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Salute, viaggiare all’estero e mangiare in sciurezza per chi è celiaco

Salute, viaggiare all’estero e mangiare in sciurezza per chi è celiacoRoma, 30 giu. (askanews) – Iniziano le vacanze estive e per chi è celiaco è fondamentale poter organizzare i propri pasti in sicurezza anche e, soprattutto, quando si viaggia all’estero. Chi soffre di celiachia – nel nostro Paese secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità l’1% della popolazione – non deve quindi rinunciare al piacere di un viaggio all’estero. “Basta seguire alcuni semplici consigli” spiega Michele Mendola, che ha fondato la community online CeliachiaFacile proprio per aiutare chi soffre di questa intolleranza a affrontare la vita di tutti i giorni.

“La prima cosa da sapere – spiega ancora Mendola – è che i cibi senza glutine rispettano gli stessi standard non solo in Europa, ma in ogni parte del mondo. Per essere definita gluten freen, una pietanza può contenere al massimo 20 parti di glutine per milione, in sostanza è come dire che il glutine è pressoché assente. E se un cibo ha l’etichetta gluten free, rispetterà questo limite sia che venga comprato in Australia, in Giappone o in Sud America”. “Chi viaggia all’estero non deve rinunciare ai piatti della tradizione locale – prosegue Mendola, – e per noi italiani che siamo appassionati di cucina, rappresenta spesso una parte fondamentale del viaggio”. L’ideatore di CeliachiaFacile ricorda infatti che esistono diversi cereali che non contengono glutine in partenza. E quindi chi soffre di celiachia può mangiarli senza problemi. Il caso più noto è quello del riso. “È alla base di diverse cucine asiatiche. In Thailandia, ad esempio c’è il pad thai, mentre chi ha in programma di visitare l’India, deve assolutamente assaggiare il masala dosa, una crepe super croccante fatta con riso e lenticchie”.

Un altro cereale senza glutine è il mais. “I celiaci non dovranno rinunciare ai tacos e alle tortillas se vanno in Messico – aggiunge Mendola. – Il mais è diffuso in tutti i paesi dell’America Latina, ad esempio in Brasile viene usato per preparare la farofa, che è uno degli ingredienti della feijoada, un piatto di fagioli neri e carne di maiale”. Ci sono anche altri cereali che in Italia si conoscono meno, come il teff. “Viene usato ad esempio per preparare l’injera, il piatto base della cucina di Etiopia, Eritrea e Somalia”. Anche nei Paesi dove si usano pochi cereali con il glutine è fondamentale però osservare qualche accortezza. “È sempre buona norma segnalare ai camerieri e ai cuochi dei ristoranti di essere intolleranti al glutine – avverte infine il fondatore di Celiachia Facile. – Questo serve a evitare che ci siano contaminazioni con altri piatti non gluten fee. Per risvegliare i sintomi, basta usare un mestolo o una pentola in cui è stato cucinato una pietanza che conteneva glutine. E ancora, è opportuno mettere in valigia qualche snack o delle merendine gluten free per affrontare le emergenze” conclude Mendola.

Yoga, musica, percorso gastronomico: estate ricca alle Terme Saturnia

Yoga, musica, percorso gastronomico: estate ricca alle Terme SaturniaRoma, 29 giu. (askanews) – Ricca la programmazione di eventi e attività al Parco Termale e del Club di Terme di Saturnia, oasi di 20.000 mq dedicati al benessere, immersa nella natura maremmana, punto di riferimento per chi vive o soggiorna nella zona e cerca il proprio momento di benessere. Al Parco Termale e al Club si può accedere con varie formule Day Spa per vivere esperienze di totale rigenerazione nelle piscine termali all’aperto, tra idromassaggi, percorsi vascolari e svariate attività.

Tanti gli appuntamenti wellness settimanali da provare gratuitamente a partire dalla Cerimonia Argillarium (ogni lunedì, mercoledì, venerdì e domenica), per poi passare alla Meditazione (il mercoledì sera), al Beauty Day (il sabato pomeriggio) e terminare con i bagni in notturna del Notturno Club (il venerdì sera fino a mezzanotte). Grande protagonista dell’estate al Parco Termale e al Club di Terme di Saturnia è lo Yoga, con sessioni gratuite il martedì, il sabato e la domenica, mentre il giovedì è dedicato allo Yoga Nidra. Tra gli appuntamenti speciali inclusi nelle formule d’ingresso DAY SPA per questo inizio d’estate, in occasione del Notturno CLUB Venerdì 30 giugno sarà la volta del primo concerto in acqua a Terme di Saturnia di Pierpaolo Foti, l’eclettico violinista che ha calcato prestigiosi palchi come quello del Jova Beach Party e che ha infiammato le serate “Star&Fire Night” di Monticello SPA&FIT, con repertori che spaziano dalle melodie più classiche a quelle più pop fino a celebri colonne sonore.

La settimana dal 4 al 9 luglio sarà dedicata a lezioni quotidiane di avvicinamento al Qi Gong, la disciplina originaria della Cina che prevede l’esecuzione di esercizi fisici associati al controllo del respiro e della mente. Continua con successo anche Maremma Tasting, l’iniziativa dedicata al gusto e ai sapori maremmani che porta al Parco Termale di Terme di Saturnia le eccellenze enogastronomiche dei produttori locali.

Schillaci: nessuna intenzione di smantellare sanità pubblica, anzi

Schillaci: nessuna intenzione di smantellare sanità pubblica, anziRoma, 28 giu. (askanews) – “Non ho nessuna intenzione di smantellare la sanità pubblica, anzi la voglio rafforzare. Ci credo fortemente, perché la sanità pubblica è stata per anni un fiore all’occhiello per la nostra nazione e deve continuare a esserlo. Soprattutto non smetterò mai di ricordare la qualità dei nostri operatori sanitari che tra mille difficoltà continuano a sacrificarsi, a lavorare, a dare il meglio”. Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenendo al Senato al convegno “Agenas festeggia trent’anni: tra passato, presente e futuro” organizzato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.

“Il mondo è cambiato, siamo nel terzo millennio, c’è stata la pandemia. Credo che la sanità – ha aggiunto Schillaci – vada ripensata, riorganizzata in maniera più moderna. Poi è chiaro che ci vogliono anche le risorse che, come ripeto sempre, vanno intanto destinate a gratificare chi ha lavorato e continua a lavorare. Io poi ho sempre fatto il medico e ho sempre e solo lavorato nel servizio pubblico. Non fa parte della mia cultura pensare minimamente di smantellare il Servizio sanitario pubblico”.

Dall’Ecdc un alert sulle zanzare invasive, Iss: ecco come difendersi

Dall’Ecdc un alert sulle zanzare invasive, Iss: ecco come difendersiRoma, 27 giu. (askanews) – La tendenza ad un aumento delle temperature in Europa con maggiore frequenza di ondate di calore, alluvioni ed estati sempre più lunghe e calde sono gli elementi che secondo il Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (Ecdc) stanno rendendo sempre più favorevoli le condizioni ambientali per zanzare invasive come Aedes albopictus (la così detta “zanzara tigre”) e Aedes aegypti. Aumenta quindi, secondo Ecdc, il rischio di trasmissione di malattie virali trasmesse da queste zanzare invasive, come chikungunya e dengue, e da zanzare autoctone diffuse nel nostro territorio, come è il caso del virus West Nile trasmesso in Italia prevalentemente da zanzare del genere Culex.

Ma quali sono le ‘nuove’ zanzare presenti in Italia? Aedes albopictus è stata introdotta in Italia nel 1990 (secondo paese europeo, dopo l’Albania) ed è attualmente presente e stabilizzata in tutto il territorio nazionale, fino alle sue propaggini più meridionali. Diffusa in particolare in ambienti fortemente antropizzati, questa zanzara è attiva durante le ore diurne e punge preferenzialmente l’uomo, con una aggressività maggiore rispetto alle altre zanzare. Recentemente sono state introdotte in Italia, nelle regioni del nord-est, altre due specie di Aedes (Ae. japonicus e Ae. koreicus) che stanno ampliando verso ovest il loro areale di distribuzione. Al momento non abbiamo, invece, indicazione che nel nostro territorio sia stata introdotta Aedes aegypti. Quanto alle arbovirosi, in Italia sono stati descritti sporadici focolai di trasmissione locale di chikungunya (nel 2007 e 2017) e dengue (nel 2020). Queste malattie tropicali, di norma assenti nel nostro paese, possono occasionalmente originarsi da singole persone infette che rientrano da viaggi in zone in cui sono endemiche e poi diffondersi rapidamente, grazie alla presenza del vettore competente, la zanzara tigre. Il virus West Nile, invece è da almeno 15 anni endemico in Italia e determina ogni anno casi di infezione nell’uomo e periodicamente epidemie (nel 2018 e nel 2022).

Per contrastare queste patologie in ISS è attiva l’unità di entomologia medica che presta il suo supporto tecnico-scientifico durante le indagini in caso di epidemia da arbovirus. L’ISS ospita anche il laboratorio nazionale di riferimento per gli arbovirus e coordina la sorveglianza epidemiologica dei casi di infezione umana sul territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero della Salute e le Regioni e Provincie Autonome. Da molti anni, inoltre, gli entomologi e i virologi dell’ISS collaborano attivamente, valutando la competenza vettoriale delle nostre specie di zanzare per molti arbovirus presenti o potenzialmente circolanti in Italia, attraverso prove sperimentali di infezione, condotte in laboratori di biosicurezza di livello 3 (BSL3), costruiti a questo scopo.

Come difendersi? “Per evitare di esporci alle punture di zanzara e ridurre il rischio di contrarre malattie trasmesse da questi insetti possiamo proteggerci ed allo stesso tempo evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente: – usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe, quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto

– usando zanzariere alle finestre e soggiornando in ambienti climatizzati – svuotando di frequente i contenitori con acqua stagnante (per esempio, secchi, vasi per fiori e sottovasi, catini, bidoni, ecc.) e coprendo quelli inamovibili – cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali – svuotando le piscinette per i bambini quando non sono usate.

SOS gambe gonfie, in estate ne soffre una donna su due

SOS gambe gonfie, in estate ne soffre una donna su dueRoma, 26 giu. (askanews) – Quando la temperatura sale, la circonferenza di gambe e caviglie aumenta. Gonfiore, pesantezza e, in alcuni casi, anche un fastidioso formicolio che, in estate, colpisce ben 1 donna su 2, il triplo rispetto a quanto avviene in inverno. Neanche gli uomini ne sono immuni, anche se tendono a ignorare e sottovalutare il problema molto più di quanto facciano le donne. A mettere in guardia dal rischio linfedema, in vista di quella che potrebbe essere la stagione estiva più calda di sempre, è Corrado Campisi, presidente del Congresso Mondiale di Linfologia che si terrà a Genova dall’11 al 15 settembre, e docente di Chirurgia Plastica all’Università di Catania. L’evento, che riunirà medici, chirurghi, infermieri, fisioterapisti, podologi e molti altri specialisti, provenienti da tutto il mondo, rappresenta un’opportunità di aggiornamento nel trattamento delle patologie linfatiche e di confronto sulle principali novità tecnologiche “Quando si parla di gambe gonfie e circolazione il pensiero va direttamente al sangue, che attraverso la spinta del cuore scorre nelle arterie e nelle vene del nostro corpo – spiega Campisi, considerato uno dei massimi specialisti in Chirurgia e Microchirurgia del Sistema Linfatico e co-fondatore della Campisi Clinic -. Tuttavia, oltre alle grandi ‘autostrade’ del sistema circolatorio sanguigno, fatte da arterie, vene e capillari, c’è anche un’intricata rete rappresentata dal sistema linfatico che trasporta proteine, liquidi e lipidi. Questo sistema, costituito da vasi linfatici e linfonodi, consente alla linfa di essere drenata nei tessuti corporei, in ogni punto del nostro organismo, prima di riversarsi nel torrente circolatorio sanguigno. Un malfunzionamento di questa rete può portare a un anomalo rigonfiamento di mani, braccia o gambe. A volte così estesi da sembrare arti ‘da elefanti’”.

Sono due le principali forme di linfedema. Quelle “primarie”, dovute a malformazioni congenite dei vasi del sistema linfatico, e quelle “secondarie”, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico, come l’asportazione dei linfonodi e la radioterapia, entrambi previsti nei trattamenti oncologici. Si stima che nel mondo siano 350 milioni le persone con lifedema, 2 milioni solo in Italia. Numeri in forte crescita, nel nostro Paese circa 40mila in più all’anno. “Quando la circolazione linfatica delle nostre gambe presenta delle anomalie si verifica un accumulo di liquidi nei tessuti e quando questo stato, come spesso avviene, si associa a un’insufficienza anche del circolo venoso degli arti il quadro si complica – sottolinea Campisi -. Non si tratta solo di un problema estetico, pur rilevante in considerazione del fatto che in estate si può far fatica a camminare o addirittura a indossare le scarpe. I liquidi che non riescono a essere drenati possono diventare talmente densi, per via dell’alto contenuto di proteine, che può arrivare a compromettere la corretta ossigenazione dei tessuti, predisponendoli ad arrossamenti, eczemi, dermatiti, ulcere ed infezioni”. La buona notizia è che è possibile ridurre i rischi, prevenendo le complicazioni. Esistono vari livelli di trattamento a seconda della gravità del linfedema: da semplici cambiamenti nello stile di vita a farmaci, fisioterapia o anche chirurgia mini-invasiva. “A fare la differenza è la diagnosi tempestiva del problema, che può avvenire solo individuando i primi campanelli d’allarme – suggerisce lo specialista -. Inizialmente i sintomi possono essere sfumati e difficili da intercettare in estate: i più comuni sono pesantezza alle gambe e caviglie gonfie, che molto spesso si ritengono ‘normali’ e quindi trascurabili. Ciò che invece non può essere ignorata è l’eventuale difficoltà con cui le gambe si sgonfiano: se non si riescono ad ottenere benefici sollevamendole e rinfrescandole con getti d’acqua fredda, è bene rivolgersi a uno specialista”.

Al medico, inizialmente, basta un solo dito per verificare che c’è un problema. “Alla pressione esercitata dal dito su caviglia o gamba si può verificare che, per qualche secondo, si forma una sorta di fossetta, un segno evidente di una disfunzione linfatica – dice Campisi -. All’osservazione clinica bisognerebbe dunque associare anche un EcoColorDoppler per lo studio del circolo venoso e una linfoscintigrafia per verificare la presenza di ingorghi linfatici”. A quel punto ci sono vari livelli di trattamento: si va da semplici cambiamenti nello stile di vita, come evitare il fumo o lo stare fermi in piedi per molto tempo, all’utilizzo di calze elastiche, che esercitano una spinta compressiva graduata drenando i liquidi dalla caviglia verso l’alto. E poi la terapia farmacologica con ad esempio benzopironi, antibiotici, antimicotici, dietilcarbamazina, diuretici fino al drenaggio manuale linfatico con un fisioterapista specializzato, al drenaggio meccanico con ad esempio la pressoterapia o all’uso di bendaggi multistrato ed esercizi di ginnastica.

Molto più recente è il ricorso alla microchirurgia che è in grado di risolvere l’”ingorgo” linfatico, agendo direttamente sulla causa, prevenendo in questo modo le recidive. “Le procedure chirurgiche attualmente disponibili per il trattamento del linfedema sono molteplici – spiega Campisi -: si va dai bypass linfaticovenosi che hanno l’obiettivo di creare uno scarico fisiologico periferico con cui risolvere l’ostruzione al trapianto autologo di tessuto linfatico e/o linfonodi con lo scopo di creare un nuovo sistema di drenaggio linfatico nell’arto colpito, fino a vere e proprie liposuzioni guidate dalla navigazione linfatica”. L’esperto è anche l’ideatore di una nuova tecnica di “liposuzione a ultrasuoni”, che sfrutta le onde sonore per “sciogliere” gli ingorghi linfatici e agevolare la procedura chirurgica. In occasione del congresso ISL gli specialisti avranno l’occasione di confrontarsi sulle ultime tecniche microchirurgiche sul sistema linfatico.

Andrologi: con pancetta e difetti estetici rischio disfunzione erettile

Andrologi: con pancetta e difetti estetici rischio disfunzione erettileRoma, 24 giu. (askanews) – Dalle onde d’urto combinate con la dieta, per ridurre le adiposità addominali, in particolare localizzate in zona pubica, per eliminare l’effetto ottico di falsa brevità peniena, fino alle iniezioni di acido ialuronico o PRP per aumentare il volume del pene o correggere la curvatura. Sono sempre più numerose le tecniche per migliorare l’aspetto esteriore dell’intimità maschile che, anche se perfetta dal punto di vista anatomico, può subire un deficit funzionale da inestetismi. Un trend in crescita con oltre 10mila richieste l’anno di ritocchi ma accompagnato da un monito degli esperti. Procedure efficaci e sicure possono correggere difetti estetici più o meno gravi, che hanno un impatto sulla salute sessuale maschile, ma attenzione alla percezione di difetti inesistenti o lievi. In questi casi l’andrologo non deve assecondare il paziente ma indirizzarlo verso la scelta più giusta. Indispensabile rivolgersi a uno specialista competente.

Salute e bellezza sono un diritto anche per gli uomini: per migliorare il benessere maschile, che si riflette anche sul benessere della coppia occorre piacersi e non è solo una questione di vanità, perché gli inestetismi dell’intimità maschile, più o meno gravi, possono compromettere la salute sessuale, anche quando non sono legati a patologie deformative come ad esempio la malattia di Peyronie.”Si stima che circa il 45% degli uomini italiani sia in sovrappeso e che l’eccesso ponderale comporti un rischio fino al 70% di sviluppare disfunzione erettile, che è ancora maggiore al di sopra dei 60 anni. Anche cedimento dei tessuti, piccole dimensioni e curvature del pene acquisite o congenite, lesioni dermatologiche o cicatrici chirurgiche, possono avere un impatto negativo sulla salute sessuale maschile – afferma Alessandro Palmieri, presidente SIA e Docente di Urologia all’Università Federico II di Napoli – . Nel concetto olistico dell’andrologia, che prevede un approccio globale al paziente, non si può prescindere dalla valutazione delle condizioni estetiche, non solo perché spesso legate a condizioni patologiche ma anche perché una migliore percezione di sè ha ripercussioni funzionali sulla vita sessuale”. “Una nuova branca della medicina in continua evoluzione che si occupa di migliorare l’estetica e la funzionalità degli organi genitali maschili per consentire a chi soffre di inestetismi delle parti intime di vivere pienamente la propria sessualità, grazie a procedure correttive, sicure, efficaci e mini-invasive” sottolinea Palmieri. Ogni anno si rivolgono all’andrologo circa 7-10mila uomini che chiedono interventi per migliorare l’aspetto esteriore dei propri genitali. Non sempre però la percezione che un uomo ha della sua intimità corrisponde poi alla realtà. “Capita di frequente che i pazienti chiedano di accedere a procedure di cui non hanno davvero bisogno – spiega Stefano Lauretti, co-presidente del congresso, Servizio di Urologia, Andrologia e Riabilitazione uro-sessuale, Casa della Salute Santa Caterina, Asl Roma 2 – perché percepiscono difetti inesistenti o lievi. E’ quello che definiamo dal punto di vista scientifico dismorfofobia peniena. In questo caso il paziente non va assecondato ma va aiutato a comprendere l’errata percezione”. Per gli specialisti della SIA bisogna diffidare da informazioni, consigli e soluzioni facili che spesso si trovano sul web. “E’ indispensabile che i pazienti vengano seguiti da uno specialista che sappia indirizzarli verso le giuste scelte al fine di risolvere in maniera personalizzata la loro problematica estetica”, osserva Lauretti.

L’aumento delle richieste per accedere a trattamenti estetici non chirurgici in ambito andrologico è cresciuto in pochissimo tempo. “Si è passati da zero a un più 7-10 per cento negli ultimi 10 anni – specifica Claudio Marino, andrologo della SIA ed esperto in trattamenti estetici -. I motivi principali derivano da una sorta di imbarazzo nelle situazioni intime dovuti sia a difetti legati a vere e proprie patologie del pene, che all’avanzare dell’età. Può succedere infatti che, che a causa del trascorrere del tempo, l’aspetto dei genitali non corrisponde più ai desideri dell’uomo e possono emergere frustrazione e sfiducia, che incidono in modo negativo sulla sfera sessuale”.

Realtà virtuale immersiva al Pronto Soccorso pediatrico del Gemelli

Realtà virtuale immersiva al Pronto Soccorso pediatrico del GemelliRoma, 23 giu. (askanews) – “Somministrare” a un bambino la realtà virtuale sotto forma di giochi o storie interattive, durante un trattamento o una procedura invasiva, contribuisce a ridurre la sensazione di dolore e la reazione d’ansia che li accompagnano. È quanto stanno osservando i pediatri del Pronto Soccorso Pediatrico del Policlinico Gemelli: facendo indossare ai piccoli pazienti un visore da realtà virtuale, si riescono a rimuovere schegge da una manina imprudente o a mettere dei punti senza che il bambino avverta dolore o si stressi oltre misura (e con lui, i genitori), urlando a pieni polmoni. “L’ansia dei bambini, in Pronto Soccorso – spiega David Korn, Dirigente Medico di I livello, Pronto Soccorso Pediatrico e Responsabile dei Progetti di Digital Health per la Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – può essere causata da molti fattori, tra cui il dolore e la paura per la procedura, e spesso si manifesta con pianto, aggressività o il rifiuto a eseguire visite e procedure diagnostiche o terapeutiche necessarie. Questi comportamenti possono essere difficili da gestire, sia per i genitori, che per il personale sanitario. Il personale medico e infermieristico è abituato ad affrontare tali situazioni; ma oggi, attraverso l’utilizzo di tecniche innovative come la realtà virtuale, è possibile ridurre per il tempo necessario, attraverso il gioco, lo stress e l’ansia dei piccoli pazienti”. ‘Distrarre’ il bambino da quello che il medico sta facendo, immergendolo nella realtà virtuale di un gioco o del suo cartone preferito o di un video-gioco, aiuta a contenere la sua ansia e ad alzare la soglia del dolore. “Abbiamo osservato – prosegue il dottor Korn – che i bambini durante una procedura (per esempio rimozione di un corpo estraneo, punti di sutura, prelievo venoso e arterioso), non ritraggono la mano per il dolore; non è dunque necessario tenerli bloccati, perché con il visore indosso, sono del tutto distratti e tranquilli; i genitori si tranquillizzano a loro volta e contribuiscono a non alimentare un clima di ansia. E i vantaggi si estendono anche a medici e infermieri, perché un ambiente tranquillo riduce di molto il loro burnout”. “Nel nostro Pronto Soccorso Pediatrico – ricorda Antonio Chiaretti, Direttore del Pronto Soccorso Pediatrico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, docente di Pediatria Università Cattolica, campus di Roma – stiamo utilizzando, in collaborazione con il dottor Cyril Sahyoun (Urgences Pediatriques – Hôpitaux Universitaires de Genève, HUG), la realtà virtuale completamente immersiva, grazie a un visore donato dalla Onlus Lollo 10, che opera attivamente all’interno del nostro Policlinico. In pratica, al momento dell’esecuzione di una procedura dolorosa, facciamo indossare al bambino un visore in grado di creare un’esperienza immersiva e interattiva, creando ambienti e situazioni rassicuranti, che lo distraggono dall’ambiente che lo circonda. Tale sperimentazione ci permette di eseguire tutta una serie di procedure dolorose (suture di ferite, riduzione di fratture, rimozione di corpi estranei o prelievi) e invasive (esami radiografici e specialistici) nei bambini che accedono al nostro pronto soccorso, senza ricorrere all’uso di farmaci o sedativi per tranquillizzarli. Ovviamente, tale metodica offre molteplici vantaggi, sia in termini di stress parentale e personale, che in termini di risparmio di tempo e di risorse, abbattendo in maniera significativa i tempi di permanenza e di esecuzione di tali procedure nel nostro PS. I primi risultati – conclude il professor Chiaretti – sono davvero sorprendenti, perché i bambini, quando iniziano a giocare e a interagire con il visore, si estraniano completamente dal mondo esterno; questo permette loro anche di rimuovere l’esperienza traumatica legata alla permanenza in PS e agli operatori sanitari di lavorare senza alcun tipo di stress”. ‘Distrarre’ i piccoli pazienti è una parola chiave, ben nota da sempre ai pediatri che, tra tutti i medici, si distinguono per il camice pieno di spillette colorate e di penne sormontate da buffi pupazzetti che spuntano dal taschino. E dunque, il visore per un’esperienza immersiva da realtà virtuale è solo un’evoluzione di questo concetto. Che, a giudicare dalle prime esperienze, sembra davvero molto efficace. La realtà virtuale è costituita da un ambiente artificiale che viene sperimentato dal bambino attraverso stimoli sensoriali (come immagini e suoni) forniti da un computer e in cui le proprie azioni e movimenti determinano, in parte, ciò che accade nell’ambiente circostante. Può essere classificata, in base al livello di isolamento dal mondo reale in: non-immersiva (basata, cioè, su computer o tablet), semi-immersiva (quando si utilizzi un grande schermo 3D), e completamente immersiva (nel caso in cui si utilizzi un display montato su un visore che consente interazioni multiple attraverso più canali sensoriali). In tal modo, la realtà virtuale crea ambienti illusori in cui il senso delle azioni è definito dalle contingenze e dagli stimoli neurosensoriali. L’interazione attiva dei pazienti con il mondo virtuale è necessaria per un’immersione completa; questo fa sì che il bambino si distacchi, temporaneamente, dal mondo reale.

Studio: scoperto composto naturale che trasforma il grasso in energia

Studio: scoperto composto naturale che trasforma il grasso in energiaRoma, 22 giu. (askanews) – Nel tentativo di comprendere in che modo i “geni della longevità”, appartenenti alla ormai nota famiglia dei geni SIRT, possono allungare la durata della vita in buona salute, un gruppo di ricercatori italiani ha individuato un composto in grado di favorire la perdita di peso e di prevenire l’accumulo di grasso “cattivo”. Si tratta di un mix di molecole naturali, che includono, tra le altre, pterostilbene, polidatina, onochiolo, gymnema sylvestre, sinefrina, forskolina, tè verde, neopuntia, capace di trasformare il grasso bianco, quello “cattivo” che si accumula e porta in su la lancetta della bilancia, in grasso bruno, cioè in quello “buono” che il nostro organismo brucia per produrre energia. L’efficacia del composto, prodotto da un’azienda americana che si occupa di creare integratori che stimolano la produzione naturale di sirtuine, è stata dimostrata in uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma, dell’IRCCS San Raffaele di Roma e dell’Università di Napoli Federico II, recentemente pubblicato sulla rivista Cell e da poco disponibile in commercio. “Il composto è in grado di inibire la proliferazione degli adipociti e il rilascio di molecole pro-infiammatorie, come l’interleuchina-6 e la leptina, l’ormone responsabile della sensazione della fame”, spiega David Della Morte Canosci, autore dello studio e professore di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di Roma Tor Vergata. “Ma cosa ancora più straordinaria, il composto ha promosso la ‘trasformazione’ del grasso ‘bianco’ in ‘bruno’ attraverso l’aumento dei livelli di espressione di alcuni geni legati al grasso ‘buono’, come ad esempio UCP1”, aggiunge.

A differenza dei farmaci anti-obesità nuovi che stanno riscuotendo un grande successo e per i quali sono state riscontrate resistenze (in alcuni pazienti obesi non funzionano) e l’insorgenza di eventi avversi, il nuovo composto rappresenta un’alternativa naturale e priva di rischi per la perdita di peso. “L’unico effetto collaterale documentato è l’aumento della longevità, oltre che una maggiore protezione contro il diabete, le malattie cardiache e neurodegenerative”, sottolinea Della Morte. Il grasso bianco funziona come una sorta di magazzino per le calorie in eccesso che ricaviamo dalla digestione del cibo. Il grasso bruno, invece, brucia le calorie per consentire al corpo di svolgere tutta una serie di funzioni vitali, come ad esempio la termoregolazione, ed evita in questo modo l’accumulo pericoloso di grassi. Il composto testato dai ricercatori italiani è dunque un valido strumento attraverso il quale si può trasformare il grasso bianco in bruno.

L’implantologia dentale computer guidata, l’ultima frontiera

L’implantologia dentale computer guidata, l’ultima frontieraRoma, 22 giu. (askanews) – Il settore dentistico è in continua evoluzione e le moderne tecnologie digitali segnano un progressivo passo in avanti verso il futuro. L’idea del dentista “cavadenti”, con la siringa in una mano e il bisturi dall’altra, infatti, è ampiamente superata. I progressi tecnici stanno rivoluzionando gli interventi, migliorandone l’accuratezza e l’efficacia ma anche riducendo i rischi, gli errori e l’invasività.

L’ultima frontiera in campo implantologico e protesico è rappresentata dall’implantologia dentale computer guidata: un’innovativa modalità che permette di riprodurre e prevedere al computer la posizione in cui è meglio inserire un impianto all’interno della bocca del paziente. Consente un’esecuzione preventiva dell’intervento in modalità digitale e l’immediato posizionamento delle protesi dentali, condizioni ossee permettendo, riducendo notevolmente l’errore umano, associato al posizionamento degli impianti e delle protesi se approcciate secondo la tecnica tradizionale. Inoltre, la totale mancanza di tagli e punti di sutura, garantisce minor dolore, una degenza post operatoria più breve e meno invalidante, con tempi di guarigione più rapidi. “Le moderne tecnologie digitali hanno permesso un enorme passo avanti, rivoluzionando di fatto il settore dentistico e innalzando la qualità dei servizi offerti ai pazienti – spiega il dott. Francesco Lerario, Specialista in Chirurgia Odontostomatologica e Dottore di Ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma, fondatore e CEO di SkyDental 3D – l’Implantologia computer guidata consente di effettuare interventi in modalità Flapless, ovvero senza tagli e punti di sutura. La programmazione in 3D permette di identificare con più sicurezza rispetto alla tecnica tradizionale la porzione delle ossa mascellari per determinare la posizione ottimale per il posizionamento dell’impianto affinché sia più certa la loro integrazione. Ogni cura è pianificata nel dettaglio prima ancora di essere eseguita, e l’invasività dell’intervento è minimale, in quanto, rispetto all’implantologia classica, non è necessario incidere interamente la gengiva, ma è sufficiente praticare da 4 a 6 micro forellini sulla gengiva e nell’osso per ciascuna arcata”, inoltre molto spesso è possibile applicare delle protesi a carico immediato.

L’esempio più eclatante è rappresentato dai trattamenti di implanto-protesi, da sempre gestiti in modalità chirurgica, che oggi possono essere approcciati in maniera meno invasiva e più sicura, eliminando le incisioni, i punti di sutura, e riducendo i fastidi del periodo post-trattamento. “L’implantologia computer guidata è consigliabile che venga eseguita da centri certificati e specialisti esperti nell’utilizzo di tecniche digitali in odontoiatria – spiega il dott. Lerario – siamo i primi in Italia ad aver standardizzato i metodi di implantologia computer guidata, ottenendo, da parte di un ente internazionale, il W Certified, la certificazione della tecnica. Il protocollo sanitario SkyDental 3D Estetique, è un sistema di qualità per l’inserimento degli impianti dentali in maniera minimamente invasiva e molto sicura. Il protocollo prevede la possibilità di riabilitare un’intera arcata dentaria in una sola seduta, senza tagli e punti di sutura, il tutto in poche ore, condizioni ossee permettendo .Dalla progettazione virtuale, che avviene grazie ad apparecchiature come Radiografia Tac, Software di Modellazione digitale e una Stampante in 3D, è possibile individuare con estrema precisione la porzione di osso più adatta ad accogliere l’impianto, e disegnare virtualmente l’anatomia degli elementi dentari da riabilitare. Successivamente, attraverso micro forellini, le viti vengono impiantate nell’osso, e il tempo di inserimento di quattro-sei impianti per arcata ha una durata di 30 minuti circa. Altri 45 min saranno successivamente necessari per adattare, rifinire ed adattare le protesi nella bocca del paziente. Il trattamento riduce le complicazioni post trattamento, i tempi di ripresa sono rapidi, e il rischio di mancata osteointegrazione è minimale”. Di contro, gli interventi per il posizionamento di impianti dentali tramite tecniche convenzionali, prevedono periodi di recupero lunghi, prima che la funzione dentale possa essere completamente ripristinata, con tempo superiori ai 6 mesi, incisioni sui tessuti molli, quindi maggiore invasività ed un maggiore impiego di anestesia, e tempi più dilatati rispetto alle procedure implantari computerizzate.

“La tecnologia dell’impianto computerizzato consente di vedere le strutture anatomiche della mascella, dei denti e del tessuto circostante, riducendo così i rischi di complicazioni impreviste durante l’intervento – conclude il dott. Lerario – questa metodologia è adatta a tutte le persone, specie a coloro che hanno paura di sottoporsi a interventi di implantologia dentale, per chi ha poco osso e per chi vuole Rimettere i denti nel più breve tempo possibile “. Un’alternativa a chi ha poca fiducia nel turismo dentale, e più in generale nelle catene odontoiatriche low cost che propongono servizi a basso costo a discapito, tante volte, della salute del paziente.

Malattie rare, evento UNIAMO su miastenia gravis

Malattie rare, evento UNIAMO su miastenia gravisRoma, 22 giu. (askanews) – Si è svolto oggi, presso la Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale, il convegno “Miastenia Gravis: Gestione e Bisogni di una Malattia Rara Spesso non Compresa” organizzato da UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare che da oltre 20 anni rappresenta e dà voce ad una comunità di quasi 2 milioni di persone.

La Presidente di UNIAMO Annalisa Scopinaro ha introdotto l’evento: “Portare all’attenzione dei media patologie come la miastenia gravis aiuta a fare luce sugli aspetti ancora irrisolti per una presa in carico olistica delle persone con malattia rara. Per molte patologie non esiste ad oggi speranza di cura; quando arrivano terapie che possono migliorare i sintomi è necessario che siano rese disponibili nel più breve tempo possibile e che aumenti l’accuratezza della diagnosi anche attraverso formazione e sensibilizzazioni mirate. Con questo incontro speriamo di dare il nostro contributo ad un quadro di definizione dei bisogni complessivi”. Renato Mantegazza dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, Rocco Liguori dell’Istituto delle Scienze Neurologiche e Università di Bologna e Francesco Habetswallner dell’Unità di Neurofisiopatologia del Cardarelli di Napoli hanno quindi aperto i lavori dando un inquadramento clinico alla patologia e delineando le caratteristiche peculiari che la contraddistinguono. La Miastenia Gravis è una malattia autoimmune rara delle giunzioni neuromuscolari, clinicamente eterogenea, caratterizzata da debolezza con affaticamento dei muscoli volontari.

In seguito, Mariangela Pino, Associazione AIM Amici del Besta, e Antonia Occhilupo, Associazione Miastenia Gravis APS, hanno evidenziato quali sono i bisogni dei pazienti, dagli aspetti clinici e sociali ai diritti esigibili. Dopo la Tavola Rotonda intitolata Connecting Helthcare – Azioni per una gestione condivisa, si è dunque parlato di cosa ha fatto e cosa può fare la politica per le persone con MG. Nell’ultima parte dei lavori si è, infine, cercato di far emergere la necessità di avere una diagnosi in tempi brevi e un trattamento omogeneo su tutto il territorio nazionale; di migliorare l’assistenza medica e di aumentare il numero di medici di base e di assistenti sociali nelle aree in cui vi è carenza; di ridurre la burocrazia per garantire che i diritti dei pazienti in modo tempestivo; di accendere i riflettori sulla limitazione della vita professionale sia dei pazienti che dei caregiver e sulla difficoltà di riconoscimento dell’invalidità. Sono intervenuti Arianna Giovannetti (Medico legale e Presidente della società scientifica Meldis), Gaetano Piccinocchi (Tesoriere SIMG – Società Italiana di Medicina Generale), Paola Torreri del Centro Nazionale Malattie Rare – ISS, e Andrea Lenzi, Giuseppe Limongelli e Silvia Di Michele, coordinatori regionali malattie rare di Lazio, Campania e Abruzzo.