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Salute, Congresso mondiale WFPHA: ‘Covid-19: lezioni imparate?’

Salute, Congresso mondiale WFPHA: ‘Covid-19: lezioni imparate?’Roma, 4 mag. (askanews) – Il 17° Congresso Mondiale di Sanità Pubblica (2-6 maggio, Roma) coincide con un momento critico per la sanità pubblica, chiamata a fare i conti con i resti della pandemia Covid-19 e i significativi cambiamenti prodotti, a cominciare l’aumento delle disuguaglianze in termini di risposte di salute. Una scelta fortemente voluta quella di dedicare una delle sessioni plenarie chiave dell’evento a: Covid-19: The Ongoing Challenge, Lessons Learnt, and How to Prevent the Next Pandemic.

L’epidemia di Covid-19 ha causato la morte di quasi 7 milioni di persone in tutto il mondo. La recente pandemia è stata uno stress test formidabile per la sanità pubblica di tutti i Paesi: ha esaminato la resilienza dei sistemi sanitari globali e ha messo in luce le debolezze dei processi di approvvigionamento pubblico. I fattori di criticità nella gestione della Covid-19 hanno portato il settore sanitario – solitamente ai margini del dibattito politico e ampiamente trascurato dai media – al centro della scena. Perché la situazione è andata fuori controllo?

“Nessuno Stato al mondo ha adottato una strategia perfetta durante la pandemia. Tuttavia, alcuni Paesi, come ad esempio il Regno Unito, gli Stati Uniti e il Brasile, hanno pagato un prezzo molto alto in termini di perdite e di deceduti perché i loro governi, condizionati direttamente dall’opinione pubblica, non hanno ascoltato gli scienziati, non hanno imposto subito un regime di lockdown e non hanno applicato misure essenziali per la salute pubblica”, sottolinea Walter Ricciardi, Professore di Igiene e Medicina Preventiva presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e consulente scientifico del Ministro della Salute per l’emergenza COVID-19 dal 2020 a settembre 2022. “È necessario sottolineare – suggerisce il Professore – che la responsabilità è ancora nelle mani dei governi nazionali. In alcuni casi, la differenza tra la risposta globale e quella nazionale è stata molto divergente”. Ricciardi ha anche sottolineato che la cosiddetta “infodemia (*informazioni false e fuorvianti sull’epidemia) ha portato alla sfiducia nelle autorità sanitarie e ha minato la risposta della sanità pubblica”. “La pandemia Covid-19 non è caduta dal cielo, non è stato il primo campanello d’allarme di questo giovane secolo – abbiamo avuto l’influenza aviaria (H5N1), l’influenza suina (H1N1), Ebola, e in alcune regioni anche Zika e poi alla fine abbiamo affrontato il Covid. Dopo ognuna di queste crisi, esperti indipendenti di tutto il mondo hanno esaminato ciò che i governi hanno fatto bene e ciò che hanno fatto male, ciò che l’OMS ha fatto bene o male e ciò che è necessario fare in futuro. Già nel 2015 sono state formulate una serie di raccomandazioni. I Paesi non hanno affrontato prima le cause profonde per essere meglio preparati alla pandemia. Avevamo bisogno di una comprensione completa delle debolezze dei Paesi e di un’azione risoluta per mitigarle. Purtroppo, ciò non è avvenuto”, sottolinea il dottor Rüdiger Krech, alto funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Cosa ci insegna o dovrebbe insegnare la Covid-19? Ora che la pandemia Covid-19 è in uno stato di transizione, è il momento ideale per riflettere sulle preziose lezioni che abbiamo imparato.

“Direi la pandemia ha impartito lezioni. Fondamentali. Non sono certo che i governi le abbiano comprese”, afferma Ricciardi evidenziando due principali temi su cui concentrarsi: – investimenti sanitari mirati, essenziali per rafforzare i sistemi sanitari pubblici e prevenire le pandemie in futuro;

– la necessità di un atteggiamento più determinato e meno egoista verso gli investimenti nella collaborazione globale e nel capitale umano

E se la prossima pandemia si verificasse domani?

È impossibile prevedere quando si verificherà la prossima pandemia, ma secondo gli esperti è inevitabile. È quindi estremamente importante capire se gli attuali sistemi sanitari nazionali sono pronti ad affrontare un’altra grande sfida.

“Non si tratta di stabilire se assisteremo o meno a epidemie o pandemie, ma solo quando le affronteremo. L’errore più grande sarebbe quello di ignorare le debolezze che vediamo nei nostri Paesi e che vediamo a livello globale. Con il passare della pandemia, abbiamo imparato molto su come si evolve; e ogni pandemia si evolve in modo diverso. Pertanto, impareremo sempre con lo sviluppo della pandemia, ma è necessario mantenere i principali punti di riferimento (ad esempio, la distanza sociale) e affrontare i 30 principali rischi che possono potenzialmente portare alla prossima emergenza sanitaria”, sottolinea il Dottor Krech.

“La risposta dipende dal Paese, ma purtroppo la maggior parte dei Paesi non è pronta. Alcuni sono troppo rilassati e sembra che non abbiano tratto alcuna esperienza della precedente pandemia. Come vediamo, si investe meno denaro nella sanità pubblica e in particolare nell’assistenza pubblica”, afferma Walter Ricciardi, il cui unico ottimismo conta sulla risposta dei professionisti sanitari, perché “ora abbiamo sicuramente più esperienza”.

Soluzioni sul tavolo:

Nel marzo 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato i negoziati per un accordo globale sulla prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, utilizzando la “bozza zero” come base per negoziare un accordo per proteggere le nazioni e le comunità da future emergenze pandemiche. “Il trattato globale sulle pandemie dovrebbe essere il primo passo verso la gestione globale della futura pandemia. Abbiamo discusso questo documento negli ultimi due anni ma devo ammettere che siamo ancora molto lenti perché i paesi principali non sono favorevoli a questa iniziativa. Il secondo e il terzo passo dovrebbero essere sicuramente un maggiore investimento nel sistema di assistenza sanitaria pubblica e un migliore coordinamento” – conclude il Prof. Ricciardi.

Secondo il Dottor Krech, nella promozione della salute è molto importante “co-progettare, responsabilizzare e includere nelle politiche e nelle raccomandazioni le persone che vogliamo raggiungere” e capire “come si comportano le persone e cosa accettano e non accettano”.

E a livello internazionale la collaborazione deve essere considerata un elemento essenziale.

“I virus non conoscono confini e per il futuro dobbiamo ricordare che nessun Paese è sicuro finché tutti i Paesi non lo sono”, conclude il Dottor Rüdiger Krech.

Sul 17° Congresso mondiale di sanità’ pubblica:

Dal 2 al 6 maggio 2023, oltre 3.000 professionisti e ricercatori della salute pubblica, politici e studenti si riuniranno a Roma, in Italia, per il 17° Congresso mondiale sulla salute pubblica, un evento epocale organizzato dalla Federazione mondiale delle associazioni di salute pubblica (WFPHA) in associazione con la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (SItI) e l’Associazione delle scuole di sanità pubblica della regione europea (ASPHER). Il tema del congresso, “Un mondo in fermento: Opportunità di concentrarsi sulla salute pubblica”, riflette l’impegno della comunità sanitaria globale a lavorare insieme per promuovere l’equità nella salute, costruire un futuro sostenibile ed equo e dare alle comunità la possibilità di essere più reattive. L’evento, suddiviso in sessioni plenarie, workshop e dialoghi sulla leadership mondiale, promuoverà la collaborazione e la co-creazione di una visione basata sulle conoscenze professionali e sulle esigenze delle comunità per salvaguardare e nutrire un mondo che richiede guarigione e protezione.

Tumori sangue:proteine proteggono intestino da complicanza post-trapianto

Tumori sangue:proteine proteggono intestino da complicanza post-trapiantoRoma, 4 mag. (askanews) – Uno studio coordinato dalla Fondazione Tettamanti, in collaborazione con Sapienza Università di Roma e altri centri di ricerca italiani, ha scoperto che l’interazione tra due proteine può essere decisiva per contrastare una delle più frequenti complicanze causate dal trapianto da donatore di cellule staminali ematopoietiche (quelle in grado di generare tutte le altre cellule del sangue). Strumento prezioso per contrastare i tumori del sangue, il trapianto causa in circa il 60% dei pazienti una patologia definita GvHD, Graft-versus-Host Disease che causa infiammazione e danno nei tessuti dell’intestino.

Al centro dello studio sono la chemerina e il suo recettore, un’altra proteina indicata con la sigla CMKLR1, presente sulla superfice di alcuni leucociti, tra cui i macrofagi, cellule di prima linea nella difesa dagli agenti patogeni e fondamentali per eliminare i “rifiuti” presenti nei tessuti danneggiati. E’ stato osservato che CMKLR1 interagendo con chemerina, promuove l’azione protettiva dei macrofagi a livello dell’intestino infiammato e danneggiato a causa della GvHD. Lo studio, condotto su modelli animali e grazie all’osservazione del plasma di 71 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali, è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale JCI -The Journal of Clinical Investigation – Insight. I risultati osservati, se confermati in un gruppo più ampio di pazienti, potranno confermare il ruolo del sistema chemerina/CMKLR1 nel controllo dell’infiammazione intestinale.

«Il nostro studio evidenzia, per la prima volta, un coinvolgimento importante dell’asse chemerina/ CMKLR1 nella modulazione dell’infiammazione che accompagna la GvHD intestinale e l’importante ruolo protettivo svolto dai macrofagi attraverso l’espressione del recettore CMKLR1 – spiega Giovanna D’Amico, ricercatrice della Fondazione Tettamanti e ultimo autore dello studio -. La nostra scoperta evidenzia l’importanza del sistema chemerina/CMKLR1 come possibile meccanismo da sfruttare terapeuticamente per incrementare la presenza di macrofagi, con azione protettiva, nell’intestino, al fine di ridurre il danno intestinale e proteggere i pazienti dalla GvHD. Inoltre, abbiamo dimostrato come l’aumento della concentrazione ematica di chemerina nei pazienti trapiantati, preceda la comparsa della GVHD. Chemerina potrebbe quindi fungere da precoce biomarcatore predittivo dell’insorgenza di questa complicanza, permettendo l’inizio tempestivo di una terapia personalizzata». La ricerca è stata coordinata da Giovanna D’amico ed Erica Dander, ricercatrici della Fondazione Tettamanti, in collaborazione con la Pediatria della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, il team del professor Silvano Sozzani della Sapienza Università di Roma, l’Humanitas Clinical and Research Center, l’Humanitas University, la Fondazione Unimi, l’Università degli Studi di Milano, l’Università degli Studi di Milano Bicocca, l’Università di Brescia, la Divisione di ematologia e l’unità di midollo osseo del San Gerardo dei Tintori di Monza.

Al Gemelli primo trapianto fegato da donatore a cuore non battente

Al Gemelli primo trapianto fegato da donatore a cuore non battenteRoma, 4 mag. (askanews) – Un paziente deceduto per arresto cardiaco, ha donato il proprio fegato per salvare la vita ad un uomo affetto da cirrosi epatica con epatocarcinoma. Nella notte tra sabato 29 e domenica 30 aprile, è stato effettuato presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli un trapianto di fegato da donatore a cuore non battente (DCD). È la prima volta per il Policlinico Gemelli e la seconda volta che questo accade nel Lazio. Il ricevente è un paziente di 70 anni affetto da cirrosi epatica con epatocarcinoma; il donatore, un paziente di 56 anni. “Questa tipologia di donazione – spiega Salvatore Agnes, Ordinario di Chirurgia Generale, Direttore Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale e dei Trapianti d’organo, Direttore Centro Trapianti di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – ancora molto poco diffusa in Italia (rappresenta il 5% circa dei prelievi d’organo), potrebbe aumentare in maniera importante il numero dei potenziali donatori per le 8 mila persone in lista trapianto d’organo nel nostro Paese. Ma si tratta di una procedura più complessa dal punto di vista organizzativo, rispetto alla classica donazione da paziente a cuore battente (in ‘morte cerebrale’); per questo, sono ancora molto pochi al momento gli ospedali italiani, quasi tutti al Nord, in grado di effettuarla”.

Nel caso del donatore a cuore battente, anche se il soggetto è deceduto (come dimostra l’accertamento della ‘morte cerebrale’), il cuore e i polmoni continuano a far circolare sangue ossigenato a tutti gli organi, che sono dunque vitali. Nel donatore a cuore fermo invece, la morte avviene per arresto cardiaco e, a seguito di questo evento, il potenziale donatore viene sottoposto ancora per 20 minuti a monitoraggio dell’elettrocardiogramma (o ‘tanatogramma’, come prevede la legge per la constatazione della ‘morte cardiaca’). “Al termine di questi venti minuti – prosegue il professor Agnes – viene posizionato un macchinario che consente di far ricircolare sangue ossigenato negli organi interessati alla donazione. Successivamente si procede al prelievo e al trattamento dei singoli organi all’interno di una macchina di perfusione. L’elemento di complessità aggiuntiva legato alla donazione a cuore non battente – prosegue il professor Agnes – deriva dal fatto che gli organi non sono più perfusi da sangue ossigenato. Per questo è necessario procedere con l’ECMO (una pompa ossigenatrice, simile a quelle che si usano nella circolazione extracorporea degli interventi cardiochirurgici) per due-tre ore e, dopo il prelievo degli organi, ad una sorta di trattamento di rivitalizzazione aggiuntivo, che consiste nel porre gli organi nelle macchine di perfusione, dove l’organo viene conservato a freddo con un continuo lavaggio. Durante la fase dell’ECMO, si studia la funzionalità del fegato con alcuni parametri biochimici, per valutare se l’organo stia subendo un danno importante. Se è tutto a posto, si passa al prelievo degli organi; il fegato viene valutato macroscopicamente e in genere si effettua una biopsia. Fatti questi ulteriori accertamenti, si parte con il trapianto vero e proprio”. Le procedure messe in moto per questo tipo di trapianto sono dunque molto più complesse e richiedono la collaborazione di un’équipe allargata, comprendente oltre ai chirurghi trapiantatori, l’unità di donazione degli organi (che identifica i possibili donatori nelle varie terapie intensive dell’ospedale e che mette in atto tutte le procedure, interfacciandosi con il Centro Trapianti della Regione Lazio) i rianimatori intensivisti delle varie unità, gli anestesisti, i tecnici della perfusione extracorporea, la radiologia, l’anatomia patologia, la biochimica. “Mi fa piacere sottolineare – afferma Massimo Antonelli, Direttore del Dipartimento Scienze dell’emergenza, anestesiologiche e della rianimazione del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Ordinario di Anestesiologia e Rianimazione all’Università Cattolica – come il Dipartimento di Anestesiologia e Rianimazione e dell’Emergenza abbia incisivamente agito in tutte le fasi: dal trattamento e mantenimento del donatore ad opera dei colleghi della Terapia Intensiva Neurochirurgica e del dottor Ciro D’Alò, che ha coordinato le fasi preparatorie e il rapporto con la famiglia, ai colleghi della Rianimazione che hanno approntato il complesso posizionamento del REBOA (Resuscitative Endovascular Balloon Occlusion of the Aorta) e della circolazione extracorporea (ECLS/ECMO, Extracorporeal Life Support/Extracorporeal Membrane Oxygenation), ai colleghi Anestesisti che hanno gestito le fasi intraoperatorie del trapianto con la grande esperienza che li caratterizza. Ancora una volta emerge che solo grazie ad una collaborazione e alla motivazione di una bella squadra di specialisti si possono raggiungere importanti risultati”. Gli organi che possono essere prelevati da donatore DCD sono principalmente fegato e reni. La procedura del trapianto da DCD si è sviluppata negli ultimi anni negli Usa, in Europa e nel Nord Italia; nel Centro-Sud Italia è stata finora utilizzata raramente e in maniera sporadica. Per il Lazio, questo è il secondo trapianto da DCD. “L’intervento appena realizzato – conclude il professor Agnes – ci consente quindi di chiudere il gap con i grandi centri trapianti del Nord e propone il Gemelli come uno dei punti di riferimento per questo tipo di trapianti per tutto il Centro-Sud d’Italia”.

Ricciardi: bene Oms su fine pandemia, ma Covid circola ancora

Ricciardi: bene Oms su fine pandemia, ma Covid circola ancoraRoma, 3 mag. (askanews) – La decisione di dichiarazione di fine pandemia è attesa a giorni, da parte dell’Organizazione Mondiale della Sanità, forse già domani 4 maggio. Una decisione “giusta” secondo Walter Ricciardi, che commenta così ad askanews.

“La situazione sta migliorando. Sicuramente le condizioni epidemiologiche sono imparagonabili rispetto a quelle della pandemia piena – dice il Professore Ordinario di Igiene presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a margine del 17esimo Congresso mondiale sulla salute pubblica a Roma, un evento organizzato dalla Federazione mondiale delle associazioni di salute pubblica (WFPHA) – ed è giusto quindi che l’Oms vada in questa direzione”. “La cosa importante – sottolinea Ricciardi – è che non si pensi che è tutto finito, perché di fatto il virus continua a circolare, continua purtroppo a colpire e a far morire le persone fragili, e sono soprattutto queste che si devono proteggere, con la vaccinazione e anche con comportamenti saggi come l’uso delle mascherine in luoghi affollati”.

Prevenzione cecità, al via progetto ‘Ci vediamo al Corviale’

Prevenzione cecità, al via progetto ‘Ci vediamo al Corviale’Roma, 3 mag. (askanews) – Al via a Roma il progetto “Ci vediamo a Corviale” della (Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità). Nel corso delle otto settimane dal 3 maggio al 28 giugno – all’interno del Centro Polivalente Nicoletta Campanella messo a disposizione dall’XI Municipio – saranno efettuate visite oculistche comletamente gratuite e saranno donati occhiali da vista per residenti fragili individuati dalle associazioni coinvolte, ove necessari. Dopo la visita del medico oculista, la realizzazione di occhiali da vista gratuiti sarà effettuata in collaborazione con ottici qualificati.

Si tratta del primo progetto mirato nel quale Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia e IAPB Italia Onlus uniscono le proprie forze e competenze per concentrarsi su zone particolarmente disagiate e intervenire in maniera tale creare la prima area urbana “libera da problemi visivi”. Presenti all’inaugurazione: Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato per la Salute, Massimiliano Maselli, Assessore ai Servizi sociali, Disabilità, Terzo Settore e Servizi alla Persona della Regione Lazio, Alessandro Onorato, Assessore Grandi Eventi, Turismo e Moda di Roma Capitale, Gianluca Lanzi, Presidente XI Municipio di Roma Capitale e Giovanni Malagò, Presidente del CONI.

Il progetto ha il patrocinio di Camera dei Deputati, Regione Lazio, Municipio XI e vede la collaborazione di numerose associazioni presenti sul territorio. Scopo dell’iniziativa è prendersi cura della salute visiva della popolazione di Corviale, che non si esaurisce nel trattamento e correzione dei vizi di rifrazione attraverso un paio di occhiali, ma vuole garantire in caso di presenza di malattie oftalmiche, gli approfondimenti diagnostici di secondo livello, grazie alla collaborazione con Sapienza Università di Roma – Policlinico Umberto I, Università Tor Vergata – Policlinico Tor Vergata e IRCCS Fondazione G.B. Bietti.

Congresso mondiale WFPHA: “Non c’è salute pubblica senza quella planetaria”

Congresso mondiale WFPHA: “Non c’è salute pubblica senza quella planetaria”Roma, 3 mag. (askanews) – Dopo lo scoppio dell’epidemia di Covid-19, il concetto di “sicurezza sanitaria globale” è diventato un argomento di discussione nel dibattito accademico e popolare, e gli specialisti della salute si riuniscono per discutere vari approcci per evitare la prossima pandemia. In un mondo sempre più interconnesso, l’obiettivo principale di questa agenda è quello di identificare e prevenire i problemi di salute che gravano sulle popolazioni, sulla società e sull’economia globale. Una delle sessioni plenarie del 17° Congresso mondiale sulla salute pubblica (2-6 maggio, Roma), intitolata “Non c’è salute pubblica senza salute planetaria”, parla da sé.

“Non esiste la salute di un solo Paese. Siamo tutti responsabili della salute del pianeta e dobbiamo comprendere e attingere ai sistemi di conoscenza delle popolazioni indigene che esistono da tempo immemorabile, impegnandoci davvero con gli elementi in nostro possesso e usandoli per costruire le nostre esigenze di salute globale, e farlo collettivamente partendo dalla consapevolezza che la salute è un diritto umano ed è, quindi, una priorità assoluta”, sottolinea la Prof.ssa Emma Te Patu, vicepresidente del WFPHA e MAORI. La promozione della salute globale è una missione vitale nel mondo moderno della globalizzazione. Richiede la cooperazione di enti governativi, organizzazioni sanitarie globali, professionisti medici, educatori, volontari e sostenitori all’interno delle comunità locali.

La Prof.ssa Te Patu ha definito le cinque iniziative di salute globale che svolgono un ruolo cruciale nel contesto attuale: ” Decolonizzazione della salute pubblica – Rimozione delle barriere sistemiche all’equità. ” Risorse adeguate alla sanità pubblica. ” Meccanismi legislativi per garantire che i Paesi siano responsabili della salute pubblica. ” Sicurezza e crescita del personale della sanità pubblica. ” Educazione alla salute pubblica accessibile e pertinente. Il vicepresidente della WFPHA ha anche classificato le principali minacce alla salute pubblica: ” Individualismo e imperativo finanziario commerciale. ” Risposte reazionarie invece di risposte strategiche. ” Mancanza di risorse adeguate.

Perché il cambiamento climatico dovrebbe essere considerato la più grande minaccia per la salute globale del XXI secolo? Le crisi globali sono strettamente legate al cambiamento climatico. Pertanto, non dobbiamo perdere di vista la minaccia esistenziale che il degrado ecologico rappresenta per la salute planetaria e umana.

“Il cambiamento climatico sta sicuramente toccando tutti i pilastri e i supporti della nostra salute: l’accesso al cibo, all’acqua potabile e all’aria pulita. Sta cambiando il modo in cui proteggeremo il nostro aiuto e il modo in cui dobbiamo prevenire i peggiori impatti del cambiamento climatico. Le persone devono capire che il cambiamento climatico non è solo qualcosa che accadrà al Pianeta in futuro, ma sta influenzando la nostra salute proprio in questo momento: colpisce i nostri polmoni e causa malattie. Ne stiamo già pagando le conseguenze. Sono convinta che affrontare oggi le cause del cambiamento climatico sia la migliore opportunità per la salute pubblica. Porterà benefici al sistema sanitario, all’economia, alla popolazione e renderà la nostra società più sostenibile. Dobbiamo intervenire in fretta a livello nazionale, fissare obiettivi più ambiziosi e, quindi, dotarci di un’assicurazione sanitaria ben coperta. La nostra vita e la nostra sopravvivenza dipenderanno molto da questo”, sottolinea Maria Neira, Direttore del Dipartimento di Salute Pubblica e Ambiente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo le stime dell’OMS:

” Tra il 2030 e il 2050, si prevede che il cambiamento climatico causerà circa 250.000 morti in più all’anno, a causa di malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo.

” I costi dei danni diretti alla salute (ovvero esclusi i costi in settori determinanti per la salute come l’agricoltura, l’acqua e i servizi igienico-sanitari) sono stimati tra 2 e 4 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. Gli impatti destabilizzanti del cambiamento climatico colpiscono in modo sproporzionato i più svantaggiati. Molti Paesi a basso reddito sono particolarmente vulnerabili all’innalzamento del livello del mare, ai disastri naturali e alla scarsità di cibo e acqua. Di conseguenza, la mancanza di risorse può portare a migrazioni forzate. Come possiamo salvaguardare questi territori “malsani”?

“Sappiamo che l’ambiente malsano è responsabile di 13 milioni di morti ogni anno a causa della mancanza di acqua potabile o di aria pulita. Il solo inquinamento atmosferico uccide 7 milioni di persone all’anno. La creazione di ambienti più sani sarà il miglior investimento che possiamo fare per proteggere la nostra salute, garantendo l’accesso ad acqua potabile, cibo sicuro e aria pulita e smettendo di inquinare i nostri oceani con milioni di tonnellate di plastica. È importante ricordare che la plastica può finire sul corpo umano perché i pesci contengono un numero elevato di microplastiche che gettiamo negli oceani. Solo se le persone vedranno la connessione tra il cambiamento climatico e la loro salute, inizieranno ad agire e diventeranno più reattive e più determinate a combattere le cause del cambiamento climatico”, afferma Maria Neira.

La pandemia COVID-19 ha messo a nudo le debolezze e le disuguaglianze dei nostri sistemi sanitari di fronte alle crisi globali. Il mondo ha bisogno di investimenti equi nella ricerca, nella sorveglianza e nella prevenzione sanitaria per costruire una resilienza globale contro questi rischi emergenti. Quali misure dovrebbero essere prese per garantire la sicurezza sanitaria globale?

La Prof.ssa Te Patu ha stilato il seguente elenco di priorità:

” trattato sulle pandemie: uno strumento per preparare il mondo alla prossima pandemia; ” maggiore consultazione della società civile; ” decolonizzazione della salute pubblica; ” maggiore collaborazione tra le comunità di salute pubblica internazionali, regionali, nazionali e locali; ” trasparenza da parte dei governi nella comunicazione e nella gestione della salute pubblica e di ciò che essa è.

“Siamo tutti cittadini del mondo. Le pandemie non riconoscono i confini, ecco perché una risposta internazionale unita è fondamentale. Lo stesso approccio viene utilizzato quando ci occupiamo dell’ambiente. Se, ad esempio, si procede alla deforestazione dell’Amazzonia, in un modo o nell’altro questa azione si ripercuoterà su tutti noi”, conclude Maria Neira.

Sul 17° Congresso mondiale di sanità pubblica. Dal 2 al 6 maggio 2023, oltre 3.000 professionisti e ricercatori della salute pubblica, politici e studenti si riuniranno a Roma, in Italia, per il 17° Congresso mondiale sulla salute pubblica, un evento epocale organizzato dalla Federazione mondiale delle associazioni di salute pubblica (WFPHA) in associazione con la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (SItI) e l’Associazione delle scuole di sanità pubblica della regione europea (ASPHER). Il tema del congresso, “Un mondo in fermento: Opportunità di concentrarsi sulla salute pubblica”, riflette l’impegno della comunità sanitaria globale a lavorare insieme per promuovere l’equità nella salute, costruire un futuro sostenibile ed equo e dare alle comunità la possibilità di essere più reattive. L’evento, suddiviso in sessioni plenarie, workshop e dialoghi sulla leadership mondiale, promuoverà la collaborazione e la co-creazione di una visione basata sulle conoscenze professionali e sulle esigenze delle comunità per salvaguardare e nutrire un mondo che richiede guarigione e protezione.

Federfarma Roma: parte screening gratuito malattie cardiovascolari

Federfarma Roma: parte screening gratuito malattie cardiovascolariRoma, 2 mag. (askanews) – Federfama Roma lancia una nuova campagna di screening delle malattie cardiovascolari. Per tutto il mese di maggio e fino al prossimo 31 luglio, in 170 farmacie di Roma e provincia che hanno aderito alla campagna, sarà possibile sottoporsi gratuitamente allo screening preventivo. La campagna è rivolta a tutti i cittadini tra i 28 e i 65 anni, che hanno una vita sedentaria o familiarità con le malattie cardiovascolari. Nel mese di maggio Federfarma Roma metterà a disposizione 25 giornate di screening, mentre da giugno sarà possibile effettuare lo screening contemporaneamente in più farmacie. I cittadini interessati potranno prenotare i controlli direttamente sul sito federfarmaroma.com o su prevenzioneinfarmacia.it, scegliendo la farmacia più vicina a casa. “Ha preso il via dagli ultimi giorni di aprile e fino alla fine di luglio, lo screening della sindrome cardio-metabolica che si potrà effettuare gratuitamente nelle farmacie di Roma e provincia – ha spiegato Andrea Cicconetti, presidente di Federfarma Roma – qui verranno misurati i cinque fattori di rischio: la glicemia, la pressione arteriosa, i lipi gliceridi, lipoproteina HDL, e la circonferenza addominale. Se almeno tre di questi cinque fattori superano i limiti, allora si è a rischio cardio-metabolico. Le farmacie – ha aggiunto Cicconetti – hanno ormai dimostrato di essere capillarmente presenti sul territorio. Per noi era importante dare efficacia a questa presenza con uno screening gratuito per far vedere come fare rete con le farmacie e con i loro servizi di prossimità. Abbiamo già fatto 3 giornate di screening gratuito ad aprile, sono già in programma 25 giornate a maggio e 50 a giugno e luglio. Si tratta di un grande progetto di screening – ha concluso il presidente di Federfarma Roma – che ha un valore aggiunto in termini di prevenzione. Questo vuol dire, infatti, un minore impatto in termini di cure e ricoveri per il servizio sanitario nazionale”.

IntegRARE, UNIAMO: ok consapevolezza, male indicatori supporti sociali

IntegRARE, UNIAMO: ok consapevolezza, male indicatori supporti socialiRoma, 2 mag. (askanews) – UNIAMO pubblica i risultati dell’indagine, svolta nell’ambito del progetto “IntegRare”, relativa all’impatto del progetto e all’evoluzione dei bisogni delle persone con malattia rara. L’indagine ha raccolto, fra la prima e la seconda fase, oltre 1000 questionari, volti ad indagare la qualità di vita delle persone con malattia rara e dei loro familiari/caregiver, il loro rapporto con i centri di competenza e con i servizi territoriali, l’integrazione socio sanitaria.

Nell’indagine sono presi in considerazione anche indici legati alla popolazione generale, che evidenziano come nel periodo in esame (2020-2022) ci sia stato un miglioramento, seppur contenuto, relativo alla speranza di vita in buona salute alla nascita mentre risulta in netta diminuzione la probabilità di morte entro i 5 anni. Risultano stabili l’indice di salute mentale, il numero di persone sole e le persone a rischio povertà a livello Nazionale. Più di 1 PcMR su 10 (11%) vede gli amici tutti i giorni, in linea col dato nazionale e con quello di integRARE 2020. La stessa percentuale, però, dichiara di non avere amici, molto al di sopra del dato sulla popolazione italiana del 2021 (2%) ma in linea con il dato rilevato da integRARE 2020 (11%).

Quasi 1 famiglia su 5 delle PcMR (18,1%) ha molte difficoltà nell’arrivare a fine mese con le risorse finanziarie a disposizione: un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale, relativa all’anno precedente (9,1%) ed al valore della rilevazione di integRARE del 2020 (10,1%). I principali problemi relativi all’assistenza della PcMR sono riconducibili a: – Assenza/Carenza di diagnosi tempestiva (34,1%). – Difficoltà di riconoscimento dei diritti esigibili (33,9%). – Mancanza/Carenza di continuità assistenziale nel passaggio dall’ospedale alle cure territoriali (33,3%). – Assenza/Carenza dei servizi di supporto psicologico (33,1%). – Mancanza/Carenza di informazione alle famiglie (32,3%). – Oltre 9 persone su 10 (93,1%) dichiarano che la malattia rara ha un forte impatto sulla salute e sulla propria vita quotidiana: dato confermato dalle 245 presenze per sostegno psicologico individuale e dalle 643 presenze per percorsi psico-educazionali.

I punti più critici rispetto al 2020, alcuni in netto peggioramento e legati anche agli effetti della pandemia, sono: – una maggior insoddisfazione rispetto alla mancanza/carenza di continuità assistenziale nel passaggio dall’ospedale alle cure territoriali (si passa dal 25,5% al 33,3%, con un incremento di ben 7,8 punti); – la mancanza di servizi di supporto psicologici (+3,6% di risposte, da 29,5 al 33,1%); – la carenza di inclusione socio sanitaria (+ 3,7%); – l’assenza/carenza dei servizi di supporto e di sollievo per i caregiver/i familiari (+1,7%); – la mancanza/carenza di coinvolgimento della PcMR/dei suoi familiari nel percorso di cura (+5,5%); la mancanza/carenza delle cure domiciliari (+5,1%). Il grado complessivo di soddisfazione dell’assistenza sanitaria e socio sanitaria offerta si attesta intorno al 2,7 su una scala di valutazione da 1-5, mentre sono positivi i giudizi medi su centri di riferimento (4,0) e sulle associazioni di pazienti (4,3).

In generale, aumenta leggermente l’impatto sul quotidiano della malattia rara (+1,1); nel complesso le persone sono però più informate. Maggiori dettagli sui principali risultati emersi dalla valutazione di impatto sociale sono disponibili sul sito di UNIAMO al link uniamo.org/pubblicazioni.

Il progetto “integRARE – Interventi e servizi per l’inclusione delle persone con malattie rare” è stato promosso da UNIAMO (Federazione Italiana Malattia Rare Onlus), in partenariato con ABC (Associazione Bambini Cri du chat), AIDEL22 (Associazione Italiana Delezione del Cromosoma 22 A.P.S.), AISAC (Associazione per l’Informazione e lo Studio dell’Acondroplasia), Mitocon (Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali Onlus), finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi dell’articolo 72 del Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n.117 – Anno 2018. L’indagine è stata svolta grazie alla collaborazione della società Sinodè, che ha curato anche la rendicontazione dei questionari.

A.I. per la neuroriabilitazione col San Raffaele al Rome Cup 2023

A.I. per la neuroriabilitazione col San Raffaele al Rome Cup 2023Roma, 2 mag. (askanews) – L’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico San Raffaele e l’Università Telematica San Raffaele Roma saranno tra i protagonisti della 16° edizione del RomeCup 2023 con tre stand dedicati alle nuove frontiere ispirate alla phygital rehabilitation a testimonianza dell’importanza delle sinergie tra sistemi meccatronici, stimoli virtuali e robotica biomedica applicate alla riabilitazione. I visitatori avranno modo di “immergersi” in due veri laboratori di ricerca: “Brain Connectivity” e “Bioingegneria della Riabilitazione” per confrontarsi con i più innovativi robot per la simulazione del cammino, tra questi Atlas, l’esoscheletro ‘overground’ indossabile in età pediatrica. Presso gli stand saranno disponibili dei “visori Quest 2” forniti da Meta, la società di Mark Zuckerberg, partner d’eccezione dell’IRCCS San Raffaele per l’iniziativa, che consentiranno ai partecipanti di esplorare le opportunità di utilizzo del Metaverso in medicina. Tra i panel di esperti, a discutere delle frontiere della Ricerca in Italia ci sarà anche il Prof. Marco Franceschini, Direttore del Laboratorio di Ricerca Clinica in Riabilitazione Neuromotoria dell’IRCCS San Raffaele e docente di “Traumatologia e riabilitazione dell’apparato locomotore” dell’Università Telematica San Raffaele Roma. Mentre la Prof.ssa Fiorella Guadagni, Responsabile della Biobanca e banca dati associata dell’IRCCS San Raffaele e docente di “Biologia” presso l’Università Telematica San Raffaele Roma nel talk dedicato agli atenei presenterà “Sfide e opportunità dell’AI nella medicina del futuro”.

“La partecipazione all’evento nasce dal desiderio di divulgare gli approcci teorici, tecnologici e operativi altamente innovativi alla base delle ricerche condotte presso l’Istituto” spiega il Prof. Massimo Fini, Direttore Scientifico dell’IRCCS San Raffaele, “I nostri ricercatori mostreranno alcune strategie multidisciplinari di indagine e intervento legate a diversi tipi di strumenti tecnologicamente avanzati: la riabilitazione robotica con esoscheletri di ultima generazione per il recupero del cammino in adulti e bambini, la valutazione funzionale attraverso la misura di grandezze elettrofisiologiche (EEG ed EMG), comportamentali (eye-tracking, valutazione delle risposte a compiti motori) e biomeccaniche (reti di sensori indossabili)” prosegue. Nel programma delle attività pratiche e dimostrative organizzate dagli scienziati, medici e bioingegneri del gruppo San Raffaele e dell’Università Telematica San Raffaele Roma verranno incluse anche ulteriori esperienze immersive alla scoperta delle potenzialità della realtà virtuale e aumentata nella diagnosi e nel trattamento delle patologie umane.

Il 16% dei 13enni fuma regolarmente, in maggioranza ragazze

Il 16% dei 13enni fuma regolarmente, in maggioranza ragazzeRoma, 28 apr. (askanews) – In Italia, uno studente di 13-15 anni su quattro ha usato almeno una volta nell’ultimo mese un prodotto tra sigarette, e-cig e prodotti a tabacco riscaldato (HTP) e quasi uno su tre ha fumato una sigaretta ‘tradizionale’ almeno una volta nella vita. Lo affermano i dati della quarta edizione della sorveglianza Global Youth Tobacco Survey (Gyts), condotta ogni quattro anni su un campione di 13-15enni delle scuole italiane, che per la prima volta vede una maggiore percentuale di utilizzo tra le femmine rispetto ai maschi per tutti i prodotti considerati. L’indagine ha registrato anche una ancora non sufficiente adesione al divieto di fumo nelle scuole, una forte esposizione dei ragazzi al fumo passivo, a casa o in auto, e una grande accessibilità a tutti i prodotti nonostante i divieti. Secondo i dati, tra i 13-15enni, dal 2010 al 2022, la quota di current smokers (che hanno utilizzato sigarette tradizionali/e-cig/HTP almeno un giorno nell’ultimo mese) è scesa in media dal 21% al 16% (ovvero dal 19% al 13% per i ragazzi e dal 22% al 17% per le ragazze). La grande maggioranza fa un uso concomitante di sigarette tradizionali, e-cig e prodotti a tabacco riscaldato, mentre solo il 2% del campione fa un utilizzo esclusivo di sigarette tradizionali. Aumenta l’uso della e-cig che, rilevato per la prima volta con l’indagine del 2018, è salito in 4 anni dal 18% al 20%, come conseguenza di una riduzione fra i ragazzi dal 22% al 18% e un aumento fra le ragazze dal 13% al 21%. Il dispositivo a tabacco riscaldato (HTP), per la prima volta registrato nell’indagine 2022, viene utilizzato dal 14% dei current users (12% maschi e 16% femmine).

Si è ridotta dal 2010 al 2022 la quota degli ever smokers, coloro, cioe che hanno utilizzato sigarette tradizionali/e-cig/tabacco riscaldato almeno un giorno nella vita passando, per quanto riguarda le sigarette, dal 46% del 2010 al 33% del 2022. Anche per le sigarette elettroniche gli ever users diminuiscono dal 43% del 2018 al 33% del 2022 e per HTP il dato del 2022 è 23%. “Questi numeri – sottolinea Valentina Minardi del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute (Cnapps) – fanno capire come ormai negli adolescenti si debba monitorare non solo l’utilizzo delle sigarette ‘tradizionali’, ma occorra prendere in considerazione tutti i prodotti in commercio che possono dare dipendenza da nicotina”. Nonostante il decreto “Tabacchi” del 2016 preveda l’inasprimento delle sanzioni per inosservanza del divieto di vendita ai minori, infatti, l’indagine del 2022 rileva come queste misure non si siano ancora tradotte in una piena inaccessibilità per i minori a questi prodotti: un 13-15enne su 4 si è procurato le sigarette direttamente al tabaccaio (erano il 49% nel 2010) e il 14% dichiara di aver acquistato e-cig o HTP direttamente dai rivenditori. Per entrambi questi due prodotti quasi la metà dichiara di averli ottenute da un parente o un amico. Tra i current smokers che hanno cercato di comprare le sigarette al tabaccaio, il 73% dichiara di non aver ricevuto alcun rifiuto dal venditore a causa della minore età (percentuale che nel 2010 raggiungeva il 92%), quote simili riguardano coloro che hanno cercato di acquistare e-cig o HTP.

Ed è ancora troppo alta l’esposizione al fumo passivo, nelle scuole, in casa e in auto. Nonostante dal 2003 la legge Sirchia imponga il divieto di fumo in tutti i locali chiusi, incluso le scuole, e dal 2013 il Ddl Lorenzin vieti il fumo nelle pertinenze esterne degli istituti scolastici, 1 studente su 3 riporta di aver visto fumare qualcuno all’interno della propria scuola e il 58% nelle pertinenze esterne (cortili, parcheggi, ecc.). Quasi la metà dei giovani intervistati (47%) dichiara che qualcuno ha fumato in casa in sua presenza (dato stabile rispetto al 2010, pari al 49% ). Un adolescente su 4 ricorda di essere andato in auto con qualcuno che fumava in sua presenza negli ultimi 7 giorni. Indagine regionale Il focus sui dati regionali conferma il rischio più elevato di uso dei prodotti del tabacco e della sigaretta elettronica per il genere femminile; questo viene confermato anche da una più elevata suscettibilità femminile a fare il primo tiro o svapo. I ragazzi riportano una alta fiducia nella propria capacità di smettere di fumare, ma circa la metà dei fumatori di sigarette è a rischio dipendenza, fenomeno che è più importante per chi fa uso della sigaretta elettronica con nicotina. • Per quanto riguarda il fumo passivo, si osserva un gradiente Nord-Sud nell’esposizione in tutti gli ambienti a sfavore nelle Regioni del Sud partecipanti alla rilevazione regionale, con valori più allarmanti per il fumo passivo in ambito scolastico.