverse regioni dove l’alimentazione del FSE sfiora o raggiunge il 100% – tra cui la Toscana (100%), l’Emilia-Romagna (98%) e la Sicilia (86%). Mentre il quadro d’insieme è completamente differente agli ultimi posti della classifica, con la Calabria che riporta un’alimentazione del sistema praticamente nulla (0,90%) e la Liguria che raggiunge una quota di appena il 38%. Un altro punto importante riguarda l’utilizzo del Fascicolo, il cui aggiornamento costante da parte dei medici è fondamentale perché questo strumento possa contribuire in tutto il suo potenziale all’efficientamento dei percorsi di assistenza e cura. Nonostante in molte regioni, come per esempio Lombardia, Emilia, Valle d’Aosta e Sardegna, tutti i medici abilitati all’utilizzo del fascicolo lo abbiano utilizzato almeno una volta nell’ultimo trimestre, nessuno sembra aver alimentato il FSE con un aggiornamento o un nuovo inserimento di profili sanitari dei pazienti; in altre regioni, come Toscana, Abruzzo, Molise e Lazio, sono invece meno del 30% i medici abilitati che abbiano utilizzato il Fascicolo almeno una volta (Agid, 2023).

Infine, osservando lo scenario anche dal punto di vista dei cittadini, emerge uno quadro fortemente disomogeneo e con la presenza di ampi margini di miglioramento sia in termini di adozione FSE sia in termini di fruizione: complessivamente, secondo i dati aggiornati al 3° trimestre del 2023, solo il 22% dei cittadini ha fatto accesso ai propri fascicoli, nei quali è stato reso disponibile almeno un nuovo documento negli ultimi 90 giorni. Non solo: attualmente il FSE gode ancora di poca diffusione tra la popolazione italiana, proprio mentre l’ecosistema europeo si sta adoperando per la diffusione di un paradigma di segno diverso. Ne è prova concreta la proposta di regolamento European Health Data Space (EHDS), un’iniziativa di grande rilievo che propone una visione europea dell’organizzazione del settore sanitario digitale, e contiene anche i principi che, secondo le intenzioni della Commissione Europea, dovrebbero permettere ai cittadini un maggiore controllo dei propri dati sanitari e la diffusione di servizi digitali interoperabili tra tutti i Paesi membri.

Quindi, un’integrazione consistente e strutturale di strumenti digitali come il FSE all’interno del sistema salute è una premessa necessaria e fondamentale perché i numerosi vantaggi che la digitalizzazione in sanità offre si concretizzino. Al fine di garantire quindi una maggiore trasparenza e accesso ai dati sanitari da parte dei cittadini è necessario promuovere una migliore interoperabilità tra i fornitori di cure per giungere a una gestione più efficiente delle informazioni cliniche e all’incremento nella qualità complessiva dell’assistenza sanitaria nel suo complesso. A seguito dell’incontro, Mauro Moruzzi del Dipartimento Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha sottolineato come “l’assenza di adozione del FSE è attribuibile all’eterogeneità dell’architettura di riferimento a livello regionale, che presentava disuguaglianze sia in termini di contenuti che di standard. Con il rinnovato FSE 2.0, l’obiettivo è proprio il superamento di queste criticità, puntando all’adozione di un modello architetturale unificato a livello nazionale. E con un Punto Unico di Accesso ai servizi digitali sanitari per il cittadino, altro punto fondamentale che potrà favorire il popolamento del FSE”.

Nicola Brandolese, CEO di Doctolib Italia, ha sottolineato l’importanza di questo terzo appuntamento che, delineando uno scenario aggiornato dello stato di implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia, è stato anche un’occasione per individuare strategie per una migliore implementazione di questo strumento fondamentale per la transizione digitale del sistema sanitario. “Al di là dell’esempio francese, che concretizza in misura maggiore di quanto si vede oggi in Italia la sinergia e la collaborazione tra attori pubblici e privati, la stessa Unione Europea, attraverso il progetto dell’European Health Data Space – EHDS ci offre l’opportunità di intraprendere un percorso di digitalizzazione sanitaria non solo auspicabile ma sempre più necessario” commenta Brandolese. “Il Fascicolo Sanitario Elettronico – conclude Brandolese – rappresenta un vero e proprio pilastro per una transizione digitale che renda il nostro sistema sanitario più moderno ed efficiente per tutti. A patto però che vengano superate alcune criticità esistenti, che riguardano l’implementazione, l’accesso e l’utilizzo continuativo di questo strumento da parte dei cittadini, delle aziende sanitarie e dei medici. E sono convinto che, in questo contesto, la collaborazione tra pubblico e privato possa rivelarsi fondamentale per offrire soluzioni digitali che siano davvero di facile utilizzo – più immediate e user friendly”. “È uno strumento importante, di grossa innovazione strutturale per il paese. È chiaro – sottolinea da parte sua Nicola Calabrese, Vice Segretario Nazionale FIMMG – che ha bisogno di un passaggio e di momenti di confronto rispetto agli interlocutori pubblici per definire i processi e soprattutto i percorsi attraverso cui raggiungere questi obiettivi che sono stati definiti per legge e su cui la categoria non è stata consultata almeno fino ad ora”.

A Napoli la prima edizione dell’Health Innovation Show

A Napoli la prima edizione dell’Health Innovation ShowRoma, 28 nov. (askanews) – Trasmettere il valore dell’innovazione sanitaria per prendersi cura del futuro del Paese. Con questo obiettivo oggi e domani, 28 e 29 novembre, a Napoli, presso il Centro Congressi del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, si tiene la prima edizione dell’Health Innovation Show 2023, promosso dalla Fondazione Mesit – Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica, e realizzato in collaborazione con CEIS-EEHTA (Centre for Economic and International Studies: Economic Evaluation and HTA, Università degli Studi di Roma Tor Vergata), ALTEMS (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), il Centro di Ricerca Interdipartimentale “Innovazione & Salute” (Università Roma Tre), CIRFF (Centro Interdipartimentale di ricerca in Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione, Università Federico II di Napoli); grazie anche al contributo non condizionante di Sanofi e Gilead.

L’evento – un roadshow a cadenza annuale in diverse città italiane – si propone come un luogo di confronto, approfondimento, studio e ricerca per diffondere il valore dell’innovazione sanitaria in chiave di sviluppo e sicurezza del Paese. L’innovazione scientifica si è dimostrata, in particolare negli ultimi anni, un fattore determinante per la crescita e lo sviluppo del Paese, sia in chiave di sicurezza nazionale che come risposta ai bisogni di salute della popolazione. L’incontro tra i principali stakeholder, opinion leader ed esperti del settore, permette di costruire strategie intersettoriali a lungo termine per affrontare le disuguaglianze sanitarie, rispondere ai bisogni di salute della popolazione e rendere il Servizio sanitario nazionale maggiormente resiliente. IL PRIMO META-MUSEO DELL’INNOVAZIONE SANITARIA – Si tratta di un evento unico per l’Italia: cittadini e studenti di scuole e università coinvolti in un percorso formativo nel primo meta-museo dell’innovazione sanitaria – Health Innovation Space – realizzato grazie alla collaborazione di PwC Italia, un’esibizione ibrida in presenza e in metaverso che racconta alcune delle principali rivoluzioni del mondo della Salute. Nella Sala delle locomotive a vapore, all’interno del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, il visitatore potrà conoscere in modalità immersiva le principali rivoluzioni del mondo sanitario, grazie alle installazioni fisiche e all’accesso in metaverso. Esperienze multimediali in uno spazio virtuale e interattivo, liberamente esplorabile in modalità avatar. Il museo è visitabile da qualsiasi dispositivo (smartphone, laptop, tablet, visori VR) e rappresenta un’occasione di consapevolezza digitale e di sensibilizzazione sull’importanza della ricerca e dell’innovazione in tutti i campi, soprattutto in quello della Salute.

IL REPORT SULLE INNOVAZIONI A MAGGIOR IMPATTO SU 5 AREE TERAPEUTICHE – Fornire alle istituzioni e ai privati un documento che identifichi e promuova l’innovazione sanitaria in termini di dotazioni infrastrutturali e nei percorsi diagnostico-assistenziali. Questo l’obiettivo dell “Innovation Starting Point. Prospettive passate e future in sanità” messo a punto dalla Fondazione Mesit, in collaborazione con i ricercatori della Facoltà di Economia dell’Università Tor Vergata di Roma e con l’ALTEMS, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Sono stati individuati degli ambiti di analisi per 5 aree terapeutiche: Oncologia, Vaccinazioni, Cardiovascolare, Malattie Rare e Malattie Metaboliche, e per ogni ambito di analisi è stata realizzata una timeline delle innovazioni che hanno maggiormente impattato nell’ambito diagnostico terapeutico, unitamente alla valutazione di alcuni indicatori epidemiologici. Dal Rapporto emerge che l’Innovazione contribuisce in modo significativo alla crescita. Ci sono ricadute significative per il Paese, le imprese e le industrie. La collaborazione il coinvolgimento degli stakeholder a tutti i livelli è cruciale per garantire l’aderenza all’utilizzo delle tecnologie, unitamente alle strategie di comunicazione che devono essere appropriate e diversificate a seconda dei destinatari. Queste dinamiche concorrono al raggiungimento degli obiettivi di efficacia di una tecnologia, in termini di benefici per i cittadini e del sistema nel suo complesso. Inoltre, il rapido aumento dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel settore medico, dalle interpretazioni d’immagini mediche, alla diagnostica, fino alla progettazione di nuovi farmaci e ai vaccini, può segnare l’inizio di una nuova era nel campo delle tecnologie in campo sanitario. “L’innovazione sanitaria è da sempre un fattore determinante per garantire sicurezza, benessere e inclusività sociale alla popolazione, oltre che per valorizzazione le risorse del nostro paese in chiave di sostenibilità. Fondazione Mesit ha promosso Health Innovation Show per riunire in diverse città italiane, a partire da questa prima edizione a Napoli, i principali stakeholder, gli opinion leader, le associazioni dei pazienti, gli enti regolatori e il Ministero della Salute, per discutere delle tematiche più innovative dell’universo Salute e per creare sinergie che rendano le tecnologie innovative più accessibili per tutti”, commenta il presidente della Fondazione Mesit, Marco Trabucco Aurilio: “L’innovazione è un faro acceso sul futuro, ed è per questo che, dopo l’inaugurazione di oggi, il nostro museo in metaverso dell’innovazione sanitaria, Health Innovation Space, rimarrà aperto gratuitamente per tutti i cittadini, soprattutto per i più giovani, che sono naturalmente più ricettivi nei confronti dell’innovazione tecnologica, e che speriamo possano aiutarci a contribuire per la costruzione di una società più sana, partecipe, e responsabile”.

Per Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA-CEIS, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata, “programmare il futuro della Sanità coniugando l’innovazione è la principale sfida che bisogna affrontare. L’esperienza degli ultimi anni ci ha dimostrato come la Salute sia un fattore determinante per la crescita e lo sviluppo di un Paese e la valenza strategica dell’innovazione scientifica è la chiave per garantire la sicurezza nazionale e rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Risulta quindi importante introdurre metodi e modelli che sappiano catturare le diverse implicazioni dell’Innovazione e restituire ai decisori una misura del ‘Valore dell’innovazione’ per garantire scelte di Innovazione sostenibile. Dove in un sistema universalistico come quello Nazionale, con Innovazione sostenibile si intende la produzione del massimo Valore di salute per i singoli con costi ‘accettabili’ per la società e ‘sostenibili’ per i sistemi pubblici”, conclude.

Al via il progetto Teseo: modello per sostenere bisogni anziani

Al via il progetto Teseo: modello per sostenere bisogni anzianiMilano, 28 nov. (askanews) – “Teseo. Fragilità e demenze in una comunità che cura”, è un progetto che sta muovendo i primi passi in questi giorni. Sviluppato da Fondazione Don Gnocchi – con Airalzh Onlus, Associazione per la Ricerca Sociale, Caritas Ambrosiana e Sociosfera Onlus – il progetto è tra i vincitori del bando “Welfare in Ageing” della Fondazione Cariplo, con un finanziamento di 600 mila euro. Obiettivo del progetto è quello di costruire un modello di intervento innovativo, sostenibile e replicabile, basato su azioni in filiera, adeguato ai nuovi bisogni della popolazione anziana a rischio di compromissione cognitiva e demenza, sussidiario e complementare alle risorse della comunità e a quelle istituzionali. Il progetto – di durata biennale – prenderà forma nella città di Milano con la prospettiva di proporsi come modello nell’ambito del Terzo Settore per tutto il territorio nazionale.

L’Italia, secondo gli ultimi dati Istat, è tra i Paesi con l’aspettativa di vita più elevata (83,6 anni, contro una media di 81 anni nel resto del mondo), ma con i livelli più bassi rispetto alla media europea per quanto riguarda la qualità della vita della popolazione anziana. In Italia, quindi, si vive più a lungo, ma in condizioni di salute e autonomia peggiori. Non solo, dalla rilevazione Istat 2019 sull’”Invecchiamento attivo e condizione di vita degli anziani in Italia”, emerge che nel nostro Paese, su 13,8 milioni di over 65, 4,37 milioni vivono da soli; questi rappresentano il 7,1% della popolazione complessiva. Inoltre, il 15% degli anziani dichiara di non incontrare alcun amico/a nel tempo libero; la solitudine colpisce particolarmente le donne e coloro che posseggono un livello di istruzione più basso. È proprio per fronteggiare questo scenario che prende vita il progetto “Teseo”. Milano è la città pilota dove già la Fondazione Don Gnocchi – capofila del progetto – e gli enti Partner operano a supporto delle persone anziane e delle loro famiglie e dove, a fronte di servizi comunque presenti, mancano spesso il necessario coordinamento e la corretta informazione. “Teseo” vuole proporsi come strumento per supportare gli anziani e i loro familiari ad orientarsi nei diversi percorsi, per aiutarli a superare i limiti della frammentarietà dei servizi e la marginalità delle informazioni. Un progetto che si prefigge di unire in rete tutte le parti coinvolte – sociali e sanitarie – adeguato ai nuovi bisogni della popolazione anziana o a rischio di fragilità e complementare alle risorse della comunità che sta loro intorno.

In questa prima fase si sta iniziando a comporre la macchina organizzativa del progetto e sviluppando la tecnologia necessaria, parallelamente si sta lavorando sulla formazione e promozione. Il primo passo riguarda, infatti, l’organizzazione del “sistema” che si prenderà cura dell’anziano, della sua famiglia e/o del caregiver favorendone l’accesso ai Servizi e la continuità di cura: attraverso una Centrale Operativa unica che si occuperà di strutturare modelli organizzativi per la presa in carico integrata oltre che di intercettare tempestivamente i bisogni e progettare risposte personalizzate. Tutto questo verrà realizzato tramite sistemi tecnologici digitalizzati: dalla realizzazione di un sito dedicato, al software di gestione, all’attivazione di portali familiari e sanitari di medicina generale, agli interventi di tele-medicina, tele-assistenza e tele-riabilitazione.

Contemporaneamente si attueranno i percorsi di formazione, supervisione e aggiornamento di tutti gli operatori coinvolti nel progetto, differenziati per ambito e per ruolo professionale. Seguirà l’avvio di un percorso di scambio formativo tra pari sulla base delle esperienze e conoscenze generate dal progetto. Il progetto attribuirà, infine, un alto valore alle azioni di monitoraggio e valutazione che ne seguiranno l’intero sviluppo, l’intento è quello di produrre – con robuste evidenze scientifiche – gli elementi di sostenibilità e replicabilità del modello sperimentato. Saranno proprio queste evidenze a permettere al progetto Teseo di diventare un modello replicabile nel territorio italiano: innovativo e inedito dal punto di vista della struttura e dell’organizzazione, destinato ad essere precursore nell’ambito del terzo settore per comporre bisogni e risorse per una comunità accogliente a servizio della popolazione fragile.

“La demenza è una malattia cronica e progressiva, con sintomi difficili da decodificare – spiega Fabrizio Giunco, geriatra, direttore del Dipartimento Cronicità della Fondazione Don Gnocchi e responsabile del progetto -. La diagnosi è spesso tardiva, il percorso diagnostico può essere incompleto e discontinuo e le famiglie faticano a trovare soluzioni compatibili con le loro esigenze. Il sistema è frammentato, non facilmente accessibile e con una netta separazione tra risposte sanitarie e sociali. La malattia può durare anche 10-15 anni, durante i quali le famiglie sono spesso “case manager di sé stesse”. E la ricerca di soluzioni può essere ancora più difficile o impossibile per le persone più sole o socialmente vulnerabili”. “Teseo. Fragilità e demenze in una comunità che cura” si inserisce nel panorama dei servizi pubblici e privati, per la popolazione anziana con lo scopo di promuovere un approccio nuovo di presa in carico della fragilità e della non autosufficienza, capace di superare le rigidità, la frammentazione, la distanza nei modi di rispondere a bisogni che cambiano.

Salute uomo: al Campus Bio-Medico controlli gratis urologia e tricologia

Salute uomo: al Campus Bio-Medico controlli gratis urologia e tricologiaRoma, 24 nov. (askanews) – In occasione del mese internazionale dedicato alla prevenzione della salute maschile e della Giornata internazionale dell’Uomo (domenica 19), la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico promuove appuntamenti di informazione e un programma di incontri di educazione e sensibilizzazione dedicati alla prevenzione. Fino al 16 dicembre, la Fondazione offre la possibilità di effettuare esami del PSA gratuiti per 375 persone. In caso di valori alterati, il paziente viene contattato per sottoporsi a una successiva visita urologica gratuita. Gli esami sono realizzabili tutti i giorni dal lunedì al sabato presso il Poliambulatorio Campus Bio-Medico Porta Pinciana. Sabato 25 novembre, presso il Policlinico in via Álvaro del Portillo, l’open day di tricologia con 36 posti per visite gratuite per l’alopecia androgenetica, mentre martedì 28 novembre, sempre la sede del Policlinico ospiterà un incontro formativo di educazione clinica sull’osteoporosi maschile.

Oltre a promuovere in vari appuntamenti rivolti al pubblico l’informazione e la sensibilizzazione per uno stile di vita sano, che preveda lo svolgimento di attività fisica regolare, ma anche la riduzione del fumo, del consumo di alcolici, di carne rossa e bevande zuccherate, gli specialisti della Fondazione hanno realizzato una mappa con alcune linee guida per i controlli medici da effettuare nelle diverse fasce d’età a partire dai 18 anni. Le informazioni sono di carattere generale e sono rivolte a persone non affette da patologie in atto o con fattori di rischio (fumo, alcol, obesità, ereditarietà, familiarità, etc.). Non solo gesti di attenzione regolare come l’autopalpazione testicolare, che si raccomanda a partire dai 18-20 anni, ma anche visite regolari: in particolare, dai 18 anni si raccomanda almeno una volta l’anno (e dai 21 una volta ogni 2 anni) lo svolgimento delle visite oculistiche e dermatologiche con mappatura dei nevi. Mentre a partire dai 21 anni diventa importante controllare almeno una volta l’anno anche la pressione arteriosa. Da prevedere a partire dai 40 anni lo svolgimento regolare (almeno una volta l’anno) degli esami ematochimici completi con urine e l’ecografia dell’addome completo (una volta l’anno tra i 40 e i 50 anni, che aumentano a due volte l’anno dopo i 50 anni). Si aggiunge tra i 50 e i 64 anni, lo svolgimento regolare, almeno una volta l’anno, della ricerca del sangue occulto nelle feci, la visita cardiologica con Ecg e la visita urologica con esplorazione rettale e dosaggio del Psa (Antigene Prostatico Specifico). “La crescita negli ultimi anni del numero assoluto dei casi di tumore in Italia, come sottolineato anche dagli ultimi dati AIOM, rende sempre più importante, l’impegno per accelerare le diagnosi e favorire la prevenzione primaria e secondaria delle malattie tumorali, non solo tramite il fondamentale controllo dei fattori di rischio, ma anche attraverso la diffusione di una maggiore conoscenza delle informazioni utili a prendersi cura della propria salute fin da giovani” Lorenzo Sommella, direttore sanitario della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. “La nostra Fondazione è impegnata sul territorio con iniziative concrete per la prevenzione, che speriamo possano arrivare a sempre più persone. In occasione del Novembre azzurro, abbiamo deciso di mettere a disposizione sempre più risorse coinvolgendo 15 operatori sanitari specialisti delle Unità operative di urologia, dermatologia, medicina dello sport e odontoiatria – nelle attività dedicate alla promozione della prevenzione della salute maschile – con oltre 400 prestazioni gratuite rivolte alla prevenzione urologica e tricologica. Siamo soddisfatti di constatare anche che oltre 1.200 utenti hanno risposto alla campagna informativa sull’importanza della prevenzione per la salute maschile lanciata dalla Fondazione con il Programma My-Hospital”, aggiunge.

In Italia, il tumore più diffuso tra gli uomini è il tumore alla prostata, con previsioni di aumento in numeri assoluti da 40.500 nel 2022 a 42.300 nel 2025 (AIOM. 2022). In crescita secondo le previsioni, nei prossimi tre anni, anche le nuove diagnosi di tumore al polmone, prima causa di morte per tumore tra gli uomini nel nostro Paese. Le diagnosi potrebbero salire da 29.300 nel 2022 a 30.800 nel 2025. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’American Cancer Society nel 2023, quasi il 30% dei nuovi casi di tumore tra gli uomini sono tumori alla prostata, circa il 12% riguarderebbe tumori a polmone e bronchi. Guardando ai tumori più diffusi a livello globale nella popolazione maschile, il numero stimato di nuovi casi nel 2020, si riferisce per il 14,1% a tumori alla prostata e per il 14,3% ai tumori al polmone (Oms, 2020).

Influenza, Simg: siamo sopra soglia epidemica e trend è in crescita

Influenza, Simg: siamo sopra soglia epidemica e trend è in crescitaRoma, 24 nov. (askanews) – I tassi di diffusione dell’influenza sono in crescita, con il picco previsto prima di Natale. Per questo i medici di famiglia della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie raccomandano di accelerare i tempi ed estendere la copertura delle vaccinazioni antinfluenzali in corso, con particolare attenzione ai soggetti fragili. Questo l’appello lanciato dal 40° Congresso Nazionale SIMG, che è in corso a Firenze, e durerà fino al 25 novembre. “I dati registrati nell’ultima settimana, quella del 17 novembre, hanno riportato circa 400mila persone colpite dal virus influenzale, un’incidenza del 6,7 per mille nella popolazione generale – sottolinea Alessandro Rossi, Presidente eletto SIMG – al momento la diffusione dell’influenza è leggermente superiore alla soglia epidemica, ma si registra un andamento in crescita, con la curva che molto probabilmente proseguirà nelle prossime settimane, fino a raggiungere il picco poco prima di natale”.

Da metà ottobre è attiva la campagna vaccinale in tutte le regioni italiane. “Soprattutto nei soggetti fragili, si devono raggiungere delle coperture maggiori rispetto allo scorso anno, quando il tasso di copertura si è attestato al 56%, ben lontano dal 75% auspicabile e dal 95% ottimale – evidenzia Alessandro Rossi – ogni punto di copertura in più, come confermano i dati della letteratura, corrisponde a un abbassamento diretto della mortalità e dell’ospedalizzazione, che colpiscono soprattutto i pazienti anziani e i più fragili, per i quali la vaccinazione non è più solo consigliata, ma raccomandata. Tra questi vi sono due popolazioni a cui bisogna prestare particolare attenzione: i pazienti diabetici di qualsiasi età, in quanto il diabete per le sue caratteristiche espone maggiormente alle conseguenze più nefaste del virus influenzale, e le donne in gravidanza a qualsiasi settimana, poiché il vaccino è sicuro e protegge sia la donna che il feto. Non va trascurata l’indicazione della vaccinazione a tutto il resto della popolazione giovane e adulta per proteggere sia se stessi che la comunità e i contatti diretti di queste persone. La SIMG ha predisposto strumenti formativi e informativi per favorire le somministrazioni dei vaccini, specificando l’importanza di usarne due specifiche tipologie sulle categorie più fragili, quello adiuvato e quello ad alto dosaggio, che si sono rivelati maggiormente efficaci nel prevenire mortalità e ospedalizzazione”. “La campagna vaccinale contro l’influenza, inoltre – conclude Rossi – rappresenta un fattore in grado di promuovere anche gli altri vaccini per l’adulto, dal booster aggiornato contro le più recenti varianti del Covid-19, da rilanciare fortemente in questa fase, a quelli contro Pneumococco e Herpes Zoster. Sono tutti somministrabili nel corso della stessa seduta del vaccino antinfluenzale”.

Sorveglianza RespiVirNet Iss: sale incidenza sindromi simil-influenzali

Sorveglianza RespiVirNet Iss: sale incidenza sindromi simil-influenzaliRoma, 24 nov. (askanews) – Sale, come atteso con l’avanzare della stagione fredda, l’incidenza delle sindromi simil influenzali in Italia, che nell’ultima settimana si attesta a 7.6 casi per mille assistiti (vs 6,6 nello scorso bollettino), con una prevalenza di Rhinovirus e una percentuale ancora piccola di virus influenzali veri e propri. Lo affermano i bollettini della sorveglianza RespiVirNet pubblicati oggi. Ecco i dati principali: Sorveglianza epidemiologica. • Aumenta il numero di casi di sindromi simil-influenzali (ILI) in Italia. Nella 46° settimana del 2023, infatti, l’incidenza è pari a 7,6 casi per mille assistiti (6,6 nella settimana precedente). Si sottolinea che a tale aumento concorrono diversi virus respiratori. • Aumenta l’incidenza in tutte le fasce di età, ma risultano maggiormente colpiti i bambini al di sotto dei cinque anni in cui l’incidenza è pari a 16,0 casi per mille assistiti (12,8 nella settimana precedente). La scorsa stagione in questa settimana l’incidenza di ILI nei bambini sotto i cinque anni era pari a 28,4 casi mille assistiti. • Tutte le Regioni, tra quelle che hanno attivato la sorveglianza, registrano un livello di incidenza delle sindromi simil-influenzali sopra la soglia basale, tranne Friuli-Venezia Giulia e Molise. In Piemonte e Lombardia raggiunta la soglia di intensità media dell’incidenza.

Sorveglianza virologica. • Durante la prima settimana di sorveglianza virologica per la stagione 2023/2024, si registra una limitata circolazione dei virus influenzali. • Su 808 campioni clinici ricevuti dai diversi laboratori afferenti alla rete RespiVirNet, 21 (2,6%) sono risultati positivi al virus influenzale, tutti di tipo A (18 di sottotipo H1N1pdm09, 2 H3N2 e 1 A non ancora sottotipizzato). • Tra i campioni analizzati, 67 (8,3%) sono risultati positivi per SARS-CoV-2, 34 (4,2%) per RSV e i rimanenti 207 sono risultati positivi per altri virus respiratori, di cui: 152 Rhinovirus, 28 Adenovirus, 15 virus Parainfluenzali, 9 Coronavirus umani diversi da SARS-CoV-2 e 3 Metapneumovirus.

Malattie rare, focus UNIAMO disuguaglianze genere: troppe discriminazioni

Malattie rare, focus UNIAMO disuguaglianze genere: troppe discriminazioniRoma, 23 nov. (askanews) – “Il 48,61% delle donne caregiver non riesce ad organizzare visite e controlli preventivi”. È quanto emerge da una ricerca effettuata da UNIAMO, presentata stamattina a Roma, presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, nell’ambito dell’evento “Donne, salute e rarità”, organizzato con il contributo non condizionato di Chiesi Global Rare Diseases. Secondo l’indagine, il 17,36% non riesce ad organizzare un controllo per sé stessa da oltre 3 anni, il 20,14% da più di un anno, il 17,36% nell’ultimo anno, il 18,06% negli ultimi 6 mesi e solo il 27,08% negli ultimi tre mesi.

“Sulla base di questi numeri – ha spiegato Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – Federazione Italiana delle Malattie Rare – avevamo tutti gli elementi per sviluppare il nostro lavoro. Il primo, la Risoluzione ONU sui diritti delle persone con malattia rara adottata nel 2021 dopo aver espresso la “necessità di ridurre le disuguaglianze di genere”, che sottolinea che “le donne e le ragazze con una malattia rara devono affrontare maggiori discriminazioni e barriere nell’accesso ai servizi sanitari” e che le donne caregiver “si assumono una quota sproporzionata di cure e lavoro domestico non retribuiti”. È proprio dai principi espressi nella Risoluzione che si muove il nuovo progetto di UNIAMO. “Donne, madri, medico: sono capaci di trasformare la straordinaria capacità femminile di concentrare su di sé la cura di tutti i componenti della famiglia in capacità di innovazione per la governance nella gestione della complessità di cura per i bambini e le persone con malattie rare nel Sistema Socio Sanitario italiano”, ha sottolineato Giuseppina Annicchiarico, coordinatrice regionale in Puglia per le malattie rare. Il rapporto fra donne e malattie rare va oltre però alla medicina di genere. “Non solo le donne possono essere colpite dalle malattie rare, ma spesso si trovano anche a sostenere il carico psicologico e assistenziale per curare i figli affetti da una malattia rara”, ha affermato Simone Baldovino, coordinatore in Piemonte.

In una situazione in cui, come emerge sempre dalla ricerca, non hanno nemmeno più tempo per loro stesse: il 48,61% dichiara di avere anche meno di un’ora al giorno e addirittura il 34,03% di non avere affatto tempo per sé stessa, oltre la cura alla persona affetta da malattia rara. “Perché il ritardo diagnostico è maggiore nelle donne rispetto all’uomo? I percorsi che costruiamo e le terapie che utilizziamo sono ugualmente efficaci negli uomini e nelle donne? Sono solo alcune delle domande a cui tutti dobbiamo collaborare per rispondere”, secondo Giuseppe Limongelli, coordinatore sulle malattie rare in Campania. “Le donne – ha ricordato Cristina Scaletti, coordinatrice in Toscana per le malattie rare – non vogliono essere uguali agli uomini, vogliono avere gli stessi diritti e le stesse opportunità ma nel rispetto della loro diversità”. E se da un lato si sta assistendo ad una sempre maggior specificità delle terapie, dall’altro è necessario che a questa specificità si accompagni una diagnosi puntuale, in tempi ragionevoli. “Nel foresigh studio Rare 2030 si auspica che il tempo di diagnosi scenda ad un anno dalla comparsa dei primi sintomi, dai 4,1 al momento rilevati dagli studi di Eurordis”, ha concluso Annalisa Scopinaro.

Tra le storie raccontate nel corso della giornata quella di Rita Treglia, consigliera di UNIAMO e presidente ANACC, che ha chiesto una maggiore attenzione alla salute mentale della donna caregiver, e la storia di Stella raccontata da Stefania Polvani, presidente Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN), a testimonianza di come la medicina narrativa possa essere strumento necessario per promuovere la salute delle donne.

Africa, al via la prima grande campagna di vaccini per la malaria

Africa, al via la prima grande campagna di vaccini per la malariaMilano, 23 nov. (askanews) – E’ partita dal Camerun, con oltre 330mila dosi, la prima grande campagna di vaccinazioni per la malaria in Africa. A promuoverla Gavi, the Vaccine Alliance , insieme a OMS e UNICEF, che parlano di una pietra miliare nel percorso verso una vaccinazione sempre più ampia contro una delle malattie più mortali per i bambini africani.

“Avere un vaccino per la malaria – ha detto ad askanews Aurelia Nguyen, Chief Program Officer di Gavi – rappresenta un cosa davvero importante. Pensate che la malaria uccide ogni anno mezzo milione di bambini sotto i 5 anni in Africa e centinaia di milioni di persone si ammalano. Abbiamo tanti strumenti efficaci contro la malaria, ma il vaccino è qualcosa di decisivo se vogliamo abbattere il numero delle morti per questa malattia, soprattutto tra i bambini africani”. Nel 2021 si sono verificati 247 milioni di casi a livello globale, che hanno causato 619.000 morti. Di questi decessi, il 77% riguardava bambini sotto i 5 anni, soprattutto in Africa. L’incidenza di malaria raggiunge il picco più alto nel continente africano, dove nel 2021 si sono registrati circa il 95% dei casi globali di malaria e il 96% dei decessi correlati.

“Io lavoro per Gavi, the Vaccine Alliance – ha proseguito Nguyen – e quello che facciamo è aiutare gli Stati, sopratutto quelli che sono in difficoltà nel reperire e distribuire i vaccini a fare esattamente questo: dal supporto all’acquisto dei vaccini, fino alla distribuzione all’interno del Paese. Noi lavoriamo molto negli Stati, con i governi e tutte la parti coinvolte per portare i vaccini ai bambini. Si tratta davvero di mettere insieme tutti questi pezzi: rifornimento, distribuzione e coinvolgimento delle comunità”. Il vaccino antimalarico RTS,S è raccomandato dall’OMS e molti Paesi africani stanno finalizzando i piani di distribuzione. Nelle prossime settimane è prevista la consegna di ulteriori 1,7 milioni di dosi in Burkina Faso, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. Ma il discorso sui vaccini non si limita alla malaria. “Questa – ha concluso Aurelia Nguyen – è anche un’opportunità per noi per pensare ad altre patologie per le quali nel futuro potremmo avere un vaccino, come per esempio la tubercolosi, malattia sulla quale stiamo facendo progressi per sviluppare nuovi strumenti che ci permettano di offrire agli Stati modi per proteggere la loro popolazione”.

Queste prime spedizioni testimoniano che la vaccinazione contro la malaria sta uscendo dalla fase pilota e gettano le basi affinché i Paesi africani possano iniziare le vaccinazioni nel primo trimestre del 2024 con programmi di immunizzazione di routine supportati da Gavi.

Indagine: un medico su tre “perde” fino a 3 ore al giorno al telefono

Indagine: un medico su tre “perde” fino a 3 ore al giorno al telefonoRoma, 21 nov. (askanews) – Ore e ore al telefono per prenotare visite, fare ricette, certificati… Tempo prezioso “sacrificato” tra chiamate e messaggi whatsapp, che potrebbe essere meglio investito per visitare i pazienti in presenza. Il 30% circa dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta e degli specialisti spende fino a 3 ore della propria giornata al telefono per “incombenze burocratiche”. Quasi 20 ore a settimana, circa 80 in un mese per gestire situazioni che potrebbero essere delegate tranquillamente a una piattaforma digitale. Questi sono alcuni dei dati di un’indagine conoscitiva inedita realizzata da Datanalysis su 1.000 medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti e direttori generali. I risultati sono stati presentati oggi a Roma, nel corso del convegno “Dalla Prevenzione alle liste d’attesa. Come gli strumenti digitali possono creare nuovo valore nella sanità”, promosso e organizzato da MioDottore Connect, secondo appuntamento annuale del ciclo “I Leader della sanità”. La ricerca ha analizzato molti punti, tra cui un ‘ritorno al passato’: indica ad esempio che, tra le varie opzioni di assistenza, la quasi totalità dei medici, generalisti e specialisti, considera ancora le visite in presenza come le più affidabili. La telemedicina piace, anche se più agli specialisti, circa il 25% dei quali ritiene vada potenziata. I professionisti delle cure primarie, medici di famiglia e pediatri di libera scelta, ritengono invece centrale puntare sul rilancio della prevenzione (25%) e sulla semplificazione e riduzione del carico burocratico (23%). Sul fronte dell’assistenza sanitaria territoriale, l’intervento ritenuto prioritario da oltre il 30% dei medici intervistati è quello dell’incremento di professionisti, medici di famiglia e specialisti, mentre per il 25% è fondamentale aumentare le Case della Salute. All’evento introdotto da Americo Cicchetti, direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute, hanno preso parte, tra gli altri, Barbara Cittadini (presidente nazionale di AIOP, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata), Nicola Calabrese (presidente della FIMMG, la Federazione Nazionale dei Medici di Medicina Generale), oltre al vicepresidente vicario della FIASO, Paolo Petralia; il presidente di Federfarma, Marco Cossolo e il vicesegretario generale di Cittadinanzattiva Francesca Moccia. La voce delle Regioni è stata portata dall’assessore alle politiche sociali della Regione Lazio, Massimiliano Maselli e dal direttore generale del Policlinico Tor Vergata e commissario all’ASL Roma1, Giuseppe Quintavalle.

“L’innovazione di processo può garantire la continuazione della missione del Servizio Sanitario Nazionale, e quindi la garanzia della sua sostenibilità – ha osservato Americo Cicchetti -. Dai servizi sul territorio, al domicilio, alla telemedicina, che necessariamente dobbiamo mettere in campo. Le piattaforme di telemedicina e teleconsulto garantiscono un ulteriore importante obiettivo: quello di creare integrazione tra le competenze distribuite tra le professioni attraverso il lavoro in team. Per ottenere tutto questo c’è bisogno di una base tecnologica e di innovare le competenze dei professionisti. Così come è importante coinvolgere i cittadini, sempre più vicini al digitale ma consapevoli che la popolazione anziana può trovare qualche ostacolo”. Secondo i camici bianchi intervistati, il ricorso a una piattaforma sanitaria digitale che consente di prenotare visite e controlli potrebbe influire sulla sanità territoriale ed ospedaliera, in primis, riducendo le liste d’attesa (lo dice circa il 34% dei medici), e, in subordine, prevenendo la necessità di ricoveri (25%). Lo conferma Barbara Cittadini, presidente nazionale di AIOP. “In un processo, oggi indispensabile e improcrastinabile di digitalizzazione e modernizzazione del settore sanitario ed ospedaliero, le piattaforme digitali per la prenotazione di visite e controlli, integrando il rapporto tra medico e paziente, rappresentano uno strumento molto efficace di management dell’assistenza: dalla prevenzione dei ricoveri ospedalieri fino alla gestione a distanza di assistenza e cure, le piattaforme digitali possono essere, anche, un valido alleato per il governo delle liste d’attesa, garantendo che la domanda di assistenza dei cittadini sia gestita secondo principi di equità di accesso”. Tra gli elementi distintivi di queste piattaforme online per prenotare visite e controlli, i medici hanno citato la possibilità di ridurre telefonate e messaggi (il 30% dei medici di famiglia e il 35% degli specialisti) e il risparmio di tempo che può essere dedicato ad attività cliniche (il 26% dei medici generalisti ed il 35% degli specialisti). “Oggi peró il tema non è solo l’opportunità di avere supporto ad una migliore organizzazione del lavoro bensì uno strumento professionale che supporti il medico di medicina generale nel percorso di relazione fiduciaria medico paziente che è prioritario per la medicina generale – ha precisato Nicola Calabrese, presidente della FIMMG -. Da qui la necessità che questi sistemi siano personalizzati secondo le esigenze della medicina generale che ha la responsabilità, proprio per la relazione di fiducia col paziente e per il ruolo all’interno del sistema di sanità pubblica, di garantire sistemi che rispettino il ruolo professionale del medico nelle dinamiche della domanda di salute per i propri pazienti primariamente nel sistema sanitario nazionale e poi anche rispetto all’offerta privata”.

Antibiotico resistenza, 1 italiano su 2 non ne ha mai sentito parlare

Antibiotico resistenza, 1 italiano su 2 non ne ha mai sentito parlareRoma, 20 nov. (askanews) – Un italiano su due non ha mai sentito parlare di antibiotico resistenza e il 46% di essi utilizzerebbe gli antibiotici anche per infezioni virali. Inoltre, il 74% dei rispondenti afferma di aver utilizzato antibiotici negli ultimi dodici mesi, e di questi ben il 56% lo ha fatto per infezioni del tratto respiratorio superiore, come mal di gola/faringite, laringite e tonsillite. Questa è la fotografia che emerge dalla ricerca sull’utilizzo degli antibiotici da parte degli italiani e alla loro conoscenza e sensibilità sull’antibiotico-resistenza svolta da IQVIA, società a livello globale nell’elaborazione ed analisi dei dati in ambito sanitario, in collaborazione con Reckitt, una delle società multinazionali nell’ambito dei prodotti OTC per la cura del mal di gola. La ricerca, condotta su un campione di oltre 1.300 individui, rappresentativo della popolazione italiana adulta, e presentata in occasione della Settimana Mondiale sull’Uso Consapevole degli Antibiotici dal 18 al 24 novembre 2023, conferma la necessità di impegno in questo ambito, in cui Reckitt è già attiva a livello globale e pronta a definirsi con concrete progettualità anche in Italia. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è infatti oggi poco conosciuto dai cittadini italiani, nonostante i dati siano molto allarmanti: annualmente in Italia muoiono circa 11.000 persone per infezioni che non possono essere curate a causa della resistenza agli antibiotici, mentre a livello mondiale, rispetto a questo problema, si stimano 10 milioni di morti ogni anno entro il 2050.

L’uso inappropriato di un antibiotico può nascere da una scarsa conoscenza circa le modalità corrette di utilizzo di quest’ultimo e dall’assenza di una valutazione medica. Per curare le comuni infezioni delle vie respiratorie superiori, quelle di origine virale come ad esempio raffreddore, influenza e, nella maggior parte dei casi il mal di gola, gli antibiotici molto spesso non sono necessari, proprio perché si tratta di infezioni sostenute da virus, contro i quali gli antibiotici non esplicano alcun effetto terapeutico. Utilizzare frequentemente gli antibiotici, per l’appunto, porta a sviluppare un adattamento di alcuni microrganismi che acquisiscono la capacità di sopravvivere, resistere e, perfino, proliferare in presenza di una concentrazione di un agente antibatterico, generalmente sufficiente ad inibire o uccidere microrganismi della stessa specie, rendendo, così, l’azione dell’antibiotico inefficace. Parlando di mal di gola, ad esempio, anche AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco – ha ormai accertato che in 9 casi su 10il mal di gola è di origine virale e non batterica, e quindi non necessita dell’assunzione dell’antibiotico per la sua cura. Ciò nonostante, in Italia, il mal di gola rappresenta, tra le patologie elencate, quella con la più alta percentuale di utilizzo inappropriato di antibiotici, come evidenziato nel rapporto nazionale del 2021 redatto proprio dall’AIFA sull’utilizzo degli antibiotici in Italia. «Il mal di gola costituisce uno dei motivi più comuni per cui i pazienti si rivolgono al proprio medico e può avere un impatto negativo sostanziale sulla vita quotidiana di un individuo» sostiene Aurelio Sessa, specialista in medicina interna. «Sebbene doloroso e autolimitante, in molti casi si risolve entro 3-7 giorni, anche spontaneamente. Tuttavia, il disagio causato dai sintomi spinge i pazienti verso la richiesta e l’uso inappropriato degli antibiotici, fattore che contribuisce al crescente problema della resistenza antibiotica. Per il trattamento sintomatico del mal di gola possono risultare utili le formulazioni di FANS da somministrare a livello locale, come ad esempio quelle a base di flurbiprofene, poiché Il sollievo sintomatico conseguente all’applicazione locale di FANS rappresenterebbe quindi un fattore rilevante per i pazienti, in grado così di ridurre l’uso inappropriato degli antibiotici» conclude Sessa. Dall’indagine, condotta da IQVIA per Reckitt, emerge, inoltre, come il medico di medicina generale continui ad essere il punto di riferimento per il paziente nella ricerca di informazioni (53%). Detto ciò, però, preoccupa il dato secondo cui 1 italiano su 2 non ha mai sentito parlare di antibiotico-resistenza e ancor di più, tra coloro che dichiarano di non averne sentito parlare, il 49% la definisce erroneamente e semplicemente come inefficacia dell’antibiotico, mentre il 45% pensa che questo fenomeno non possa diventare un vero e proprio problema. Ad aggravare ulteriormente la situazione, poi, ci sono le percentuali legate alle modalità di utilizzo degli antibiotici: il 41% non collega la resistenza all’antibiotico alla sua assunzione senza una reale necessità, il 49% è propenso ad utilizzare un antibiotico che ha già a disposizione a casa senza una nuova prescrizione e il 46% utilizzerebbe erroneamente antibiotici anche per curare infezioni virali, come l’influenza, senza approfondire con il medico.