Salvi (Fruitimprese): per ortofrutta da Bruxelles cattive notizieRoma, 13 mar. (askanews) – Il comparto ortofrutta italiano ha sostanzialmente tenuto sui mercati internazionali, “nonostante un 2023 segnato dalla crescita dei costi di produzione e dal calo del potere di acquisto delle famiglie europee”, ma per il futuro preoccupano le crisi internazionali, e soprattutto il blocco nel Mar Rosso e le nuove regole europee sugli imballaggi.
Lo ha detto il presidente di Fruitimprese Marco Salvi, commentando i numeri del comparto elaborati sui dati ISTAT. “I problemi produttivi hanno lasciato spazio al prodotto importato premiando gli operatori che riescono a cogliere le opportunità di un mercato ormai globalizzato e molto competitivo”, ha detto, spiegando che però per il futuro preoccupano le crisi internazionali, in particolare il blocco del Mar Rosso con oltre 180 mila tonnellate di mele destinate ai Paesi asiatici costrette a rinunciare o a circumnavigare l’Africa, ma anche con ripercussioni per i nostri agrumi che dovranno misurarsi nei mercati con quelli turchi e egiziani che si stanno dirigendo in Europa. Inoltre, “da Bruxelles non giungono buone notizie sul fronte imballaggi, il compromesso raggiunto esclude la plastica per gli imballaggi di ortofrutta fresca non trasformata sotto 1,5kg di peso e lascia pericolosamente ad ogni Stato la possibilità di decidere quali prodotti escludere dal divieto. Inviare prodotto in Europa – ha proseguito – sarà un rebus, se poi consideriamo che l’imballaggio ortofrutticolo rappresenta solo l’1,5% del totale utilizzato per l’industria agroalimentare, ci chiediamo se qualcuno ha deciso che il nostro sia il solo settore deputato a sacrificarsi in nome di scelte puramente ideologiche”, ha concluso Salvi.
Bauli entra nel mercato dei gelati: accordo con la ligure Tonitto 1939Milano, 13 mar. (askanews) – Bauli entra nel mondo dei gelati. L’azienda dolciaria veronese e Tonitto 1939, azienda ligure specializzata in sorbetto e gelato senza zuccheri aggiunti, hanno siglato una partnership che nel 2024 porterà al lancio di nuovi prodotti frozen. Dalla collaborazione tra le due aziende nascono infatti i gelati al gusto panettone, pandoro e croissant all’albicocca in un pack in cartoncino.
La categoria dei gelati si conferma nel 2023 una delle più dinamiche e con la maggiore crescita del largo consumo confezionato un +11,9% rispetto allo scorso anno. Inoltre portare un brand in nuove categorie si conferma uno dei drivers più efficaci per creare valore proprio nella categoria dei gelati. Tonitto 1939 negli ultimi quattro anni ha registrato una crescita del 93%: è la prima azienda di gelati insignita del riconoscimento di marchio storico d’interesse nazionale dal ministero dello Sviluppo economico. Il gelato al pandoro e al panettone sono una rivisitazione della tradizione mentre per il gelato al croissant all’albicocca, Bauli e Tonitto 1939 insieme hanno reinventato la classica colazione italiana in gelato.
“L’obiettivo di Bauli è quello di espandere il proprio brand anche in altri settori del food e il mondo frozen, in particolare il gelato, che da diverse ricerche risulta essere consono ai nostri investimenti e strategia – sottolinea Fabio Di Giammarco, Ad di Bauli – Per questo siamo particolarmente soddisfatti di avviare insieme questa partnership e questo nuovo progetto con Tonitto 1939, una storica family company di successo e riconosciuta eccellenza in Italia e all’estero, e siamo convinti che possa raggiungere grandi traguardi e stupire i consumatori che poi saranno chiamati ad assaggiare i nuovi gelati”. “Siamo orgogliosi di poter affiancare in questa nuova avventura un brand come Bauli così consolidato e riconosciuto in Italia e nel mondo – spiega Alberto Piscioneri, general manager Tonitto 1939 – Una collaborazione prestigiosa che certifica quanto Tonitto 1939 abbia lavorato per aumentare la propria reputazione e riconoscibilità sul mercato e ottenere risultati sempre più di alto livello. I tre gelati che abbiamo prodotto e che saranno disponibili dalla prossima estate uniscono la qualità e la passione di due aziende che da sempre fanno puntano su qualità e italianità”.
In 2023 export italiano ortofrutta +9,1% a 5,8 mld, import +13,6%Roma, 13 mar. (askanews) – Un 2023 che ha toccato il record del valore delle esportazioni italiane di ortofrutta fresca, in crescita del 9,1% rispetto al risultato dell’anno precedente. I dati Istat appena diramati evidenziano un valore esportato di 5,780 miliardi di euro contro poco meno di 5,3 miliardi del 2022, in controtendenza le quantità esportate che calano di poco meno di un punto percentuale, lo 0,9% con un dato di 3,483 milioni di tonnellate. Sono le elaborazioni di Fruitimprese, l’associazione che riunisce oltre 300 imprese ortofrutticole italiane. Tra le voci dell’export, male la frutta fresca, in calo del 7% a causa della crisi produttiva: le pere hanno perso il 40% dei volumi e dei valori esportati, l’uva da tavola scende del 13,58% in quantità ma cresce dell’12,82% in valore
Cresce a due cifre anche l’import, che segna un +13,6% in volume e un +15,7% in valore. Ne risente pesantemente la bilancia commerciale che vede ridursi il saldo a poco più di 543 milioni di euro, in calo del 29,7% rispetto al dato del 2022. Molto significativo il deficit delle quantità: se nel 2022 avevamo importato circa 700 tonnellate in più di quanto esportato, nel 2023 il divario sale a oltre 500.000 tonnellate segnando uno storico record negativo.
Analizzando i singoli comparti, l’Italia esporta più tuberi, ortaggi e legumi che realizzano un +8,7% in quantità e un +18,4% in valore, bene anche gli agrumi con +9,9% in valore e +19,3% in valore. Dati non positivi per la frutta fresca che risente della crisi produttiva di pere e frutta estiva e che vede ridursi i volumi esportati del 7% a fronte però di un interessante volume di oltre 3 miliardi di euro di valore in crescita del 6,1%.
Lollobrigida: Green Deal? No regole draconiane contro agricoltoriRoma, 13 mar. (askanews) – “Il problema è che se si mettono regole draconiane che costringono i nostri agricoltori o allevatori a ridurre la produzione, a fronte di un consumo che rimane invariato, inevitabilmente si finisce per importare da Paesi che usano sistemi produttivi ancora più impattanti per l’ambiente”. Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, intervistato dal Messaggero a proposito del Green Deal europeo.
Secondo il ministro, il rischio “è che il cibo venga usato come arma di guerra, basta vedere quello che sta accadendo a causa della Russia o nel Mar Rosso con gli Houti. Come Italia intanto abbiamo raggiunto due obiettivi: il 100% di presenze all’Agrifish, nelle riunioni tra ministri. E il fatto che nel Consiglio Ue del 21 e 22 marzo l’Agricoltura è tra i quattro punti all’ordine del giorno. Terzo – ha concluso – nel piano Mattei c’è un capitolo dedicato proprio alle produzioni sostenibili, senza rinunciare alla qualità. Bisogna tornare all’idea dei padri fondatori dell’Europa: sostenibilità di cui l’agricoltore di fa garante e difesa delle attività agricole”.
Mar Rosso, Alemanno (Bolton food): ritardi e rincari in approvvigionamentiMilano, 12 mar. (askanews) – La crisi del Mar rosso, con l’allungamento delle rotte e l’aumento dei costi dei noli, preoccupa molte aziende dell’agrolimentare. Tra loro c’è Bolton food, gruppo noto per marchi come Rio Mare, che è alle prese con le difficoltà di approvvigionamento di una materia prima come il tonno. “La nostra industria si basa sul trasporto di pesce da una parte all’altra del mondo – ha detto ad askanews l’amministratore delegato di Bolton food e Tri Marine – Oggi le rotte si sono allungate molto e questo vuol dire incidere sui costi di trasporto di parecchie centinaia di dollari a tonnellata. In questo momento noi abbiamo non soltanto un ritardo di approvvigionamenti ma anche un aggravio dei costi”.
La situazione che si è creata nel mar Rosso sta mettendo in difficoltà l’economia globale: secondo PortWatch gli attacchi alle navi commerciali hanno spinto le compagnie di navigazione a deviare il traffico lontano da quella rotta, dove transita circa il 15% dei volumi del commercio marittimo globale. “Noi trasportiamo il pesce della zona West Pacific anche nella parte Est Pacific, questa situazione ora ci costringe a circumnavigare con tutta una serie di problemi – prosegue Alemanno – Per esempio approvvigionare la fabbrica del Marocco oggi è diventato molto più complicato rispetto al passato. Ma la stessa cosa capita, per altre ragioni, nel Canale di Panama dove siccità e comunque anche l’incremento del traffico porta dei ritardi e dei costi aggiuntivi” C’è quindi un rischio concreto per l’approvvigionamento della materia prima? “C’è un un lead time (tempi di consegna, ndr) che si allunga – conferma Alemanno – e questo porta a rivedere tutta la catena della supply chain, con l’incremento degli inventari e con delle logiche di pianificazione molto più complicate”. Oltre ai rincari dei noli, l’industria delle conserve ittiche fa i conti con la corsa del prezzo dell’olio d’oliva. Secondo i dati Eurostat, nell’Unione europea i prezzi dell’olio d’oliva sono cresciuti del 50% a inizio 2024, con l’Italia che registra un +45%. A fronte di questi aumenti Alemmano esclude “la sostituzione dell’olio d’oliva con altri oli”. “Non avverrà – assicura – Noi siamo fedeli alla nostra promessa di un prodotto che si basa su caratteristiche dell’olio d’oliva molto elevate. Quello che abbiamo fatto, accanto alla nostra tradizionale offerta, è stato aggiungere, ormai da quattro anni, una proposta che si chiama ‘filo d’olio, che riduce sensibilmente la quantità di olio, anche in virtù del fatto che il consumatore per la maggior parte lo butta via. È una formula particolare, con delle soluzioni tecnologiche che servono a sostituire olio con gas inerti e che rendono il prodotto molto più semplice da utilizzare”.
Lo scorso anno i rincari delle materie prime si sono tradotti in un aumento dei prezzi finali al consumatore che hanno, a loro volta, penalizzato le aziende sul fronte dei volumi. “Per noi il 2023 è stato un anno complicato, così come sono stati gli anni successivi alla pandemia. La nostra industria utilizza metalli, carta, olio d’oliva, di pesce e tutti sono stati impattati” dalla congiuntura economica, ha osservato Alemanno. “Noi l’inflazione l’abbiamo subita tutta e su tutti i fronti. È chiaro che non siamo riusciti a trasferire la stessa inflazione al consumo. I prezzi sono aumentati per ovvie ragioni, su tutto il panorama del fast moving e questo ha comportato evidentemente anche una riduzione di volumi, perché c’è un processo di down trading dei consumi e di trade off da parte del consumatore che è visibile sui numeri del fast moving”. A fronte di un mercato delle conserve ittiche in Italia che ha registrato “cali di volume tra il 5 e il 7%, noi siamo allineati”. Ma assicura l’ad non c’è stata speculazione: “E’una domanda difficile alla quale rispondere – afferma ma rispondo con tutta onestà: non è il nostro caso”.
Emissioni, Copa Cogeca: per 7 voti minate speranze agricoltori UeRoma, 12 mar. (askanews) – Appena 7 voti hanno minato le speranze degli agricoltori europei in una decisione giusta da parte del Parlamento europeo sulla direttiva Emissioni. Così il Copa e la Cogeca che stamattina hanno manifestato davanti al Parlamento europeo dove i deputati hanno votato per l’ultima volta sul compromesso risultante dal trilogo sulla direttiva sulle emissioni industriali (IED).
Se 7 eurodeputati avessero spostato il loro voto per sostenere una serie finale di emendamenti, spiegano i sindacati degli agricoltori europei, la direttiva IED avrebbe avuto la possibilità di essere “finalmente resa ragionevole per tutti i modelli agricoli”. Con 306 voti favorevoli e 293 contrari, invece, il Parlamento europeo ha deciso di non modificare il testo risultante dal compromesso del trilogo, “inviando un segnale storico ai tradizionali settori produttivi europei”. Per il Copa e la Cogeca, l’esito finale del voto sulla direttiva sulle emissioni industriali è particolarmente deludente “perché il testo risultante è ingiusto nei confronti di migliaia di allevamenti familiari di suini e pollame”.
Di fronte a questa situazione la Commissione europea, per voce del commissario Virginijus Sinkevicius, si è già impegnata formalmente davanti alla plenaria europea affinché la revisione del 2026 vada verso una scissione della direttiva in due diversi strumenti legislativi, l’agricoltura da una parte e l’industria dall’altra. Inoltre, la Commissione impegnata nella valutazione di un nuovo approccio riguardo ai prodotti importati e nella ricerca di finanziamenti adeguati per garantire la transizione.
Olive Ficacci nel 2023 cresce del 15% a 34 mln, Usa secondo mercatoMilano, 12 mar. (askanews) – Ficacci, azienda di Castel Madama alle porte di Roma, specializzata nella produzione di olive, ha chiuso il 2023 con un fatturato di 34 milioni di euro, in crescita del 50% rispetto al 2020 e del 15% rispetto al 2022. L’export sfiora oggi una quota del 20% sulle vendite e una presenza che si estende su oltre 30 Paesi. Fuori dai confini nazionali, sono gli Stati Uniti il mercato principale con una quota del 45% delle esportazioni complessive ma si affacciano anche Giappone, Cina e Medio Oriente.
La crescita del 2023, a livello di canali, è legata alla grande distribuzione, che pesa per il 52% sul volume di affari e che nel 2023 ha registrato un incremento del 10%, grazie all’acquisizione di nuove quote di mercato, che si sommano ai contratti sottoscritti negli scorsi mesi. Nel segmento horeca, l’azienda romana ha registrato un aumento del 20% sul fatturato complessivo, non ultima la forte crescita all’interno dell’industria alimentare che vanta +43% rispetto al 2022. Ficacci opera in un mercato, quello delle olive da tavola che è un vero food trend globale, secondo l’Unione italiana famiglie olearie, con una produzione mondiale progressivamente triplicata negli ultimi trent’anni, in cui l’Italia rientra tra i primi 7 player del settore. “Grazie all’innovazione, alla qualità e alla componente sostenibile dei nostri prodotti, abbiamo riscritto i parametri di consumo della nostra categoria, commenta Romeo Ficacci, Ad e presidente del cda – Da anni proponiamo un prodotto premium naturale senza additivi e conservanti presentato in vaschette di carta certificata Fsc che riducono dell’85% l’utilizzo della plastica, asset vincenti in mercati dove i consumatori sono sempre più sensibili alla qualità, alla provenienza della materia prima e all’impatto ambientale”.
L’azienda di Castel Madama gode di un ottimo posizionamento anche in Paesi dove l’oliva è di casa come Spagna, Grecia e Portogallo, così come nel Nord Europa, in Sud Africa e in Sud America, che annovera la Colombia come ultimo mercato raggiunto nel primo trimestre 2024. Oggi Ficacci lavora dalle 20 alle 25 tonnellate di olive al giorno, stagionando, trasformando e confezionando cultivar italiane, greche e spagnole attraverso un impianto produttivo di 12 linee semi-automatiche, che rispondono ai più elevati standard tecnologici e di sicurezza alimentare.
Assobibe: bene Meloni su fisco, confidiamo in cancellazione sugar taxMilano, 12 mar. (askanews) – “Condividiamo le parole della premier: lo Stato deve mettere le aziende e i lavoratori nelle migliori condizioni possibili per creare ricchezza, e siamo felici di sentire che il governo conferma di non voler vessare le imprese”. Così il Presidente di Assobibe, Giangiacomo Pierini commentando le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Trento per la cerimonia di firma dell’Accordo per lo sviluppo e la coesione tra il Governo e la Provincia autonoma di Trento, parlando di recupero dell’evasione fiscale. Il presidente dell’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche in Italia ha ricordato che le imprese produttrici si troveranno presto a dover fare i conti con due nuove tasse: la plastic e la sugar tax. Quest’ultima, in particolare, incrementerà la fiscalità del 28%, con una contrazione attesa del mercato del 16%, un conseguente calo degli acquisti di materia prima nazionale calcolato in oltre 400 milioni di euro, un freno degli investimenti di 46 milioni di euro e oltre 5 mila posti di lavoro a rischio.
“Siamo l’unico settore ad avere in arrivo due tasse aggiuntive previste per il prossimo primo luglio: una situazione sempre meno sostenibile che provoca enormi incertezze per il comparto, oltre che per la filiera – dichiara Pierini – Confidiamo nella loro cancellazione, affinché le aziende siano messe in condizione di programmare e investire, continuando a produrre valore”.
Fedagripesca: Emissioni, da parte del Pe attenzione agricolturaRoma, 12 mar. (askanews) – “Chiamato a ratificare di fatto un accordo già raggiunto nei mesi scorsi, una parte del Parlamento europeo ha mostrato attraverso la votazione di oggi di avere attenzione alle esigenze del settore agricolo europeo. Va evidenziato che solo per una manciata di voti non si è potuto procedere alla votazione di emendamenti che avrebbero potuto migliorare il testo a beneficio di tutto il sistema agricolo”. Con queste parole il presidente di Confcooperative Fedagripesca Carlo Piccinini commenta il voto in plenaria oggi a Strasburgo sul testo sulle Emissioni Industriali, il cosiddetto dossier IED.
“Il risultato ha confermato sostanzialmente – ha dichiarato Piccinini – quanto emerso dal trilogo finale, ovvero soglie di applicazione più basse per il settore avicolo e suinicolo rispetto alla normativa attualmente in vigore e, quindi, un impatto negativo con un aumento degli oneri amministrativi ed economici. Inoltre, per il settore dei bovini ci sarà una clausola di revisione nel 2026, la quale potrebbe potenzialmente includerli nel campo di applicazione della normativa”.
D’Eramo: con ok direttiva Emissioni da Ue altro colpo a zootecniaRoma, 12 mar. (askanews) – “In Europa si continua a scegliere l’ideologia invece del buonsenso. Vengono penalizzati due settori, quello suinicolo e quello avicolo, con l’unica conseguenza di danneggiare produttori europei ed italiani e con il rischio, domani, di essere costretti a importare da paesi che fanno molto peggio in termini di inquinamento, rispetto del lavoro e standard di sicurezza alimentare. Un’occasione persa e un altro colpo alla zootecnia”. E’ quanto afferma in una nota il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo, commentando l’approvazione da parte del Parlamento europeo dell’accordo sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali.
“Bene aver escluso le emissioni derivanti da allevamento di bovini – continua il sottosegretario – ma la direttiva avrà impatti negativi sulle imprese suinicole e avicole che dovranno fare i conti con un aumento di burocrazia e perdita di competitività, a danno di allevamenti anche di medie dimensioni, senza che da questo derivino effettivi benefici per l’ambiente. È sempre più urgente una clausola di reciprocità così da garantire che i produttori extra Ue soddisfino gli stessi requisiti previsti per gli Stati membri. Lavoriamo perché si inverta la rotta e queste eurofollie restino solo un ricordo”, conclude D’Eramo.