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Croce Rossa e The Fool: le fake news su hiv e Aids più diffuse nel web

Croce Rossa e The Fool: le fake news su hiv e Aids più diffuse nel webRoma, 4 dic. (askanews) – Gli utenti del web sono convinti che ormai non ci si ammali più di Aids, che l’Hiv sia un problema solo delle persone omosessuali, che non causi Aids, che l’HIV sia stato usato per produrre il vaccino contro il Covid-19, che ci si possa infettare da Aids con la carne bovina o le banane, che l’Hiv possa essere trasmesso attraverso la puntura delle zanzare, che si possa contrarre l’Aids con la terza dose di vaccino contro il Covid-19, che l’HIV sia fuggito da un laboratorio. Sono questi i principali argomenti attorno ai quali ruotano le 31.000 conversazioni incentrate su Hiv e Aids che si sono sviluppate nell’ultimo biennio e che hanno generato sui social circa 53mila interazioni. In occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids del 1° dicembre la Croce Rossa Italiana ha diffuso online sui suoi canali un report sulle fake news maggiormente presenti nel web su HIV e AIDS. Un punto messo in evidenza dal report è che la pandemia da Covid-19 ha esacerbato la proliferazione di fake news, registrando un aumento del 74% tra il 2020 e il 2022.

Tra le notizie errate più diffuse sul web, la convinzione che i vaccini Covid-19 provochino l’Aids mentre i vaccini non causano Hiv o Aids ma hanno il solo scopo di proteggere il corpo da specifiche malattie, stimolando il sistema immunitario a creare una risposta. Nessun vaccino contiene l’HIV vivo. È falsa anche la notizia secondo cui oggi non ci si ammala più di Aids. Anche se le terapie antiretrovirali (ART) hanno notevolmente aumentato la longevità e la qualità della vita delle persone con Hiv, l’Aids non è scomparso. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ci sono ancora milioni di persone nel mondo che vivono con l’Hiv e sviluppano l’Aids. L’Hiv non è un problema che riguarda solo le persone omosessuali: il virus può colpire chiunque, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Infatti, come si legge nel Notiziario Istisan dell’Istituto Superiore di Sanità, i casi più numerosi sono attribuibili a trasmissione eterosessuale (46%), seguiti dai casi relativi a maschi omossessuali (38%), persone che usano sostanze stupefacenti (3%). Secondo un’altra notizia diffusa sul web, l’Hiv non causerebbe l’AIDS: Falso. Il virus dell’Hiv attacca il sistema immunitario e causa l’Aids (la sindrome).

Diversamente da quanto molti credono, il virus dell’Hiv non è stato usato per produrre il vaccino per combattere il Covid-19. Questi vaccini sono infatti stati sviluppati utilizzando varie tecnologie, tra cui l’RNA messaggero (Pfizer-BioNTech e Moderna) e il vettore virale non replicante (Johnson & Johnson e Oxford-AstraZeneca), ma per nessuno di essi è stato utilizzato l’Hiv. Allo stesso modo, non esiste alcuna prova scientifica a che il virus abbia avuto origine per via di una fuga da laboratorio. Non è vero che sia possibile contrarre l’Aids attraverso la carne bovina o le banane. L’Hiv, infatti, non può essere trasmesso attraverso il cibo. Il virus, infatti, può essere trasmesso solo attraverso liquidi biologici quali sangue (e derivati), sperma e secrezioni vaginali. latte materno. Le zanzare non trasmettono l’Hiv. Il virus, infatti, non può replicarsi all’interno della zanzara, della cimice, della pulce o di altri insetti che abbiano contatto con il sangue.

Omceo: contro medici 350mila cause l’anno. 97% concluse con nulla di fatto

Omceo: contro medici 350mila cause l’anno. 97% concluse con nulla di fattoRoma, 4 dic. (askanews) – “Ogni anno vengono intentate contro i medici 350mila cause penali, il 97% si conclude in un nulla di fatto ma si crea comunque un danno enorme alle casse dello Stato, oltre a un condizionamento del comportamento dei colleghi. Il problema esiste e i numeri sono questi, che portano oggi a risarcimenti a carico dello Stato pari a 3 miliardi e 700 milioni di euro, quando nel 2014 erano di 2 miliardi e 400 milioni. E il tema esiste anche livello privato, dove la stima è di 400 milioni. Numeri che impongono di trovare con urgenza una soluzione, dato che questo fenomeno vale il 10,5% del Fondo sanitario nazionale e il 10% del valore della sanità privata”.

A denunciarlo è stato il presidente dell’Omceo Roma, Antonio Magi, in occasione del convegno ‘Responsabilità civile e penale del medico – Confronto sullo stato dell’arte nel penale e nel civile nella prospettiva di una possibile riforma’, nell’Aula magna della Facoltà Valdese di Teologia di Roma, organizzato dall’Ordine capitolino dei medici e accreditato dall’Ordine degli avvocati di Roma. Tra gli altri hanno partecipato Simonetta Matone, componente delle Commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera dei deputati, e Giacomo Travaglino, presidente titolare Corte di Cassazione – III Sezione Civile. Come sottolineato da Magi, “i giovani medici ormai scelgono sempre più le branche specialistiche meno esposte a questi rischi che hanno anche costi di assicurazione inferiori, col risultato che molti settori, come chirurgia, ostetricia, ginecologia, ortopedia, anestesia o rianimazione vengono viste come meno appetibili, e parliamo di branche fondamentali”.

Spesso quindi “il medico è costretto a ricorrere alla medicina difensiva, lo ha fatto almeno una volta 77,9% dei colleghi (il 92,3% nella fascia d’età che va dai 32 ai 52 anni) proponendo ricoveri o test superflui o prescrivendo più esami del necessario per prevenire le accuse. Questa pratica si è diffusa in maniera capillare e preoccupante, costa già allo Stato 13 miliardi di euro e il 93,2% dei medici pensano che aumenterà ancora, perché a oggi questo è l’unico strumento difensivo utilizzabile dalla categoria”. Quali sono, quindi, le possibili soluzioni? “Innanzitutto dare a medici e sanitari la sicurezza di una copertura assicurativa senza limiti e applicare la 231 anche in ambito sanitario”, ha concluso Magi. Perché “un medico che non opera tranquillo può essere un pericolo per se stesso e per gli altri”.

Modello IA prevede ricomparsa tumore a fegato post trapianto

Modello IA prevede ricomparsa tumore a fegato post trapiantoRoma, 4 dic. (askanews) – Il tumore al fegato o epatocarcinoma rappresenta una delle indicazioni più comuni al trapianto: in Italia, più della metà degli oltre 1.500 trapianti di fegato effettuati ogni anno ha come causa principale l’epatocarcinoma. In questo contesto è di fondamentale importanza prevedere la possibilità che il tumore possa ripresentarsi, evitando da una parte di sottoporre a questo intervento pazienti ad alto rischio e dall’altra migliorando la cura e la gestione dei pazienti trapiantati. Uno studio internazionale, pubblicato su Cancer Communications e coordinato dal Dipartimento di Chirurgia generale e specialistica della Sapienza di Roma, ha raccolto i dati di circa 4.000 pazienti provenienti da Nord America, Europa e Asia per sviluppare un calcolatore in grado di predire il rischio di recidiva di epatocarcinoma post-trapianto.

Per sviluppare questo calcolatore, che è disponibile su una pagina online completamente gratuita, è stata sfruttata, grazie all’aiuto degli ingegneri del Politecnico di Torino, l’intelligenza artificiale. Usando questo sistema innovativo e sofisticato, il nuovo calcolatore sviluppato si è dimostrato più attendibile di quelli già esistenti, aumentando quindi la possibilità di migliorare la cura di tutti i pazienti che vengono sottoposti a trapianto per tumore al fegato. “Lo score sviluppato è stato chiamato TRAIN-AI, acronimo di Time-Response-AlphafetoproteIN-Artificial Intelligence – spiega Quirino Lai della Sapienza. Tutte le variabili che compongono lo score sono facilmente ottenibili prima del trapianto al fine di consentire il suo calcolo praticamente in ogni parte del mondo, basandosi quindi su parametri user-friendly. Un’altra importante novità è stata quella di sviluppare un calcolatore basato su migliaia di pazienti provenienti da tutto il mondo, mentre gli score già esistenti si basavano su realtà regionali, o tuttalpiù nazionali, decisamente più circoscritte”. La possibilità di predire il rischio di sviluppare una recidiva ha enorme importanza per il paziente per due motivi: può consentire di identificare una classe a rischio inaccettabilmente alto di recidiva che può quindi essere esclusa dal trapianto stesso (trapianto futile per causa oncologica); può consentire di studiare il paziente nel post-trapianto con maggiore attenzione (controlli più ravvicinati, riduzione della terapia immunosoppressiva) per prevenire la recidiva in pazienti a rischio aumentato.

Influenza, Pregliasco: picco a Natale, accelerare con vaccinazioni

Influenza, Pregliasco: picco a Natale, accelerare con vaccinazioniMilano, 1 dic. (askanews) – La stagione dell’influenza è cominciata: a partire dall’inizio della sorveglianza, ai primi di ottobre, ci sono già stati più di un milione di casi. Colpiti maggiormente i bambini al di sotto dei cinque anni di età, ma anche tanti adulti in questi giorni sono a letto con sintomi classici come febbre, mal di gola, naso chiuso o che gocciola e dolori muscolari o articolari.

“Per il momento si tratta più che altro di virus simil influenzali, magari meno pesanti negli effetti rispetto all’influenza vera e propria che non è entrata ancora nell’effettiva fase epidemica ma che potrebbe diventare prevalente già fra un paio di settimane quando le temperature si abbasseranno ulteriormente, fino a raggiungere il picco probabilmente a cavallo del Natale, come succedeva in epoca pre-pandemica, quando spostamenti e maggior permanenza in ambienti chiusi faciliteranno la circolazione virale”, commenta Fabrizio Pregliasco, Direttore scientifico di Osservatorio Influenza, Direttore della scuola di specializzazione in igiene e medicina preventiva dell’Università degli studi di Milano e Direttore sanitario d’azienda dell’Irccs ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano. In queste ultime settimane anche il numero di casi di Covid ha ricominciato a salire e molto probabilmente tenderà a crescere, come abbiamo visto anche lo scorso anno, fino a raggiungere il picco a dicembre-gennaio. Nonostante il virus sia diventato meno aggressivo rispetto al passato, il Covid sta infatti ancora circolando e i soggetti non protetti da vaccinazioni o particolarmente vulnerabili possono ancora avere esiti gravi: ospedalizzazione e morte. “Il consiglio è dunque, in primis, quello di intensificare e accelerare con le vaccinazioni sia antinfluenzali che anti-covid, che possono essere somministrate nella stessa seduta, in modo da non farsi trovare impreparati e riuscire ad aumentare i tassi di copertura. La vaccinazione è fortemente raccomandata per anziani e fragili, ma è indicata anche per i bambini e altre categorie di popolazione in quanto più persone fanno il vaccino e meno il virus circola. Da non dimenticare poi le regole di buon senso che abbiamo imparato durante il Covid e che tornato sempre utili come lavarsi spesso le mani, usare la mascherina FFp2 quando ci si trova ad esempio sui mezzi pubblici o comunque in posti affollati, sternutire nella piega del gomito, evitare di stare a contatto con persone che hanno i sintomi influenzali e se si è malati non uscire per evitare di contagiare altre persone”, continua Pregliasco.

Da non trascurare anche le segnalazioni che ci arrivano dalla Cina, ma in particolare dalla Francia, relative alle polmoniti dovute a un batterio, il Mycoplasma pneumoniae, che può determinare, soprattutto nei piccoli, forme pesanti di polmonite che necessitano interventi in pronto soccorso e in ospedale. “In Italia la situazione è ancora sotto controllo ma questi messaggi ci devono far ricordare che bisogna sempre mantenere alta la soglia di attenzione su queste problematiche, mentre le istituzioni, dal lato loro, devono rimanere sul pezzo dal punto di vista della sorveglianza epidemiologica”, conclude Pregliasco.

Nuove speranze dalla Ricerca Clinica sulla Malattia di Huntington

Nuove speranze dalla Ricerca Clinica sulla Malattia di HuntingtonRoma, 1 dic. (askanews) – Si svolgerà domani, sabato 2 dicembre, la X Edizione del Convegno promosso dalla Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH) presso il Centro Congressi Roma Eventi, in Piazza della Pilotta, 4.

Unica occasione, in Italia, in cui viene fatto il punto ‘a portata di paziente’, sulle attuali strategie di cura per la malattia di Huntington perseguite a livello internazionale. La malattia di Huntington è una malattia genetica rara, ereditaria e neurodegenerativa che interessa principalmente il sistema nervoso. In Italia si stima che dei 2 milioni di persone che soffrono di una malattia rara, circa 7.000 siano affette dalla malattia di Huntington e tra le 30.000 e le 40.000 persone siano a rischio di ammalarsi. La malattia prende il nome da George Huntington, il medico americano che l’ha descritta per la prima volta nel 1872. La gravità della malattia deriva dal fatto che agisce contemporaneamente su più livelli: quello della perdita del controllo dei movimenti, quello della perdita delle capacità cognitive associate a dei disturbi del comportamento con alto tasso di suicidi. Si manifesta perciò in maniera variabile da soggetto a soggetto, anche all’interno dello stesso nucleo familiare: stessa causa ma facce diverse della malattia. Ciò rende particolarmente difficile riconoscerla e curarla adeguatamente. Ad oggi, non è stata ancora trovata una cura che ne allevi la gravità. Recentemente la Fondazione LIRH ha dato un contributo fondamentale alla scoperta delle cause della malattia ad insorgenza precoce (www.lirh.it).

Pivot-HD, Proof-HD, Select-HD, Generation HD2, HD Gene TRX1 sono i nomi delle cinque sperimentazioni terapeutiche internazionali che verranno illustrate durante il convegno. Un numero che sarebbe stato impensabile anche solo qualche anno fa. “Il 2 Dicembre parliamo della più strategica integrazione di terapie tecnologicamente diverse per la cura e la prevenzione di malattie neurodegenerative, di cui la malattia di Huntington è uno storico modello di studio. Verranno presentati studi clinici in corso sui pazienti, dalla terapia genica a quella con i moderni farmaci antisenso e modulatori dello splicing, alle ultime strategie farmacologiche”, afferma Ferdinando Squitieri, Direttore Scientifico della Fondazione LIRH, coordinatore delle sperimentazioni in Italia che accompagnerà i partecipanti nella comprensione dei percorsi e degli strumenti utilizzati insieme ad Umberto Sabatini, Professore Ordinario di Neuroradiologia Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro, tra i massimi esperti di neuroimaging.

Il convegno è rivolto principalmente (ma non solo) alle famiglie che vivono il dramma di questa malattia per cui il taglio dell’evento è divulgativo. La presenza attiva delle Associazioni LIRH Toscana, LIRH Puglia, LIRH Sardegna e NOI Huntington – la Rete Italiana dei Giovani – parte della Fondazione LIRH, renderà possibile raccogliere e condividere riflessioni e proposte direttamente dalla comunità dei pazienti e dei familiari, su cui grava il peso non solo medico ma anche sociale ed economico della malattia.

Il Dr Nicolò Zarotti dell’Università di Lancaster presenterà i risultati di uno studio di Fondazione LIRH sulla assistenza psicologica alle persone con malattia di Huntington, che segna formalmente l’avvio di un percorso che proseguirà in questa direzione.

One Health Forum, sostenibilità e doppio binario imprese-istituzioni

One Health Forum, sostenibilità e doppio binario imprese-istituzioniRoma, 30 nov. (askanews) – “L’Italia non può permettersi di avere un sistema istituzionale che rincorre le imprese”. Per questo, soprattutto sulla sostenibilità (e sulla salute) è necessario farle lavorare insieme. Si è svolta a Roma, a Palazzo Wedekind, con le parole di Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato della Repubblica, la due giorni del Forum One Health di Fortune Italia ideato con l’obiettivo di gettare le basi per costruire un approccio integrato che tenga conto della connessione tra salute umana, animale, ambientale. Oltre 40 gli interventi. In collegamento da Ginevra, Ruediger Krech, Director of the Health Promotion Department dell’Oms, è intervenuto sul ruolo degli attori del settore finanziario negli investimenti nella salute globale.

“È tempo che finanza ed health lavorino insieme”, ha spiegato. “Se vogliamo portare sostenibilità nei mercati finanziari dobbiamo parlare i linguaggi di finanza e mondo della salute. Unire ESG con l’H di health non è solo obbligo morale ma anche un contributo allo sviluppo sociale ed economico, offrendo triple opportunità di ritorno economico a livello di investimento”. Includere i criteri health nelle strategie Esg, spiega il dirigente dell’Oms, è un vantaggio per le aziende.  “Con una frazione del denaro costato con la pandemia, 11.000 mld di dollari, avremmo potuto eliminare la povertà globale: un esempio di cosa succede quando la salute non viene considerata”, spiega Krech. Nel 2030 potrebbe arrivare a 370 mld il bisogno di ‘funding’ della salute globale. “Senza il settore privato sarà impossibile raggiungere questo obiettivo. Ci sono esempi positivi dai modelli di investimento green che possono essere applicati per il settore della salute”.

Stiamo assistendo a una corsa tumultuosa di innovazione in sanità e medicina. Farmaci, tecnologie e dispositivi digitali che già stanno rivoluzionando la diagnosi, il trattamento o la gestione di numerose patologie. La sfida, si è detto durante la tavola del Forum One Health, è assicurare un accesso equo, sostenibile e uniforme a questa innovazione. Michelangelo Simonelli, Sr. Director Government Affairs Gilead Sciences Italia, racconta che ricerca e innovazione “sono nel nostro DNA. Siamo orgogliosi di dare una nostra testimonianza sul tema One Health. Gilead Sciences ha un grande impegno in termini di sostenibilità ambientale, è infatti al primo posto tra le aziende biotech più sostenibili al mondo, ma anche di innovazione e responsabilità sociale. La nostra ricerca innovativa, testimoniata da una pipeline con più di 50 molecole in diverse fasi di sviluppo e da 182 trial clinici con oltre 85.700 pazienti e 112 centri coinvolti fino al 2022, ha determinato il cambiamento radicale del corso di alcune malattie ritenute globali dalla stessa OMS, quali l’HIV e le epatiti, o miglioramento dello stato di salute in patologie difficili da trattare, prive di soluzioni terapeutiche, quali quelle relative all’ambito oncologico. Entro il 2030, puntiamo a rendere disponibili terapie trasformative con oltre 20 indicazioni, in grado di ridefinire gli attuali standard di trattamento per diversi tumori – tra cui altre forme di tumore della mammella, del polmone, della vescica e del colon-retto – e avere un impatto significativo per la vita di più di 400.000 pazienti. Ma parlare della salute dell’uomo implica parlare della salute di tutti gli uomini e per questo ci impegniamo con diverse iniziative di responsabilità sociale affinché i nostri farmaci raggiungano il maggior numero di pazienti in tutto il mondo e collaboriamo con tutti gli attori coinvolti nel sistema salute per affrontare in modo sinergico le sfide del settore con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone e dell’ambiente, in un’ottica di sostenibilità del nostro sistema sanitario universalistico”.

La complessità della sfida One Health passa anche dalle sfide per gli ecosistemi, dagli impatti sul clima e dalla necessità di sorvegliare, in ottica di prevenzione, non solo la salute umana, ma anche quella animale. Che ha un impatto gigantesco dal punto di vista della diffusione della malattia. Barbara Capacetti, Country medical director & vice president di Pfizer Italia, ricorda che per prepararsi a una potenziale pandemia la sorveglianza epidemiologica è fondamentale. Ma serve anche “rinforzare la capacità dei laboratori di poter sequenziare” i geni dei patogeni, per poter arrivare prima a una contromossa. “L’altro grande capitolo è quello dell’innovazione”. L’approccio One Health, che mette insieme salute umana, animale e ambientale, è “un gioco di connessione”. È proprio così: bisogna integrare competenze diverse, come quelle su vaccini e antibiotici, ma anche la preparazione e la responsabilità di istituzioni aziende e cittadini”. Nella settimana mondiale dedicata all’antimicrobico resistenza il tema non poteva non essere affrontato anche durante il Forum Health. Nella tavola moderata da Stefano Alessandro Inglese, health analyst di Fortune Italia, si è evidenziato come gli studi per i nuovi antibiotici si siano contratti. Ci sono solo 77 antibiotici allo studio in questo momento, ha ricordato Inglese. 

Matteo Bassetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università degli Studi di Genova, dice che “se guardiamo indietro a quando ci furono le emergenze di microorganismi resistenti altri Paesi misero in pratica misure di contenimento e ebbero dei risultati. Noi no: abbiamo ancora grossi problemi con i super batteri. Spero e mi auguro che si parta da questo presupposto. In Italia la gestione della politica del farmaco è stata poco incentrata sui clinici. Io mi vergogno dei dati del mio Paese. Secondo me i dati del ministro, i dati Ocse, forse sottostimano l’antibiotico resistenza. I morti sono 30 mila, secondo uno studio”. Lucia Aleotti, Azionista e Membro CDA Menarini, dice che è “inutile girare intorno a un tema che tutti vedono dalla loro sfaccettatura. Oggi non voglio essere politically correct. Il tema è quello dei nuovi antibiotici per il paziente che ha un’infezione resistente e deve essere curato. Si fa un grande mescolio tra Amr e antibiotici”. Però il primo tema “non ha niente a che fare” con i nuovi antibiotici per il paziente che in questo momento – nonostante “l’infermiera si sia lavata le mani”, dice Aleotti facendo un esempio – ha preso un’infezione da patogeno resistente. “Il nostro impegno da qualche mese è per l’Ohiap (One health in all policy) – dichiara Leonardo Donato, editore di Fortune Italia. Occorre introdurre l’obbligatorietà dell’analisi di impatto One Health ampliando il concetto di Hiap già introdotto dal 2006 dalla comunità europea in tutte le attività legislative”. 

Terapie avanzate, presentato in Senato il nuovo “Termometro Parlamentare”

Terapie avanzate, presentato in Senato il nuovo “Termometro Parlamentare”Roma, 30 nov. (askanews) – È stato presentato oggi in Senato il documento dal titolo “Termometro Parlamentare degli ATMP” (Advanced Therapy Medicinal Products), il report finale di un training istituzionale con focus sulle Terapie avanzate, promosso da UNIAMO, Federazione Italiana Malattie Rare Onlus, ospitato dall’Intergruppo Parlamentare Innovazione Sostenibile in Sanità, organizzato in collaborazione con LS CUBE, grazie al supporto non condizionante di #VITA (coalizione di aziende di cui fanno parte: Bristol-Myers-Squibb, Gilead Sciences, Janssen, Novartis, Pfizer, PTC, Roche e Vertex).

Tre i momenti formativi di confronto, aperto, costruttivo e operativo, con gli esperti della materia, le associazioni pazienti, le associazioni di categoria e i clinici per una giusta e approfondita informazione su un tema complesso al fine di produrre soluzioni per affrontare la nuova sfida delle terapie avanzate, che impone un nuovo paradigma. “Siamo orgogliosi del lavoro svolto – hanno dichiarato al termine della conferenza stampa i Sen. Francesco Zaffini, Presidente della 10a Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale e Daniele Manca, Co-Presidenti dell’Intergruppo Parlamentare Innovazione Sostenibile in Sanità – in cui maggioranza e opposizione in modo unito hanno collaborato per produrre strumenti tecnico-operativi per un’efficace attività parlamentare a beneficio dei pazienti affetti da malattie rare e i loro caregiver, nonché di tutti gli attori del Sistema Sanitario Nazionale e regionale. Abbiamo fortemente voluto l’istituzione di un tavolo interministeriale sulle Terapie avanzate che si è costituito a giugno scorso che, tra i suoi compiti, avrà quello di trattare soluzioni innovative per la sostenibilità delle Terapie avanzate come, sulle quali costruire un innovativo modello finanziario. Abbiamo anche avanzato delle proposte concrete nel corso di questa legge di bilancio volte a superare le criticità legate alla sostenibilità di queste terapie, con la proposta di istituzione di un Fondo dedicato alle Terapie Avanzate con meccanismo di funzionamento molto innovativo, che segna un altro passo importante per garantire un equo e sostenibile accesso a tutti i pazienti eleggibili”.

Il “Termometro Parlamentare degli ATMP” vuole rappresentare uno strumento tecnico-operativo a supporto dei parlamentari per poter definire misure efficaci volte a rendere l’Italia competitiva anche sulle nuove frontiere delle Terapie avanzate, con l’obiettivo di garantire la disponibilità di tali terapie, intervenendo sulla cornice regolatoria per incentivare l’attività di ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione da parte degli enti di ricerca e dell’industria, elaborare nuovi modelli finanziari di rimborsabilità, creare le condizioni che garantiscano un equo e tempestivo accesso agli ATMP e individuare percorsi diagnostici rapidi ed efficaci. Le Terapie avanzate rappresentano una nuova e fondamentale opportunità per il trattamento e la prevenzione degli effetti di una varietà di patologie (le malattie geniche, quelle onco-ematologiche e le malattie a lunga prognosi) o per ristabilire, correggere o modificare funzioni fisiologiche compromesse negli esseri umani, anche con la correzione di mutazioni acquisite su base genetica. Alcune di queste terapie consistono in una tecnologia medica molto complessa nella quale il genoma ricombinato è utilizzato come una sostanza farmaceutica. Intervengono in modo diretto sulle cause della malattia e non sui sintomi, sono in grado di curare o trasformare radicalmente la storia clinica di un paziente.

“In Italia – ha spiegato Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO -i malati rari sono tra i 2 e i 3,5 milioni e per la diagnosi si può aspettare anche fino a 4 anni. Oggi e nel prossimo futuro, le terapie avanzate sono una nuova frontiera per la cura di molte patologie rare: si stima che oltre 350.000 pazienti saranno trattati con queste terapie innovative entro il 2030. Parliamo di patologie rare e orfane, tra cui anche alcune oncologiche. Per solo circa il 5% di tali patologie, severe e spesso invalidanti, esiste una terapia. Pertanto, in linea con la missione delle associazioni che rappresentiamo, ci siamo sentiti di giocare un ruolo attivo nel lavorare insieme a tutti gli attori coinvolti nel sistema salute, per elaborare soluzioni concrete e sostenibili che garantiscano ai pazienti l’accesso all’innovazione terapeutica, in alcuni casi l’unica soluzione di cura.” Si tratta di cure ad alto impatto innovativo che soddisfano un bisogno clinico insoddisfatto (curano pazienti che non hanno alternative terapeutiche o per i quali le alternative terapeutiche sono continuative nel tempo), e altamente personalizzate. Impattano sulla storia clinica delle persone con malattia rara, cambiando radicalmente il suo evolversi, con evidenti benefici in termini di salute ma anche con ripercussioni sui caregiver e sulla famiglia, oltre che sul sistema salute in termini di risparmi diretti e indiretti.

“È fondamentale sostenere l’innovazione e l’eccellenza nel campo delle Terapie avanzate anche nel nostro Paese, considerando che circa un terzo delle terapie geniche autorizzate dall’EMA sono frutto della ricerca italiana. Ma, affinché l’Italia possa mantenere un ruolo di rilievo come generatore di innovazione in questa rivoluzione terapeutica – ha sottolineato Annamaria De Luca, Professoressa ordinaria di Farmacologia presso il Dipartimento di Farmacia Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”- è necessario continuare ad investire nella ricerca pubblica accademica anche con l’obiettivo di sostenere il trasferimento tecnologico in campo biomedico e farmaceutico con strumenti e competenze appropriate quali la protezione della proprietà intellettuale e gli affari regolatori”. ‘AGENAS è tra i soggetti istituzionali che partecipa attivamente nella gestione del percorso della terapia e della sostenibilità dello stesso. In proposito – evidenzia Manuela Tamburo De Bella, Responsabile AGENAS per le Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio DM70/15 nonché Coordinatrice dell’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali – l’Agenzia ha formulato delle linee guida per delineare i passi necessari nel rivedere il quadro normativo che regola le terapie avanzate in Italia. Tale aggiornamento – conclude la referente AGENAS – è finalizzato sia a promuovere una pianificazione sanitaria sostenibile, sia a migliorare l’accesso dei pazienti a queste cure di fronte alle sfide attuali’. “Da un punto di vista economico – ha concluso Americo Cicchetti, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute- gli ATMP si caratterizzano per essere terapie con costi d’investimento elevati, ma anche notevoli benefici in termini clinici, terapeutici, sociali ed economici per i sistemi sanitari e la salute dei pazienti, in grado di produrre un evidente disallineamento temporale tra costi effettivi, concentrati nel breve periodo (in quanto intervengono in modo diretto sulla malattia e non ne curano i sintomi), e benefici futuri, diffusi su un più lungo orizzonte temporale. Tali caratteristiche le differenziano in modo significativo dai farmaci tradizionali e per questo è importante comprendere se sia possibile immaginare modelli di contabilizzazione della spesa ad essi associata, differente. E’ evidente che innovazioni disruptive come le ATMP, impongono una seria riflessione sulle necessità di adattamento dei quadri regolatori, economici e normativi”. Hanno partecipato all’evento di oggi: Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO; Annamaria De Luca, Professoressa di farmacologia presso il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”; Americo Cicchetti, Direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute; Manuela Tamburo de Bella, Responsabile UOS Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio DM70/15, Coordinatore dell’Osservatorio per il Monitoraggio Della Reti Oncologiche Regionali, Agenas. Tra i saluti istituzionali: i Senatori Francesco Zaffini e Daniele Manca e il Sottosegretario Marcello Gemmato. Hanno partecipato, inoltre, con video interviste i rappresentanti delle Associazioni di pazienti (Associazione “La lampada di Aladino ETS”, Associazione ligure talassemici, Associazione italiana Adrenoleucodistrofia, paziente SMA).

Fascicolo Sanitaria Elettronico, una leva per la digitalizzazione

Fascicolo Sanitaria Elettronico, una leva per la digitalizzazioneRoma, 30 nov. (askanews) – Un unico strumento in grado di fotografare lo stato di salute dei cittadini, seguendone l’evoluzione nel tempo, e che, se correttamente implementato, permette un iter di presa in carico e assistenza sanitaria significativamente più efficienti. Tuttavia, sono ancora numerose le criticità a livello operativo quando si guarda al Fascicolo Sanitario Elettronico, a partire da una forte disomogeneità a livello territoriale in termini di applicazione e utilizzo. Un elemento, quest’ultimo, che rischia di comprometterne l’efficacia come strumento di diagnosi, cura e prevenzione. Ed è proprio con l’obiettivo di individuare le criticità presenti e contribuire a migliorare l’implementazione di questo strumento che ha avuto luogo il terzo appuntamento del ciclo di tavole rotonde sulla sanità digitale promosso da Doctolib – tech company nata in Francia nel 2013 e attiva in Italia dal 2021, tra i principali player europei nella sanità digitale – organizzato dall’istituto I-COM.

Come emerge chiaramente dai dati Agid relativi al terzo trimestre dell’anno in corso, il Fascicolo è ancora poco utilizzato sia dai cittadini sia dai professionisti sanitari. Se si guarda all’utilizzo di questo strumento da parte delle aziende sanitarie troviamo, a un estremo, diverse regioni dove l’alimentazione del FSE sfiora o raggiunge il 100% – tra cui la Toscana (100%), l’Emilia-Romagna (98%) e la Sicilia (86%). Mentre il quadro d’insieme è completamente differente agli ultimi posti della classifica, con la Calabria che riporta un’alimentazione del sistema praticamente nulla (0,90%) e la Liguria che raggiunge una quota di appena il 38%. Un altro punto importante riguarda l’utilizzo del Fascicolo, il cui aggiornamento costante da parte dei medici è fondamentale perché questo strumento possa contribuire in tutto il suo potenziale all’efficientamento dei percorsi di assistenza e cura. Nonostante in molte regioni, come per esempio Lombardia, Emilia, Valle d’Aosta e Sardegna, tutti i medici abilitati all’utilizzo del fascicolo lo abbiano utilizzato almeno una volta nell’ultimo trimestre, nessuno sembra aver alimentato il FSE con un aggiornamento o un nuovo inserimento di profili sanitari dei pazienti; in altre regioni, come Toscana, Abruzzo, Molise e Lazio, sono invece meno del 30% i medici abilitati che abbiano utilizzato il Fascicolo almeno una volta (Agid, 2023).

Infine, osservando lo scenario anche dal punto di vista dei cittadini, emerge uno quadro fortemente disomogeneo e con la presenza di ampi margini di miglioramento sia in termini di adozione FSE sia in termini di fruizione: complessivamente, secondo i dati aggiornati al 3° trimestre del 2023, solo il 22% dei cittadini ha fatto accesso ai propri fascicoli, nei quali è stato reso disponibile almeno un nuovo documento negli ultimi 90 giorni. Non solo: attualmente il FSE gode ancora di poca diffusione tra la popolazione italiana, proprio mentre l’ecosistema europeo si sta adoperando per la diffusione di un paradigma di segno diverso. Ne è prova concreta la proposta di regolamento European Health Data Space (EHDS), un’iniziativa di grande rilievo che propone una visione europea dell’organizzazione del settore sanitario digitale, e contiene anche i principi che, secondo le intenzioni della Commissione Europea, dovrebbero permettere ai cittadini un maggiore controllo dei propri dati sanitari e la diffusione di servizi digitali interoperabili tra tutti i Paesi membri.

Quindi, un’integrazione consistente e strutturale di strumenti digitali come il FSE all’interno del sistema salute è una premessa necessaria e fondamentale perché i numerosi vantaggi che la digitalizzazione in sanità offre si concretizzino. Al fine di garantire quindi una maggiore trasparenza e accesso ai dati sanitari da parte dei cittadini è necessario promuovere una migliore interoperabilità tra i fornitori di cure per giungere a una gestione più efficiente delle informazioni cliniche e all’incremento nella qualità complessiva dell’assistenza sanitaria nel suo complesso. A seguito dell’incontro, Mauro Moruzzi del Dipartimento Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha sottolineato come “l’assenza di adozione del FSE è attribuibile all’eterogeneità dell’architettura di riferimento a livello regionale, che presentava disuguaglianze sia in termini di contenuti che di standard. Con il rinnovato FSE 2.0, l’obiettivo è proprio il superamento di queste criticità, puntando all’adozione di un modello architetturale unificato a livello nazionale. E con un Punto Unico di Accesso ai servizi digitali sanitari per il cittadino, altro punto fondamentale che potrà favorire il popolamento del FSE”.

Nicola Brandolese, CEO di Doctolib Italia, ha sottolineato l’importanza di questo terzo appuntamento che, delineando uno scenario aggiornato dello stato di implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia, è stato anche un’occasione per individuare strategie per una migliore implementazione di questo strumento fondamentale per la transizione digitale del sistema sanitario. “Al di là dell’esempio francese, che concretizza in misura maggiore di quanto si vede oggi in Italia la sinergia e la collaborazione tra attori pubblici e privati, la stessa Unione Europea, attraverso il progetto dell’European Health Data Space – EHDS ci offre l’opportunità di intraprendere un percorso di digitalizzazione sanitaria non solo auspicabile ma sempre più necessario” commenta Brandolese. “Il Fascicolo Sanitario Elettronico – conclude Brandolese – rappresenta un vero e proprio pilastro per una transizione digitale che renda il nostro sistema sanitario più moderno ed efficiente per tutti. A patto però che vengano superate alcune criticità esistenti, che riguardano l’implementazione, l’accesso e l’utilizzo continuativo di questo strumento da parte dei cittadini, delle aziende sanitarie e dei medici. E sono convinto che, in questo contesto, la collaborazione tra pubblico e privato possa rivelarsi fondamentale per offrire soluzioni digitali che siano davvero di facile utilizzo – più immediate e user friendly”. “È uno strumento importante, di grossa innovazione strutturale per il paese. È chiaro – sottolinea da parte sua Nicola Calabrese, Vice Segretario Nazionale FIMMG – che ha bisogno di un passaggio e di momenti di confronto rispetto agli interlocutori pubblici per definire i processi e soprattutto i percorsi attraverso cui raggiungere questi obiettivi che sono stati definiti per legge e su cui la categoria non è stata consultata almeno fino ad ora”.

A Napoli la prima edizione dell’Health Innovation Show

A Napoli la prima edizione dell’Health Innovation ShowRoma, 28 nov. (askanews) – Trasmettere il valore dell’innovazione sanitaria per prendersi cura del futuro del Paese. Con questo obiettivo oggi e domani, 28 e 29 novembre, a Napoli, presso il Centro Congressi del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, si tiene la prima edizione dell’Health Innovation Show 2023, promosso dalla Fondazione Mesit – Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica, e realizzato in collaborazione con CEIS-EEHTA (Centre for Economic and International Studies: Economic Evaluation and HTA, Università degli Studi di Roma Tor Vergata), ALTEMS (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), il Centro di Ricerca Interdipartimentale “Innovazione & Salute” (Università Roma Tre), CIRFF (Centro Interdipartimentale di ricerca in Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione, Università Federico II di Napoli); grazie anche al contributo non condizionante di Sanofi e Gilead.

L’evento – un roadshow a cadenza annuale in diverse città italiane – si propone come un luogo di confronto, approfondimento, studio e ricerca per diffondere il valore dell’innovazione sanitaria in chiave di sviluppo e sicurezza del Paese. L’innovazione scientifica si è dimostrata, in particolare negli ultimi anni, un fattore determinante per la crescita e lo sviluppo del Paese, sia in chiave di sicurezza nazionale che come risposta ai bisogni di salute della popolazione. L’incontro tra i principali stakeholder, opinion leader ed esperti del settore, permette di costruire strategie intersettoriali a lungo termine per affrontare le disuguaglianze sanitarie, rispondere ai bisogni di salute della popolazione e rendere il Servizio sanitario nazionale maggiormente resiliente. IL PRIMO META-MUSEO DELL’INNOVAZIONE SANITARIA – Si tratta di un evento unico per l’Italia: cittadini e studenti di scuole e università coinvolti in un percorso formativo nel primo meta-museo dell’innovazione sanitaria – Health Innovation Space – realizzato grazie alla collaborazione di PwC Italia, un’esibizione ibrida in presenza e in metaverso che racconta alcune delle principali rivoluzioni del mondo della Salute. Nella Sala delle locomotive a vapore, all’interno del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, il visitatore potrà conoscere in modalità immersiva le principali rivoluzioni del mondo sanitario, grazie alle installazioni fisiche e all’accesso in metaverso. Esperienze multimediali in uno spazio virtuale e interattivo, liberamente esplorabile in modalità avatar. Il museo è visitabile da qualsiasi dispositivo (smartphone, laptop, tablet, visori VR) e rappresenta un’occasione di consapevolezza digitale e di sensibilizzazione sull’importanza della ricerca e dell’innovazione in tutti i campi, soprattutto in quello della Salute.

IL REPORT SULLE INNOVAZIONI A MAGGIOR IMPATTO SU 5 AREE TERAPEUTICHE – Fornire alle istituzioni e ai privati un documento che identifichi e promuova l’innovazione sanitaria in termini di dotazioni infrastrutturali e nei percorsi diagnostico-assistenziali. Questo l’obiettivo dell “Innovation Starting Point. Prospettive passate e future in sanità” messo a punto dalla Fondazione Mesit, in collaborazione con i ricercatori della Facoltà di Economia dell’Università Tor Vergata di Roma e con l’ALTEMS, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Sono stati individuati degli ambiti di analisi per 5 aree terapeutiche: Oncologia, Vaccinazioni, Cardiovascolare, Malattie Rare e Malattie Metaboliche, e per ogni ambito di analisi è stata realizzata una timeline delle innovazioni che hanno maggiormente impattato nell’ambito diagnostico terapeutico, unitamente alla valutazione di alcuni indicatori epidemiologici. Dal Rapporto emerge che l’Innovazione contribuisce in modo significativo alla crescita. Ci sono ricadute significative per il Paese, le imprese e le industrie. La collaborazione il coinvolgimento degli stakeholder a tutti i livelli è cruciale per garantire l’aderenza all’utilizzo delle tecnologie, unitamente alle strategie di comunicazione che devono essere appropriate e diversificate a seconda dei destinatari. Queste dinamiche concorrono al raggiungimento degli obiettivi di efficacia di una tecnologia, in termini di benefici per i cittadini e del sistema nel suo complesso. Inoltre, il rapido aumento dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel settore medico, dalle interpretazioni d’immagini mediche, alla diagnostica, fino alla progettazione di nuovi farmaci e ai vaccini, può segnare l’inizio di una nuova era nel campo delle tecnologie in campo sanitario. “L’innovazione sanitaria è da sempre un fattore determinante per garantire sicurezza, benessere e inclusività sociale alla popolazione, oltre che per valorizzazione le risorse del nostro paese in chiave di sostenibilità. Fondazione Mesit ha promosso Health Innovation Show per riunire in diverse città italiane, a partire da questa prima edizione a Napoli, i principali stakeholder, gli opinion leader, le associazioni dei pazienti, gli enti regolatori e il Ministero della Salute, per discutere delle tematiche più innovative dell’universo Salute e per creare sinergie che rendano le tecnologie innovative più accessibili per tutti”, commenta il presidente della Fondazione Mesit, Marco Trabucco Aurilio: “L’innovazione è un faro acceso sul futuro, ed è per questo che, dopo l’inaugurazione di oggi, il nostro museo in metaverso dell’innovazione sanitaria, Health Innovation Space, rimarrà aperto gratuitamente per tutti i cittadini, soprattutto per i più giovani, che sono naturalmente più ricettivi nei confronti dell’innovazione tecnologica, e che speriamo possano aiutarci a contribuire per la costruzione di una società più sana, partecipe, e responsabile”.

Per Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA-CEIS, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata, “programmare il futuro della Sanità coniugando l’innovazione è la principale sfida che bisogna affrontare. L’esperienza degli ultimi anni ci ha dimostrato come la Salute sia un fattore determinante per la crescita e lo sviluppo di un Paese e la valenza strategica dell’innovazione scientifica è la chiave per garantire la sicurezza nazionale e rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Risulta quindi importante introdurre metodi e modelli che sappiano catturare le diverse implicazioni dell’Innovazione e restituire ai decisori una misura del ‘Valore dell’innovazione’ per garantire scelte di Innovazione sostenibile. Dove in un sistema universalistico come quello Nazionale, con Innovazione sostenibile si intende la produzione del massimo Valore di salute per i singoli con costi ‘accettabili’ per la società e ‘sostenibili’ per i sistemi pubblici”, conclude.

Al via il progetto Teseo: modello per sostenere bisogni anziani

Al via il progetto Teseo: modello per sostenere bisogni anzianiMilano, 28 nov. (askanews) – “Teseo. Fragilità e demenze in una comunità che cura”, è un progetto che sta muovendo i primi passi in questi giorni. Sviluppato da Fondazione Don Gnocchi – con Airalzh Onlus, Associazione per la Ricerca Sociale, Caritas Ambrosiana e Sociosfera Onlus – il progetto è tra i vincitori del bando “Welfare in Ageing” della Fondazione Cariplo, con un finanziamento di 600 mila euro. Obiettivo del progetto è quello di costruire un modello di intervento innovativo, sostenibile e replicabile, basato su azioni in filiera, adeguato ai nuovi bisogni della popolazione anziana a rischio di compromissione cognitiva e demenza, sussidiario e complementare alle risorse della comunità e a quelle istituzionali. Il progetto – di durata biennale – prenderà forma nella città di Milano con la prospettiva di proporsi come modello nell’ambito del Terzo Settore per tutto il territorio nazionale.

L’Italia, secondo gli ultimi dati Istat, è tra i Paesi con l’aspettativa di vita più elevata (83,6 anni, contro una media di 81 anni nel resto del mondo), ma con i livelli più bassi rispetto alla media europea per quanto riguarda la qualità della vita della popolazione anziana. In Italia, quindi, si vive più a lungo, ma in condizioni di salute e autonomia peggiori. Non solo, dalla rilevazione Istat 2019 sull’”Invecchiamento attivo e condizione di vita degli anziani in Italia”, emerge che nel nostro Paese, su 13,8 milioni di over 65, 4,37 milioni vivono da soli; questi rappresentano il 7,1% della popolazione complessiva. Inoltre, il 15% degli anziani dichiara di non incontrare alcun amico/a nel tempo libero; la solitudine colpisce particolarmente le donne e coloro che posseggono un livello di istruzione più basso. È proprio per fronteggiare questo scenario che prende vita il progetto “Teseo”. Milano è la città pilota dove già la Fondazione Don Gnocchi – capofila del progetto – e gli enti Partner operano a supporto delle persone anziane e delle loro famiglie e dove, a fronte di servizi comunque presenti, mancano spesso il necessario coordinamento e la corretta informazione. “Teseo” vuole proporsi come strumento per supportare gli anziani e i loro familiari ad orientarsi nei diversi percorsi, per aiutarli a superare i limiti della frammentarietà dei servizi e la marginalità delle informazioni. Un progetto che si prefigge di unire in rete tutte le parti coinvolte – sociali e sanitarie – adeguato ai nuovi bisogni della popolazione anziana o a rischio di fragilità e complementare alle risorse della comunità che sta loro intorno.

In questa prima fase si sta iniziando a comporre la macchina organizzativa del progetto e sviluppando la tecnologia necessaria, parallelamente si sta lavorando sulla formazione e promozione. Il primo passo riguarda, infatti, l’organizzazione del “sistema” che si prenderà cura dell’anziano, della sua famiglia e/o del caregiver favorendone l’accesso ai Servizi e la continuità di cura: attraverso una Centrale Operativa unica che si occuperà di strutturare modelli organizzativi per la presa in carico integrata oltre che di intercettare tempestivamente i bisogni e progettare risposte personalizzate. Tutto questo verrà realizzato tramite sistemi tecnologici digitalizzati: dalla realizzazione di un sito dedicato, al software di gestione, all’attivazione di portali familiari e sanitari di medicina generale, agli interventi di tele-medicina, tele-assistenza e tele-riabilitazione.

Contemporaneamente si attueranno i percorsi di formazione, supervisione e aggiornamento di tutti gli operatori coinvolti nel progetto, differenziati per ambito e per ruolo professionale. Seguirà l’avvio di un percorso di scambio formativo tra pari sulla base delle esperienze e conoscenze generate dal progetto. Il progetto attribuirà, infine, un alto valore alle azioni di monitoraggio e valutazione che ne seguiranno l’intero sviluppo, l’intento è quello di produrre – con robuste evidenze scientifiche – gli elementi di sostenibilità e replicabilità del modello sperimentato. Saranno proprio queste evidenze a permettere al progetto Teseo di diventare un modello replicabile nel territorio italiano: innovativo e inedito dal punto di vista della struttura e dell’organizzazione, destinato ad essere precursore nell’ambito del terzo settore per comporre bisogni e risorse per una comunità accogliente a servizio della popolazione fragile.

“La demenza è una malattia cronica e progressiva, con sintomi difficili da decodificare – spiega Fabrizio Giunco, geriatra, direttore del Dipartimento Cronicità della Fondazione Don Gnocchi e responsabile del progetto -. La diagnosi è spesso tardiva, il percorso diagnostico può essere incompleto e discontinuo e le famiglie faticano a trovare soluzioni compatibili con le loro esigenze. Il sistema è frammentato, non facilmente accessibile e con una netta separazione tra risposte sanitarie e sociali. La malattia può durare anche 10-15 anni, durante i quali le famiglie sono spesso “case manager di sé stesse”. E la ricerca di soluzioni può essere ancora più difficile o impossibile per le persone più sole o socialmente vulnerabili”. “Teseo. Fragilità e demenze in una comunità che cura” si inserisce nel panorama dei servizi pubblici e privati, per la popolazione anziana con lo scopo di promuovere un approccio nuovo di presa in carico della fragilità e della non autosufficienza, capace di superare le rigidità, la frammentazione, la distanza nei modi di rispondere a bisogni che cambiano.