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Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica

Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica


Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica – askanews.it



Covid, Iss: incidenza stabile, Rt sù ma sotto la soglia epidemica – askanews.it



















Milano, 31 mar. (askanews) – E’ “sostanzialmente stabile” l’incidenza settimanale dei contagi di Covid a livello nazionale: secondo quanto emerge dai dati del monitoraggio della Cabina di regia Iss-Ministero della Salute, nella settimana compresa tra il 24 e il 30 marzo sono stati 37 ogni 100 mila abitanti, contro i 38 ogni 100 mila abitanti registrati nella settimana precedente. 17/03/2023 -23/03/2023). Secondo quanto emerge

Quanto all’Rt medio calcolato sui casi sintomatici, nel periodo 8 – 21 marzo è stato pari a 0,99 (range 0,93-1,10), in lieve aumento rispetto alla settimana precedente ma sotto la soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è in aumento e appena sopra la soglia epidemica: Rt=1,01 (0,96-1,06) al 21 marzo contro Rt=0,89 (0,84-0,94) registrato il 14 dello stesso mese.

”One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche

”One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche


“One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche – askanews.it



“One Health”, esperti: fondi Pnrr non possono risolvere difficoltà endemiche – askanews.it


















Roma, 28 mar. (askanews) – L’approccio “One Health” diventi un meccanismo di prevenzione. Questo il messaggio lanciato dagli esperti intervenuti durante il Workshop “Dalla diagnostica in emergenza covid a prospettive di diagnostica organizzata” organizzato da Hologic in occasione del 50° Congresso Nazionale AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani) e coordinato da Pierangelo Clerici, Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T. Ovest Milanese e Presidente dell’Associazione.

La pandemia ha trasformato la nostra società e i cambiamenti avvenuti hanno impattato diversi settori, non ultimo quello della diagnostica, imponendo nuove dinamiche operative, organizzative e gestionali. La gestione del rischio, infatti, è diventata fondamentale per la prevenzione, la diagnostica e la promozione della salute pubblica, accentuando l’attenzione sullo studio di nuove malattie infettive emergenti. “Il mondo dei virus respiratori, infatti è in costante evoluzione, perciò, dobbiamo essere pronti a guidare le nuove tecnologie verso una diagnostica ragionata e sostenibile”, ha chiosato il Prof. Antonio Piralla, Dirigente presso UOC di Microbiologia e Virologia, Fondazione IRCCS Policlinico. San Matteo, Pavia Secondo l’Oms circa il 60% delle malattie infettive emergenti segnalate a livello globale proviene da animali, e sono interconnesse all’evoluzione di eventi biologici, sociali, economici e politici. Queste sfide non possono essere affrontate solamente dalla sanità pubblica e dalla medicina umana ma è necessario implementare un approccio inter e transdisciplinare con l’obiettivo di ottimizzare la salute di persone, animali e degli ecosistemi in generale.

L’approccio multidisciplinare integrato “One Health” rappresenta una grande opportunità per limitare il rischio di nuove pandemie e l’avvento di nuove malattie infettive, ma in Italia siamo molto indietro. Infatti, oltre ai quasi 20 miliardi del PNRR per la Missione 6 (Salute) esiste un fondo complementare (PNC) dedicato nello specifico a salute, ambiente, biodiversità e clima. Questo piano prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro con l’obiettivo di implementare programmi di approccio integrato salute-ambiente-clima come il modello “One Health”. Ma senza l’istituzione di tavoli tecnici regionali interistituzionali/ intersettoriali/ interdisciplinari per la definizione e la condivisione di percorsi e procedure integrate, basate su l’approccio One Health questi fondi potrebbero non risultare efficaci. “Da decenni come IZS dell’Abruzzo e del Molise adottiamo l’approccio One Health in ogni attività che svolgiamo: per questo ci siamo fatti trovare pronti quando è scoppiata la pandemia da SARS-CoV-2. Lavorare seguendo questo approccio richiede una visione ampia, olistica, di più discipline che lavorano in maniera integrata per assicurare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente in una parola: la salute globale”, ha continuato il Dott. Nicola D’Alterio, Direttore Generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”.

Inoltre, è assolutamente prioritario definire procedure e metodologie condivise per la valutazione di impatto integrato, il consolidamento dei sistemi di analisi e sorveglianza epidemiologica dei rischi ambientali, anche attraverso le reti regionali e nazionale e delle iniziative di digitalizzazione previste nell’ambito del Piano Complementare del PNRR. Durante la Tavola Rotonda, alla quale ha partecipato anche il Prof. Maurizio Sanguinetti, Direttore Dipartimento Scienze di laboratorio e infettivologiche, Direttore dell’UOC di Microbiologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS sì anche è dibattuto dell’importanza di una collaborazione sinergica tra aziende e stakeholder pubblici. Il Sistema Sanitario Italiano dovrà infatti, mettere in campo politiche e strategie capaci di porre i pilastri per un’efficace collaborazione tra aziende e stakeholder pubblici, in grado di liberare tutte le sue potenzialità, correggendo le inefficienze.

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie

Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie


Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



Farina di grillo, Allergologi: 2% italiani a rischio allergie – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – Farine di grilli, biscotti di locusta, pasta di larve: gli insetti arriveranno presto sugli scaffali dei supermercati, dopo i 4 decreti ministeriali che regolano la vendita in Italia di questi prodotti. Ma gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) mettono in guardia: i prodotti derivati dagli insetti possono indurre allergie alimentari e casi sono già stati registrati in Cina, Stati Uniti e in qualche caso in Europa. Il pericolo è particolarmente velato se si è già allergici a crostacei, molluschi o acari della polvere, perché si possono avere reazioni crociate a causa della similitudine molto marcata con alcune proteine presenti negli insetti. Secondo le stime degli esperti, sono a rischio alto di reazioni allergiche da insetti il 2% degli italiani sensibili ai crostacei, circa 800mila persone. Per tutelarli è importante che le etichette riportino con chiarezza le informazioni in merito all’eventuale contenuto di prodotti derivati da insetti, così da poter fare scelte alimentari consapevoli e non correre pericoli.

“In letteratura scientifica sono già stati riferiti numerosi casi di pazienti con reazioni a farine di artropodi, in particolare a farine di grilli, con sintomi che vanno da lieve orticaria a gravi shock anafilattici”, sottolinea Mario Di Gioacchino, Presidente SIAAIC, “si tratta spesso di pazienti già allergici ad altre sostanze, sia alimentari che animali, che nella maggior parte dei casi avevano un’allergia nota ai crostacei e dopo aver ingerito farine di grillo hanno avuto una reazione. Sia nei crostacei che nei grilli sono infatti presenti molecole simili, che quindi giustificano una reazione crociata tra i due alimenti. Anche molluschi, insetti, acari della polvere, cavallette, vermi della farina, granchi, scarafaggi, moscerini della frutta sono artropodi che crostacei e grilli, condividono perciò molte proteine; quelle individuate più spesso come causa di reazione crociata sono la tropomiosina e l’arginina chinasi, più raramente l’esamerina 1B e le catene leggere e pesanti della miosina. Si ipotizza peraltro la possibile presenza di proteine cross-reattive non ancora individuate, e in generale si suppone una reattività crociata tra questi alimenti attorno al 90%”. Le farine di insetti a scopo alimentare sono un’abbondante fonte di proteine, grassi, vitamine e minerali ed emettono meno gas serra rispetto alla maggior parte del bestiame; anche per questo il mercato è in continua crescita e si stima che per il 2030 riguarderà 390 milioni di consumatori, che acquisteranno questi nuovi alimenti per 260mila tonnellate. Anche le Istituzioni tuttavia, nel dare l’ok con 4 decreti ministeriali all’arrivo degli insetti sulle nostre tavole, hanno sottolineato l’importanza di una corretta informazione ai consumatori e segnalato la necessità di riportare in etichetta l’ingrediente anche se non presente al livello massimo previsto, con informazioni chiare sulle confezioni e su ogni aspetto della catena alimentare. Cautele condivise da SIAAIC perché come aggiunge Di Gioacchino, “il rischio di anafilassi dopo l’ingestione di farine di artropodi, in particolare grilli, in chi è allergico ai crostacei o agli acari non è di dominio comune, i pazienti non sono consapevoli della necessità di evitare l’ingestione di insetti. Poiché questi sono sempre più promossi come fonte di proteine in tutto il mondo, i medici dovranno educare i pazienti su questo rischio e le agenzie di regolamentazione dovranno considerare l’esigenza di un’etichettatura precauzionale pertinente, in modo da favorire un consumo consapevole e senza rischi”, conclude Di Gioacchino.

Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla

Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla


Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla – askanews.it



Covid, Rezza: situazione epidemiologica del tutto tranquilla – askanews.it



















Milano, 24 mar. (askanews) – “Questa settimana si osserva un ulteriore lieve flessione dell’incidenza dei casi di Covid 19 nel nostro Paese, e il tasso di incidenza si colloca a 38 casi per 100 mila abitanti. L’Rt mostra invece delle oscillazioni, siamo a 0,96, comunque al di sotto della soglia epidemica”. Così il direttore Generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, illustra i risultati del monitoraggio settimanale dell’Iss.

“Per quanto riguarda il tasso di occupazione dei posti di area medica e di terapia intensiva – aggiunge Rezza – siamo rispettivamente al 4,1% e all’1,1%, quindi c’è una lieve diminuzione dell’occupazione dei posti di area medica, mentre la terapia intensiva è piu’ o meno stabile. Quindi – conclude il dirigente del Ministero – c’è una sostanziale stabilizzazione della situazione epidemiologica che appare la momento del tutto tranquilla”.

”Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie

”Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie


“Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie – askanews.it



“Dottoremaèveroche”: anche insetti commestibili possibile causa allergie – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – La maggior parte delle reazioni allergiche associate agli insetti è provocata dalle punture di api e vespe o dalle sostanze volatili rilasciate da scarafaggi e altre specie infestanti. Ma anche gli insetti commestibili possono essere causa di allergie. I dati riportati in letteratura descrivono reazioni allergiche a un’ampia varietà di specie, fra cui bachi da seta, cavallette e locuste, ma anche tarme della farina, cicale e grilli. Lo evidenzia il sito “Dottoremaeveroche” pagina di informazione online della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici.

Mangiare insetti aumenta il rischio di allergie? “La maggior parte delle allergie alimentari associate al consumo di insetti – si legge – viene ricondotta a due proteine, tropomiosina e arginina chinasi, presenti negli insetti e in altri animali appartenenti al regno degli artropodi . Queste proteine stimolano negli individui suscettibili la produzione di IgE (immunoglobuline E), gli anticorpi normalmente associati alle reazioni allergiche. A ogni pasto a base di insetti o di ingredienti ottenuti dalla loro manipolazione, le IgE riconoscono le proteine “nemiche” e innescano la cascata di reazioni responsabile dei sintomi caratteristici delle allergie alimentari (prurito e gonfiore nella zona intorno alla bocca, mal di pancia, vomito, diarrea e, nei casi più gravi, shock anafilattico). Le reazioni allergiche associate al consumo di insetti possono manifestarsi anche come conseguenza di un’allergia ad altri alimenti. Questo meccanismo, noto come reattività crociata, potrebbe spiegare come mai le persone allergiche ai crostacei hanno un rischio più alto di sviluppare una reazione allergica a un piatto a base di insetti”. Mangiare insetti aumenta il rischio di allergie? “Nel 1996 alcuni ricercatori dell’Università della California di Davis dimostrarono che le IgE di persone con un’allergia grave ai gamberetti reagivano anche a una proteina isolata da cavallette e altri insetti – è la rispopsta degli esperti sul sito – . Questa proteina era la tropomiosina. Altri studi hanno poi confermato il significato clinico di questa scoperta. Uno in particolare ha indagato gli effetti derivanti dal consumo di un estratto proteico a base di larve di Tenebrio molitor, comunemente noto come tarma della farina, in 15 persone allergiche ai gamberetti. Di queste, 13 hanno sviluppato una reazione allergica dopo aver ingerito 216 milligrammi dell’estratto proteico, una quantità pari o inferiore a quella riportata nelle tabelle nutrizionali di alcuni snack a base di questo ingrediente. La reattività crociata delle IgE alla tropomiosina è stata dimostrata anche in altre specie di insetti commestibili, fra cui mosche, grilli e locuste. Quindi sì, se si è allergici ai crostacei, sarebbe meglio evitare di consumare insetti”. Ma c’è di più: “Sembra che esistano meccanismi di reattività crociata anche fra insetti commestibili e acari della polvere. Tuttavia – sottolinea il sito Fnomceo – a differenza di quanto succede nelle allergie ai crostacei, sono pochi i pazienti allergici agli acari della polvere che presentano un’ipersensibilizzazione nei confronti di insetti commestibili. Senza contare che il significato clinico di questa co-sensibilizzazione e i meccanismi molecolari coinvolti sono ancora poco chiari, col risultato che, in caso di esposizione, non si è in grado di prevedere con relativa sicurezza se si verificherà una reazione allergica. Nonostante questo, sarebbe opportuno evitare il consumo di insetti commestibili anche se si è allergici agli acari della polvere, perché anche in questo caso il rischio di incorrere in una reazione allergica è più alto”.

Eccezionale intervento alle Molinette di Torino: restituita vista a cieco

Eccezionale intervento alle Molinette di Torino: restituita vista a cieco


Eccezionale intervento alle Molinette di Torino: restituita vista a cieco – askanews.it



Eccezionale intervento alle Molinette di Torino: restituita vista a cieco – askanews.it



















Roma, 24 mar. (askanews) – “Quando mi sono risvegliato e ho iniziato a vedere i contorni delle mie dita e della mano, è stato come nascere di nuovo”. Queste sono le prime parole di E. B., un uomo di 83 anni che vive in provincia di Torino, affetto da due gravi e diverse patologie della vista, che l’avevano condotto alla cecità da 6 anni, dopo esser riuscito a recuperare la vista all’occhio destro che, già a due settimane dall’intervento (durato 4 ore), gli permette di riconoscere gli oggetti, i volti e di muoversi autonomamente. Ad operarlo una équipe costituita dal professor Michele Reibaldi (Direttore della Clinica Oculistica universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino), ed esperto chirurgo retinico, e dal professor Vincenzo Sarnicola (Presidente della Società Italiana della Cornea e della Staminalità della Superficie Oculare (SICSSO) e consigliere del direttivo della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.),coadiuvato dalla sua collaboratrice Enrica Sarnicola.

Il paziente aveva perso da 30 anni la vista all’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e, negli ultimi 10 anni, aveva progressivamente perso la funzione visiva anche dell’occhio destro per una patologia cronica rara (pseudo pemfigoide oculare), che ha distrutto la cornea e purtroppo anche la superficie oculare. Negli ultimi anni l’occhio destro era stato sottoposto a due trapianti di cornea tradizionali a tutto spessore, entrambi falliti rapidamente per la mancata funzionalità della superficie oculare. Il trapianto di cornea a tutto spessore è l’intervento chirurgico tramite cui si provvede alla sostituzione della sola cornea che ha perso la sua trasparenza con una cornea sana proveniente da un donatore deceduto. “Normalmente la cornea presenta un tasso di rigetto molto più basso rispetto ad altri organi vascolarizzati, ma in presenza di un’alterazione diffusa di tutta la superficie oculare, come nel caso del paziente, questo rischio diventa altissimo – spiega Sarnicola -. In particolare, un danneggiamento delle cellule staminali del limbus, la zona tra la cornea e la congiuntiva, determina il fallimento irreversibile del trapianto”. In questo intervento, per la prima volta al mondo, è stato realizzato un autotrapianto dell’intera superficie oculare, prelevata dall’occhio sinistro, comprendente non solo la cornea, ma anche una parte di sclera e tutta la congiuntiva comprese le cellule staminali del limbus. “In estrema sintesi il paziente per problemi retinici aveva irrimediabilmente perso la funzionalità dell’occhio sinistro, mentre l’occhio destro aveva mantenuto una potenzialità di recupero che però si era rivelata vana con trapianti tradizionali – riferisce Reibaldi -. Abbiamo deciso di coinvolgere il professor Sarnicola perché notissimo nel mondo per aver proposto e realizzato tecniche alternative ai trapianti perforanti tradizionali”.

“L’intervento è stato eseguito prelevando dall’occhio sinistro, irrecuperabile dal punto di vista funzionale, ma con la cornea e la superficie oculare in buona salute, tutta la congiuntiva, tutta la cornea e due millimetri di sclera, in un unico pezzo – spiegano Reibaldi e Sarnicola -. In pratica un terzo dell’occhio sinistro è stato autotrapiantato nell’occhio destro, che quindi è stato ricostruito ed è tornato a vedere”. “La vera novità consiste – precisa Sarnicola – nell’aver allargato il trapianto corneale all’intera superficie oculare, ai tessuti congiuntivo-sclerali, che giocano un ruolo fondamentale nel permettere il successo del trapianto in condizioni particolari, come nel caso del nostro paziente. Allo stesso tempo, l’occhio sinistro è stato ricostruito con tessuti da donatore solo a scopo estetico”. “L’intervento è stato straordinario ed il paziente, oggi dopo due settimane ha ripreso a vedere e si muove autonomamente. Siamo molto emozionati e ci aspettiamo un successo duraturo nell’occhio destro, perché ricostruito con tessuti propri del paziente e quindi potenzialmente al riparo dai problemi di rigetto che hanno afflitto i precedenti trapianti”, concludono Reibaldi e Sarnicola. Nonostante l’eccezionalità dell’intervento, potrà essere replicabile in altri casi nelle stesse condizioni del primo paziente operato.

Cabina di regia Covid: cala incidenza, RT in lieve aumento

Cabina di regia Covid: cala incidenza, RT in lieve aumento


Cabina di regia Covid: cala incidenza, RT in lieve aumento – askanews.it



Cabina di regia Covid: cala incidenza, RT in lieve aumento – askanews.it


















Milano, 24 mar. (askanews) – La Cabina di regia sul Covid ha diffuso i dati del monitoraggio settimanale. Questi i principali elementi emersi: in lieve diminuzione l’incidenza settimanale a livello nazionale: 38 ogni 100.000 abitanti (17/03/2023 -23/03/2023) vs 40 ogni 100.000 abitanti (10/03/2023 -16/03/2023).

Nel periodo 1 – 14 marzo 2023, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,96 (range 0,84-1,18), in lieve aumento rispetto alla settimana precedente, ma sotto la soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è stabile e sotto la soglia epidemica: Rt=0,89 (0,84-0,94) al 14/03/2023 Rt=0,87 (0,82-0,92) al 07/03/2023. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è sostanzialmente stabile all’1,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 23 marzo) vs l’1,0% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 16 marzo). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale è stabile al 4,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 23 marzo) vs il 4,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 16 marzo).

Una Regione risulta non valutabile dovuto a mancanza di trasmissione di dati ed è equiparata a rischio alto ai sensi del DM del 30 aprile 2020. Una Regione/PPAA è a rischio alto a causa di molteplici allerte di resilienza. Tredici sono a rischio moderato e sei classificate a rischio basso. Quindici Regioni/PPAA riportano almeno una allerta di resilienza. Sei Regioni/PPAA riportano molteplici allerte di resilienza.

Ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari: un legame ad alto rischio

Ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari: un legame ad alto rischio


Ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari: un legame ad alto rischio – askanews.it



Ipercolesterolemia e malattie cardiovascolari: un legame ad alto rischio – askanews.it



















Roma, 23 mar. (askanews) – Silenzioso e, in alcuni casi, sottovalutato, l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue è il nemico numero uno delle coronarie e dei vasi sanguigni. La prevalenza dell’ipercolesterolemia si attesta al 30 per cento della popolazione adulta, con un trend in preoccupante crescita. Educare, informare e fare una buona prevenzione sono alcune tra le priorità della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) alla vigilia della Seconda Giornata Italiana della Prevenzione Cardiovascolare, in programma a maggio.

“La definizione di ipercolesterolemia in senso generico può apparire oggi obsoleta – afferma Massimo Volpe, Presidente SIPREC e Professore di Cardiologia presso l’Università La Sapienza di Roma – poiché si fa ancora riferimento a una visione legata ai valori del colesterolo totale. In realtà, dal punto di vista clinico interessa soprattutto il valore del colesterolo Ldl, il cosiddetto “cattivo”, e i limiti considerati normali di questo valore sono diversi da persona a persona” in relazione al profilo di rischio cardiovascolare individuale. Il colesterolo è un grasso che non “viaggia” nel sangue ma viene trasportato dalle lipoproteine ed è un componente fondamentale delle membrane cellulari. Le lipoproteine ad alta densità, Hdl, rappresentano il cosiddetto colesterolo “buono”. Le lipoproteine a bassa densità, Ldl, formano il colesterolo “cattivo”, poiché nel loro tragitto verso i tessuti possono depositarsi sulle arterie e sui vasi, contribuendo alla formazione di placche aterosclerotiche rendendole tra l’altro più vulnerabili e mettendo a serio rischio la salute cardiovascolare. “Sono diversi i fattori alla base dell’ipercolesterolemia: un ruolo importante è legato alla genetica e alla familiarità – continua l’esperto – ma altrettanto importante è la componente ambientale, determinata dall’interazione tra patrimonio genetico e tutto quello che proviene da stili di vita e alimentazione. Da non sottovalutare, infine, la correlazione con il sistema ormonale, specie nelle donne in fase di climaterio e menopausa”. Tutte queste componenti, presenti in misura diversa, possono contribuire a determinare il rischio di patologie cardiovascolari, come infarti e forme gravi di angina a livello coronarico. Il rischio è inoltre significativo per le malattie che coinvolgono il sistema vascolare, come ictus e ischemie, ostruzione delle arterie, comprese le arterie addominali, problemi nella circolazione cerebrale. “Eventi come infarti o ictus possono essere ridotti se si attivano strategie di prevenzione e percorsi terapeutici ad hoc per i pazienti a rischio – afferma il professor Volpe – oggi non ci si accontenta più di un ‘effetto cosmetico’ dei farmaci. Le cure devono ridurre drasticamente la morbilità e la mortalità. Proprio in questa direzione vanno i trattamenti a base di statine che agiscono sul metabolismo cellulare del colesterolo”. “C’è ancora tanto da fare sulla percezione dei rischi legati all’ipercolesterolemia – conclude il Presidente della SIPREC – Per questa ragione la nostra attività si concentra molto sull’educazione e la corretta informazione. Una buona prevenzione è fondamentale non solo per tutti i cittadini ma anche per la sostenibilità futura del Servizio Sanitario Nazionale. Aggiungo che sarebbe auspicabile prevedere screening periodici dei livelli di colesterolemia sulla popolazione, in collaborazione con il territorio e le farmacie. Può bastare un semplice prelievo anche di poche gocce di sangue per intercettare una persona ad alto rischio ed arginare in tempo il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari gravi”.

Italiani sempre più allergici. Colpa anche del cambiamento climatico

Italiani sempre più allergici. Colpa anche del cambiamento climatico


Italiani sempre più allergici. Colpa anche del cambiamento climatico – askanews.it



Italiani sempre più allergici. Colpa anche del cambiamento climatico – askanews.it


















Roma, 23 mar. (askanews) – Entro la metà di questo secolo, gli esperti stimano che oltre il 50% della popolazione sarà allergica e non si profilano miglioramenti nello scenario futuro. Esordisce così Lorenzo Cecchi, Presidente AAIITO (Associazione Allergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri), nel suo intervento all’evento stampa di Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, intitolato: “Allergie respiratorie e clima: cosa sta cambiando e cosa sapere”. “Attualmente, secondo l’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica (EAACI), sono 100 milioni i cittadini europei che soffrono di rinite allergica e 70 milioni di asma”, prosegue, “due malattie spesso associate, tanto che possiamo affermare che oltre il 90% degli asmatici ha anche la rinite e metà delle persone che hanno la rinite hanno l’asma in diverse gravità”.

Poiché le allergie respiratorie sono provocate da allergeni che entrano in contatto con l’organismo attraverso l’aria respirata, la correlazione tra inquinamento atmosferico/smog e aumento delle patologie allergiche è immediata: “Ciò è dovuto alla sinergia dannosa tra inquinanti, pollini e allergeni. Gli inquinanti, da un lato, danneggiano la mucosa e facilitano la maggiore penetrazione dei pollini e, dall’altro, aumentano l’allergenicità degli stessi”, sottolinea l’esperto. A questo si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare l’aumento della temperatura, che influisce, anticipando le stagioni di fioritura delle piante, come betulla e cipresso, e prolungando, ad esempio, quella delle graminacee e della parietaria. “L’inquinamento”, commenta Cecchi, “contribuisce al danneggiamento della cosiddetta ‘barriera epiteliale’, un muro fatto di mattoni dove al di sotto si trova il sistema immunitario, come se fosse uno scudo che filtra ciò che arriva dall’esterno, limitando il numero di sostanze che entrano in contatto col sistema immunitario. Le sostanze che l’uomo ha introdotto nell’ambiente negli ultimi 60-70 anni, circa 350.000, provocano la sconnessione di questi mattoni e la conseguente penetrazione di allergeni, sostanze inquinanti, irritanti e microorganismi, inclusi i batteri. Alcuni di questi ultimi abitano sopra la barriera epiteliale e contribuiscono all’equilibrio con il sistema immunitario. Il danneggiamento della barriera epiteliale provoca e alimenta l’infiammazione, che è la fonte di malattie allergiche ma anche di altre malattie croniche.” Per evitare questa “sconnessione” del muro e queste eccessive infiltrazioni, è necessario, ribadisce Cecchi, impegnarsi per ridurre le sostanze che generano inquinamento outdoor e indoor. Nonostante sia indiscutibile la predisposizione genetica alle allergie respiratorie, è possibile anche affermare, proprio a causa dell’ambiente circostante, che si può diventare allergici. A corroborare questa tesi, “la cosiddetta ipotesi igienica, secondo cui le persone in contatto con gli agenti patogeni hanno meno probabilità di essere allergici, come ampiamente studiato nei bambini che nascono in contesti rurali rispetto ai loro coetanei che vivono in città”. “In pratica”, spiega il medico, “nell’ambiente rurale si mantiene maggiormente l’equilibrio tra batteri dell’ambiente e il nostro sistema immunitario, equilibrio che si è realizzato in milioni di anni di convivenza. Questo spiega perché nel mondo occidentale ci sono più malattie allergiche rispetto ad altri Paesi meno sviluppati”. Sono i bambini i più esposti alle allergie respiratorie, al contrario di altre allergie: “Oltre 1 su 3 presenta almeno un episodio di respiro affannoso acuto prima dei 3 anni di età e, spesso, nella forma di respiro sibilante o wheezing: questo perché i bambini vengono esposti a quegli stimoli ambientali che rappresentano i fattori di rischio per l’insorgenza di malattie allergiche nella fase di sviluppo del loro sistema immunitario”. Anche per gli adulti, però, è fondamentale la prevenzione attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, ricco di antiossidanti, e attraverso l’informazione, rimanendo aggiornati sui sistemi di previsione e quelli di monitoraggio ambientale, sia per i pollini che per gli inquinanti, su siti ufficiali. Più delicato è il discorso sull’attività sportiva: “anche se le cure di oggi oramai permettono di svolgere qualsiasi tipo di attività fisica, vi sono alcuni tipi di sport che richiedono maggiore attenzione, come il ciclismo, che espone lo sportivo ad alte concentrazioni di pollini”. Attenzione, poi, per gli allergici, sia adulti che bambini, anche agli allergeni indoor, come gli acari della polvere e la forfora degli animali da compagnia: “utilizzare”, suggerisce il Dottore, “per materassi e cuscini fodere anti-acari, lavare gli animali una volta alla settimana e tenerli lontano da divani, mobili imbottiti, camere da letto”.

Iss: mamme attente ma bimbi 0-2 esposti a fumo passivo e device

Iss: mamme attente ma bimbi 0-2 esposti a fumo passivo e device


Iss: mamme attente ma bimbi 0-2 esposti a fumo passivo e device – askanews.it



Iss: mamme attente ma bimbi 0-2 esposti a fumo passivo e device – askanews.it



















Roma, 23 mar. (askanews) – La maggioranza delle mamme, oltre 9 su 10, ha riferito di non aver fumato durante la gravidanza e oltre 8 su 10 di non aver consumato bevande alcoliche. Tuttavia, sono ancora troppi i bambini (38%) potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della presenza di almeno un genitore e/o altra persona convivente fumatrice. Inoltre, se è vero che più del 90% delle mamme ha assunto acido folico in gravidanza, è altrettanto vero che solo un terzo (32,1%) lo ha fatto in maniera appropriata a partire da un mese prima del concepimento. Ancora: tra gli 11 e i 15 mesi, oltre la metà dei piccoli è esposta già a schermi, tra TV, computer, tablet o cellulari; nella stessa fascia d’età, oltre un terzo delle mamme trova difficile farli stare, in auto, nel seggiolino ben allacciati. Sono questi alcuni dei risultati, presentati oggi presso l’Istituto Superiore di Sanità, del Sistema di Sorveglianza 0-2 anni sui principali determinanti di salute del bambino – Sorveglianza Bambini 0-2 anni – promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’ISS, realizzato in collaborazione con le Regioni.

“Investire nelle prime epoche della vita significa favorire ricadute positive lungo tutto l’arco dell’esistenza, non solo nel singolo ma nell’intera comunità, sia in termini di salute che di sviluppo di competenze cognitive e sociali e di accesso a percorsi educativi e professionali – afferma Giovanni Capelli, Direttore del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’ISS – I risultati dell’edizione 2022 della Sorveglianza mostrano che i comportamenti favorevoli al pieno sviluppo psico-fisico dei bambini non sono sempre garantiti ed evidenziano differenze territoriali e socio-economiche meritevoli di attenzione in un’ottica di salute pubblica”. Dalla Sorveglianza – che ha coinvolto un totale di oltre 35.000 mamme intervistate nei Centri Vaccinali delle Regioni partecipanti – viene fuori che due terzi delle mamme (66,7%) è consapevole di dover mettere a dormire il proprio bambino a pancia in su per prevenire la morte improvvisa in culla e che tre quarti delle mamme (76,1%) intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Il 13% dei bambini non è mai stato allattato e sono ancora pochi quelli allattati in maniera esclusiva per il tempo raccomandato dall’OMS: il 46,7% nella fascia d’età 2-3 mesi che si riducono al 30% nella fascia 4-5 mesi.

Troppi i bambini che passano del tempo davanti a TV, computer, tablet o cellulari già a partire dai primi mesi di vita: il 22,1% nella fascia 2-5 mesi, percentuale che cresce all’aumentare dell’età fino ad arrivare al 58,1% tra i bambini di 11-15 mesi. La quota di bambini a cui non sono stati letti libri nella settimana precedente l’intervista risulta pari al 58,3% nella fascia d’età 2-5 mesi, e al 32,6% tra i bambini di 11-15 mesi. Il 12,4% delle mamme di bambini di 0-2 anni ha riferito di essersi rivolta a pediatra o pronto soccorso per incidenti occorsi al bambino. Il 19,3% delle mamme di bambini di 2-5 mesi riferisce di avere difficoltà nel farli stare seduti e allacciati al seggiolino, quota che sale al 34,4% tra le mamme di bambini di 11-15 mesi.