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Parigi 2024, Davide Oldani: una cucina che cambia con lo sport

Parigi 2024, Davide Oldani: una cucina che cambia con lo sportParigi, 30 lug. (askanews) – Casa Italia a Parigi 2024 è il quartier generale della spedizione olimpica italiana e anche un luogo che rappresenta lo stile e la cultura del nostro Paese. In questo contesto grande spazio è dato anche alla cucina, che è stata affidata allo chef stellato Davide Oldani, che così ci ha raccontato il modo in cui è entrato dentro l’idea di Casa Italia. “È un progetto molto sensato ed è molto profondo perché quello da cui noi dipendiamo è il cibo e il movimento: l’uomo è questo. Per cui la decisione di abbinare a questi ragazzi, allo sport in generale, una cucina che possa essere una cucina di gusto, di leggerezza, quindi una cucina presa con molta delicatezza, è quello che mi ha fatto avvicinare e sposare questa idea con il Coni, con il presidente Malagò. Questo è molto motivante anche per me, perché da quando ho iniziato a cucinare la cucina è cambiata, lo sport è cambiato”.


Le Olimpiadi sono anche una straordinaria occasione di diplomazia culturale e negli spazi di Le Pre Catelan lo si sente in maniera tangibile. E la cucina di Oldani gioca un ruolo importante in questo contesto. “La cosa importante – ha aggiunto lo chef – che devo dire per Casa Italia, per Parigi, è che abbiamo avuto l’opportunità di fare ensemble con la cucina francese, con la tecnica francese, la cucina italiana, col collega francese, i miei ragazzi italiani, di fare un ensemble, un insieme di grande qualità che potesse essere umana, di cucina, di prodotti: per questo abbiamo molti prodotti italiani, anche perché siamo vicini, li abbiamo lavorati nella maniera più possibile pulita e in maniera tale che mantenessero la qualità del prodotto e basta, ma ti dico dalle mozzarelle campane, dall’olio pugliese, al gambero di Mazzara, alle forme di pani diverse: abbiamo fatto più o meno 10 forme di pani diverse, che vanno dal pane cafone napoletano, allo sciapo toscano, alla ciabatta, al ferrarese. Per cui questo mi è piaciuto molto: perché abbiamo potuto esprimere la cucina italiana e il prodotto italiano in un ambiente dove viene accettato, cioè in Francia. La Francia apprezza molto quello che sono i prodotti italiani, la tecnica e la cucina italiana”. A contare ai Giochi sono certamente le medaglie, ma sottilmente è quasi altrettanto importante il modo in cui viene raccontato il nostro Paese, al di là dello sport.

In Italia e in Europa cresce la curiosità per le ricette dai nomi “fuorvianti” (+52%)

In Italia e in Europa cresce la curiosità per le ricette dai nomi “fuorvianti” (+52%)Roma, 20 giu. (askanews) – Il legame tra lingua e cucina può essere spesso profondo e ricco di sfumature e connessioni. Alcune denominazioni di piatti possono trarre in inganno, evocando determinati Paesi o nomi propri non strettamente legati agli ingredienti effettivi della pietanza, oppure possono derivare da traduzioni errate o false attribuzioni, mettendo in luce la complessità e la diversità del patrimonio gastronomico globale in correlazione alla varietà linguistica.


HelloFresh e Babbel, informa una nota, hanno esaminato in una ricerca, i trend legati ai piatti che derivano da nomi propri o da Paesi, invitando a un viaggio culinario e culturale per scoprire le origini dei dieci nomi di ricette più ricercate e peculiari tra l’Italia e l’Europa. Secondo i dati rilevati da HelloFresh, in Italia il podio delle ricette con maggior trend di crescita per le ricerche online è riservato ai piatti statunitensi: al primo posto le fettuccine Alfredo (235%), seguite in seconda e terza posizione dalle uova alla Benedict (83%) e dalla Caesar salad (22%). In Europa si attestano protagonisti delle ricerche online la pasta alla Norma (per il Regno Unito 23%), le uova alla Benedict (‘Huevos Benedictinos’) in Spagna (175%) e in Germania (‘Eier Benedict’) con una percentuale di crescita del 124%, mentre il filetto alla Wellington (‘Bœuf Wellington’) spopola in Francia (124%).


1. FETTUCCINE ALFREDO: come spiega la linguista Sofia Zambelli, Curriculum Manager presso di Babbel Live, il nome sarebbe riconducibile ad un ristoratore di Roma di inizio Novecento, Alfredo di Lelio. La leggenda racconta che di Lelio abbia ideato il piatto con l’obiettivo di aiutare la moglie a rinvigorirsi dopo la gravidanza. Utilizzando tre semplici ingredienti (pasta, burro e parmigiano), il cuoco creò una salsa ricca e cremosa che conquistò immediatamente il cuore della moglie. Il piatto è diventato poi popolare tra i clienti del suo ristorante, il ‘Ristorante Alfredo’, attirando anche celebrità e turisti da tutto il mondo. Nonostante le radici italiane, il piatto ha ottenuto grande fama negli Stati Uniti nel corso del XX secolo, dove è conosciuto come ‘Fettuccine Alfredo’ (questa denominazione è rimasta in italiano anche a livello internazionale). 2. UOVA ALLA BENEDICT: il nome di questo piatto non ha niente a che vedere con l’ordine dei Benedettini, come si potrebbe supporre. La versione più accreditata attribuisce la creazione a Charles Ranhofer, cuoco del ristorante di New York ‘Delmonico’s’. Si narra che uno dei clienti abituali, Lemuel Benedict, desideroso di trovare un rimedio al suo mal di testa, ordinò un piatto composto da uova poché, pancetta e muffin inglesi, il tutto condito con salsa olandese. Questo mix di ingredienti fu così gradito da diventare parte del menù del ristorante, con il nome ‘uova alla Benedict’ in onore del suo ‘creatore’.


3. CAESAR SALAD: il piatto risale alla figura del ristoratore piemontese Cesare Cardini che avrebbe creato questa insalata nel 1924, improvvisando con gli ingredienti disponibili in cucina durante un giorno particolarmente affollato nel suo ristorante a Tijuana, in Messico, il ‘Caesar’s Restaurante-Bar’ (lattuga romana, crostini di pane, parmigiano, uova, succo di limone, olio d’oliva, senape, salsa Worcestershire, aglio e acciughe). La popolarità di questo piatto (ancora oggi chiamato così in onore del cuoco italiano) crebbe molto rapidamente tra i clienti del ‘Caesar’s Restaurante-Bar’ al punto da essere diventata una delle insalate più apprezzate in tutto il mondo. La denominazione della ricetta rimane invariata in inglese e italiano, mentre in altre lingue europee viene tradotta letteralmente come, per esempio, in francese ‘salad César’, in spagnolo ‘ensalada César’, e in tedesco ‘Caesar salat’. 4. PASTA ALLA NORMA: l’origine linguistica di questo piatto è comunemente attribuita all’opera lirica ‘Norma’ del compositore catanese Vincenzo Bellini. Tuttavia, ci sono due versioni contrastanti su come questo collegamento musicale sia nato: secondo alcuni, uno chef catanese creò e servì questa pietanza in occasione della Prima dell’opera di Bellini a La Scala (il 26 dicembre 1831); secondo un’altra popolare teoria, lo scrittore, poeta e sceneggiatore Nino Martoglio l’avrebbe assaggiata ospite da amici a Catania e, particolarmente impressionato dalla sua bontà e dalla bellezza dell’opera di Bellini, avrebbe esclamato: ‘Questo piatto è una vera Norma’.


5. FILETTO ALLA WELLINGTON: il famoso duca inglese di Wellington, Arthur Wellesley, è il personaggio che si nasconde dietro questo piatto, creato proprio per celebrare la vittoria del condottiero nella battaglia di Waterloo contro Napoleone nel giugno del 1815. Alert nomi e provenienza geografica, tra teorie e tradizioni A conquistare la curiosità degli italiani, secondo i dati rilevati da HelloFresh, ci sono anche tutti quei nomi di piatti che rimandano a nomi di luoghi o località geografiche, come ad esempio gli hamburger (122%), le french fries (50%) e l’insalata russa (49%). In Spagna cresce l’interesse per la torta Baked Alaska (125%), mentre in Francia suscita maggior attenzione il dolce estivo Eton Mess (89%). Nel Regno Unito, si confermano tra le ricette internazionali più ricercate l’hamburger (400%), e in Germania le French fries (235%). 6. HAMBURGER: deriverebbe dalla città di Amburgo, dove all’inizio del XIX secolo era uso comune servire carne macinata sotto forma di polpette o bistecche, fu introdotta negli Stati Uniti a seguito dell’emigrazione tedesca di quello stesso periodo. La parola sarebbe quindi un prestito linguistico dal tedesco, e più specificatamente, un demotico (ovvero un termine che indica la provenienza e in questo caso, significa ‘di Amburgo’). La pratica di mettere la carne tra due fette di pane prese rapidamente piede oltreoceano nel corso del XIX secolo, dando origine all’ormai conosciutissimo ‘panino imbottito’. 7. FRENCH FRIES: contrariamente a quanto sembra dal nome del piatto, le ‘French fries’ (letteralmente ‘patatine francesi’) non provengono dalla Francia, ma dal Belgio. Durante la prima guerra mondiale, i soldati nordamericani di stanza nella regione della Vallonia scoprirono questo spuntino di patate fritte; poiché la lingua dominante nel Belgio meridionale è il francese, questa gustosa pietanza venne soprannominata ‘French fries’. Un’altra teoria suggerisce invece che il termine ‘French’ sia stato utilizzato per indicare lo stile di taglio delle patate ‘alla francese’, piuttosto che per l’origine geografica. Secondo un’altra versione, infine, il termine ‘fries’ sarebbe da ricondurre alla lingua francese, dove ‘frire’ significa ‘cuocere in olio bollente’. 8. INSALATA RUSSA: il nome di questa ricetta potrebbe trarre in inganno, poichè non è strettamente legato alla Russia, almeno non in tutto il mondo! Si ritiene che l’insalata sia stata creata nella seconda metà del XIX secolo da un cuoco belga di nome Lucien Olivier, che gestiva un famoso ristorante a Mosca chiamato ‘Hermitage’. La ricetta originale di Olivier includeva ingredienti come patate, carote, piselli, cetrioli sottaceto, uova sode e carne, maionese, olive e prezzemolo come decorazioni. Quella che in Italia è denominata insalata russa, prende i nomi più diversi negli altri Paesi. In Danimarca, Norvegia e Finlandia, per esempio, è conosciuta come ‘Italiensk salat’ (‘insalata italiana’), influenzata da una versione piemontese del piatto risalente al XIX secolo e nota come ‘insalata rusa’ (ossia rossa, poichè prevedeva l’uso di barbabietole). Secondo alcune fonti, il piatto sarebbe stato proposto da un cuoco di corte dei Savoia in occasione della visita dello zar Nicola II in Italia nel 1909. Il piatto sarebbe stato preparato con l’aggiunta di prodotti comunemente coltivati in Russia (carote e patate) – la ricetta non prevedeva l’uso della maionese, ma della panna che voleva rappresentare la neve, tipica del clima russo – lo zar avrebbe poi portato con sé la ricetta, che si sarebbe diffusa in Europa, sostituendo la panna con la maionese ed eliminando le barbabietole. In Olanda ‘Huzarensalade’ (‘insalata degli Ussari’) a causa dell’associazione con i cosiddetti ‘ussari’, una tipica unità di cavalleria dell’esercito russo che introdusse l’insalata nei Paesi Bassi in occasione di eventi militari o diplomatici. In Lituania è nota come ‘Baltasis salotas’ (‘insalata bianca’) per il suo colore chiaro e la consistenza cremosa, mentre in Croazia, Slovenia e Ungheria è denominata ‘Francuska salata’ (‘insalata francese’), termine che si ricollega alla popolarità della cucina francese. In Romania, infine, è chiamata ‘Insalata boeuf’ a causa della sua associazione a un piatto tradizionale rumeno chiamato ‘Salat? de boeuf’ a base di manzo bollito e verdure sottaceto e maionese. 9. BAKED ALASKA: l’invenzione di questo dolce è generalmente attribuita allo chef francese Charles Ranhofer del Delmonico’s Restaurant di New York City e risale al 1867. Tuttavia, l’origine precisa del nome è incerta. Secondo alcuni, ‘Baked Alaska’ deriverebbe dal fatto che il piatto assomiglia ad un paesaggio ghiacciato: in questo caso, il gelato rappresenterebbe l’Alaska e la meringa la neve. Altri suggeriscono che il nome possa essere stato utilizzato per onorare l’acquisto dell’Alaska da parte degli Stati Uniti nel 1867, sebbene questa versione sia meno accreditata. È curioso che questa torta viene chiamata in francese ‘omelette à la norvégienne’ (ovvero ‘omelette alla norvegese’), così denominata per via della sua somiglianza con un altro dolce francese chiamato appunto ‘Omelette norvégienne’ o ‘Omelette surprise’: entrambi i dessert presentano infatti uno strato esterno che ricorda la meringa cotta o bruciata, anche se i loro ingredienti e il loro metodo di preparazione possono essere diversi. 10. ETON MESS: l’origine di questo goloso dessert, che combina panna, fragole e meringa sbriciolata, deve il nome all’unione di due parole: la parola inglese ‘mess’ che letteralmente si può tradurre con ‘disastro’ o ‘pasticcio’ e Eton, tra i più prestigiosi college del Regno Unito, nella contea di Berkshire. Secondo la teoria più famosa, alla fine del XIX secolo, durante una partita di cricket presso la rinomata scuola, un cane labrador si sarebbe seduto su un cesto da picnic contenente una torta Pavlova con fragole e panna, schiacciandola completamente. Di fronte a questo caos, gli studenti provarono a salvare il dolce, accorgendosi che risultava ancora ottimo! ‘Siamo lieti di mettere in evidenza con questa ricerca una nuova tendenza nelle preferenze gastronomiche europee, in particolare in Italia, sempre più affascinata da tradizioni culinarie e culturali diverse,’ afferma Alessa Pomerantz, Responsabile dello sviluppo ricette di HelloFresh. ‘Il nostro servizio di meal-kit delivery va incontro proprio a questa tendenza con la sezione del menù ‘Dal Mondo’, garantendo ai nostri clienti il piacere di sperimentare nuove ricette e, al contempo, di perfezionare le proprie competenze culinarie riscoprendo i piatti della tradizione regionale con la sezione del menù dedicato alle ricette ‘Italiane”.

Conegliano capitale del Brunello, degustazione organizzata dalla fondazione Theas

Conegliano capitale del Brunello, degustazione organizzata dalla fondazione TheasRoma, 23 mag. (askanews) – Una serata all’insegna del buon bere. Giovedì 23 maggio, a Conegliano, alle ore 21.30 la Fondazione THEAS ETS (The Actors Shop) sarà aperta al pubblico con una degustazione dei migliori vini di Montalcino e della Cantina Bortolotti di Valdobbiadene. Introdurrà la serata il presidente di THEAS Ets, il Cav. Franz Pagot, direttore della fotografia conosciuto a livello internazionale e membro del prestigioso BAFTA. Ospite d’eccezione, il noto giornalista Dario Pettinelli, uno dei più grandi esperti di Brunello, che accompagnerà i presenti a degustare non solo vini di pregio ma anche grandi emozioni. 13 anni in Rai come autore e regista, Pettinelli ha pubblicato con importanti testate giornalistiche come Forbes e Gambero Rosso. Autore della biografia di Enzo Tiezzi, padre del Rosso del Montalcino, è anche testimonial di GINUS, il gin artigianale di Montalcino. Non sono mancati gli auguri del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: “l’eccellenza vitivinicola, grazie ai partecipanti, diventa così uno strumento utile per dare supporto e aiutare chi ne ha realmente bisogno. Un gesto che, da solo, illumina le progettualità che animano questa splendida iniziativa”.


“Durante la serata – ha spiegato Franz Pagot – saranno a disposizione una serie di bottiglie numerate la cui vendita a scopo benefico aiuterà la Fondazione a sostenere giovani che desiderano entrare nel settore creativo, in questo caso il giornalismo”. La Fondazione THEAS (The Actors Shop) ETS, del resto, è stata creata da professionisti noti e affermati nel settore creativo, in particolare nel cinema, per aiutare i giovani attraverso eventi e corsi in inglese che li sostengono e li preparano a realizzare i loro sogni. “Si impara la lingua per studiare il cinema nei suoi aspetti sia tecnici e sia artistici in modo che possano trovare lavoro in ambito creativo e diventare non solo indipendenti economicamente ma anche proiettati verso mercati internazionali senza limitazioni geografiche. Il nostro obiettivo – ha concluso il presidente – è trasformare le loro vite, realizzare i loro sogni e di aiutare gli altri, utilizzando lo strumento più potente che differenzia l’uomo dalle altre creature: l’arte”.


La degustazione è aperta a tutte le persone maggiorenni.

Il food trend culinario da tenere d’occhio è l’asian love

Il food trend culinario da tenere d’occhio è l’asian loveRoma, 15 mar. (askanews) – Negli ultimi anni i consumatori europei hanno dimostrato un elevato grado di curiosità e una sempre maggiore apertura verso la cucina orientale. Nei primi mesi del 2024, informa una nota, il volume delle ricerche online degli italiani per ricette, ristoranti ed ingredienti asiatici è aumentato del 54% rispetto al 20221, con picchi di interesse in corrispondenza della fine di gennaio e dell’inizio di febbraio, periodo che coincide con il Capodanno Cinese.


HelloFresh, servizio di box ricette a domicilio, ha commissionato una ricerca2 per individuare i trend legati alla cucina asiatica verificandole tipologie di cucine, ristoranti, ricette e ingredienti più ricercati in Italia e in Europa. Le preferenze degli italiani: la cucina cinese è la più ricercata, i ristoranti coreani sul podio per l’aumento di interesse. Secondo i dati rilevati da HelloFresh, in Italia al primo posto spopola la cucina cinese con i suoi sapori decisi (57% delle ricerche), seguita dall’equilibrio della cucina giapponese (31% delle ricerche). Al terzo posto, invece, i sapori speziati della cucina coreana (7% delle ricerche), per poi chiudere con il gusto vibrante della cucina thailandese (5% delle ricerche). Negli ultimi due anni, anche i ristoranti asiatici hanno registrato importanti volumi di crescita in termini di interesse e ricerche online. In particolare quelli coreani arrivano persino ad un aumento dell’83% delle ricerche online in Italia: la cosiddetta “korean wave”, che ha ispirato il settore beauty e il settore dell’intrattenimento, sta raggiungendo anche il settore food. Il trend coreano batte di poco le ricerche dei ristoranti cinesi (+82%), mentre i ristoranti thailandesi assistono ad un aumento del 50% e superano il volume delle ricerche per ristoranti giapponesi (+22%). L’attrazione si spinge verso cucine meno sperimentate quando si parla di uscire fuori casa, ma il piacere di cimentarsi in nuove preparazioni e la volontà di sperimentare ricette della cultura asiatica nella propria cucina abbraccia tutti i paesi.


La top 5 delle ricette più googlate in Europa: svettano il sushi e il ramen giapponesi. Nonostante la flessione nelle ricerche relative alla cucina giapponese, il sushi risulta la specialità asiatica più ricercata online in Italia, Germania, Spagna, Francia e Regno Unito. Il piatto a base di riso, simbolo della cultura gastronomica giapponese, vanta infatti innumerevoli varianti e declinazioni occidentali. Al secondo posto della classifica si posiziona un altro piatto giapponese: il ramen, spaghetti di frumento serviti in brodo di carne o pesce con aggiunta di guarnizioni. Il terzo posto cambia a seconda dei paesi: mentre per l’Italia risultano essere gli spaghetti di soia cinesi. Per le restanti nazioni è occupato dal kimchi coreano, ricetta a base di verdure fermentate che nelle ricerche italiane si trova invece in quarta posizione.


La quarta e la quinta posizione risultano più variegate a seconda delle nazioni: mentre infatti in Germania e in Spagna al quarto posto si trova la ricetta thailandese del pad thai (un tipico street food thailandese a base di noodles di riso saltati), in Francia si trova il bibimbap coreano, un goloso piatto unico solitamente servito in ciotole di pietra calda composto da riso, verdure saltate, carne di manzo e uova, mentre nel Regno Unito il dim sum cinese che include diversi tipi di pietanze preparate al vapore. In quinta posizione in Italia e nel Regno Unito si trova il pad thai, mentre in Germania il bibimbap e in Francia e Spagna il dim sum. Il fascino degli ingredienti orientali in Italia: dal tofu alle salse più curiose. Ma quali sono i prodotti asiatici che hanno conquistato gli italiani? Primo fra tutti il tofu (che registra un volume di 1.547.000 ricerche), ingrediente per eccellenza delle diete vegane o iperproteiche. Crescono anche i volumi di ricerca per salse come la salsa piccante wasabi seguito dalle salse giapponesi teriyaki e ponzu, dalla salsa agrodolce cinese e infine dalla salsa ostrica.


Inoltre, tra gli ingredienti asiatici sempre più richiesti, è presente anche il miso (650.000 ricerche), insaporitore di numerose ricette della tradizione di Corea e Giappone, la bevanda alcolica a base di riso sakè di origine giapponese e il pane panko, la versione giapponese del pangrattato.

Cantine Ermes compra Cantina Sociale di Canneto e sbarca in Lombardia

Cantine Ermes compra Cantina Sociale di Canneto e sbarca in LombardiaMilano, 30 gen. (askanews) – Cantine Ermes si è aggiudicata all’incanto il patrimonio strutturale e tecnologico della Cantina Sociale di Canneto di Campo Noce a Canneto Pavese (Pavia), con l’intento dichiarato “di rilanciarne l’attività nell’immediato futuro”. Lo ha annunciato la stessa Cooperativa agricola siciliana, che sbarcando in Oltrepò Pavese entra per la prima volta in Lombardia. L’importante cooperativa agricola con sede a Santa Ninfa (Trapani) che oggi conta 2.513 soci conferitori e oltre 13.600 ettari vitati, è infatti già presente in Veneto, Puglia, Emilia Romagna e Abruzzo, oltre che naturalmente in Sicilia dove è nata nel 1998.

“L’interesse per l’Oltrepò Pavese, è scaturito da una attenta analisi di mercato, tanto da aver indotto Cantine Ermes a presentare il 29 gennaio un’offerta per l’acquisizione dello stabilimento produttivo e del marchio, nella consapevolezza che il percorso di rilancio dovrà partire dal coinvolgimento dei soci della Cantina di Canneto” spiega il presidente Rosario Di Maria, aggiungendo che “con le buone pratiche di una condivisione di obiettivi e lavoro, siamo certi di ricostruire una realtà sana e competitiva nel vino di qualità, che sia nuova nello spirito ma, al contempo, capace di valorizzare le proprie radici, come avvenuto nelle altre regioni”. Il presidente della realtà multiregionale con il più alto numero di ettari vitati d’Italia (record che detiene anche per le produzioni a regime di agricoltura biologica), aggiunge che “a contare nella nostra mission aziendale, sono il potenziale identitario espresso dai territori in cui abbiamo investito e continuiamo ad investire, e la capacità di quei vini di competere sui mercati più importanti per il vino italiano”. “Buona parte degli stabilimenti che abbiamo acquisito negli anni, sono stati frutto di fusioni per incorporazione, ridando energia e prospettive a Cantine sociali rappresentative di quei territori, senza disperderne il patrimonio umano e sociale” prosegue Di Maria, sottolineando che “il nostro progetto cooperativistico si fonda su due cardini fondamentali: fiducia e rispetto”. “Rispetto dei nostri soci viticoltori che sposano il progetto e delle peculiarità distintive di questi territori, e fiducia che siamo riusciti a generare sconfiggendo i pregiudizi che affronta una Cantina siciliana quando si presenta in altre regioni” aggiunge, concludendo “con Ermes il percorso si è rovesciato: è il Sud che investe al Nord”.

Nuova vita allo storico jingle Negroni con l’Accademia della Stella

Nuova vita allo storico jingle Negroni con l’Accademia della StellaMilano, 12 lug. (askanews) – Un’armonizzazione virtuosa del coro e un originale utilizzo di voci adulte con quelle dei bambini che in un istante hanno il potere di condurci in un passato pieno di ricordi ma anche in un presente ricco di dolcezza. È questa la reinterpretazione del celebre jingle “Le stelle sono tante, milioni di milioni…”, che ha conquistato la “giuria popolare” ed è quindi vincitrice della terza edizione dell’Accademia della Stella di Negroni, il progetto nato in occasione dei 90 anni di Negronetto per scoprire, sostenere e illuminare i giovani negli ambiti che rappresentano le eccellenze creative del made in Italy. A idearla, quattro studenti del CPM Music Institute di Milano – Davide Mettifogo, Mario Vernetti, Marco Pezzali e Gaetano Dino Chirico – che si sono aggiudicati una borsa di studio da investire in formazione.

“È stata un’edizione a tema musica piena di sorprese e di emozioni – ha commentato Claudia Ferrari, Responsabile Marketing Salumi Negroni – Gli studenti coinvolti hanno davvero dato prova della loro creatività, della loro passione e delle loro abilità musicali, contribuendo in modo originale e innovativo al racconto del brand, entrato nella storia della pubblicità con il suo celebre jingle. Ringraziamo tutti i ragazzi partecipanti dei tre istituti partner di quest’anno, ma anche i coordinatori del progetto e soprattutto la giuria tecnica che ha saputo offrire professionalità ed entusiasmo, mettendo a disposizione il proprio indiscusso bagaglio tecnico”. Sono stati il direttore di orchestra Enrico Melozzi, il noto giornalista e critico musicale Gino Castaldo e il giovane cantante Albe i giurati scelti da Negroni per selezionare i 7 finalisti dell’edizione 2023 di Accademia della Stella su 75 candidature proposte da oltre 100 gli studenti provenienti da tre importanti istituti musicali italiani (CPM Music Institute di Milano; Saint Louis College of Music di Roma e NAM – Nuova Audio Musicmedia di Milano). A decretare la versione vincitrice sono stati però gli utenti di tutta Italia, tramite un sondaggio online sul sito di Negroni che ha registrato complessivamente circa 60mila voti.

“Reinterpretare un jingle così iconico, oltre ad essere una grande opportunità di crescita professionale – spiega la ‘band’ del CPM Music Institute – è stata per noi una sfida inedita, molto stimolante e per nulla semplice. Alla base della nostra idea, la scelta di ricollocare un elemento essenziale come la voce, tradizionalmente relegato ad un ruolo melodico, all’interno della complessità delle produzioni contemporanee, mettendone in luce le varie possibilità ritmiche e timbriche e rendendola di fatto anche un elemento di sound design. Unendo le nostre attitudini e competenze – concludono i quattro studenti vincitori – siamo quindi riusciti a creare una sinergia tra i nostri differenti background musicali e siamo davvero molto felici di aver saputo conquistare tanto la giuria tecnica quanto quella popolare”. È un vero e proprio tormentone pubblicitario che incarna da sempre lo spirito di casa Negroni: “Le stelle sono tante, milioni di milioni, la Stella di Negroni vuol dire qualità”. Sin dal suo esordio, negli anni Sessanta, ha fatto breccia nei cuori degli italiani, entrando nell’immaginario collettivo come una sorta di inno al buon umore e ancora oggi racconta la storia ultracentenaria del marchio della Stella in modo fresco e spensierato. Dagli spot radiofonici alle interpretazioni di grandi artisti del panorama artistico italiano (Enrico Ruggeri, Mario Biondi, Noemi e Tiromancino), passando per lo storico programma Rai il Carosello, questo celebre motivetto musicale conosce una popolarità senza fine, entrando di diritto nel novero dei jingle più amati d’Italia, ma anche tra più longevi (è andato in onda solo negli ultimi 20 anni per oltre 47mila minuti). Come ogni jingle pubblicitario di successo, anche il “tintinnio” di Negroni evoca ricordi e stimola emozioni e quest’anno con l’Accademia della Stella torna alla ribalta per guardare al futuro con gli occhi dei giovani.

È il primo salamino brandizzato tascabile e d’asporto della storia italiana, frutto del genio di Paolo Negroni, figlio di Pietro che nel 1907 fonda a Cremona l’azienda omonima. Stiamo parlando del Negronetto, prodotto icona di casa Negroni, nato nel 1931 e ispiratore, in occasione del suo 90 anniversario, dell’Accademia della Stella di Negroni, iniziativa ideata nel 2021 con l’obiettivo di scoprire, illuminare e sostenere i giovani del nostro Paese negli ambiti che rappresentano le eccellenze creative del made in Italy. Forse non tutti sanno che la sua storia è infatti legata ad un espediente semplice ma geniale. Durante la Fiera Internazionale di Nizza del 1931, Paolo Negroni inventò infatti un nuovo mini-formato tascabile, ancora oggi rimasto invariato, per superare il divieto imposto ai produttori italiani di affettare salami da offrire agli ospiti. Ne fece produrre uno dalle dimensioni ridotte (di soli 14 cm), ma con le stesse caratteristiche del tradizionale salame cremonese, fiore all’occhiello dei salumi dell’epoca. Nonostante il passare dei decenni e il cambiamento dei costumi e delle abitudini alimentari nel Paese, da allora la sua ricetta non è mai cambiata: ottenuto da carni 100% italiane accuratamente selezionate e mondate per donare profumo intenso, gusto delicato e una consistenza morbida e compatta, Negronetto si è sempre distinto per la sua personalità unica e il suo gusto inconfondibile, presente sin da subito sulle tavole degli italiani e portando con sé giocosità, voglia di condivisione e l’autenticità tipica dei salumi Negroni.

Bressanone, dove la sostenibilità è una questione di gusto

Bressanone, dove la sostenibilità è una questione di gustoRoma, 9 giu. (askanews) – Bressanone, la città più antica dell’Alto Adige, vanta palazzi storici, chiese e portici. Da aprile, Bressanone vanta una certificazione importante per il futuro: è l’unica città dell’Alto Adige con la certificazione GSTC (Global Sustainable Tourism Council). Inoltre, Bressanone ha ottenuto quasi contemporaneamente anche il più alto marchio di sostenibilità altoatesino. “Il nostro compito è quello di incoraggiare le imprese della nostra zona a diventare più sostenibili. Dobbiamo essere in grado di portare con noi tutti i nostri soci, dalla più piccola struttura ricettiva al più grande hotel, dal più piccolo bar al più grande ristorante. Abbiamo fatto il primo passo ottenendo il marchio di sostenibilità, ora dobbiamo portare con noi le nostre imprese”, afferma Werner Zanotti, direttore di Bressanone Turismo.

Una prima occasione per dimostrarlo è il 18 giugno, in occasione della Giornata Internazionale della Gastronomia Sostenibile. A Bressanone e dintorni sono ben attrezzati per questo. Da molti anni la Naturbackstube Profanter si dedica alla produzione di pane biologico. Dal grano di produzione propria alla segale e al lievito naturale, diversi pani tipici dell’Alto Adige, come lo Schüttelbrot, nonché pani vegani e biologici sono prodotti artigianalmente freschi ogni giorno in forni in pietra naturale. Dove c’è pane, la birra non può essere lontana. L’unico birrificio biologico certificato dell’Alto Adige si trova vicino a Franzensfeste. La birra AH (acronimo di Andreas Hofer) è prodotta esclusivamente con materie prime biologiche. I piccoli caseifici sono i fornitori del famoso affinatore di formaggi dell’Alto Adige, Hansi Baumgartner. Erbe, fiori, fieno e vino sono solo alcuni dei tanti ingredienti locali che rendono ogni formaggio di Degust un’esperienza speciale. Sostenibilità in gastronomia significa prodotti locali, vie di approvvigionamento brevi o nulle, cicli regionali, stagionalità, particolare attenzione agli ingredienti autentici e, perché no, un tocco di innovazione e creatività anche nella preparazione dei piatti tradizionali. Questi principi rendono ogni pasto una delizia. Le 29 locande altoatesine sono proprio questo. Due di queste, situate a Bressanone e dintorni, preparano piatti tradizionali che fanno palpitare i cuori dei buongustai, come il brasato di vitello con orzotto del Gasthof Kircherhof, con proprio maso ad Albes, e uova in camicia su insalata di erbe aromatiche e di manzo del Gasthof Sunnegg di Bressanone.

L’innovazione e la sostenibilità si riflettono anche in quei locali gastronomici che danno nuova vita alle vecchie mura con un nuovo design e un’architettura speciale realizzata da architetti locali. La locanda Decantei ne è un esempio. Gli architetti Pedevilla, conosciuti oltre i confini dell’Alto Adige, hanno coniugato modernità e tradizione, come dimostrano anche i piatti, quando il tris di pecora “Villnösser Brillenschaf” viene servito con polenta integrale e broccoletti selvatici. All’Alter Schlachthof, l’arredamento moderno e alla moda sottolinea il concetto di una cucina semplice, naturale e innovativa. L’attenzione si concentra sui prodotti provenienti da fornitori delle immediate vicinanze, garantendo freschezza, regionalità e stagionalità. Antiche mura e la vecchia cucina monastica reinterpretate? Da luglio, lo storico ristorante Fink sotto i portici di Bressanone apre con un progetto completamente nuovo: ingredienti di stagione che crescono nei monasteri e nei giardini di Bressanone. Caratteristico e tradizionale, semplice e autentico è il maso di montagna Gostnerhof a Spelonca sopra Varna, dove, secondo molti buongustai locali, si trovano i migliori Schlutzkrapfen. Dalla città alla montagna per abbandonarsi alla forma di trasporto più sostenibile che l’uomo conosca: l’escursionismo. Sentieri accoglienti, percorsi avventurosi e tematici in Alto Adige portano sempre a un rifugio dove non solo ci si può fortificare, ma anche lasciarsi viziare e tentare dalle prelibatezze culinarie. Ai piedi della Plose, appena sopra Sant’Andrea, si trova il rifugio Trametschhütte con vista sulla conca di Bressanone. La specialità della casa è il brunch con specialità altoatesine. Si può godere di una splendida vista panoramica sulla terrazza della Rossalm dopo una facile escursione sulla Plose, ma un picnic può essere gustato più comodamente. Tutto il necessario è fornito dalla “Rossalm Kraxe” (gerla) con coperta, pane, pancetta, salsiccia, formaggio, uova, burro, insalata, mela, succo di frutta e vino (eventualmente c’è anche la variante vegetariana). Sul lato sud della Plose, proprio di fronte alle Odle di Eores e al Sass de Putia, si trova il rifugio Schatzerhütte. Qui sarete viziati dal padrone di casa Franz Pernthaler con piatti che cambiano ogni giorno, preparati con ingredienti freschi provenienti dal suo orto o dalla foresta circostante. Non lontano dalla Schatzerhütte si trova la Halslhütte. Erbe, verdure e insalate sono coltivate nel proprio orto, i contadini vicini forniscono carne, frutta, pane e uova, mentre funghi porcini e finferli provengono dal bosco. Una piacevole escursione dal parcheggio di Ackerboden sopra San Leonardo, sopra a Bressanone, fino al rifugio Ackerboden. In un’ampia radura si entra nel caratteristico rifugio Ackerboden e si gusta il formaggio di capra di produzione propria.

Il modo migliore per entrare in contatto diretto con produttori, coltivatori e agricoltori di Bressanone è il mercato dei contadini settimanale in piazza Artmanno. Ogni sabato è possibile acquistare prodotti freschi e ricevere informazioni, ricette e consigli su cosa comprare. Non perdete l’occasione di acquistare le erbe coltivate biologicamente dallo Schmiedthof. Alcune aziende agricole di Bressanone e dintorni vendono i loro prodotti nei propri negozi di fattoria. Pane, frutta, vino, burro, formaggio, latte e molto altro possono essere acquistati direttamente dal produttore. Al Blaseggerhof di Varna, anche il delizioso “gelato della fattoria” viene prodotto con latte fresco e frutta della fattoria. Il 25 e 26 agosto 2023, Bressanone sarà teatro delle “Giornate del miele dell’Alto Adige”. Apicoltori provenienti da tutto il Paese daranno informazioni sulla vita delle api, vi faranno assaggiare diversi mieli di qualità e vi mostreranno cosa può fare il miele. Dal 29 settembre al 1° ottobre 2023, la Piazza del Duomo di Bressanone si trasformerà in un grande panificio: il Mercato del Pane e dello Strudel dell’Alto Adige riunirà i migliori panettieri e strumentisti del Paese per mostrare come si preparano e si cuociono il pane e lo strudel.

Ichnusa, un murale racconta il risveglio della Sardegna

Ichnusa, un murale racconta il risveglio della SardegnaMilano, 17 mag. (askanews) – La vivacità dei murales irrompe dal grigio del cemento incombente su una natura che pure continua a scorrergli di fianco. Dalle pareti scrostate il tratto di artisti, locali e internazionali, richiama chi passa per caso o chi per scelta a deciso di andarlo ad ascoltare. E interroga, invita alla riflessione e, semmai, all’impegno. Perché la Galleria del Sale di Cagliari, lungo la via che collega il lungomare al parco di Molentargius, è un percorso di arte pubblica dove si avverte l’urgenza dell’impegno civile, della necessità di cura del bene comune, nel solco di quella tradizione del muralismo che in Sardegna ha oltre mezzo secolo di storia.

A questo progetto di riqualificazione urbana attraverso la street art, nato nel 2014 per iniziativa dell’associazione Urban center, ora ha deciso di dare il suo supporto Ichnusa, marchio storico della birra sarda, che a pochi chilometri da qui, ad Assemini, ha da sempre il suo cuore operativo. Lo farà sostenendo le attività di manutenzione e cura dell’area per i prossimi tre anni, contribuendo a tutelare le 50 e più opere esposte quotidianamente all’aggressione del tempo e dell’uomo. E a testimonianza di questo impegno ha scelto di realizzare anche un murale, dal titolo evocativo “Risvegli”o, associato, come riporta la firma in calce, all’ultima nata in casa Ichnusa, Ambra limpida. Affidandosi alla creatività dell’artista Mauro Patta, infatti, il birrificio, oggi di proprietà di Heineken, ha raccontato su uno dei muri della Galleria del sale il suo impegno per la riforestazione (10mila piante in 3 anni) delle aree dell’isola colpite da incendi e dissesto idrogeologico, un progetto avviato nel 2022 in collaborazione con Legambiente e AzzeroCO2. Realizzata nella scala dei grigi, l’opera ritrae un uomo, che simboleggia idealmente tutte le persone del birrificio, che afferra un fusto di birra, “vaso” per un piccolo arbusto: la sua è l’unica macchia di colore (insieme a quella dell’acqua) su una parete di sei metri per otto a indicare la rinascita del territorio dopo le devastazioni provocate da incendi e disastri climatici.

“Abbiamo scelto questo luogo per raccontare ancora una volta il legame del birrificio con il territorio che è per noi un orgoglio – ha detto in occasione del disvelamento dell’opera Matteo Borocci, direttore del birrificio – in questo museo i muralisti hanno la possibilità di esprimere la loro arte ma è anche un luogo di scambio culturale per questa zona”. Ecco allora che, passeggiando lungo la galleria, tra i piloni dei cavalcavia e lo scheletro dello storico stadio Sant’Elia, una donna, in bianco e nero, seduta su un’altalena di foglie verdi prossime a cadere, ci ricorda che non c’è più tempo da perdere. Mentre poco più avanti un buio borgo agricolo eroso da strani insetti bianchi ci invita a ridurre i bisogni indotti. Poco prima, la faccia di un ippopotamo accigliato “sputava” bolle colorate come le microplastiche che soffocano i nostri mari.

“Quello della Galleria del sale è un progetto molto apprezzato dai cagliaritani che lo vivono sia per passeggiate culturali che per fare sport, andare in bicicletta o in canoa – ha detto Daniele Gregorini, curatore della Galleria e direttore artistico di Urban Center – Il progetto durerà almeno per i prossimi tre anni grazie al supporto di Ichnusa, il cui contributo ci fa particolare piacere perchè è il primo esempio di una azienda che si avvicina a questo mondo, alla Galleria del sale, ma anche all’arte pubblica in generale. In questo modo Galleria del sale si mantiene viva e insieme, tiene in vita anche l’idea di arte come vera res publica”. “Da sardo ho molto a cuore il tema della riforestazione e credo sia molto importante quello che fa Ichnusa perchè il muralismo può dare il suo contributo nella sensibilizzazione a questi temi – ha affermato l’artista – per la realizzazione di questo lavoro ho impiegato circa 7-8 giorni ma dietro c’è una lunga preparazione. Prima c’è il sopralluogo, si sceglie il tema col committente e poi io realizzo l’opera in digitale, Solo quando si raggiunge la bozza giusta, procedo con la realizzazione sul muro attraverso una tecnica antica che è quella del grigliato”.

Il murale realizzato da Patta per Ichnusa è stato anche inserito tra le opere dell’iniziativa dell’associazione Farmacia Politica “100 muri, 100 murales”, che punta sul muralismo per riqualificare zone urbane e colorare la Sardegna richiamandone paesaggi, tradizioni e cultura.

Torna Accademia della stella Negroni: protagonisti 100 musicisti in erba

Torna Accademia della stella Negroni: protagonisti 100 musicisti in erbaMilano, 16 mag. (askanews) – “Le stelle sono tante, milioni di milioni”, recitava il jingle che dagli inizi degli anni Sessanta ha accompagnato le sue pubblicità. Ora questo legame tra la musica e Negronetto, il primo salamino tascabile con oltre 90 anni di storia, si rafforza. Partendo proprio da quel jingle che ha contribuito, in radio prima e nel Carosello poi, alla notorietà di un prodotto figlio dell’ingegno dell’imprenditoria italiana, in questo caso di Paolo Negroni.

Quest’anno, infatti, la musica è la protagonista dell’Accademia della stella di Negroni, che per la terzo edizione riapre le sue porte alla creatività italiana. Nata nel 2021, in occasione dei 90 anni di Negronetto, l’Accademia ha l’obiettivo di sostenere i giovani nell’espressione della loro creatività: dopo un primo viaggio dedicato all’arte dell’illustrazione e una seconda edizione all’insegna del videomaking, quest’anno la musica sarà il tema protagonista chiamando a raccolta i “musicisti in erba” di tutta Italia chiamati a reinterpretare lo storico jingle.   Nello specifico, saranno oltre 100 gli studenti coinvolti, provenienti da tre istituti musicali italiani, partner del progetto: CPM Music Institute (Milano), Saint Louis College of Music (Roma) e NAM – Nuova Audio Musicmedia (Milano). Le loro rivisitazioni, che hanno precedenti con interpreti come Enrico Ruggeri, Mario Biondi, Noemi e Tiromancino, saranno valutate da una giuria tecnica composta dal direttore di orchestra Enrico Melozzi, dal giornalista e critico musicale Gino Castaldo e dal giovane cantante Albe.   “Dagli sketch televisivi di Carosello ai celebri spot radiofonici, dal jingle ai manifesti pubblicitari, il brand si è storicamente posizionato tra i più all’avanguardia nel campo della comunicazione e tra i primi a comprendere l’importanza del sound branding: non c’è Negroni, infatti, senza il suo jingle  – dichiara Claudia Ferrari, responsabile marketing Salumi Negroni – Consapevoli, inoltre, dell’importanza della musica per i giovani, abbiamo quindi deciso di dedicare la terza edizione dell’Accademia della Stella al nostro jingle, coinvolgendo attivamente le giovani generazioni per rielaborare la sequenza magica delle note di Negroni, spaziando tra diversi generi musicali”.

Birra Messina rinnova omaggio alla Sicilia e alla sua tradizione artistica

Birra Messina rinnova omaggio alla Sicilia e alla sua tradizione artisticaMilano, 10 mag. (askanews) – Birra Messina torna a rendere omaggio alla sua isola, la Sicilia. E questa volta lo fa con una dedica particolare alla città che le dà il nome, Messina appunto. Torna infatti per il terzo anno consecutivo l’iniziativa dei due bicchieri decorati ispirandosi alla tradizione artistica siciliana: questa volta gli artisti selezionati, l’art director e illustratrice digitale, Ester Ferrigno, e il ceramista Antonio Fratantoni, si sono ispirati al Barocco di Noto e alle Pigne di Santo Stefano di Camastra, antica città di tradizione ceramica in provincia di Messina.

Le decorazioni realizzate sui due bicchieri coniugano da un lato la storia degli artisti dall’altro la volontà di Birra Messina di continuare evidenziare il rapporto col territorio a cui si lega. Antonio Fratantoni, in particolare, si è lasciato ispirare dai motivi del Barocco di Noto e dalle sue decorazioni ardite e virtuose, che ha valorizzato con l’uso di colori vivi. Ester Ferrigno, invece, ha tratto ispirazione dalle iconiche “pigne” artigianali di Santo Stefano di Camastra.

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