Intesa Sanpaolo con la Santa Sede: sintesi di sociale e arteMilano, 11 mar. (askanews) – “Sociale e arte troveranno un’intelligente sintesi nel progetto del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Arte 2024, che Intesa Sanpaolo è onorata di sostenere. Mille persone di Intesa Sanpaolo lavorano ogni giorno nel sociale per realizzare programmi e iniziative, con una rilevante attenzione alle comunità penitenziarie. E con una collezione di 35mila opere e i musei delle Gallerie d’Italia, la Banca è protagonista nel panorama artistico internazionale. Accompagnare la realizzazione del Padiglione, con le sue due anime, significa per noi contribuire con piena coerenza alla diffusione del bene e del bello, entrambi alla base del nostro impegno”. Lo ha detto Paolo Maria Vittorio Grandi, Chief Governance Officer Intesa Sanpaolo, in occasione della presentazione del Padiglione della Santa Sede alla prossima Biennale Arte di Venezia, di cui la banca è main partner.
Venezia avvia celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Marco PoloVenezia, 9 gen. (askanews) – Venezia dà avvio alle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Marco Polo, avvenuta nel 1324. E lo fa con un primo calendario di iniziative importanti organizzate dal Comune di Venezia e dall’Università Ca’ Foscari Venezia e con la collaborazione di Fondazione Musei Civici di Venezia, ma anche di tantissime realtà associative della città, nazionali ed internazionali. Saranno occasioni per dare lustro alla memoria del veneziano, noto per “il primo attendibile e completo resoconto dell’Oriente e il primo contributo alla reciproca conoscenza tra Asia ed Europa”.
A supporto delle celebrazioni, lo scorso 29 dicembre è stato riconosciuto con decreto del Ministero della Cultura a firma di Gennaro Sangiuliano, su istanza del Comune e dell’Ateneo veneziano, il Comitato Nazionale per le celebrazioni, che vede come proponente il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e come Presidente del Comitato Scientifico e Coordinatrice dei progetti la Rettrice Tiziana Lippiello. Tante le iniziative pubbliche di carattere scientifico, espositivo, letterario, culturale, che si potranno seguire consultando il sito web dedicato leviedimarcopolo.it e attraverso i canali social di Venezia Serenissima (Facebook, Instagram, X, TikTok e Threads). Le celebrazioni (e con esse il Comitato) hanno una durata triennale, sono quindi previste iniziative anche nel 2025 e nel 2026.”Marco Polo è conosciuto per aver scoperto l’Oriente lontano. La sua storia di grande viaggiatore è una storia che via mare e via terra ha dato origine al legame con quelle culture e popolazioni lontane – spiega il Sindaco di Venezia e presidente del Comitato promotore Luigi Brugnaro – La riscoperta della sua figura evoca temi di grande attualità: come dialogare con altre culture senza rinunciare alla propria identità? Come regolare i rapporti tra i popoli e le città? Come trasmettere il saper fare e l’operosità? Le terre ed i mari che ha visitato nel suo viaggio lungo più di vent’anni, spesso ora sono aree critiche dal punto di vista diplomatico. Grazie anche al ricordo di Marco Polo, Venezia vuole dare ancora una volta un messaggio di speranza, di pace e di fratellanza. Per questo siamo aperti a ricevere nuove proposte”.
Dalla Biennale un riallestimento del Prometeo di Luigi NonoMilano, 13 dic. (askanews) – Per celebrare il centenario della nascita del grande compositore veneziano Luigi Nono (29 gennaio 1924), La Biennale di Venezia presenta un Progetto speciale dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) con il riallestimento dell’opera Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono, prodotta dalla Biennale Musica nel 1984, che andrà in scena dal 26 al 29 gennaio 2024 nella Chiesa di San Lorenzo, ora Ocean Space / TBA21-Academy, dove si tenne la prima esecuzione. “Tragedia composta di suoni, con la complicità di uno spazio” (Luigi Nono), il Prometeo del 1984 nella Chiesa di San Lorenzo fu un evento memorabile che vide coinvolti nella creazione e nell’esecuzione, oltre a Luigi Nono, Claudio Abbado alla direzione dell’orchestra, Emilio Vedova e Renzo Piano per l’allestimento, Massimo Cacciari per il testo, con la regia del suono di Hans Peter Haller e Alvise Vidolin. L’opera ha avuto nel tempo diverse riedizioni, ma in nessuna occasione nel luogo originario, la Chiesa di San Lorenzo, per cui era stata concepita. Il Progetto speciale di riallestimento ha coinvolto il lavoro dell’Archivio della Biennale (ASAC) e della Fondazione Archivio Luigi Nono, che ha concluso un accordo con La Biennale di Venezia per trasferire i propri materiali nel Centro Internazionale della Ricerca sulle Arti Contemporanee della Biennale, in corso di realizzazione all’Arsenale. Prometeo. Tragedia dell’ascolto fa parte del percorso di valorizzazione del trasferimento del Fondo Luigi Nono, insieme a una giornata di studi dedicata.
Prometeo. Tragedia dell’ascolto rientra nei Progetti speciali ASAC, in un dialogo fra le arti, di cui l’Archivio è forte simbolo, che La Biennale di Venezia ha intrapreso nel 2020 con la mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla Storia, realizzata al Padiglione Centrale ai Giardini, ed è proseguito nel 2022 con Archèus. Labirinto Mozart a Forte Marghera (Mestre) per offrire appuntamenti culturali di grande respiro con la valorizzazione della memoria e dei documenti d’archivio. Il riallestimento dell’opera Prometeo. Tragedia dell’ascolto è realizzato dalla Biennale di Venezia, in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono e con TBA21- Academy, il centro di ricerca della Fundación TBA21, che si è occupata del restauro della Chiesa di San Lorenzo. “La collaborazione tra la Fondazione Archivio Luigi Nono e La Biennale – ha commentato il Presidente Roberto Cicutto – assume oggi diversi significati. Il grande compositore rimane a Venezia, città che l’ha visto protagonista di memorabili azioni artistiche, fra cui il celebre Prometeo. Qui continuerà a dialogare con altri grandi nomi della cultura italiana e internazionale, dando un nuovo impulso al lavoro straordinario iniziato da Nuria Schoenberg, le sue figlie e i molti che hanno dato vita alla Fondazione. Grazie a questa rinnovata collaborazione si rafforzerà il contributo artistico e di pensiero di Luigi Nono trovando, anche attraverso il Centro Internazionale della Ricerca sulle Arti Contemporanee, nuovi canali di studio e diffusione. Orgoglio e gratitudine sono i sentimenti che La Biennale prova nell’iniziare questa grande avventura.” “La Fondazione Archivio Luigi Nono – ha dichiarato la figlia Serena Nono, tra i soci fondatori della Fondazione – è lieta di questa nuova collaborazione, che vede La Biennale di Venezia riallestire l’opera Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono nella Chiesa di San Lorenzo, oggi come 40 anni fa, nel centesimo anniversario della nascita del compositore, quale Progetto Speciale dell’Archivio Storico.”
“TBA21-Academy è molto felice di collaborare con Biennale e Fondazione Luigi Nono – ha spiegato Markus Reymann, Co-direttore di TBA21 – nel rimettere in scena Prometeo. Tragedia dell’ascolto nella Chiesa di San Lorenzo che abbiamo riaperto al pubblico nel 2019. Non solo il luogo storico, ma anche i riferimenti all’Oceano e agli arcipelaghi dell’opera, rendono questa collaborazione più che significativa per celebrare l’incredibile talento e la musica di Luigi Nono”. Luigi Nono ritenne fondamentale cercare di liberare l’opera dalla servitù dell’immagine e della narrazione, sottolineando l’importanza della relazione tra suono e spazio, penalizzata dalle consuetudini di riproduzione delle sale da concerto e dei teatri tradizionali. Quello pensato da Renzo Piano per la prima esecuzione veneziana del Prometeo è stato un luogo speciale (e un luogo speciale tornerà ad essere), che rende possibile diverse modalità di distribuzione spaziale del suono e in cui l’ascolto può essere liberato. Una non-scenografia, un dispositivo architettonico costruito sulla base di specifiche esigenze musicali, con l’intento di restituire lo spazio alla dimensione dell’ascolto e alla qualità invisibile del suono.
Biennale Danza, un anticipazione su ghiaccio a febbraioMilano, 13 dic. (askanews) – Murmuration, della compagnia canadese Le Patin Libre, è lo spettacolo su ghiaccio presentato dalla Biennale Danza come anticipazione speciale della prossima edizione, prevista dal 18 luglio al 3 agosto 2024. Un’apertura insolita che troverà spazio all’interno delle attività che la Biennale di Venezia dedica al Carnevale. Murmuration sarà in scena dall’1 all’11 febbraio al Pattinodromo Arcobaleno del Parco Albanese di Mestre, per l’occasione trasformato in pista di pattinaggio sul ghiaccio.
“Siamo entusiasti – ha dichiarato Wayne McGregor, direttore della Biennale Danza – di presentare il magico Le Patin Libre in una breve Biennale Danza invernale 2024. Questa straordinaria compagnia di performance art è rinomata per la sua coreografia ad alta velocità (incredibilmente veloce perché è sul ghiaccio) ed eseguirà il suo ipnotico nuovo spettacolo Murmuration su una pista di pattinaggio appositamente adattata a Mestre. Allo stesso tempo, la compagnia curerà uno straordinario programma di lezioni di pattinaggio creativo, esperienze e feste per condividere l’emozione di ballare sul ghiaccio con il pubblico e rendere accessibile questa incredibile forma d’arte ai più”. Per la prima volta in Italia, Le Patin Libre, è una compagnia canadese che ha reinventato lo spettacolo su ghiaccio aprendo un territorio finora inesplorato della danza contemporanea, riuscendo a fondere il rigore del pattinaggio artistico con l’astrazione della coreografia e trasformando palazzetti e piste di pattinaggio in nuovi spazi di fruizione delle arti dal vivo. Attiva dal 2005 a Montréal, Le Patin Libre – diretta da Alexandre Hamel – crea nuovi paesaggi coreografici ormai noti e applauditi in tutto il mondo aprendo la danza a esperimenti cinestetici con la peculiarità di un movimento fluido e veloce, diverso da ogni altro. La compagnia comprende oggi 15 componenti provenienti da 7 paesi diversi (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Repubblica Ceca, Svezia, Norvegia): tutti pattinatori professionisti, alcuni anche a livello agonistico, ma anche esperti di altre discipline, basate su abilità, velocità, fisicità, come le arti circensi o gli sport su ghiaccio, come l’hockey. Ha scritto il Guardian: “E’ una compagnia che fa qualcosa che nessun’altra fa, e che così facendo ti fa guardare con rinnovata meraviglia al corpo in movimento”.
Murmuration, lo spettacolo che presenta Le Patin Libre, si rifà a uno degli eventi più spettacolari della natura: le coreografie aeree degli storni, quando si riuniscono in nugoli prima delle migrazioni verso Sud. Murmuration è proprio il termine che indica il rumore, simile a un fitto mormorio, che il frullo delle ali di questi comunissimi e incredibili uccelli producono nei loro imperscrutabili volteggi. Come in un rituale benaugurante prima della partenza, questi stormi di uccelli disegnano traiettorie librandosi alti nei cieli, intrecciano figurazioni fantastiche scendendo in picchiata per virare bruscamente riacquistando quota in un battito d’ali. Uno spettacolo ipnotico per chi guarda e che i 15 straordinari danzatori di Le Patin Libre fanno rivivere sulla scena componendo complesse dinamiche di movimento in perfetto sincrono e, come se il movimento si propagasse da uno all’altro esattamente come in uno stormo, sembrano prendere letteralmente il volo scivolando fluidamente sul ghiaccio a velocità supersonica. Uno spettacolo da non perdere. In scena con Alexander Hamel, saranno i cofondatori e co-coreografi della compagnia Pascale Jodoin e Samory Ba, cui si aggiunge il nuovo solista David Billiau. A curare la particolare colonna sonora dello spettacolo il membro del gruppo Jasmin Boivin, per questo spettacolo in collaborazione con Philippe Le Bon.
In linea con i programmi educational messi a punto dal settore promozione della Biennale di Venezia per il Carnevale, Le Patin Libre attorno allo spettacolo Murmuration propone un fitto programma di workshop e feste danzanti su ghiaccio aperto a tutti.
Gallerie d’Italia Vicenza, mostra sulle acconciature femminiliMilano, 13 dic. (askanews) – Intesa Sanpaolo apre al pubblico dal 14 dicembre 2023 al 7 aprile 2024 alle Gallerie d’Italia – Vicenza la mostra Le trecce di Faustina. Acconciature, donne e potere nel Rinascimento, a cura di Howard Burns, Vincenzo Farinella e Mauro Mussolin. La mostra affronta per la prima volta con taglio monografico un aspetto fondamentale dell’arte, della cultura, della società e degli studi antiquari del Rinascimento: le acconciature femminili.
Attraverso una selezione circa 70 opere provenienti da importanti musei nazionali e internazionali, oltre che dalla collezione Intesa Sanpaolo, tra cui busti – da quelli imperiali a quelli rinascimentali – dipinti, sculture, monete antiche, medaglie moderne, disegni, volumi a stampa, l’esposizione ricostruisce il mondo affascinante e complesso delle capigliature del Quattro e Cinquecento, le possibilità artistiche che hanno offerto e la loro importanza nella società e nella moda italiana. Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo, afferma: “Apriamo, nella cornice suggestiva di Palazzo Leoni Montanari, un progetto capace di sorprendere per la bellezza delle opere esposte e l’originalità del tema che le collega, portando a Vicenza capolavori dall’antichità al Rinascimento che ancora oggi offrono riflessioni attuali. La provenienza dei prestiti racconta il respiro internazionale dell’iniziativa e conferma il contributo della Banca, attraverso le Gallerie d’Italia, a impreziosire una città fortemente legata alla storia del nostro irrinunciabile impegno in cultura”.
Un podcast multilingue per la Collezione Peggy GuggenheimVenezia, 28 nov. (askanews) – Un podcast multiculturale per raccontare quattro opere della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia attraverso lo sguardo di persone con un passato migratorio chiamate ad avvicinarsi, con le loro storie e le loro voci a Boccioni, Kandinskij, Magritte e Mirò. È “C’era una volta”, progetto ideato dal museo in collaborazione con MILE, Museums and Innovation in Language Education dell’Università Ca’ Foscari e realizzato da studenti e studentesse provenienti dal Centro Provinciale Istruzione Adulti veneziano.
“È un progetto che funziona su vari livelli – ha detto ad askanews la direttrice della Collezione Guggenheim, Karole P.B. Vail – prima di tutto siamo sempre molto contenti di collaborare con l’università di Venezia, in particolare per un bellissimo progetto di inclusività. Credo che sia veramente molto bello e molto curioso poter imparare l’italiano nel museo, con il museo e con le sue opere”. Realizzato nell’ambito del programma di inclusione sociale “Io vado al museo”, il podcast è stato poi registrato, partendo dalle sensazioni suscitate dalle opere, negli studi di Radio Ca’ Foscari. “Sono venuti in museo – ci ha spiegato Michela Perrotta, coordinatrice dei programmi per scuole e il pubblico della Peggy Guggenheim – hanno osservato quattro opere d’arte e, partendo da queste quattro opere hanno inventato delle storie: le hanno raccontate, creando questo podcast, nelle loro lingue madri e ne è venuto fuori una cosa bellissima: quattro racconti plurilingue di quattro storie del tutto inventate quindi abbiamo fatto anche un esercizio di scrittura creativa, e queste storie possono essere ascoltate anche da altre persone straniere che si possono in qualche modo avvicinare alla Collezione Peggy Guggenheim grazie a questi racconti”.
Le storie sono state scritte e raccontate in italiano con incursioni nelle lingue madri dei narratori: albanese, arabo, azero, bangla, fiammingo, francese, inglese, italiano, pashto, portoghese, rumeno, spagnolo, tagalog, ucraino, urdu, ma anche napoletano e veneziano. “L’approccio che è stato adottato – ci ha detto Claudia Meneghetti, del MILE – Museums and Innovation in Language Education dell’Università Ca’ Foscari – è quello del translanguaging, che consiste nel portare dentro la classe, e in questo caso dentro il museo, una serie di pratiche che già accadono fuori nel mondo, ed è semplicemente l’utilizzo di tutte le lingue che conosciamo mentre comunichiamo”. Lingue che in un certo senso restituiscono anche una possibile voce del museo, popolato di opere di artisti che venivano da culture e Paesi diversi e che adesso negli occhi e nelle parole delle persone ritrovano una dimensione viva e presente. Realmente contemporanea.
”L’Espressionismo del suono”, la mostra personale di Antonella BenanzatoRoma, 16 nov. (askanews) – Il suono come matrice e ricerca intrecciato al colore sono il substrato fondamentale delle opere di Antonella Benanzato, artista le cui opere sono in mostra nella personale dal titolo “L’Espressionismo del suono” che viene inaugurata il 18 novembre alle ore 18.30 allo Spazio Anna Breda Gallery in via San Fermo, 51 a Padova. Artista a tutto tondo, Benanzato oltre che pittrice informale, è anche musicista e compositrice. Le opere in mostra, la maggior parte inedite, rappresentano la sintesi di una ricerca tra musica colore e meditazione che da anni l’artista porta avanti in continua sperimentazione ed evoluzione. Antonella Benanzato ha esposto le sue opere in Italia, nelle principali capitali europee e negli Stati Uniti.
“La mia ricerca – racconta Antonella Benanzato – si muove in parallelo tra pittura, musica e stati non ordinari di coscienza, nel caso specifico la meditazione. Per me, da sempre, colore e musica sono tutt’uno. Ogni immagine, ogni colore per me ha un suono, ha una tonalità, una luce, una forma di movimento nello spazio…” Scrive ancora Antonella Benanzato spiegando la sua opera: “Il mio rapporto col colore e il suono è fondamento. Il colore attrae perché magnete di uno stato d’animo e di una particolare vibrazione mentale e sensoriale. La minore o maggiore sensibilità a un determinato spettro cromatico implica la sintonia di mente e corpo su una precisa frequenza e onda cerebrale. La musica e il suono viaggiano su di una gamma di vibrazioni e anche il colore stesso vibra. Ecco perché colore e musica riescono a influenzare la visione. In particolare, la musica nella sua combinazione di note è in grado di generare immagini che il cervello elabora. La pittura, quindi, è il tramite, il medium, attraverso il quale note musicali e colori varcano la dimensione percettiva più profonda. Nel dettaglio del colore infinitesimale si cela un microcosmo completo e indipendente simile, in qualche aspetto, a quello che interessa la struttura molecolare della materia e dell’atomo.Per dirla in termini semplicistici o forse azzardati, nel colore si potrebbe trovare traccia del nostro Dna mentale”.
Paolo Coltro nella sua introduzione al catalogo della mostra “Cromogonie – Ritratto del paesaggio interiore” che si è tenuta nel 2018, scrive: “Le tele sono grandi, grandi da non poter stare su un cavalletto. Così stanno per terra, come quasi tutto ciò che nasce, e sarà fisico questo movimento dell’esistere, dall’orizzontale fino ad essere in piedi e poi in alto. E’ un cammino lento e soprattutto simbolico, è la conquista della luce: prima elemento esterno che accarezza indistinta, poi via via catturata e intrappolata consapevolmente, parte di un corpo, circolazione sanguigna che lo rende vivo ai nostri sguardi. Non c’è, tutta quella luce, nella fase iniziale della nascita, ma la conquista man mano si annuncia, e l’artista apre strade a questa luce che sarà la voce finale, canto o urlo che sia. Queste tele ripercorrono la storia dell’evoluzione umana, la conquista della stazione eretta: in piedi diventano altro, raggiungono una personalità compiuta, agiscono. Su di noi”. E ancora: “Antonella Benanzato sovrappone ad uno strato primigenio di cementite (una base solida, niente increspature, niente flessibilità, quasi un muro) strati e strati di pittura, con colori ad olio. Un colore diverso ad ogni strato, che copre quello precedente. E’ un progetto sempre in divenire, possono passare settimane tra una mano e l’altra, e ogni volta l’aspetto è quello di un monocromo. Ma, sotto, si sta formando la miniera. Sarà anche tecnica, ma è un percorso cognitivo: prima di somma, poi di sottrazione. “All’inizio non so quale sarà il risultato finale», perché il lento crescere della creatività ha la sua esplosione nell’atto finale. Il quale atto finale è scavare, togliere, di fatto scoprire ciò che prima ad ogni passaggio si è celato. Ma perché la «scoperta», cioè la rivelazione, sia guidata dal pensiero occorre ben sapere quali siano le anime via via sovrapposte, e la loro forza e delicatezza, e la capacità di convivere e stare – finalmente sullo stesso piano – con altre anime. La pittrice toglie veli, in fondo è l’essenza di un transfert spirituale”.
Antonella Benanzato è pittrice astratta informale, musicista e giornalista professionista. Nella creazione dei suoi pezzi molto spesso di grandi dimensioni, Antonella impiega tecniche miste tra oli, pastelli ed inchiostri. Le sue tele sono caratterizzate da scrabbing come per intravedere cosa ci può essere sotto i muri passati e ripassati nel tempo.
Venezia, il catalogo come opera d’arte: una mostra al TeatrinoVenezia, 14 nov. (askanews) – I libri e l’arte; i cataloghi che a loro volta si trasformano in opere; la relazione tra editoria e avanguardia. Il Teatrino di Palazzo Grassi ospita una mostra intitolata “How to put art in a book” e curata da Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi, che dimostra come, negli ultimi sessant’anni, i mondi dell’arte e del design grafico si siano spesso incrociati e influenzati.
“Questa mostra di un po’ più di 50 opere, soprattutto libri – ha detto ad askanews il direttore di Palazzo Grassi, Bruno Racine – contiene dei pezzi quasi unici, ed è anche l’occasione per avere diversi punti di vista sui rapporti fra l’editoria e l’arte e anche di ammirare libri quelli di Yves Klein o Duchamp, che sono molto molto difficili da trovare”. Nel foyer del Teatrino, con allestimento di Massimo Curzi, si possono indagare le costanti intersezioni tra il catalogo e le opere, tra il libro e la sua valenza che va al di là dell’essere un oggetto solo editoriale.
“How to put art in a book – ha aggiunto la curatrice Irene Bacchi – è una selezione di 20 libri, sono dei cataloghi di mostra che, non in ordine cronologico hanno lo scopo di mostrare degli esempi di come poter inserire in maniera originale l’arta all’interno di un libro, quindi la nostra selezione è 20 modi originali di presentare un catalogo d’arte. Nel corso del tempo alcuni di questi sono diventati poi libri d’artista. Alla nostra selezione poi si aggiungono sei ospiti di cui due sono curatori, due designer e due artisti a completare una visione più generale di questa selezione di cataloghi”. Questi ospiti sono i curatori Luca Massimo Barbero e Salvatore Settis; i designer editoriali Irma Boom e Tony Brook e gli artisti AA Bronson e Taryn Simon, che nel proprio lavoro tengono in grande considerazione l’oggetto libro. Ciascuno di loro ha scelto una serie di titoli, per un totale di 37 volumi che vanno ad arricchire l’esposizione veneziana, aperta al pubblico fino a domenica 19 novembre.
The Demo Waro show: a Padova la bipersonale di Francesco De Molfetta e WaroPadova, 14 nov. (askanews) – Il Neopop italiano declinato in una bipersonale che vede protagonisti due esponenti di rilievo nazionale e internazionale della corrente artistica post warholiana: Francesco De Molfetta in arte Demo (il maestro) e l’allievo e enfant prodige Waro. A Padova arriva The Demo Waro show, ed è come se due rockstar della pop-art contemporanea salissero sul palco della città del Santo imbracciando chitarre elettriche che fanno ricadere una pioggia di watt vivificante. I due artisti rappresentano, cronologicamente, una continuazione nella ricerca artistica del manufatto pop. Il vernissage è fissato per venerdì 17 novembre alle 18.30 presso la galleria Giorgio Chinea Art Cabinet.
Due approcci differenti per un unicuum concettuale. Maestro e allievo si misurano sulla stessa lunghezza d’onda appropriandosi, ciascuno secondo la propria sensibilità, di un percorso che li ha visti uniti in una proposta artistica originale. Da un’idea di Demo e Waro, Giorgio Chinea Canale realizza la sua prima azione pubblica come performer, il gallerista verrà quindi “controcurato” dai due artisti nella sua “Penultima Performance”. “Con l’arrivo di Demo e Waro alla Giorgio Chinea Art Cabinet di Padova – spiega il curatore e gallerista, Giorgio Chinea Canale – assistiamo al ritorno di un grande autore nazionale del Neopop italiano in città: Demo, un divo, un asso nella manica. Waro, invece, incarna la fresca novità, il prodigio, l’astro nascente. ‘The Demo Waro Show’ è probabilmente la mia bipersonale più ardita e iconica”.
Per Giorgio Chinea Canale e il suo Art Cabinet la parola d’ordine è gioco, leggerezza come antidoto a un presente che stravolge e immobilizza. Il Neopop, invece, è colore, energia, ironia dello sguardo e percezione di un futuro possibile. “Demo e Waro sono due rockstar dell’oggettualità polisemica e della scena pop più surreale. A Padova ho voluto portare la mia ricerca continua orientata dal mio gusto personale che si esplica nella mia poetica e nella mia personale linea curatoriale. Sempre attenta alle dinamiche dei mercati e alla ricerca dei veri talenti. Sono un gallerista, non un mercante ma soprattutto sono il mio primo collezionista”. Ottimista con un faro sempre acceso sulle nuove tendenze, Chinea Canale fa appello a un nuovo corso per Padova e per l’arte italiana in generale. Dopo il buio pandemico del 2020, la luce deve invadere e pervadere una città dalle innumerevoli bellezze e potenzialità. “Fare il gallerista a 35 anni in una città di provincia italiana è stata la cosa più difficile”, ammette Chiena. Il giovane gallerista ha, però, in serbo nel suo arco una freccia che scoccherà veloce a Cortina d’Ampezzo dove curerà una grande mostra Neopop per il Museo Rimoldi. “Sarà un grande ritorno – annuncia – sto chiamando tutti i più grandi nomi della scena Neopop nazionale per una grande collettiva: Il NeoPop è il mio feticcio totale, fuoco sacro e passione come curatore, come esteta e infine come gallerista”.
Biennale Musica, strumenti che allargano lo spettro del suonoVenezia, 27 ott. (askanews) – Strumenti musicali inediti che si attivano da soli per generare quello che viene definito un “magma” musicale, prima che sulla scena arrivino dei performer in grado di dare un ordine, o per lo meno uno struttura, all’indistinto di quei suoni per ampliare lo spazio della musica e le sue possibilità. È lo spettacolo “Machines inside me” che Fabio Machiavelli ha presentato alla Biennale Musica nell’ambito del progetto College.
“L’inizio – ha spiegato Machiavelli ad askanews – è sempre un’idea musicale che io ho, sono diverse idee che io sto sviluppando negli anni, che mi sono accorto non era possibile sviluppare pienamente con degli strumenti ordinari o quelli più comunemente conosciuti, e anziché cercare di modificare quegli strumenti, a un certo punto ho deciso che il miglior compromesso era quello di andarmi a costruire degli strumenti personali che potessero produrre i tipi di sonorità e il tipo di controllo sul suono che serviva per i miei brani”. Il risultato è uno spazio sonoro complesso, a tratti disturbante nella sua stranezza, ma il più delle volte capace di trasmettere l’idea che il suono esiste, fa parte del mondo che abitiamo, della sua chimica profonda, in un certo senso. Il punto è la sua gestione da parte del compositore.
“L’obiettivo – ha aggiunto Machiavelli – è poter andare a controllare il suono in modi che di solito non è possibile. Questo perché solitamente gli strumenti sono costruiti per suonare all’interno della scala di note che produce il pianoforte. Quando provi ad andare al di fuori di questo schema diventa un po’ complicato e quindi chiedi uno sforzo ai performer. Costruendo gli strumenti è possibile semplificare la produzione di quei suoni che non sono all’interno di quei range specifici, di quelle scale specifiche”. Questo fa, in senso più largo e quando funziona al meglio, la Biennale di Venezia come istituzione: avvicina concetti culturali, ma anche politici ovviamente, che normalmente sono fuori dallo spettro percepito, li rende presenti, li rende reali. Ecco, questa misura di realtà che si concede a suoni – ma vale per moltissimi altri ambiti – inconsueti è il patrimonio da difendere, la partita da giocare perché la cultura possa incidere davvero su ciò che sta fuori dalle sale concerto o dagli spazi espositivi.