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L’Aceto balsamico di Modena sposa la Cipolla bianca di Margherita

L’Aceto balsamico di Modena sposa la Cipolla bianca di MargheritaBologna, 29 apr. (askanews) – Una è bianca, nasce in piccoli appezzamenti di terreno sabbioso tra il Mare Adriatico e le saline di Margherita di Savoia a sud del Gargano ed è coltivata rigorosamente a mano. L’altro è nero, ha bisogno del freddo pungente d’inverno per decantare e del caldo umido e torrido d’estate per fermentare e non esistono macchine che lo possano produrre.

La prima si chiama Cipolla bianca di Margherita, viene trapiantata tra novembre e febbraio e raccolta da aprile a luglio da 150 piccoli produttori che coltivano ogni anno circa 180 ettari per un volume d’affari intorno ai 6 milioni di euro. Il secondo è l’Aceto balsamico di Modena, prodotto con mosti d’uva a cui vengono aggiunti aceto di vino, affinato in tini di legno per almeno 60 giorni e invecchiato anche per tre anni in 79 acetaie che hanno assicurato nel 2021 oltre 100 milioni di litri per un valore di circa 1 miliardo di euro al consumo. Queste due “eccellenze” del Made in Italy, insignite del marchio Igp, si sono incontrate a Bologna e hanno sancito un “matrimonio” tra Puglia ed Emilia-Romagna, con l’obiettivo di “sperimentare nuove forme per valorizzare e promuovere i due prodotti” come ha detto il presidente del Consorzio di tutela e valorizzazione della Cipolla bianca di Margherita, Giuseppe Castiglione. Il “rito” è stato celebrato a Fico Eataly World, dove per l’occasione l’executive chef del Canneto Beach 2, Salvatore Riontino, e il presidente del Consorzio Modena a tavola, Stefano Corghi, hanno portato a tavola alcune ricette, realizzate dosando i due ingredienti base che solitamente non vengono utilizzati insieme in cucina, la cipolla e l’aceto balsamico appunto.

“Dietro a tanto sacrificio e artigianalità ci sono delle persone, degli imprenditori – ha ricorda Massimo Malpighi, consigliere del Consorzio tutela Aceto balsamico di Modena – ed è importante che tutto gli operatori comprendano l’importanza di ‘fare rete’ per valorizzare al meglio questo patrimonio immenso”. Un percorso culturale per sensibilizzare ancora di più il consumatore e metterlo in guardia dalle imitazioni in circolazione all’estero. “I nostri prodotti sono la nostra storia – ha aggiunto Castiglione – perché raccontano come eravamo, ma sono anche il nostro futuro se sapremo, assieme, valorizzarli coniugando tradizione e innovazione. Questo è l’inizio di una sinergia che ci auguriamo duri in futuro”.

Consorzio Grana Padano: ristorazione è 10% consumi nazionali della Dop

Consorzio Grana Padano: ristorazione è 10% consumi nazionali della DopMilano, 28 apr. (askanews) – “Quando si tratta di ristorazione, Grana Padano è sempre presente. Se poi un evento dedicato al settore diventa l’occasione per celebrare la cultura dell’ospitalità del nostro Paese, la partecipazione della Dop più consumata in Italia e nel mondo diventa ancora più forte e sentita”. Con queste parole il direttore generale del Consorzio Grana Padano, Stefano Berni, ha espresso la soddisfazione del Consorzio per la partecipazione, in qualità di partner, alla prima edizione della “Giornata della Ristorazione”, la manifestazione promossa dalla Federazione italiana dei pubblici esercizi (FIPE-Confcommercio) con il patrocinio anche dei ministeri del turismo, dell’agricoltura e degli esteri.

Con una produzione di forme pari a 5.212.103 nel 2022 e un’esportazione di prodotto che ha raggiunto il 47%, il formaggio Dop più consumato al mondo è anche protagonista tra i formaggi per la ristorazione. Il settore horeca, solo in Italia, utilizza circa 300.000 forme l’anno, che equivalgono ad oltre il 10% dei consumi nazionali. La Giornata della Ristorazione si è svolta oggi in tutta Italia e all’estero attraverso decine di iniziative i cui protagonisti sono ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e taverne, intese come imprese capaci di riabituare l’uomo a vivere assieme costruendo una grande rete di valori e di solidarietà.

“Non sono solo i numeri, in questo caso, a darci la responsabilità e l’onore di essere oggi al fianco delle Fipe e delle istituzioni presenti, ma sono anche i valori che l’evento vuole trasmettere, volti al ripristino di una coscienza sociale che si fonda sul valore dell’ospitalità – ha detto il presidente del Consorzio, Renato Zaghini – Per il Grana Padano la Giornata della Ristorazione è l’occasione per affermare la qualità del nostro prodotto che rappresenta un’emozione italiana e che ogni giorno promuove valori come l’educazione alimentare, la solidarietà e la sostenibilità, i medesimi che ispirano questa bellissima iniziativa”.

Salvini alla Fao: collaborazione su crisi idrica e sicurezza alimentare

Salvini alla Fao: collaborazione su crisi idrica e sicurezza alimentareMilano, 28 apr. (askanews) – Una sempre più stringente collaborazione tra il governo e la Fao per alcuni dossier di interesse comune come la gestione della crisi idrica e la sicurezza alimentare. Sono questi i temi emersi durante la visita del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, alla sede della Fao a Roma in occasione del completamento degli interventi di restauro della facciata dell’edificio. La struttura appartiene al Demanio e i lavori sono stati effettuati dal Mit dal 2016 con intervento complessivo da 2,58 milioni di euro.

Ad accogliere il vicepremier Salvini il direttore generale della Fao, Qu Dongyu. Nell’occasione il ministro ha espresso anche soddisfazione per il contributo del Mit nella ristrutturazione della facciata.

Lavazza: rinnovato il cda, Giuseppe presidente

Lavazza: rinnovato il cda, Giuseppe presidenteMilano, 28 apr. (askanews) – Cambio al vertice di Lavazza, l’azienda del caffè torinese. L’assemblea nel pomeriggio di giovedì ha nominato il nuovo consiglio d’amministrazione che resterà in carica per il prossimo triennio e che vede Giuseppe Lavazza nella carica di presidente, mentre Alberto Lavazza ha assunto la carica di presidente onorario. Confermato nella carica di vicepresidente Marco Lavazza, nominato nel 2011, e i consiglieri Francesca, Antonella e Manuela Lavazza. Antonio Baravalle ed Enrico Cavatorta restano nel ruolo rispettivamente di amministratore delegato e chief financial & corporate officer.

Completano il nuovo board, composto da 13 membri di cui cinque amministratori indipendenti, i riconfermati Robert Kunze-Concewitz, chief executive officer di Campari, Nunzio Pulvirenti, membro dell’advisory board di Ferrero e Roberto Spada, managing partner di Spada & Partners. Accanto a loro fanno il loro ingresso nel cda come nuovi membri indipendenti Silvia Candiani, vice president telecommunication Microsoft, e Daniel Winteler, consigliere delegato operazioni straordinarie e business development di The European House Ambrosetti. Lasciano Pietro Boroli, vicepresidente di De Agostini, Gabriele Galateri di Genola e di Suniglia, presidente dell’Istituto italiano di tecnologia, Antonio Marcegaglia, presidente di Marcegaglia Steel e Leonardo Ferragamo, presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda di famiglia.

Ismea: in 10 anni l’export agroalimentare aumentato dell’81%

Ismea: in 10 anni l’export agroalimentare aumentato dell’81%Milano, 27 apr. (askanews) – Negli ultimi dieci anni il valore delle esportazioni di cibi e bevande è quasi raddoppiato (+81%), passando dai 33,5 miliardi del 2013 a 60,7 miliardi del 2022. In pratica, come si evince dall’analisi di Ismea presentata nell’evento on line “Le sfide globali del made in Italy agroalimentare” le spedizioni di prodotti agroalimentari sono aumentate in valore al ritmo di quasi il 7% all’anno, a fronte di un incremento più contenuto delle esportazioni complessive (+5,4%).

Il settore non solo si è rivelato più dinamico, ma anche più resiliente quando, nel 2020, con lo scoppio della pandemia, le relative restrizioni sanitarie e l’interruzione delle catene di fornitura globali, è riuscito comunque a mettere a segno una crescita (+3,2%), in controtendenza rispetto al resto dell’economia (-9,1% la contrazione dei flussi in uscita complessivi). Dei 24 comparti merceologici che compongono i flussi di scambio complessivi, appena sei (bevande, derivati dei cereali, latte e derivati, preparazioni di ortaggi e frutta, frutta, e altre preparazioni alimentari) catturano più di due terzi del valore complessivo e pesano singolarmente più del 5% sulle esportazioni totali. A crescere di più nel periodo 2017-21 sono stati: altre preparazioni alimentari, che comprendono salse, sughi, minestre e gelati (+9,1% medio annuo); derivati dei cereali (+7,8%); latte e derivati (+8,2%). Inferiore alla media è stata invece la crescita di frutta (+1,2%), ortaggi (+4,1%) derivati ortofrutticoli (+4,9%) e carni (+2,5%).

A un livello più disaggregato, nel Rapporto si analizza un gruppo di venti prodotti distintivi del made in Italy, che con quasi 28 miliardi di euro, rappresenta il 53% del valore totale dell’export agroalimentare nel 2021. I primi cinque in termini di valore sono vini in bottiglia, paste alimentari secche, tabacco lavorato, formaggi stagionati e prodotti della panetteria e pasticceria (specificamente rappresentati soprattutto dai dolci da ricorrenza e dalle pizze). Nel quinquennio si distinguono per i maggiori tassi di crescita, oltre al tabacco lavorato (+30%) – la cui forte crescita si deve a un accordo commerciale del 2016 tra il governo italiano e una multinazionale giapponese – cialde e cialdine (+16%) e paste alimentari farcite (+11%); ma anche formaggi grattugiati, formaggi freschi e latticini e prodotti della pasticceria e panetteria, con aumenti superiori al 9%. I dati dell’ultimo biennio forniscono indicazioni interessanti e in parte inattese. Nel 2020, nonostante la chiusura quasi completa dei canali Horeca in tutto il mondo, le esportazioni di alcuni prodotti agroalimentari nazionali sono cresciute moltissimo rispetto all’anno precedente: le variazioni della pasta, del riso, delle passate di pomodoro e delle polpe, ma anche dell’olio e dei formaggi freschi, dimostrano che il consumo all’estero del cibo made in Italy non è solo legato alle occasioni speciali e ai pasti fuori casa, ma ormai fa parte delle abitudini quotidiane in molte aree del mondo. Più legate alle sorti dell’Horeca e alle occasioni conviviali, e quindi penalizzate nel 2020, sono state le esportazioni di vini in bottiglia, spumanti, formaggi stagionati, acque minerali, caffè e in misura minore i prodotti della panetteria e pasticceria, ma tutte nel 2021 hanno recuperato la perdita dell’anno precedente.

Anche nel 2022, pasta, formaggi freschi e grattugiati, pomodori pelati, polpe e passate, riso, caffè, acque minerali e spumanti sono tra i prodotti che registrano i maggiori aumenti delle esportazioni, con variazioni in valore comprese tra il +19,4% degli spumanti e il +38,4% della pasta, e variazioni positive anche delle quantità esportate.

Spezie e aromi: una passione in cucina che vale 157 mln di euro

Spezie e aromi: una passione in cucina che vale 157 mln di euroMilano, 27 apr. (askanews) – Due italiani su tre non rinunciano a spezie e aromi in cucina. Nel 2022 i consumi in Italia sono cresciuti fino a tornare ai livelli pre-Covid, con vendite a volume pari a quasi 97 milioni di confezioni per un mercato che vale oltre 157 milioni di euro. In media gli italiani acquistano 5,7 confezioni all’anno tra spezie e aromi, in linea con il 2020, che era stato un anno particolarmente positivo per il settore. Ma quali sono le spezie e le erbe aromatiche preferite dagli italiani? A tavola il rosmarino e il pepe nero la fanno da padroni e battono il prezzemolo e il peperoncino, ma si fa sempre più strada la voglia di sapori esotici, con ingredienti come lemongrass e cardamomo pronti a entrare nei nostri piatti, spinti anche dal successo di tanti programmi televisivi (il 21,5% degli italiani dichiara di usare più spezie e aromi di prima perché ispirato dai programmi di cucina). Insomma, spezie e aromi piacciono a tutti, soprattutto alla Gen Z (il 64% dei più giovani dichiara di usarli abbastanza spesso e il 16% sempre). Sono questi alcuni dei dati dell’indagine “Gli italiani, le spezie e le erbe aromatiche”, condotta da AstraRicerche per Cannamela, brand di gruppo Montenegro. Uno studio realizzato in occasione della 40esima edizione di MacFrut, fiera internazionale dell’ortofrutta in programma dal 3 al 5 maggio 2023 al Rimini Expo Centre.

Negli ultimi cinque anni l’uso di spezie ed erbe aromatiche è cresciuto molto tra gli italiani (il 65,5% degli intervistati dichiara di usarle più di prima). E se nei primi tre posti delle spezie più usate troviamo pepe nero, peperoncino e zafferano, nella classifica delle erbe aromatiche vince un trittico tipico della nostra cultura mediterranea: rosmarino, prezzemolo e basilico. Ma cresce, in parallelo, la voglia di sapori esotici: cardamomo, paprika affumicata, curry, pepe rosa e curcuma per quel che riguarda le spezie; lemongrass, coriandolo, dragoncello, ginepro e cumino per quel che riguarda le erbe aromatiche sono i rispettivi cinque trend del futuro. “Dato significativo è quello sui driver di acquisto di spezie e aromi – sottolinea Fausta Fiumi, marketing & new business director di Cannamela – Rispetto al passato notiamo infatti una maggiore sensibilità per qualità e certificazione delle materie prime. A guidare le scelte di acquisto sono in primo luogo prezzo (40,2%) e provenienza delle materie prime (38,7%). Ma quasi un intervistato su tre tiene conto anche della qualità e della certificazione delle materie prime (31,4%) e metodo di produzione (30,5%)”.

Tra quelli che non rinunciano all’utilizzo di spezie e di erbe aromatiche, il 23,7% del campione intervistato, in particolare donne (29%) e 25-34enni (32%), afferma di utilizzarle sempre, ogni giorno. A questi si aggiunge il 58,1% che se ne serve abbastanza spesso, quasi ogni giorno. In questo caso, i più interessanti sono i 18-24enni, quindi la Gen Z, con il 64%, e i singles (63%), rispettivamente user che scelgono i prodotti in base alla qualità e alle materie prime (64%). Ma perché portiamo così tante spezie e aromi a tavola? Il primo motivo in assoluto è “dare più sapore, più carattere al piatto”, secondo il 67,6% degli intervistati (in particolare donne, 73%). A seguire, per oltre un intervistato su tre, questi ingredienti danno la possibilità di sperimentare creando nuovi abbinamenti. Conta poi anche il fattore salute. Questi ingredienti, infatti, aiutano a realizzare una cucina più sana, che impiega meno sale (30% del campione, soprattutto donne, che arrivano al 34%). Quando si parla di spezie e aromi sono due i concetti principali che emergono dalla ricerca: tradizione e sperimentazione. Se da una parte la spezia più usata in assoluto resta il “classico” pepe nero (79,6% del campione), l’interesse degli italiani è anche per le altre tipologie di questa spezia, come il pepe rosa, oggi scelto da uno su quattro e con un 22,4% del campione che si dice intenzionato a provarlo. Stesso discorso per la paprika affumicata: usata oggi dal 16,9% degli intervistati e con un 24,1% intenzionato a impiegarla nelle proprie ricette.

Nella metà alta della classifica di utilizzo spicca, inoltre, la curcuma: ne fanno uso in cucina circa due italiani su cinque (41,6%). C’è poi il curry nella versione “classica” che viene impiegato nelle ricette del 40,2% del campione. Fanalino di coda è il cardamomo.

Just Eat prevede di assumere 2mila nuovi rider nei prossimi 12 mesi

Just Eat prevede di assumere 2mila nuovi rider nei prossimi 12 mesiMilano, 26 apr. (askanews) – Just Eat prevede di assumere 2mila nuovi rider nei prossimi 12 mesi. Il nuovo piano di assunzioni, “in coerenza con il piano di sviluppo in Italia”, si va ad aggiungere a quelli annunciati nel corso del 2021 e del 2022. Risale a due anni fa infatti, in concomitanza con l’accordo sindacale per il primo contratto collettivo aziendale nel settore food delivery, l’assunzione di 6mila rider. L’anno scorso poi ne fu annunciata un’altra tornata da 4mila assunzioni entro fine anno. In tutto, numeri alla mano, 10mila fattorini in due anni. Attualmente, tuttavia, in Italia, come comunica la stessa Just Eat, lavorano 2.500 rider assunti con contratto di lavoro subordinato in 27 città, per effetto di un elevato turnover. “L’oscillazione del numero di rider, a seguito di diversi fattori come la flessibilità tipica di questa professione – fa sapere l’azienda – è stata bilanciata dall’impegno di Just Eat per stabilizzare il lavoro dei rider dipendenti il più possibile e lo hanno fatto aumentando le ore di contratto a oltre 1.500 dipendenti nell’ultimo anno”. 

“Oggi sono 2.500 i rider assunti dall’azienda e l’ obiettivo è quello di continuare ad aumentare il numero di ore dei contratti part-time, per rispondere al meglio alle esigenze sia dei dipendenti, che dei clienti e dei ristoranti partner” prosegue l’azienda che, in una nota con cui ricorda i due anni dalla sigla del primo contratto in occasione del Primo Maggio, sottolinea la costituzione di una nuova entità sociale, parte di Just Eat Takeaway.com, che si occupa della gestione operativa delle assunzioni dei rider con uno staff di oltre 100 figure. “Siamo orgogliosi di poter celebrare i due anni del contratto durante un appuntamento importante come il Primo Maggio. Siamo particolarmente legati a questa giornata perché l’impegno di Just Eat per far sì che i nostri collaboratori abbiano una paga garantita, siano assicurati e tutelati è quotidiano e costante nel tempo – afferma Daniele Contini, Country Manager di Just Eat Italia – Abbiamo deciso di implementare un modello responsabile perché crediamo che sia un vantaggio per i lavoratori, ma anche per i ristoranti partner e i clienti che possono usufruire di un servizio più qualitativo, efficiente e completo. Ci auguriamo al più presto che il settore del food delivery possa essere regolamentato in modo più puntuale con formule lavorative più tutelanti e regole condivise da tutte le aziende del comparto, per operare in modo efficiente e competitivo nel nostro Paese”.

TheFork, Carlo Carollo è il nuovo country manager per l’Italia

TheFork, Carlo Carollo è il nuovo country manager per l’ItaliaMilano, 26 apr. (askanews) – Carlo Carollo è il nuovo country manager per l’Italia di TheFork, piattaforma di prenotazione online dei ristoranti. Il manager succede a Damien Rodière, che in qualità di general manager Western & South Europe continuerà a occuparsi dei mercati francofoni. In questa nuova posizione, Carollo supporterà tutti gli aspetti del business di TheFork con l’obiettivo di guidare l’azienda verso una espansione strategica della propria presenza sul mercato nazionale, supportando al contempo il consolidamento dell’attività sul territorio.

Carollo porta in TheFork oltre 15 anni di esperienza in ruoli dirigenziali in aziende multinazionali come Samsung, Microsoft e McKinsey. Ha iniziato la sua carriera in Procter & Gamble, dove si è occupato principalmente di marketing e vendite per ben 10 anni, per poi passare in McKinsey & Company nelle vesti di Engagement Manager. Sviluppa poi un’approfondita conoscenza del mercato della tecnologia di consumo, occupando posizioni di rilievo che prevedono anche la responsabilità di mercati esteri in Microsoft e Samsung. Il suo più recente impiego l’ha visto nelle vesti di general manager e amministratore delegato di Amplifon Italia. “Sono pronto a contribuire alla crescita dell’azienda, cogliendo tutte le opportunità che si presenteranno e impegnandomi a crearne di nuove – ha commentato Carollo – Lavorerò per perseguire i traguardi preposti ponendo grande attenzione nei confronti delle persone: clienti, partner, team di lavoro. Credo fortemente che in un contesto in cui tutti sono soddisfatti, si generi grande valore”.

In qualità di country manager per l’Italia, Carollo lavorerà a stretto contatto con Almir Ambeskovic, ceo di TheFork, che commenta “L’Italia è uno dei principali mercati per TheFork. È continuamente in crescita e il riscontro che otteniamo costantemente da partner e utenti ci dà ragione di credere che esiste ancora un margine importante per un’espansione sana e solida del brand. Avere Carlo a bordo, che conosce bene la cultura e il mercato italiano e ha grandi doti di leadership, insieme ad un pensiero e un approccio strategico incentrato sul cliente, ci rende davvero entusiasti”.

Pasta e olio evo la nuova tappa del viaggio di Eataly nell’agroalimentare

Pasta e olio evo la nuova tappa del viaggio di Eataly nell’agroalimentareMilano, 26 apr. (askanews) – Da Eataly il viaggio tra i capisaldi del made in Italy agroalimentare fa tappa per sei settimane nel mondo della pasta e dell’olio extra vergine d’oliva: dal 27 aprile all’11 giugno tutti gli Eataly racconteranno pasta e olio attraverso mercato, ristorazione e didattica.

Simbolo dell’italianità a tavola, la pasta è tanto amata quanto oggetto di un consumo che non sempre tiene conto di origine e lavorazione delle materie prime, dei processi produttivi e delle tradizioni. L’olio evo, di cui l’Italia è primo produttore in termini di biodiversità con oltre 500 cultivar, è una risorsa da imparare a conoscere meglio. “Per celebrare pasta e olio, Eataly ha implementato l’assortimento del mercato inserendo tante altre eccellenze selezionate da tutta Italia e ha coinvolto produttori artigianali che ogni giorno mostreranno come nascono paste fresche e condimenti – commenta Andrea Cipolloni, group Ceo Eataly – I nostri ristoranti ospiteranno grandissimi chef diventando un luogo in cui vivere esperienze uniche attraverso il mix di mercato, ristorazione e didattica”. Per l’occasione, l’assortimento si arricchisce con 50 nuove referenze che portano a circa 300 le tipologie di paste fresche e secche da tutta Italia e a oltre 50 i frantoi da cui proviene olio extravergine d’oliva 100% italiano.

A raccontare questi due capisaldi della nostra cultura alimentare alcuni degli chef della cucina italiana che porteranno in degustazione i loro cavalli di battaglia a base di pasta, come le padellate di cacio e pepe, amatriciana, carbonara, o piatti più tradizionali come i plin e i pizzoccheri valtellinesi. Solo per citare alcuni nomi, nelle sei settimane si alterneranno ai fornelli Gianluca Casini de L’Arte in cucina di Düsseldorf, Antonio Franzè de Luna Convento di Copanello, Christian Milone de Trattoria Zappatori, una stella Michelin a Pinerolo, e Gianni Tarabini de La Preséf de La Fiorida, una stella Michelin e una stella Verde a Mantello per citare alcuni. Sempre all’insegna della pasta e del rito della condivisione, i ristoranti di Eataly inseriscono in menu la “gran padellata” da spartirsi tra commensali per vivere quel mix di esperienza tra convivialità casalinga e alta qualità delle materie prime. La didattica e le possibilità di imparare si trasformano in occasioni da non perdere. Per raccontare come alcune tipiche lavorazioni artigianali di pasta arrivino, intatte, fino ad oggi, un’attenzione speciale è dedicata all’antica arte dei fusilli lunghi lavorati a mano e al rito delle orecchiette di semola. Le maestre fusillaie di Gragnano (NA), Afeltra, faranno tappa negli Eataly per mostrare come nascono i fusilli attraverso un metodo che vede la sua origine oltre 400 anni fa. Mentre le pastaie del Molino Martimucci di Altamura, nel Barese, mostreranno come nascono, a mano, le orecchiette di semola come, ancora oggi, si fa per le strade di Bari Vecchia.

Sul fronte dell’olio si promuovono le cultivar autoctone, gli extravergini del Presidio Slow Food e i diversi passaggi della produzione olearia come raccolta, frangitura, estrazione e filtrazione, fino ad arrivare ai consigli sugli abbinamenti e alla presentazione della “Guida agli Extravergini 2023” di Slow Food Editore, il 10 maggio sul palco di Eataly Milano Smeraldo. E per finire, durante le sei settimane di celebrazioni il momento della cena diventa anche un’occasione per coinvolgere nel racconto di pasta e olio tutti i clienti dei ristoranti di Eataly. Gli chef usciranno dalle cucine per offrire un assaggio di spaghetti aglio, olio e peperoncino: l’esempio perfetto del miracolo gastronomico tutto italiano in cui si possono trasformare ingredienti di alta qualità sapientemente trattati.

Mutti cerca 1.200 stagionali per la campagna del pomodoro 2023

Mutti cerca 1.200 stagionali per la campagna del pomodoro 2023Milano, 26 apr. (askanews) – Mutti cerca 1.200 collaboratori stagionali che saranno impegnati da luglio a settembre in attività produttive e amministrative all’interno dei tre stabilimenti del gruppo. Nello specifico, in provincia di Parma, a Montechiarugolo sono ricercate 450 figure e a Collecchio 400, in provincia di Salerno a Oliveto Citra 350.

L’ambito della ricerca è la campagna di trasformazione del pomodoro, momento in cui l’azienda, nei circa 75 giorni estivi che vanno dalla seconda metà di luglio alla fine di settembre, lavora la materia prima proveniente da oltre 800 famiglie di agricoltori italiane. Oltre al personale tradizionalmente impiegato come stagionale, Mutti ricerca collaboratori che possano ricoprire ruoli specializzati come l’analista addetto al controllo qualità e l’addetto alle campionature nei campi di pomodoro. Tra i profili ricercati quest’anno, anche i diplomati di istituti tecnici industriali e di istituti tecnici professionali degli indirizzi meccanico, elettrico ed elettronico, che avranno il compito di monitorare i macchinari e gestire sistemi complessi negli ambiti dell’automazione industriale e della robotica. Le candidature sono già aperte e si offre contratto a tempo determinato stagionale. L’azienda darà priorità a coloro che hanno già collaborato con l’azienda in occasione delle precedenti campagne.