Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Alleanza Coop Pesca: da Regolamento Controlli Ue rischio paralisi

Alleanza Coop Pesca: da Regolamento Controlli Ue rischio paralisiRoma, 10 ott. (askanews) – “Si tratta di un regolamento che aggrava i pescatori di ulteriori oneri burocratici, pieno di deroghe e di soluzioni che colpiscono anche la piccola pesca ma, soprattutto, destinato a creare un quadro giuridico assolutamente confuso nonostante gli inviti ripetuti anche della Corte dei conti europea a disegnare un sistema efficace, dissuasivo e soprattutto che non crei disparità di trattamento tra Stati membri”. Così l’Alleanza delle Cooperative Pesca e Acquacoltura sulla proposta di regolamento della Comunità Europea passata ora all’esame della plenaria del Parlamento europeo che lo voterà la prossima settimana.

“Il compromesso raggiunto in fase di trilogo sulla proposta di modifica del vigente regolamento sui controlli contiene numerose norme che vanno nella direzione opposta della semplificazione e sono evidentemente ispirate da un forte pregiudizio nei confronti della pesca e dei pescatori”, prosegue l’Alleanza che punta il dito, tra le altre norme, sull’obbligo di telecamere a bordo anche per le imbarcazioni di medie dimensioni. “In questi anni le nostre imprese di pesca hanno dovuto fare i conti con la pandemia, la guerra che ha fatto lievitare i costi energetici, facendo registrare chiusure e fuoriuscita di lavoratori. Ma anche un iper burocrazia, come quella delineata dal regolamento sui controlli, rischia di avere gli stessi effetti”, conclude l’Alleanza.

Nomisma: con Sugar Tax in 2024-25 fino -15,6% consumi soft drink

Nomisma: con Sugar Tax in 2024-25 fino -15,6% consumi soft drinkRoma, 10 ott. (askanews) – In uno scenario che nel 2023 è già estremamente delicato e complicato per quanto riguarda i soft drink, l’entrata in vigore il primo gennaio 2024 della sugar tax potrebbe avere un effetto esplosivo. I consumi di bevande analcoliche potrebbero infatti subire una ulteriore flessione, vista l’elevata sensibilità dei consumatori italiani al fattore prezzo. E, nel caso l’applicazione dell’imposta venisse confermata, i consumi di soft drink nel biennio 2024-2025 potrebbero arrivare a segnare un calo compreso tra il -12,4% e il -15,6%, con un impatto pesantissimo sull’intera filiera.

È quanto emerge dallo studio su “Il mercato dei soft drinks in Italia: scenari evolutivi 2023-2025 tra incertezze e rischio sugar tax”, realizzato da Nomisma per Assobibe, l’associazione italiana industrie bevande analcoliche. Al contempo, togliendo liquidità alle imprese, la nuova imposta contribuirebbe a ridurre la propensione ad investire: -46 milioni di euro è la stima del calo degli investimenti da parte delle imprese produttrici nel biennio 2024-25.

Oltre ad un effetto sugli investimenti, si prevede anche un impatto per i fornitori di materie prime: la riduzione della domanda di bevande analcoliche sul mercato nazionale porterebbe a una riduzione dei volumi prodotti e, dunque, a un minore impiego e acquisto di materie prime funzionali al ciclo produttivo stimato nell’ordine dei 400 milioni di euro di acquisti nel 2024-25. Infine, la Sugar Tax avrebbe un impatto anche sull’IVA legata alle vendite di soft drinks sul mercato italiano. Nello specifico, secondo lo studio se venisse introdotta, nel biennio 2024-25 si stima una riduzione del gettito legato pari a 275 milioni di euro rispetto ai valori previsti in uno scenario senza imposta sullo zucchero.

Bevande analcoliche, Nomisma stima 2023 a -5,4% vendite a volume

Bevande analcoliche, Nomisma stima 2023 a -5,4% vendite a volumeRoma, 10 ott. (askanews) – Dopo un 2022 che lasciava sperare in una possibile ripresa, nel 2023 il mercato delle bevande analcoliche in Italia si sta caratterizzando per una decisa frenata dei consumi, con una contrazione delle vendite a volume che a fine anno potrebbe toccare un -5,4% rispetto al 2022 nel caso di un forte aggravarsi dello scenario macro-economico nazionale. È quanto emerge dallo studio su “Il mercato dei soft drinks in Italia: scenari evolutivi 2023-2025 tra incertezze e rischio sugar tax”, realizzato da Nomisma per Assobibe, l’associazione italiana industrie bevande analcoliche.

L’analisi prodotta da Nomisma prevede per l’anno in corso un calo del mercato dei soft drinks pari a -2,3% rispetto al 2022, con prospettive di lieve ripresa nel 2024-2025 a fronte di una congiuntura economica meno incerta e più favorevole e di una ripresa del turismo In caso, invece, di un inasprimento del conflitto in Ucraina, che potrebbe portare a una recessione economica e a una nuova accelerata dell’inflazione (scenario avverso), la contrazione del mercato sarebbe destinata ad accentuarsi ulteriormente a causa di un calo dei consumi che nel 2023 sarebbe destinato ad essere ben maggiore e pari a -5,4%.

Per altro, nel 2022 i volumi pro-capite consumati in Italia erano stati pari a 31,9 litri, inferiori rispetto al passato (erano 34,4 litri per persona nel 2012) e restano tra i più bassi in Europa. A pesare sui consumi alimentari degli italiani, inclusi quelli di bevande analcoliche, sono la congiuntura economica non favorevole e l’elevata inflazione. A causa del carovita, il 92% degli italiani ha modificato le proprie abitudini di spesa alimentare e la metà sta concentrando gli acquisti sui prodotti considerati indispensabili. Tra le categorie alimentari per le quali le famiglie hanno iniziato a ridurre la spesa, figurano ai primi posti anche i soft drinks.

A conferma di questa tendenza, nel primo quadrimestre 2023 le vendite di bevande gassate nella Distribuzione Moderna hanno segnato un -1,3% a volume, mentre quelle piatte hanno mostrato nel medesimo periodo un calo meno marcato (-0,5%). Nel prossimo futuro sul mercato nazionale dei soft drinks pesano quindi diverse incognite, spiega Nomisma, tra le quali l’incertezza dello scenario macro-economico, l’inflazione ancora elevata, il significativo aumento dei costi, la frenata dei consumi da parte delle famiglie e, non ultimo, la possibile entrata in vigore della cosiddetta sugar tax varata nel 2019 e reiteratamente rinviata.

Ue, Lollobrigida: bene riduzione fitofarmaci nel 2035

Ue, Lollobrigida: bene riduzione fitofarmaci nel 2035Roma, 10 ott. (askanews) – “Il dimezzamento dell’uso dei pesticidi nel 2035, invece che nel 2030, deciso dalla Commissione Agri, rappresenta un ulteriore passo per difendere le eccellenze agroalimentari italiane”. Così in una nota il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida rispetto al parere espresso ieri dalla Commissione Agricoltura presso il Parlamento Europeo, che con 26 voti a favore, 3 astenuti e 9 contrari ieri ha espresso un parere sulla proposta di Regolamento della Commissione Europea sull’uso sostenibile dei fitofarmaci, introducendo obiettivi di riduzione dei pesticidi flessibili al 2035 anzichè al 2030.

“Grazie al lavoro svolto dagli europarlamentari italiani di diversi schieramenti, è stato approvato, come auspicavamo da tempo, un calendario più realistico per attuare una riduzione che sia compatibile con la produzione – commenta Lollobrigida – Gli obiettivi che ci siamo dati rispetto alla sostenibilità ambientale non sono mai stati in discussione, ma i tempi e i modi devono essere ragionevoli. La sicurezza ambientale, energetica e la sovranità alimentare devono essere sempre garantite”. “Dobbiamo continuare a investire nella ricerca e sulle tecniche evolutive – conclude il ministro – per avere colture resistenti e di qualità. Difendiamo il Sistema Italia, simbolo di eccellenza nel mondo e tuteliamo il nostro sistema agricolo che rappresenta un paradigma di sostenibilità da esportare in tutto il mondo”.

Ue, De Castro: voto su pesticidi, pragmatismo prevale su ideologia

Ue, De Castro: voto su pesticidi, pragmatismo prevale su ideologiaRoma, 10 ott. (askanews) – Soddisfazione per il voto con cui ieri il Parlamento Europeo, con 26 a favore, 3 astenuti e 9 contrari, ha approvato la posizione Comagri con obiettivi di riduzione dei pesticidi flessibili al 2035. A esprimerlo è Paolo De Castro, membro della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, secondo cui il voto “dimostra come quando il confronto si concentra sul merito delle questioni, superando posizioni ideologiche e polarizzazioni inutili, si possono raggiungere accordi pragmatici e in grado di trovare un equilibrio tra i tre livelli di sostenibilità: ambientale, scoiale ed economica”.

“Un approccio pragmatico – spiega De Castro in una nota – che, data l’impossibilità di arrivare a un rigetto della proposta, ha portato a prevedere un calendario più realistico, con l’obiettivo di una riduzione del 50% a livello Ue dell’uso dei pesticidi fissato per il 2035. Non solo – prosegue l’eurodeputato PD – gli Stati membri ottengono un certo margine di flessibilità, con target di riduzione obbligatori a livello nazionale del 35%”. I negoziati guidati da Clara Aguilera, capogruppo S&D in Commissione Agricoltura, hanno portato “a un cambiamento del periodo di riferimento per il calcolo della riduzione – spiega l’eurodeputato PD – che tiene meglio conto degli sforzi già fatti da alcuni Stati membri, in particolare l’Italia, nella riduzione dell’uso di fitofarmaci: basti pensare che dal triennio 2011-2013 (nuova base di calcolo) ad oggi, i nostri agricoltori hanno già ridotto di oltre il 20% l’utilizzo della chimica. Tutto ciò, insieme alla clausola di revisione che ne valuterà la fattibilità, rende più realistico e raggiungibile l’obiettivo al 2035, ma solo se accompagnato da un importante sforzo in innovazione, che metta a disposizione alternative concrete per contrastare le fitopatie, a partire dalle TEA, le nuove biotecnologie sostenibili”.

Efsa: vaccinazione preventiva per ridurre aviaria in pollame

Efsa: vaccinazione preventiva per ridurre aviaria in pollameRoma, 10 ott. (askanews) – La vaccinazione preventiva è la strategia di vaccinazione ottimale per ridurre al minimo il numero di focolai e la durata dell’epidemia e dovrebbe essere condotta nelle specie di pollame più sensibili e infettive nelle aree ad alto rischio di trasmissione. E’ quanto si legge in una comunicazione dell’Efsa, che ha valutato i vaccini disponibili e la loro efficacia contro il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nel pollame e ha fornito consigli sulle possibili strategie di vaccinazione.

Per aumentare la protezione, spiega l’Efsa, è possibile ricorrere a somministrazioni multiple (ovvero vaccinazioni di richiamo). In caso di epidemia, si raccomanda la vaccinazione protettiva di emergenza in un raggio di 3 km dall’epidemia in aree ad alto rischio di trasmissione. Ovviamente, l’efficacia del vaccino dovrebbe essere monitorata per tutte le strategie vaccinali. La vaccinazione, precisa ancora l’Efsa, dovrebbe integrare e non sostituire altre misure preventive e di controllo, come il monitoraggio delle infezioni negli uccelli, la diagnosi precoce e la biosicurezza, ed è raccomandata come parte di un approccio integrato di controllo delle malattie.

Vino, Nicoletto: 2023 di grande correzione dopo due anni di euforia

Vino, Nicoletto: 2023 di grande correzione dopo due anni di euforiaMilano, 9 ott. (askanews) – “Definirei il 2023 l’anno della grande correzione, arriviamo da un 2021 e un 2022 di euforia, in parte trasferitesi nel 2023 per quanto rigurda il ‘fuori casa’, ma assente nell’off trade’, dove l’impatto dell’inflazione è stato molto forte e ha creato una contrazione dei consumi significativa non solo in Italia ma in tutto il mondo. Questa contrazione dei consumi sta portando anche ad una forte fase di ‘destocking’ in alcuni mercati di riferimento per il nostro Paese, come Stati Uniti, Canada e Cina. Una fase che probabilmente dopo il primo semestre ha incominciato a scemare ma che ha impattato fortemente sulle spedizioni all’estero di tutto il sistema Paese. Parlo di estero perché in Italia invece il problema dell’accumulo di scorte non è così marcato. Lo ha detto ad askanews Ettore Nicoletto, presidente e Ceo di Angelini Wines & Estates e vicepresidente di Federvini, intervenuto questa mattina a “Casa Masaf” a Milano per un incontro nell’ambito della “Wine Agenda” organizzato da Federvini alla “Milano Wine Week”.

“Dunque il 2023 è un anno difficile, anche perché non credo che vedremo dei grandi miglioramenti nell’ultimo trimestre, ma che ritengo dobbiamo accettare perché nel 2021 e 2022 abbiamo ottenuto sicuramente molto di più di quanto ci si potesse aspettare” ha proseguito Nicoletto, sottolineando “quindi credo che dovremo fare una media tra 2021-22-23 per capire come siamo usciti dallo choc pandemico”. In una situazione complessa come l’attuale, è certamente difficile pensare ad un’inversione di tendenza per il mercato del vino nel 2024 e infatti, al momento, le previsioni sono piuttosto fosche. “Fintanto che i tassi rimangono così alti e si susseguono eventi che destabilizzano il quadro geopolitico (la guerra in Ucraina e l’attacco di Hamas in Israele), c’è un quadro di incertezza che non può non impattare sul ‘sentiment’ degli operatori economici” ha aggiunto Nicoletto parlando con askanews, ricordando inoltre che “in quanto bene voluttario, il vino paga di più rispetto ad altre merceologie”.

“Mi aspetto quindi che il 2024 sia un anno di sacrificio: dovremo lavorare molto sull’efficienza e sull’ottimizzazione dei costi, per cercare di controbilanciare un altro anno di difficoltà sul piano della ‘top line’ e quindi della crescita dei ricavi” ha proseguito il manager, sottolineando che la situazione si complicherebbe ulteriormente “se perdura l’inflazione e sopratutto se continua questa politica molto restrittiva sui tassi di interesse, che soprattutto per chi ha un indebitamento finanziario alto pesano tantissimo”. “Nel settore del vino ci sono parecchie realtà che sono fortemente patrimonializzate, che hanno dovuto fare sforzi importanti dal punto di vista finanziario e che si trovano oggi due volte gli oneri finanziari rispetto a un anno fa” ha continuato, concludendo che “poi c’è tutto il tema del circolante e anche quello va gestito con oculatezza”.

Pera dell’Emilia Romagna Igp: raccolto -70% rispetto al 2022

Pera dell’Emilia Romagna Igp: raccolto -70% rispetto al 2022Roma, 9 ott. (askanews) – Raccolto in calo del 70% rispetto al 2022 per una stagione da allarme rosso per il comparto della pera dell’Emilia Romagna Igp. A raccolto appena concluso, infatti, la situazione si sta rivelando anche peggiore rispetto alle più prudenti previsioni formulate lo scorso luglio.

Secondo i dati di UNAPera, la più grande associazione europea di pere, che riunisce oltre 5.000 aziende agricole su più 8.500 ettari, pari in media al 70% della produzione dell’Emilia Romagna, quest’anno ci sono appena 30.000 tonnellate di prodotto per il consumo fresco, pari a un terzo di quelle dello scorso anno, quando la raccolta si era attestata a quota 90.000 tonnellate. Per questo, il Consorzio di Tutela della Pera dell’Emilia Romagna IGP ha deciso di stringere una partnership con il mondo della distribuzione per qualificare al meglio il prodotto disponibile attraverso attività di comunicazione in store, accompagnata dalla campagna stampa e tv “Pera dell’Emilia Romagna IGP. Un’eccellenza da salvare”.

Il calo della produzione, soprattutto in Emilia Romagna, è un trend che in questi ultimi anni è andato consolidandosi, complice innanzitutto la riduzione degli ettari coltivati: dai 18.500 del 2017 si è passati agli attuali 12.000. Una flessione dettata dalle difficoltà tecniche legate a questa coltivazione, indotte in gran parte dalle avversità climatiche. Quest’anno il settore ha risentito negativamente di tre fattori: a primavera le gelate tardive, da Reggio Emilia a Ravenna; in maggio, l’alluvione in Romagna, soprattutto nella zona di Ravenna ma anche nella provincia di Ferrara; la siccità e le grandinate a macchia di leopardo, durante l’estate. Fenomeni che hanno portato ulteriori conseguenze: insetti alieni come la cimice asiatica, che vengono da lontano e ben si adattano alle nostre condizioni; malattie fungine e batteriosi anch’esse alimentate da condizioni favorevoli e piante già debilitate.

Il crollo delle rese si riflette sulla remunerazione degli agricoltori. UNAPera spiega che lavorerà per liquidare ai pericoltori un valore medio-alto per unità di prodotto, sia per il fresco che per il prodotto destinato all’industria. Ma nonostante questo, il totale per ettaro sarà ovviamente poco più di un terzo rispetto al 2022, poiché risentirà del calo produttivo, per un totale che per l’associazione si attesterà su poco più di 30 milioni di euro, quasi il 70% in meno rispetto ai poco meno di 100 dello scorso anno. Una contrazione, si spiega in una nota, che genera difficoltà per chi lavora nei campi e rende ancora più difficile realizzare quegli investimenti tecnologici per tutelarsi nel futuro da situazioni analoghe a quelle registrate, esponendo nuovamente le coltivazioni ai rischi nelle prossime stagioni. Un’eventualità che potrebbe favorire l’abbandono della pericoltura, da scongiurare in ogni modo ma da non escludere a priori.

Produzione europea mais, atteso calo 10%. In Italia cresce del 2%

Produzione europea mais, atteso calo 10%. In Italia cresce del 2%Roma, 9 ott. (askanews) – Una campagna 2023-24 del mais complicata in tutto il mondo e soprattutto in Europa, a causa del conflitto in Ucraina, che resta uno dei maggiori fornitori di mais per i Paesi della UE: è atteso un decremento del 35% per le esportazioni maidicole da Kiev. Inoltre, al mancato accordo sul grano tra Russia e Turchia, che ha creato ulteriore incertezza, si aggiungono il perdurare della crisi idrica ed i rincari energetici. Ciò spiega perché gli agricoltori europei hanno puntato su soia e grano duro: nel periodo 2023-24 la superficie dedicata al mais calerà del 7% e la produzione sarà inferiore del 10% rispetto agli ultimi 5 anni. Sono le stime di Ailma, che rappresenta in Assitol i produttori di farine maidicole e proteiche vegetali.

Per quanto riguarda l’Italia sul lavoro di agricoltori e aziende di trasformazione incidono i danni per gli eventi climatici estremi, dal caldo oltre la norma alle piogge alluvionali, ma anche i costi generali di produzione ancora sostenuti. La carenza di piogge ha favorito colture alternative al mais, che necessita di molta acqua, tuttavia in Italia si prevede un incremento del 2% della produzione, grazie soprattutto al mais giallo italiano. In America, invece, le prime stime sono decisamente più ottimistiche. Gli Stati Uniti hanno incrementato le superfici a mais del 9%, il Brasile del 2%, l’Argentina del 4%. Nonostante gli effetti del meteo estremo, che hanno inciso sulle rese, negli States la produzione aumenterà del 10%. Il Brasile registrerà invece una contrazione di circa il 4%, mentre l’Argentina vedrà crollare i suoi quantitativi di quasi il 60% a causa delle scarse rese per la siccità. Tuttavia, il consistente livello degli stock e l’ottima produzione statunitense stanno rafforzando la tendenza al ribasso delle quotazioni, registrata nelle ultime settimane.

Nel complesso, tuttavia, “la disponibilità di materia prima risulterà insufficiente – osserva Massimiliano Carraro, presidente di Ailma – e l’import sarà necessario per rispondere al fabbisogno dell’industria. Le incognite sono tante, ma le nostre aziende sapranno offrire al consumatore farine sicure e di qualità”. “Più che una campagna, quella che ci aspetta è una grande sfida – aggiunge Carraro – dai carburanti, ai fertilizzanti fino al packaging, tutto è aumentato. La nostra principale preoccupazione riguarda la tenuta della filiera, a cominciare dal segmento agricolo, penalizzato dai rincari energetici e dal cambiamento del clima in atto”.

Vino, Mediobanca: nel primo semestre 2023 esport vale 3,7 mld euro

Vino, Mediobanca: nel primo semestre 2023 esport vale 3,7 mld euroMilano, 9 ott. (askanews) – Nel 2022 l’inflazione ha spinto i fatturati del settore, pur spiegando solo i tre quarti della crescita delle imprese vinicole, che ha fatto segnare complessivamente un +9,1%, concentrandosi in particolare sul canale Horeca (+19,9%) e sulle fasce premium (+13,7%). A tale andamento è corrisposta però una contrazione margine operativo netto, passato dal 5,8% (valore medio 2015-2019) al 4,6% (2022). E’ la fotografia tracciata dall’Area Studi di Mediobanca e illustrata alla “Wine Agenda”, l’appuntamento organizzato oggi da Federvini alla “Milano Wine Week”. Al centro dell’incontro che si è tenuto a Casa Masaf, le prospettive e le sfide per il vino italiano nel quadro dell’internazionalizzazione ed il ruolo che riveste nella cultura e nella società.

Il report di Mediobanca ha sottolineato che per la filiera vitivinicola l’internazionalizzazione continua a registrare ottime performance e si conferma una priorità strategica. Nel 2022 il vino italiano ha segnato un valore in export pari a 8 miliardi di euro, con una crescita pari al 12% rispetto all’anno precedente, mentre per il primo semestre del 2023 la stima è di circa 3,7 miliardi euro. I dati di Nomisma hanno invece evidenziato che il vino è sempre più un prodotto globalizzato e ma è proprio dal contesto internazionale che provengono i segnali di maggiore criticità. Pesano le dinamiche inflazionistiche, seguite dall’innalzamento dei tassi di interesse da parte della Bce e da un rallentamento dell’economia globale e in particolare dell’eurozona. Un quadro caratterizzato da maggiori difficoltà di accesso al credito e a strumenti finanziari e, soprattutto, per le imprese vinicole orientate ai mercati internazionali, dalle continue nuove certificazioni richieste e da ostacoli di diversa natura nell’export.

Restano largamente irrisolte problematiche legate alla protezione della proprietà intellettuale e della tutela delle Indicazioni geografiche dei prodotti di qualità e in particolar modo delle eccellenze italiane, spesso soggetti a fenomeni di imitazione e contraffazione. Un dossier che, insieme a quelli relativi alla revisione del regolamento sugli imballaggi e dell’etichettatura dei vini, chiama in causa in primo luogo le istituzioni comunitarie e nazionali per mettere a sistema una solida strategia di diplomazia economica. E, sempre a livello internazionale, prosegue un dibattito troppo spesso caratterizzato da un approccio proibizionista che ha già visto fughe in avanti sconsiderate, si guardi al caso irlandese, e rispetto al quale l’Italia invece ha molto da poter dire e facilmente dimostrare, grazie alla sua cultura del bere moderato.