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Diabete di tipo 1, nuova era trattamento col pancreas ‘bionico’

Diabete di tipo 1, nuova era trattamento col pancreas ‘bionico’Milano, 8 gen. (askanews) – E’ un ‘sistema ibrido a circuito chiuso’, utilizzabile quando il dispositivo indossabile o la pompa del monitoraggio del glucosio non siano sufficienti a controllare il diabete. Il ‘pancreas artificiale’ è composto da un sensore che monitora in maniera costante il glucosio, collegato ad una pompa ad insulina indossabile che eroga l’ormone nella giusta quantità quando serve, grazie ad un algoritmo di controllo. Lo hanno chiamato ‘pancreas artificiale’ o ‘bionico’ e ha dimostrato di controllare in maniera più efficiente i livelli di glucosio nel sangue rispetto alla terapia standard dove le modifiche nella somministrazione di insulina sono affidate al paziente. Inoltre i sistemi ibridi liberano le persone con diabete di tipo 1 dalla routine della puntura del dito, dalle iniezioni di insulina sull’addome e dal peso della gestione del diabete. Ma si attende il via libera per le persone con diabete di tipo 2 con diabete non controllato in terapia insulinica.

La Gran Bretagna ha appena avviato un programma per una fornitura di ‘dispositivi ibridi a circuito chiuso’ alle persone con diabete uno che abbiano un livello medio di emoglobina glicata (HbA1c) del 7,5% o superiore al fine di raggiungere i livelli di glicemia indicati dalle linee guida di 6.5% o inferiore, e per quelli a rischio di ipoglicemia. Saranno selezionati in particolare bambini, giovani, donne incinte o che stanno pianificando una gravidanza. Il controllo più accurato dei livelli di glucosio permette infatti di diminuire il rischio di complicazioni come grave ipoglicemia, infarti e ictus oltre ai relativi costi, calcolati nel 10% dei budget annuali destinati alla sanità in Europa. L’ente britannico NICE (National Institute for Health and Care Excellence) ha approvato il programma durante la propria conferenza annuale che si è svolta il 7 novembre: in Gran Bretagna e in Galles delle 290.000 persone interessate, il 50% sarebbe eleggibile all’uso del dispositivo. In Italia le persone con diabete di tipo uno sono 300.000, per loro la gestione della patologia diventerebbe più semplice e sicura in quanto repentine oscillazioni del glucosio (in eccesso o in difetto) possono risultare fatali.

“Il sistema usa un algoritmo per determinare la quantità di insulina che deve essere somministrata in maniera automatica al fine di garantire un livello stabile di glucosio, al contrario dei dispositivi che erogano insulina in maniera continuativa le cui modifiche sono affidate al paziente stesso” spiega Angelo Avogaro Presidente SID che aggiunge: “il pancreas artificiale si candida a cambiare la vita delle persone con diabete di tipo uno e rappresenta il varco di ingresso in una nuova era di trattamento. Un migliore controllo dei livelli glicemici non ha solo un effetto sulla qualità di vita ma anche sui costi associati, calcolati in un 10% della spesa sanitaria globale. Oggi la tecnologia è in grado di trasformare, soprattutto nei più giovani, la gestione della malattia.

Dolcetti della Befana, ma attenzione alle carie. I consigli dei medici

Dolcetti della Befana, ma attenzione alle carie. I consigli dei mediciRoma, 4 gen. (askanews) – “Cioccolatini, caramelle gommose, carbone zuccherato: la tradizionale calza della Befana non mancherà tra le sorprese di tantissimi bambini la mattina del 6 gennaio. Si può soprassedere sull’abuso di dolciumi, in un’occasione speciale come questa, ma il consumo abituale di alimenti zuccherati è una minaccia per la salute dei denti, anche di quelli da latte. Sebbene sia destinata a cadere, infatti, anche la dentatura dei più piccoli può essere colpita dalla carie”. E’ l’avvertimento dei medici Fnomceo che dedica sul sito “Dottore ma è vero che?” un approfondimento alla carie nei più piccoli. “Di questa malattia soffre più del 20% dei bambini intorno ai 4 anni e il 43% dei più grandi. La carie nei bimbi non è semplice da riconoscere, ma con l’aiuto del pediatra e dell’odontoiatra e seguendo una corretta igiene orale si può prevenire e curare” chiarisce il sito che come consuetudine offre una serie di risposte alle domande più frequenti.

“Dottore, anche i bambini possono avere la carie? Diversamente da quanto accade agli adulti, nei bambini la carie non ha l’aspetto di un buco e non è di colore scuro. Nei denti da latte, infatti, si nota inizialmente una piccola macchia bianca. Vuol dire che lo smalto è intaccato e comincia a demineralizzarsi, cioè la struttura del dente si sta indebolendo. La macchia può poi scurirsi diventando più opaca e di colore giallastro o bruno. In questa fase solitamente il bambino non sente dolore. Potrebbe capitare però che aumenti la sensibilità dentinale: si avverte un fastidio quando si beve o si mangia qualcosa di caldo o freddo. Il passo successivo è un forellino sullo smalto. In questo caso la carie colpisce la polpa dentale e perciò si sentirà dolore. Ricordiamo che i denti da latte iniziano a spuntare intorno ai 6-8 mesi, fino ai 26 mesi circa (talvolta anche intorno ai 30 mesi). Ai 5-6 anni i denti cominciano a cadere. Questo passaggio si completa intorno agli 11-12 anni”. “Dottore, ho sentito parlare di “carie da biberon”. Cosa vuol dire? Si tratta di un modo diverso per indicare la carie precoce nei bambini sotto i 3 anni. Le lesioni sui denti da latte, infatti, possono cominciare già dai 12-18 mesi. Sebbene i dati disponibili siano ancora limitati, sappiamo che l’8,2% dei bambini italiani sotto i 5 anni soffre di carie precoce. Con l’occasione, una raccomandazione sul biberon. Spesso le mamme usano aggiungere miele o zucchero sul ciuccio oppure mischiati al latte o alla camomilla nel biberon per invogliare i figli inappetenti o per conciliare loro il sonno. Come è facile immaginare, sono abitudini da evitare”.

“La carie, allora, è causata soltanto dagli zuccheri? Un’alimentazione che preveda quotidianamente quantità eccessive di zuccheri è tra le cause principali. Soprattutto se unita a una scarsa igiene orale. Ci sono altri fattori che contribuiscono a danneggiare i denti, anche quelli dei più piccoli: la flora batterica, normalmente presente nel cavo orale; la struttura dei denti stessi (per cause congenite, come lo smalto debole); le difese immunitarie basse; la scarsità di saliva, che serve anche a eliminare i residui dei cibi; l’igiene orale insufficiente. La raccomandazione più importante, al pari dell’igiene orale, è limitare cibi e bevande ricchi di zuccheri semplici, come merendine, succhi di frutta confezionati, bibite gassate, caramelle, biscotti farciti. Particolarmente insidiosi per lo sviluppo di lesioni sono gli alimenti acidi, che intaccano lo smalto, e quelli appiccicosi (caramelle gommose, frutta secca), difficili da rimuovere con il lavaggio. Quindi, va bene regalare una calza della Befana ricca di golosità; subito dopo aver assaggiato, però, è necessario lavarsi i denti”.

Ospedali sentinella Fiaso: ricoveri covid in calo. Preoccupa influenza

Ospedali sentinella Fiaso: ricoveri covid in calo. Preoccupa influenzaRoma, 4 gen. (askanews) – Si conferma in calo l’indice dei ricoveri Covid. La rilevazione degli ospedali sentinella aderenti a Fiaso fa registrare un complessivo -16% nell’ultima settimana del 2023. La riduzione riguarda i reparti ordinari: -7% nelle medicine o nei reparti di malattie infettive di ricoveri “Per Covid”, ovvero pazienti con sindromi respiratorie e polmonari. Nel 90% dei casi si tratta di soggetti già affetti da altre patologie. Più netto il calo dei pazienti ricoverati “Con Covid”: -22,5% tra coloro che sono in ospedale per altre cause ma al momento del ricovero risultano positivi. Questa categoria di pazienti rappresenta il 70% dei ricoveri covid in ordinario. L’età media è di 77 anni. I numeri restano bassi nelle terapie intensive, anche se si registra un sensibile incremento dovuto alle ricadute a lungo termine dell’andamento dei contagi tra la popolazione delle ultime settimane. I pazienti hanno un’età media di 68 anni e nel 93% dei casi sono già affetti da altre patologie. Ancora stabile la situazione negli ospedali pediatrici, con una netta prevalenza dei bambini ricoverati “Per Covid”, ovvero con sindromi respiratorie riconducibili all’infezione da Sars Cov-2, che ha portato un bambino in terapia intensiva. I ricoveri continuano a concentrarsi nel 90% dei casi nella fascia di età 0-4 anni. “Il Covid in questa fase sta lasciando il posto all’influenza – spiega presidente della Fiaso, Giovanni Migliore – osservando anche i dati della rete RespiVirNet si vede chiaramente come alla maggiore circolazione dell’influenza in queste settimane corrisponda una progressiva riduzione del Covid. I virus influenzali stanno avendo un impatto in termini assoluti maggiore, soprattutto sulla popolazione di anziani e fragili che per affrontare le conseguenze di scompensi respiratori affolla i pronto soccorso in attesa di ricovero”. “Va inoltre considerato – aggiunge Migliore – che anche se il 70% dei ricoveri in ordinario è rappresentata da pazienti positivi al Covid che non hanno una infezione respiratoria grave, questi pazienti devono comunque essere isolati dagli altri per evitare che altri soggetti fragili si infettino. Questa situazione contribuisce a complicare la gestione ospedaliera, in questo periodo in cui a causa dell’influenza aumenta la richiesta di posti letto”.

Sindrome otolitica: ecco i movimenti da evitare per non rischiare recidive

Sindrome otolitica: ecco i movimenti da evitare per non rischiare recidiveRoma, 4 gen. (askanews) – Alzare la testa per guardare il soffitto o sporgere il capo per allacciarsi le scarpe sono alcuni dei gesti da sconsigliare dopo la manovra liberatoria in caso di sindrome otolitica. Il rischio recidive è intorno al 20% per i giramenti di testa che colpiscono in prevalenza doppia il genere femminile.

La vertigine parossistica posizionale benigna, più comunemente nota come sindrome otolitica, è una delle malattie dell’orecchio interno più comuni nell’ambito clinico. In Italia e nel mondo, l’incidenza annuale del disturbo è di 10 casi ogni 100mila persone, con una prevalenza doppia nel genere femminile e un picco di insorgenza fra i 50 e i 60 anni. Ancora non esiste una patogenesi dimostrata ma l’elevata prevalenza nelle donne di mezza età suggerisce che il disturbo sia collegato al diverso metabolismo del calcio. “Anche l’ipertensione arteriosa – nella misura di un terzo dei casi – i traumi cranici, le infezioni virali possono essere considerate le possibili cause”, spiega Stefano Di Girolamo, ordinario e direttore della Clinica di Otorinolaringoiatriadel Policlinico Tor Vergata. “La patologia si verifica quando gli otoliti, microscopici cristalli di bicarbonato di calcio, una volta che si staccano dalla macula, loro sede naturale, ed entrati nel canale semicircolare, provocano un violento impulso, determinando la sindrome vertiginosa, ogni qual volta ci si sdraia o si cambia posizione nel letto”, aggiunge il professore che ha documentato, sin dal 1998, presso il centro di vestibologia del Policlinico Tor Vergata, la concomitante presenza di un alterato controllo posturale anche al di fuori della sindrome, spesso descritto dai pazienti come sensazione di “testa fra le nuvole”. Il disturbo non viene trattato con terapia farmacologica ma è l’otorinolaringoiatra che pratica delle manovre liberatorie (come ad esempio la manovra di Lampert o “rotazione barbecue”), specifiche per lato e canale semicircolare interessato, finalizzate a far uscire il materiale otolitico. “Le manovre hanno percentuali di guarigione molto alta se ben effettuate”, commenta Di Girolamo. “La possibilità di recidiva è stimata intorno al 20% soprattutto se non si pone attenzione ad alcuni movimenti, come ad esempio alzare la testa per guardare il soffitto e sporgere il capo per allacciarsi le scarpe. Inoltre, dopo aver effettuato la manovra, nelle notti a seguire è consigliabile dormire con due cuscini uno sopra l’altro per evitare il rientro dell’otolita nel canale semicircolare”.

Policlinico Tor Vergata, nuove frontiere chirurgiche in traumi torace

Policlinico Tor Vergata, nuove frontiere chirurgiche in traumi toraceRoma, 4 gen. (askanews) – Il Policlinico Tor Vergata accoglie un numero notevole di pazienti con traumi del torace, provenienti dal quadrante sud-est di Roma. Molti di questi pazienti giungono in condizioni critiche a causa di multiple fratture della gabbia toracica, una circostanza che può avere conseguenze anche mortali. L’ospedale ha un’arma in più ora per fronteggiare efficacemente questo problema. Qualche giorno prima di Natale è stato eseguito il primo intervento sul territorio di riparazione delle fratture costali multiple con l’innovativo sistema Rib Fix Blue. Si è trattato di un paziente, vittima di incidente domestico che presentava fratture costali muliple e frammentate su tutto il fianco sinistro. La condizione clinica piuttosto complessa. Il Prof. Vincenzo Ambrogi, Direttore della UOC di Chirurgia Toracica del PTV : “Tale condizione porta rapidamente all’insufficienza respiratoria ed in alcuni casi ad infezioni polmonari con possibile allungamento dei tempi di degenza”. La equipe chirurgica ha recentemente acquisito competenze sulla tecnica Open Reduction Internal Fixation delle fratture costali che permette un’immediata stabilizzazione delle fratture, con miglioramento degli scambi respiratori ed una più rapida ripresa del paziente. Aggiunge Ambrogi: “In questo caso siamo riusciti a ricostruire 5 coste e a ripararne altre 2, evitando che il paziente fosse intubato e di essere, in tempi brevi, disponibile per un nuovo intervento ortopedico per le fratture del bacino. Le condizioni cliniche del paziente, oggi, sono in costante, lento miglioramento”. L’intervento è durato 3 ore. Questo dispositivo consiste in un sistema di placche e viti in titanio modellabili che possono pertanto essere adattate alle caratteristiche del singolo paziente e con incisioni chirurgiche più contenute. Il Direttore Generale del Policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle dichiara :” È stato un buon esempio di sinergie positive focalizzate su un unico obiettivo, grazie al team multidisciplinare di chirurghi, anestesisti, infermieri di sala operatoria e personale di supporto che ha consentito la riuscita dell’intervento. Sono orgoglioso di questo risultato che dimostra che questo Policlinico continua a consolidarsi come centro di riferimento all’avanguardia nella gestione dei traumi del torace ed altre condizioni d’urgenza”.

Epifania alle Terme di Chianciano per concludere le feste in relax

Epifania alle Terme di Chianciano per concludere le feste in relaxRoma, 31 dic. (askanews) – L’Epifania alle Terme di Chianciano, uno dei poli termali più conosciuti della Toscana, tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia, patrimonio dell’Unesco, è l’opportunità per concludere le festività con un’esperienza di benessere e relax.

Il rimedio naturale per riequilibrare il proprio organismo è la cura idropinica del Parco dell’Acquasanta alle Terme di Chianciano, antica e preziosa tradizione nel campo del benessere e della salute, che consiste nell’assunzione di acqua termale direttamente alla fonte. Emergendo dalle profondità della Terra, queste acque minerali si arricchiscono di sali minerali e oligoelementi che hanno un effetto benefico sul corpo: ricca di elementi come il calcio, il magnesio, il bicarbonato e il solfato, l’acqua termale di Chianciano aiuta a stimolare la digestione, a regolare la funzionalità intestinale e a depurare il fegato. Durante i mesi invernali, le Terme di Chianciano si trasformano in un luogo incantato, soprattutto al calar del sole, grazie a un’atmosfera unica fatta di musica, vapori termali avvolgenti e cene in morbidi accappatoi. La Theia Night Winter Edition del 5 gennaio offre il perfetto equilibrio tra relax e divertimento: una serata che unisce cocktail e acque termali, che invita a lasciarsi andare, a ballare e ridere nell’acqua, condividendo momenti indimenticabili con amici e partner sotto un cielo stellato. I Bagni di Notte del 6 gennaio sono lo sfondo ideale per una sera in compagnia: da iniziare con un gustoso aperitivo o un dopo cena, l’ingresso notturno all’area spa permette di apprezzare la musica dal vivo sorseggiando un calice di vino delle aziende agricole locali.

Covid: contagi e morti in calo, tasso di positività al 18,1%

Covid: contagi e morti in calo, tasso di positività al 18,1%Milano, 29 dic. (askanews) – Sono 40.990 i nuovi casi positivi al Covid registrati nella settimana compresa tra il 21-27 dicembre, con un crollo del 32,2% rispetto alla settimana precedente, quando i contagi erano stati 60.440. In discesa anche il numero dei morti: 279, contro 425 della settimana precedente, con una variazione del -34,4%. Secondo quanto emerge dal bollettino settimanale del Ministero della Salute, il tasso di positività – calcolato sulla base dei 226.649 tamponi processati (il 30% in meno rispetto alla settimana precedente – è al 18,1% con un leggero calo del 0,6% rispetto alla settimana precedente (18,7%)

Lieve flessione per il tasso di occupazione in area medica, pari all’11% (per un totale di 6.834 ricoverati) contro l’11,8% (7.360 ricoverati) del 20 dicembre. In leggerissimo rialzo, invece, il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva: è al 3,2% (281 ricoverati) rispetto al 3,1% (276 ricoverati) di settimana scorsa.

Sanità, survey Fadoi: il 46% dei medici pensa alla pensione anticipata

Sanità, survey Fadoi: il 46% dei medici pensa alla pensione anticipataRoma, 29 dic. (askanews) – Quasi la metà pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo, soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Ma a preoccupare è soprattutto quel terzo abbondante di loro che se tornasse indietro non sceglierebbe più di iscriversi a medicina e quel 12 e passa per cento che addirittura oggi pensa di cambiare proprio mestiere. Mentre l’idea di pagare meglio gli straordinari, come previsto dalla manovra è la ricetta idonea a tagliare le liste d’attesa per a mala pena un dottore su dieci.

A sondare l’umore dei nostri medici, sempre più tentati di dire addio al servizio pubblico, è la survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi di tutte le regioni italiane. Medici d’esperienza, con alle spalle in oltre la metà dei casi molti anni di carriera, con appena il 30% del campione che lavora da meno di 10 anni nel Ssn. L’idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione sta passando per la testa del 46,15% di loro. Una percentuale così alta che se pure nel 10% dei casi si trasformasse in realtà significherebbe la fuoriuscita anticipata dai nostri ospedali di decine di migliaia di professionisti. A spingere il 57,14% dei medici al pensionamento anticipato è la paura di subire un taglio alla propria pensione, magari con misure retroattive come quelle introdotte nella manovra, anche se poi alleggerite con un successivo emendamento. Per il 30,95% la causa sarebbero gli eccessivi carichi di lavoro, mentre la bassa retribuzione motiva solo il 2,38% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9,53%.

Anche chi non è in età di pensione nel 38,71% dei casi sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 21,82 % per andare nel privato, il 4,55% all’estero, mentre un preoccupante 12,33% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Uno scoramento che trova conferma nel 36,43% che alle condizioni attuali tornando indietro nel tempo non sceglierebbe più di fare il medico. Però le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico restano forti, con il 59,2% che motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 17,46% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro, mentre per il 13,66% a non sciogliere il legame con il Ssn è il fatto che le esigenze assistenziali nel pubblico vengano prima delle ragioni economiche. Un altro 9,68% da invece come motivazione la qualità dei nostri ospedali, che resta ancora alta.

L’indagine punta poi ad analizzare le criticità nei reperti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per il 52,55% il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, soprattutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell’organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata dal 30,91%. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata da un altro 9,27%, mentre per il 7,27% l’elemento di maggiore criticità è la carenza di posti letto nei reparti di medicina. Anche questa frutto della classificazione degli stessi reparti come “a bassa intensità di cura”. Quasi un plebiscito per l’utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 21,25% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza. Per il 56,36% è invece utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 22,39% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università.

Non convince infine la formula straordinari meglio pagati uguale meno liste di attesa, contenuta nella manovra economica, giudicata efficace solo dal 9,87% degli intervistati, mentre per il 41,18% serve assumere personale, per il 19,92% organizzare meglio le attività in modo da garantire un utilizzo più esteso sia delle apparecchiature diagnostiche che delle risorse umane. A parere del 27,70% andrebbe invece ridotta l’inappropriatezza prescrittiva, mentre appena l’1,33% ricorrerebbe al privato convenzionato per tagliare le liste di attesa. “L’indagine rivela, forse a sorpresa per chi non conosce a fondo la realtà medica, che per continuare a tenere legati i medici al servizio pubblico non sono tanto le più alte retribuzioni, che pur andrebbero almeno avvicinate a quelle europee, quanto piuttosto il miglioramento delle condizioni di lavoro e di carriera, oltre che la garanzia del rispetto dei diritti pensionistici acquisiti”, afferma il Presidente di Fadoi, Francesco Dentali. “Certo -prosegue- preoccupa quel 40% che pensa di lasciare il servizio pubblico, ma sono gli stessi medici nelle loro risposte a indicare la via della rinascita: un Ssn che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo le esigenze assistenziali davanti a quelle economiche, indicate da oltre il 70% dei medici come elemento che ancora li lega al pubblico”. “Quanto una buona riorganizzazione possa incidere positivamente nel motivare i medici lo dimostrano le criticità emerse riguardo le medicine interne che assorbono una parte notevole di tutti i ricoveri”, sottolinea a sua volta il Presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto. “Nei nostri reparti -prosegue- basterebbe superare una anacronistica e vetusta classificazione ministeriale, che con il codice 26 li definisce ancora a bassa intensità di cura, quando basta scorrere l’elenco delle cartelle cliniche per capire che i nostri sono pazienti complessi necessitano di alti livelli di assistenza”. “Un problema che sembra di natura burocratico-amministrativa ma che in realtà si traduce in una sotto-dotazione sia in termini di organico che di tecnologia”, conclude Manfellotto. Che chiede di “ridefinire gli standard di personale sanitario ancora vincolati a un vecchio decreto emesso da Donat Cattin”.

Malattie rare, UNIAMO: con FantaSanremo per fare più rumore possibile

Malattie rare, UNIAMO: con FantaSanremo per fare più rumore possibileRoma, 28 dic. (askanews) – In Italia febbraio è tradizionalmente il mese del Festival di Sanremo ma, per la comunità rara, è anche il mese dedicato alla sensibilizzazione sulle malattie rare. Il 29 febbraio, il giorno più raro del calendario, si celebra, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, la Giornata delle Malattie Rare. UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare, con la campagna #UNIAMOleforze svilupperà, come di consueto dal 2008, tante iniziative, toccando anche molte città italiane.

Per l’edizione 2024 del Rare Disease Day, la diciassettesima, UNIAMO ha deciso di raggiungere con la sua campagna di sensibilizzazione un pubblico più giovane, stringendo una partnership, con veste grafica rinnovata, con il FantaSanremo, il fantasy game basato sul Festival della canzone italiana che l’anno scorso ha coinvolto oltre un milione e mezzo di partecipanti. A partire da oggi sul sito fantasanremo.com si potrà comporre la propria squadra fatta da 5 artisti, acquistati con 100 baudi – la valuta del gioco -, e iscriverla alla Lega UNIAMO. “In Italia le persone con malattia rara sono oltre 2 milioni: 1 su 5 è minorenne. Per questo – ha dichiarato la Presidente UNIAMO, Annalisa Scopinaro – siamo particolarmente contenti di questa iniziativa che parla soprattutto ai giovani: l’obiettivo è fare più rumore possibile, ma in modo armonico, sulle malattie rare, informare sulle difficoltà che incontrano ogni giorno le persone con malattia rara e le loro famiglie, sradicare un po’ di pregiudizi e pietismo e, soprattutto, fare luce sulla nostra comunità. Perché nessuno si senta solo”.

Il tema della campagna di awareness del 2024 sarà l’equità, declinata quest’anno sulla presa in carico olistica: “Le malattie rare – ha continuato la Presidente Scopinaro – nella maggioranza dei casi causano disabilità; è necessario che gli strumenti dell’assistenza sanitaria e dell’assistenza sociale, della scuola e del lavoro si integrino verso la piena inclusione, partecipazione e sviluppo della persona con malattia rara. Come un’orchestra. La partnership con il FantaSanremo è nata proprio da questa riflessione”. L’hashtag della campagna #UNIAMOleforze vuole spronare tutti gli attori a coalizzare gli sforzi per ottimizzare il sistema, migliorare concretamente la vita delle persone con malattia rara e le loro famiglie e raggiungere l’equità, che non è dare a tutti in misura uguale ma a ciascuno in base alle necessità. Questo per i malati rari vuol dire: diagnosi precoci, prese in carico tempestive e globali, integrazione socio-sanitaria, accessibilità delle terapie e pari opportunità.

Torna “ChiacchieRARE”, format social Federazione italiana malattie rare

Torna “ChiacchieRARE”, format social Federazione italiana malattie rareRoma, 28 dic. (askanews) – Torna “ChiacchieRARE”, il format social di UNIAMO – Federazione italiana delle malattie rare, per favorire la conoscenza delle singole malattie rare.

“Un format di approfondimento sulle singole malattie rare che ha l’obiettivo di aumentare il numero di diagnosi corrette, migliorare la conoscenza delle patologie, fornendo ai pazienti e alla classe medica ulteriore materiale consultabile da parte di tutti, grazie al coinvolgimento di esperti clinici, rappresentanti delle associazioni di riferimento delle singole patologie e testimonianze dei malati rari”, spiega la presidente di UNIAMO, Annalisa Scopinaro. La prima puntata oggi, giovedì 28 dicembre, sarà dedicata al PTLD, disturbo linfoproliferativa per trapianto. La prima puntata sarà dedicata al PTLD, disturbo linfoproliferativa per trapianto.

Partecipano Annalisa Scopinaro, presidente Uniamo e la dott.ssa Patrizia Comoli, Ospedale S.Matteo di Pavia. Con la testimonianza di Paula dalla Spagna. La puntata della durata di circa 30 minuti sarà visibile sui canali social (Instagram, Facebook e YouTube), di UNIAMO.