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Salute: sabato a Roma la regata femminile “Fiume in Rosa”

Salute: sabato a Roma la regata femminile “Fiume in Rosa”Milano, 20 apr. (askanews) – Dieci anni di impegno per diffondere la cultura della prevenzione e contribuire ad affrontare il tema della salute della donna. Atena Donna soffia sulle sue prime dieci candeline in una mattinata di sport al femminile con “Fiume in rosa”, la regata sul Tevere organizzata per sabato 22 aprile alle ore 11.30 dalla Fondazione Atena onlus presso il Circolo Canottieri Aniene. L’evento è l’occasione per celebrare insieme l’8° Giornata Nazionale per la Salute della Donna, ideata dalla Fondazione e promossa insieme al Ministero della Salute, che aiuta moltissime donne ad avere accesso a informazioni e a screening gratuiti su tutto il territorio nazionale, grazie all’adesione di numerose ospedali, strutture sanitarie e associazioni locali. L’attrice Rocío Muñoz Morales, da sempre al fianco di Atena Onlus, sarà ancora una volta la madrina dell’8° Giornata Nazionale e della manifestazione.

La regata amatoriale vuole essere un invito a tutte le donne a prendersi cura della propria salute attraverso la prevenzione: lo slogan sarà #concentratisullatuasalute e sarà scritto anche sui braccialetti commissionati all’associazione Made in carcere che saranno distribuiti a tutte le partecipanti. A bordo delle imbarcazioni sia donne che hanno subìto un intervento al seno e che praticano il canottaggio come esercizio riabilitativo sia atlete provenienti da numerosi circoli. Grazie alla collaborazione con Fondazione Igea, durante la regata, verranno effettuati test con colloqui di controllo dello stato cognitivo per le donne che si saranno prenotate. Il passaggio sul fiume delle partecipanti, tutte in maglietta rosa, sarà un bel segnale di determinazione e impegno al femminile. La manifestazione non si svolgerà soltanto nella capitale ma in anche altre 25 località d’Italia: Avignana (To), Brindisi, Cagliari, Castelforte (Lt), Castel Gandolfo (Rm), Corgeno (Va), Empoli (Fi), Fano, Firenze, Gorizia, Latina, Livorno, Maiori (Sa), Mestre (Ve), Milano, Montefeltro, Padova, Palermo, Pordenone, Toscolano Maderno (Bs), Torino, Treviso, Trieste, Varese e Venezia.

In collaborazione con ITA Airways, Atena Donna ha anche organizzato un’altra iniziativa: gli assistenti di volo leggeranno ai passeggeri che voleranno nella giornata del 22 aprile un messaggio che ricorderà l’importanza della Giornata Nazionale e inviterà alla prevenzione. Tutto il personale di volo ITA Airways, quel giorno, indosserà un braccialetto con il claim #laprevenzioneprendequota. Prevista domani, 21 aprile, al Ministero della Salute e alla presenza del ministro Orazio Schillaci, la conferenza dal titolo “La Salute della donna: garantire equità e appropriatezza delle cure”, organizzata in occasione dell’8° Giornata Nazionale. Anche la Fondazione Atena sarà presente, come promotrice della Giornata. Atena entrerà anche nelle case circondariali femminili, per offrire alle donne detenute, alle agenti e alle educatrici che prestano servizio nelle strutture penitenziarie l’opportunità di sottoporsi a screening sanitari gratuiti. L’iniziativa è parte del progetto “Atena Together” che si sviluppa su tutto il territorio nazionale, grazie al Protocollo d’intesa con il Ministero della Giustizia e con il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap). In particolare, in occasione dell’8° Giornata Nazionale, Atena ha organizzato degli incontri nella sezione femminile della Casa Circondariale di San Vittore a Milano: il 18 Aprile con un primo appuntamento informativo e di counselling con la professoressa Patrizia Presbitero sulla prevenzione cardiologica per la salute delle donne e dopo la settimana della Giornata Nazionale programmando visite di controllo cardiologico e screening per le detenute e le poliziotte.

Gemelli, compie 1 anno l’app Arianna che guida i pazienti nel Policlinico

Gemelli, compie 1 anno l’app Arianna che guida i pazienti nel PoliclinicoRoma, 20 apr. (askanews) – Arianna, la ‘app’ che accoglie e guida i pazienti e i loro accompagnatori all’interno del Policlinico Gemelli, compie un anno e cresce non solo anagraficamente, ma anche come offerta di servizi e contenuti. Frutto di una partnership illuminata tra Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Novartis, Arianna è nata da un’intuizione del professor Giovanni Scambia, Direttore Scientifico dell’IRCCS, per migliorare la patient experience. La ‘app’ è una sorta di ‘Google maps’ dedicata, che guida il paziente, tramite geolocalizzazione, all’interno dei vari settori del Policlinico e lo accompagna alla sua destinazione. Arianna è un sistema di navigazione digitale intuitivo ed efficace che copre al momento buona parte dei reparti e delle strutture ambulatoriali e servizi del Gemelli. Questa ‘app’ si va ad aggiungere ai progetti d’accoglienza “Chiedi a me” e “Gemelli Interpreter”, realizzati in collaborazione con Unitalsi e Auci dai volontari del Servizio Civile, per indirizzare e accompagnare i pazienti più fragili e aiutare gli stranieri nell’accesso ai servizi sanitari dell’Ospedale.

“Il progetto Arianna – sottolinea il professor Giovanni Scambia, Direttore Scientifico di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCSS – è molto importante e lo abbiamo fortemente voluto perché rappresenta un modo per umanizzare un ospedale grande come il nostro e renderlo molto più fruibile da parte del pubblico, dei pazienti e degli accompagnatori. È anche un modo anche per accogliere le persone che arrivano da noi e di guidarle all’interno di una serie di percorsi. Ma non solo. Questa ‘app’ ci aiuta a comunicare con queste persone e a promuovere azioni educative per i pazienti e i loro caregiver, oltre a iniziative di raccolta fondi. Riteniamo insomma che la ‘app’ Arianna sia un progetto utile e importante, che punteremo a espandere. E siamo davvero grati del supporto ricevuto da un’azienda sensibile come Novartis, che ci ha aiutato a realizzarlo”. “Il Policlinico Gemelli – sottolinea il professor Marco Elefanti, Direttore Generale Fondazione Policlinico Gemelli – è fortemente orientato all’innovazione e sempre più anche alla digitalizzazione. La ‘app’ Arianna, realizzata grazie alla collaborazione con Novartis, ci consente di fare un’ulteriore passo in questa direzione e di applicare le risorse del digitale all’accoglienza del paziente, attraverso una soluzione tecnologicamente avanzata come l’indoor navigation. Siamo sempre molto grati alle grandi aziende che ci supportano nella realizzazione di iniziative come questa a forte innovazione tecnologica”. “Per Novartis reimmaginare la medicina significa supportare i pazienti oltre la malattia, collaborando per garantire loro un contesto in grado di comprendere le loro esigenze e sostenerli – afferma Chiara Gnocchi, Country Communication & Patient Engagement Head Novartis Italia. Il progetto Arianna va in questa direzione per rispondere ad un concreto bisogno dei cittadini di ‘navigare’ all’interno di un’entità ospedaliera e ricevere informazioni in tempo reale. Per questo siamo lieti di proseguire la collaborazione con il Policlinico Gemelli in un modello di partnership che sempre di più ci vede impegnati sia sul fronte della ricerca che dei servizi al paziente”. La App “Arianna-Policlinico Gemelli” è disponibile su Apple store e su Google Play. Per utilizzarla, una volta entrati al Gemelli, è necessario registrarsi al sistema (il login è possibile anche attraverso i social), scegliere la lingua (italiano o inglese), selezionare la destinazione e avviare l’indoor navigation. Una volta impostata la destinazione, sul cellulare compare una mappa con il percorso più veloce, indicato da una linea blu. Che è un po’ come il celebre ‘filo d’Arianna’ da seguire per arrivare a colpo sicuro a destinazione. Arrivati a destinazione, il paziente o il suo accompagnatore in sala d’attesa possono intrattenersi con le news di Fondazione Policlinico Gemelli, con informazioni sui dipartimenti, navigare sulle pagine Facebook e Lindekin di FPG; la ‘app’ consente anche di fare donazioni a sostegno delle attività della Fondazione Policlinico Gemelli. La progettazione di Arianna è stata affidata a Kotuko e a Native Media che ne hanno curato i vari aspetti, dal naming, alla tecnologia più adatta agli ambienti, al design, allo sviluppo software.

Leishmaniosi, a Roma maxi-screening su 450 animali Canile Valle Grande

Leishmaniosi, a Roma maxi-screening su 450 animali Canile Valle GrandeRoma, 20 apr. (askanews) – Prende il via oggi il più grande screening di prevenzione e cura della leishmaniosi canina in Italia: oltre 450 animali ospitati dal Canile Valle Grande di Roma saranno sottoposti alle analisi specifiche grazie alla sinergia tra Fondazione Cave Canem, non profit con sede a Roma e attiva su tutto il territorio nazionale, il C.Re.Na.L. Centro di Referenza Nazionale per la Leishmaniosi di Palermo, eccellenza nazionale nel settore e lo staff del canile rifugio che solo nel 2022 ha facilitato l’adozione di 315 cani.

A effettuare le analisi, lo staff del canile Valle Grande di Roma, composto da medici veterinari, tecnici veterinari, coadiuvati dal team di campo di educatori cinofili della Fondazione Cave Canem coordinati dal dog trainer manager Mirko Zuccari, i quali contribuiranno a gestire e tranquillizzare i pazienti a quattro zampe durante i prelievi in box e nella nuova sala visite di recente allestimento. I campioni verranno spediti a Palermo e saranno analizzati dai professionisti del C.Re.Na.L. coordinati dal dottor Fabrizio Vitale; entro 30 giorni verranno inviati i risultati che andranno ad arricchire le schede anagrafiche di ogni cane. Per coloro i quali risulteranno positivi alla leishmaniosi verrà avviata immediatamente la terapia, per tutti gli altri verranno intensificati i protocolli di prevenzione. La Fondazione, il C.Re.Na.L. e il canile Valle Grande collaboreranno a un piano di controllo della leishmaniosi e per favorire l’adozione dei cani. Una ricerca scientifica verrà realizzata a conclusione di questa iniziativa. “Portare a termine questo piano di monitoraggio in collaborazione con il C.Re.Na.L. – afferma l’avv. Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione Cave Canem – e ripeterlo ciclicamente e con costanza permetterà di avere una fotografia delle condizioni di tutti i cani presenti in canile e di fornire tutte le informazioni utili a un’adozione consapevole e responsabile per ogni cane. Tante, troppe volte nel corso della mia carriera mi sono imbattuta nella leishmaniosi canina e ho potuto appurare quanto male possa fare ai cani che purtroppo la contraggono. La leishmaniosi è una condanna a vita, una vita di segregazione in un box di canile. Non sono solo i sintomi della malattia a nuocere ma le ferite dell’anima, il dolore e la delusione per le adozioni mancate a causa di una malattia che fa ancora tanta, troppa paura. La leishmaniosi, infatti, è una zoonosi: questo intervento è utile per la salute degli animali quanto per quella delle persone”.

“Il Centro di Referenza Nazionale per la Leishmaniosi nasce per garantire supporto diagnostico per l’intero territorio nazionale al fine di sviluppare la conoscenza epidemiologica dell’andamento dell’infezione nel serbatoio animale – dichiara Fabrizio Vitale a capo del progetto di ricerca del Cre.Na.L. -. Il Canile, sia sanitario che rifugio, è per sua natura l’osservatorio epidemiologico privilegiato come presidio territoriale e, in prospettiva alla capacità di attrazione nelle adozioni, baluardo nella protezione della salute pubblica. L’attività prevista in termini di screening della popolazione, oltre ad implementare le mappe di distribuzione dell’ infezione, finalizza la corretta ed auspicata visione in termini di “One Health”, come la Leishmaniosi strettamente legata alla Triade della Salute (uomo, animali, ambiente), sa garantire”.

”Dormi”, braccialetto per monitorare a distanza disturbi del sonno

”Dormi”, braccialetto per monitorare a distanza disturbi del sonnoRoma, 20 apr. (askanews) – Si chiama “Dormi”, il primo dispositivo indossabile che consente il monitoraggio continuo dei disturbi del sonno, validato dal punto di vista scientifico e capace di fornire al medico, a distanza, dati clinici attendibili e analizzabili con algoritmi certificati. Lo ha sviluppato Ugo Faraguna, professore di fisiologia all’Università di Pisa, che spiega: “è un normale braccialetto sensorizzato, ma l’abbiamo modificato per offrire al medico uno strumento di diagnosi”.

“Monitorare i disturbi del sonno è difficile, perché richiede (o meglio, richiedeva, fino a ieri) strumenti invasivi e tempo per fare rilievi ripetuti”, prosegue Faraguna. “Però è cruciale, perché la qualità del sonno influenza la salute ed è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie neurodegenerative come demenze e malattia di Parkinson”. Così, mentre tutti imparavamo a misurarci la pressione arteriosa e a considerarla buona quanto più vicina ai valori aurei 120/80, sul nostro sonno siamo ancora all’aneddoto o poco più. Faraguna, un lungo trascorso a Madison a studiare la fisiologia del sonno con Giulio Tononi (tra i massimi esperti mondiali in materia), ha intuito il salto di qualità racchiuso nei dispositivi wearable e ha fondato la startup Sleepacta. All’inizio i finanziamenti sono arrivati da SAMBA, un piccolo incubatore locale, e in parte da un crowdfunding, poi è arrivato Red Lions, un fondo di investimento di area pisana. Oggi – informa Unipi – i braccialetti diagnostici di Sleepacta si cominciano a diffondere sul mercato e allargano di giorno in giorno la loro clientela tra centri medici, ospedali, reti di farmacie.

“Il nostro obiettivo è aumentare la consapevolezza dell’importanza di un buon sonno per la salute mentale, e per la salute in generale”, spiega la CEO di Sleepacta, Hannah Teichmann Prisco. Cioè, chiosa Faraguna, “Sleepacta vuole fare quello che lo sfigmomanometro ha fatto con l’ipertensione”. Ovviamente tutto questo dà anche garanzie in termini di privacy: “i dati fisiologici e sanitari appartengono alla persona, non a chi vende i braccialetti. E la persona può autorizzare il medico a leggerli, come per ogni visita. Noi poi possiamo anonimizzarli”. In pratica, Dormi si mette al polso e si leva una settimana dopo (non si toglie nemmeno per fare la doccia). In questo lasso di tempo il dispositivo raccoglie una serie di dati come frequenza cardiaca, saturazione arteriosa, posizione, movimento. “Tutti questi parametri alimentano una rete neurale che si avvale degli stessi strumenti di artificial intelligence che stanno invadendo la rete (ChatGPT e analoghi). Queste reti imparano ad analizzare i nostri dati sanitari e generano un referto medicale sull’architettura del nostro sonno, e stimano il rischio di avere patologie del sonno come le apnee notturne. Si tratta di una specie di holter del sonno, non invasivo, che ti agganci al polso”, spiega ancora Faraguna.

Ugo Faraguna sarà tra gli speaker dell’evento “Converging Skills”: una cinque giorni di confronto pubblico su trasferimento tecnologico e open innovation organizzato dall’Università di Pisa che si terrà a giugno nella storica Aula magna nel palazzo della Sapienza dell’ateneo pisano. Cinquanta relatori in cinque giorni: tra loro startupper, imprenditori, investitori, top manager e ovviamente anche ricercatori e professori. Obiettivo: confrontare le migliori pratiche internazionali di trasferimento tecnologico e open innovation e delineare metodi e percorsi di avvicinamento tra accademia e mondo produttivo.

Salute: 9 donne su 10 soddisfatte dal percorso nascita

Salute: 9 donne su 10 soddisfatte dal percorso nascitaMilano, 20 apr. (askanews) – Le donne promuovono il percorso nascita: il 90%riferisce un’esperienza complessivamente buona o ottima dell’assistenza ricevuta durante la gravidanza, il travaglio/parto, dopo la nascita e il ritorno a casa. Aver avuto fiducia nei professionisti sanitari ed essersi sentite trattate con rispetto e dignità sono gli aspetti in cui le esperienze delle donne sono più positive, l’ambito considerato più critico è quello sulle informazioni ricevute sui cambiamenti di umore e sulla salute mentale. È quanto emerge dai risultati di un questionario diffuso a 3.642 donne, tra maggio e ottobre 2022, che hanno partorito in 16 punti nascita coinvolti nel progetto coordinato dal Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute (Cnapps) dell’Iss “Rilevazione dei percorsi preventivi e assistenziali offerti alla donna, alla coppia e ai genitori per promuovere i primi 1000 giorni di vita, anche al fine di individuare le buone pratiche, i modelli organizzativi e gli interventi adeguati”, promosso e finanziato dal Ministero della Salute.

Il progetto, che si concluderà a maggio 2023 e che ha coinvolto nove Regioni e una Provincia autonoma (Pa) per un totale di oltre 500 professionisti, ha previsto la raccolta di dati in tre ambiti: la qualità percepitadurante il percorso nascita da parte delle donne che partoriscono, la promozione della salute mentale materna dalla gravidanza al periodo postnatale e il supporto alla genitorialità offerto dai servizi e dai professionisti sociosanitari. “Con un gruppo multidisciplinare di esperti e grazie alla rete dei referenti delle Unità operative partecipanti, è stato possibile raccogliere e analizzare molteplici informazioni relative ad attività e interventi di respiro locale e nazionale, implementati in contesti diversi con l’obiettivo comune di promuovere la salute nei primi 1000 giorni di vita – afferma Serena Donati, Direttrice del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva del Cnapps dell’Iss -. La diffusione di questo materiale potrà facilitare lo scambio di esperienze fra professionisti e decisori di diverse aree del Paeseponendo le basi per investire negli interventi di sviluppo infantile precoce raccomandati da Oms, Banca mondiale e Unicef”.

In 15 Aziende sanitarie il consultorio familiare è emerso come il luogo di riferimento per la promozione e la tutela della salute mentale in gravidanza e dopo il parto: il 90% dei consultori garantisce la valutazione dello stato emotivo e del rischio di depressione perinatale, cui si affianca un’ampia offerta di interventi di supporto. Tuttavia, un protocollo scritto per l’assistenza integrata alle donne con disturbo mentale perinatale è disponibile nel 55% dei consultori familiari, ma non in quelli del Sud. Inoltre, l’indagine in 119 Dipartimenti di salute mentale (Dsm)nazionali evidenzia che l’80% non dispone di un Protocollo Diagnostico Terapeutico Assistenziale dedicato. Ancora: oltre il 90% dei pediatri di libera scelta (Pls)ha mostrato una buona conoscenza dei temi della prevenzione e promozione della salute nei primi due anni di vita. Con alcune criticità: il 31% ritiene sicura l’assunzione di una piccola quantità di alcol – un bicchiere di vino – in gravidanza, più del 40% dei pediatri non informa sempre i genitori sui rischi legati all’assunzione di alcol durante l’allattamento e l’11% ritiene che la depressione materna scompaia senza necessità di trattamento.

Aderenza a dieta mediterranea e obesità: test valuta il rischio

Aderenza a dieta mediterranea e obesità: test valuta il rischioRoma, 19 apr. (askanews) – Uno studio scientifico appena pubblicato sulla rivista “Nutrients” ha condotto alla realizzazione di un questionario disponibile gratuitamente on-line grazie al quale tutti possono valutare se il loro stile di vita è aderente allo stile della Dieta Mediterranea e ricevere consigli mirati su cosa fare per ridurre il proprio rischio cardiovascolare.

Il gruppo di Ricerca del prof. Antonio Moschetta, ordinario di Medicina Interna presso l’Università degli studi di Bari, nell’ambito degli studi finanziati dal Progetto PNRR “On-foods”, ha elaborato un nuovo score di rischio per analizzare non solo la tipologia e le quantità di cibi assunti ma anche le abitudini relative allo stile di vita, come il momento della giornata in cui vengono consumati i pasti principali, l’attività fisica, l’assunzione di alcolici. “Si tratta di abitudini – afferma Moschetta – che non erano mai state prese in considerazione dai precedenti questionari che valutavano l’aderenza alla Dieta Mediterranea e che invece hanno un impatto importante nella patogenesi dell’obesità e delle malattie che ne derivano, sul piano cardiovascolare, metabolico e oncologico”.

Lo score (http://www.chronomeddiet.org/) prevede un risultato che va da meno 13 a 25 punti: più è basso il punteggio, minore è l’aderenza alla dieta mediterranea, maggiore sarà il rischio di adiposità addominale. “Abbiamo previsto punteggi diversi in base alle quantità in cui assumiamo frutta, verdura, carne, pesce, pasta, burro, cereali, carboidrati, alcolici ma anche delle domande relative al momento della giornata in cui li consumiamo e alla frequenza con cui facciamo esercizio fisico. Non possiamo pensare che lo stesso pasto abbia gli stessi effetti su due persone che hanno un consumo energetico diverso o che una stessa quantità di pasta venga metabolizzata e ‘immagazzinata’ allo stesso modo in due momenti diversi della giornata. Infatti, le cattive abitudini a tavola si ripercuotono sull’accumulo di tessuto adiposo viscerale e proprio questo grasso è responsabile di inviare messaggi ormonali a tutto l’organismo e di causare quelle alterazioni responsabili di malattie cardiovascolari. Dunque, conoscere i rischi a cui si va incontro è fondamentale per la propria salute, non solo per ammalarsi meno ma per far funzionare meglio le terapie, per esempio in caso di diabete e ipercolesterolemia. Grazie a questo score sarà sia più facile individuare i pazienti a rischio di obesità ma anche migliorare le abitudini alimentari di chi è già in sovrappeso”, precisa il prof. Moschetta.

Lo studio – informa Uniba – è stato condotto per circa 3 anni fra i pazienti della Clinica Medica Universitaria “C. Frugoni” del Policlinico di Bari (direttore prof. Carlo Sabbà), ed è basato su casi concreti: più di 350 soggetti con età media di 50 anni. “Siamo molto orgogliosi del fatto che uno studio scientifico, possa trovare applicazione immediata fra tutti coloro che vorranno sottoporsi al test, in maniera peraltro totalmente gratuita e anonima, attraverso il proprio smartphone, tablet o pc. Basteranno pochi minuti e si riceverà una carta d’identità alimentare con consigli mirati per migliorare la propria forma fisica ma soprattutto il proprio profilo di rischio”.

Il primo autore dello studio, il dr. Carlo De Matteis, conclude: “L’alimentazione deve essere sempre più al centro della terapia medica, come primo argine alle malattie e come strumento per vivere meglio. Il nostro score pone l’accento sulla stretta relazione con l’obesità viscerale, la vera pandemia del nostro tempo. Con questo studio abbiamo avviato un percorso che cerca di porre sempre più l’attenzione su quanto la prevenzione parta dalle nostre tavole, con l’obiettivo di una medicina sempre più mirata al singolo individuo e ad intercettare il paziente prima ancora che manifesti sintomi”.

Fascicolo sanitario elettronico, Aidr: a ospedale Genova App interoperabile

Fascicolo sanitario elettronico, Aidr: a ospedale Genova App interoperabileRoma, 19 apr. (askanews) – Cerimonia di consegna di tablet con applicazione dedicata per l’interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico, in favore dell’ospedale San Martino di Genova. L’iniziativa di solidarietà, promossa dalla Fondazione Aidr – Italian Digital Revolution in collaborazione con il professor Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino, si svolgerà il prossimo 24 aprile alle 16:30 alla presenza del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, Enrico Castanini, amministratore unico di Liguria Digitale, il direttore generale, Marco Prioli, Angelo Gratarola Assessore Sanità Regione Liguria , Mauro Nicastri, presidente della Fondazione Aidr, Andrea Bisciglia, cardiologo PO San Filippo Neri di Roma e responsabile dell’Osservatorio Sanità Digitale – Fondazione Aidr.

I 10 tablet, donati dalle aziende FujiFilm Italia e Normadec, saranno dotati di un App dedicata di ultima generazione che consentirà l’interoperabilità del fascicolo sanitario. “Si tratta – sottolinea il presidente della Fondazione Aidr, Mauro Nicastri – di una piattaforma che consentirà al personale sanitario e all’assistito la consultazione dei documenti del fascicolo sanitario relativi a eventi clinici che hanno avuto luogo anche in regioni o province autonome diverse da quella di residenza dell’assistito. L’iniziativa rientra nel programma dell’anno europeo delle competenze che stiamo portando avanti in collaborazione con il Parlamento e le Commissione europea in Italia”.

Sip: bene stretta su pediatri a gettone ma occorre strategia uscita

Sip: bene stretta su pediatri a gettone ma occorre strategia uscitaRoma, 18 apr. (askanews) – La “stretta” decisa dal governo sul ricorso ai Pediatri a gettone è giusta e condivisibile, ma occorre trovare una “strategia di uscita” per garantire la sopravvivenza di molti reparti di Pediatria. L’appello arriva dalla Società Italiana di Pediatria, che sottolinea come l’aumento progressivo dell’età media dei Pediatri e del numero di pensionamenti, sia nel territorio che in ospedale, e il numero crescente di pediatri che scelgono di lasciare l’ospedale per dedicarsi al territorio o all’attività privata, stiano mettendo a rischio il funzionamento stesso di molte strutture ospedaliere di Pediatria e di Punti Nascita, nei quali non si riesce più ad assicurare la continuità dell’assistenza. Proprio per tale ragione numerose realtà, per tamponare l’emergenza personale, sinora hanno fatto ricorso ai medici gettonisti, con poco controllo su professionalità e competenza degli operatori ed a discapito della sicurezza delle cure. Un fenomeno certamente da contrastare, prevedendo però adeguate contromisure, senza le quali ben 65 Pediatrie di tutta Italia rischierebbero la paralisi.

Quali le proposte avanzate dalla Società Italiana di Pediatria? “La razionalizzazione delle piccole Strutture Ospedaliere di Pediatria (ormai quasi esclusivamente dedicate ad una attività ambulatoriale di “emergenza”, spesso in condizioni di estrema precarietà assistenziale e strettamente collegate al mantenimento di Punti Nascita substandard) può rappresentare un primo intervento, ma non in grado, da sola, di dare una risposta efficace e duratura. Altro provvedimento utile per tamponare la criticità della situazione può essere rappresentato dal ricorso all’attività aggiuntiva (con remunerazioni orarie sovrapponibili a quelle riservate ai gettonisti) da parte di specialisti dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, superando il limite dell’appartenenza alla stessa Azienda e favorendo una disponibilità su base regionale (ed eventualmente anche extraregionale)”. Nella consapevolezza di come sia però necessaria una strategia di cambiamento di più ampio respiro, la Società Italiana di Pediatria propone che, “almeno fino al superamento della situazione di emergenza, sia modificata la modalità di accesso al mondo del lavoro dei giovani Pediatri e degli specializzandi dell’ultimo biennio del percorso formativo, strutturando un rapporto di lavoro che preveda lo svolgimento dell’attività assistenziale da parte di ciascun professionista sia in Ospedale che sul Territorio. Questa modalità, da considerare obbligatoria per tutti i nuovi Pediatri assunti dal SSN, potrebbe essere estesa, su base opzionale, anche a coloro che già prestano servizio, sia come pediatri ospedalieri che come pediatri di libera scelta. Un modello organizzativo di questo tipo potrebbe ridurre il fenomeno della “fuga” dagli ospedali e, al tempo stesso, consentire una migliore copertura territoriale anche nelle aree geografiche più svantaggiate. Sarà necessario declinare meglio le modalità di strutturazione dei diversi contratti di lavoro e definire gli aspetti economici, ma il superamento del rapporto di esclusività appare il passaggio fondamentale sul quale costruire i nuovi modelli operativi dell’assistenza pediatrica e neonatologica nel nostro Paese”. “Già oggi, infatti”, conclude la Società Italiana di Pediatria, “non vi sono i medici specialisti in Pediatria necessari per mantenere l’attuale sistema organizzativo, realizzatosi nel nostro Paese a partire dal 1980, che prevede una assistenza pediatrica territoriale distinta e non integrata con quella ospedaliera. Il gap già esistente è destinato ad aumentare nei prossimi 3-4 anni, nonostante la riduzione della natalità e l’aumento del numero dei contratti per le scuole di specializzazione, per il numero elevato di pensionamenti tra i pediatri di famiglia e di dimissioni volontarie tra i pediatri ospedalieri”.

Alcohol prevention day, Iss: quasi 8 mln consumatori a rischio in Italia

Alcohol prevention day, Iss: quasi 8 mln consumatori a rischio in ItaliaRoma, 18 apr. (askanews) – Nel 2021 7,7 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 20% degli uomini e all’8,7% delle donne) hanno bevuto quantità di alcol tali da esporre la propria salute a rischio. Tre milioni e mezzo di persone hanno bevuto per ubriacarsi e 750.000 sono stati i consumatori dannosi, coloro cioè che hanno consumato alcol provocando un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale. E se è vero che molti valori sono diminuiti tornando ai livelli pre-pandemici, è altrettanto vero che questi erano comunque elevati e che i decrementi, registrati quasi sempre per gli uomini e non per le donne, sono distanti dal raggiungimento degli Obiettivi di salute sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. A scattare la fotografia è, come ogni anno, l’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Iss, che ha rielaborato i dati Istat in occasione dell’Alcohol prevention day (Apd). Dati che vengono illustrati domani, 19 aprile 2023, nel corso di un workshop internazionale in programma presso la sede dell’Iss. “I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione di ritorno ai livelli pre-pandemia Covid-19, anche se cresce l’esposizione al rischio da parte delle donne, tanto giovanissime, quanto anziane – afferma Emanuele Scafato, Direttore dell’Ona-Iss -. Al fine di delineare la roadmap di una prevenzione nazionale ma anche mirata, il più efficace possibile, è necessario intercettare tutti i consumatori a rischio, a sostegno oltretutto degli obiettivi delle strategie europee e globali”. Il quadro dei 36 milioni di consumatori di alcol in Italia – 20 milioni gli uomini e 16 le donne, pari al 77% dei maschi e al 56% delle femmine – è ricco di dettagli. Dieci milioni e mezzo di italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente. Tra i consumatori a rischio, preoccupano soprattutto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni), le donne (circa 2,5 milioni, in crescita dal 2014, con punte massime di consumatrici a rischio del 29% tra le minorenni 16-17enni), gli anziani (2,6 milioni, di cui uno su 3 e quasi una su 10 over65 sono a rischio: eccedono su base quotidiana e consumano fuori pasto). Spiccano i 3,5 milioni di binge drinker, soprattutto maschi di tutte le età (83.000 sono minori). Anche qui si registra una diminuzione in direzione dei livelli del 2020, ma non per le donne che sono stabili, senza alcun accenno dunque al calo dei consumi tesi all’intossicazione. Inoltre, i consumatori dannosi di bevande alcoliche sono stati 750.000, anche qui in diminuzione rispetto agli 830.000 del 2020. Tuttavia a decrescere sono ancora una volta gli uomini ma non le donne, per le quali si continua a registrare un incremento che ha condotto a quota 300.000 le consumatrici con danno da alcol. Dei 750.000 consumatori dannosi con Disturbi da uso di alcol (Dua) in necessità di trattamento, solo l’8,5% è stato intercettato, per un totale di 63.490 alcoldipendenti in carico ai servizi del Sistema sanitario nazionale (Ssn), con costante e preoccupante decrescita. La situazione negli ospedali, infine, testimonia quanto descritto finora. Nel 2021, si sono registrati 35.307 accessi ai Pronto soccorso (Ps) – di cui il 10 % circa richiesto da minori, per le ragazze in proporzione doppia rispetto ai coetanei – e 45.270 dimissioni ospedaliere, causati entrambi dall’alcol, segnando in un anno un incremento, rispettivamente, del 20.2% e del 4.2%.

Ricerca Cnr: nuova molecola blocca la crescita delle cellule tumorali

Ricerca Cnr: nuova molecola blocca la crescita delle cellule tumoraliRoma, 17 apr. (askanews) – Uno studio dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (CnrIbpm) di Roma, pubblicato sulla rivista Autophagy, ha identificato una nuova molecola – SM15 – che riesce a inibire l’autofagia cellulare, cioè il processo attraverso il quale i componenti danneggiati delle proteine vengono riutilizzati per la costruzione di nuove molecole proteiche. Questo processo consente alle cellule tumorali, in taluni casi, di sopravvivere. “Nei tumori, l’autofagia svolge un duplice ruolo, perché è in grado di favorire la sopravvivenza o la morte delle cellule tumorali, a seconda del tipo e dello stadio del tumore”, spiega Daniela Trisciuoglio, ricercatrice del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio, “questa piccola molecola impedisce una fase specifica dell’autofagia e, allo stesso tempo, blocca la mitosi, attraverso la quale da una cellula si generano due cellule figlie dallo stesso corredo cromosomico di quella originaria. Ciò determina, per le cellule tumorali, l’impossibilità di riprodursi e di rigenerarsi, causandone la morte”. In particolare, lo studio ha dimostrato che la molecola blocca le fasi più tardive del processo autofagico agendo sulla proteina SNAP29, che guida la fusione tra il materiale da degradare e i lisosomi, gli organelli che smantellano le proteine. “L’attività della SM15 impedisce la degradazione ed il riciclo di materiali cellulari deteriorati, ormai tossici per la cellula. Durante la mitosi, ovvero il processo di divisione cellulare, la molecola si inserisce nelle regioni responsabili del movimento dei cromosomi, producendo cellule figlie fortemente sbilanciate nel numero di cromosomi, che muoiono in breve tempo”, conclude Francesca Degrassi ricercatrice del Cnr-Ibpm, “questa duplice azione della molecola SM15 potrà avere grande rilevanza nell’ambito della ricerca preclinica: infatti, nei tipi di tumore che necessitano di una funzionale autofagia per sopravvivere – quali il glioblastoma e gli adenocarcinomi duttali pancreatici – questa molecola potrà essere un efficace inibitore del processo. Inoltre, permetterà di identificare nuovi trattamenti farmacologici in grado di indurre la distruzione delle cellule tumorali attraverso due strade sinergiche, la morte in mitosi e quella determinata dall’inibizione dell’autofagia”.