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Codice a barre: il bip che 50 anni fa cambiò la spesa e continuerà a farlo

Codice a barre: il bip che 50 anni fa cambiò la spesa e continuerà a farlo




Codice a barre: il bip che 50 anni fa cambiò la spesa e continuerà a farlo – askanews.it



















Milano, 3 apr. (askanews) – E’ un bip che oggi suona suona familiare tutte le volte che in cassa al supermercato viene scansionato un prodotto. Ma 50 anni fa questo suono cambiava radicalmente il nostro modo di fare la spesa e questo grazie al codice a barre, un’invenzione che la Bbc ha inserito tra le 50 cose che hanno fatto l’economia moderna. “Siamo in America, nel 1973 e le aziende del mondo del largo consumo hanno bisogno di risolvere un problema – racconta Marco Cuppini, research and communication director GS1 Italy – identificare in modo univoco i prodotti in maniera automatica. E c’è una data significativa, il 3 aprile 1973, che è il giorno della firma delle imprese del largo consumo che decidono cosa fare, quale standard utilizzare”.

Lo standard scelto allora fu lo Upc conosciuto in Europa come codice a barre Ean (European article number), poi unificato nell’attuale Gtin, lo standard globale di identificazione dei prodotti di GS1, l’organizzazione no profit che sviluppa gli standard globali presente in 116 Paesi, Italia compresa, dove dal 1978 a rappresentarla è GS1 Italy. Dall’accordo dell’Aaprile 1973 passerà solo un anno perché il primo prodotto, un pacchetto di chewing-gum da 61 centesimi, venisse scansionato alla cassa di un supermercato in Ohio: “Un fattore facilitante – spiega Cuppini – è stato l’intervento del governo americano che ha reso obbligatorio mettere in etichetta i valori nutrizionali dei prodotti. A quel punto le aziende hanno dovuto mettere mano alle etichette e quindi è stata una sorta di scivolo che ha facilitato la stampa del codice a barre sulle etichette che prima erano qualcosa di intonso”. Da allora, questa presenza silenziosa, almeno finché non arriviamo in cassa, sulle confezioni della maggior parte dei prodotti che acquistiamo quotidianamente, si è diffusa globalmente su oltre un miliardo di prodotti generando miliardi di bip ogni giorno. Nei fatti si tratta di una serie numerica di 13 cifre (EAN-13) tradotta graficamente da barre verticali necessarie per la lettura ottica, che contiene un prefisso aziendale GS1 per identificare l’azienda a livello internazionale, il codice del prodotto e da ultimo la cifra di controllo.

Per capire la pervasività di questa invenzione bastano alcuni numeri relativi ai prodotti che solo nei supermercati, ipermercati e punti vendita a libero servizio italiani riportano il codice a barre GS1. “La stima è di 350mila prodotti che passano 30,2 miliardi di volte alle casse, quindi 30,2 miliardi di bip che ascoltiamo sui prodotti confezionati – ha detto – Un altro numero per capire di che dimensione stiamo parlando questi prodotti compongono 2,7 miliardi di scontrini che vengono battuti dalle casse dei supermercati e ipermercati italiani”. Grazie a questo standard fatto di barre e numeri, 50 anni fa si potè dire addio all’etichettatura manuale dei prezzi sui singoli prodotti ma soprattutto si riuscì a creare un linguaggio globale che li identificava in maniera univoca. “Il codice a barre fa il suo mestiere – sottolinea Cuppini – identificare in maniera univoca un prodotto. Quando passa alle casse la cassa capisce che stiamo passando il prodotto XY e lega questa informazione a una informazione che ha presente nel suo sistema informativo classicamente il prezzo e a quel punto si unisce il prodotto a un prezzo e uno dopo l’altro si arriva allo scontrino”.

Ma se questo è il passato e il presente del codice a barre nel suo futuro c’è un’evoluzione che si annuncia nuovamente rivoluzionaria: “Crediamo che nei prossimi 50 anni il protagonista sarà un nuovo standard che si chiama digital link. Il digital link ha la forma di un Qr code quindi col telefonino lo si interroga e si aprono mondi di informazione decisamente più grandi rispetto al passato – ha spiegato – noi parliamo di informazione aumentata perché il consumatore potrà accedere a pagine di informazioni diverse. Il nuovo codice potrà trasportare molti più dati e consentirà di fare quello che ha sempre fatto ma porterà per esempio il numero di lotto, la data di scadenza e soprattutto un link a un sito web: noi parliamo di informazione aumentata perché il consumatore potrà accedere a pagine di informazioni diverse”.

Dalla provenienza della materia prima alle indicazioni sulla riciclabilità del packaging, fino a offerte, valutazioni di altri utenti, contenuti social o avvisi di richiamo, il nuovo standard abiliterà numerose applicazioni, anche in chiave di sostenibilità: “In sostanza aiuterà il consumatore a fare scelte di acquisto e consumo più consapevoli – ha concluso Cuppini – questo spinto dal legislatore che è molto interessato a una crescita delle informazioni verso i consumatori e dalle aziende stesse che hanno uno strumento di comunicazione coi clienti ancora più potente”.

Agricoltura, Enpaia si porta al 6% in Masi Agricola

Agricoltura, Enpaia si porta al 6% in Masi Agricola



Agricoltura, Enpaia si porta al 6% in Masi Agricola – askanews.it


Agricoltura, Enpaia si porta al 6% in Masi Agricola – askanews.it




















Roma, 3 apr. (askanews) – Enpaia, l’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura, ha portato al 6% la sua partecipazione in Masi Agricola, la società quotata all’Euronext Growth di Milano, che nell’omonima cantina produce il famoso Amarone.

“Masi Agricola fa parte delle nostre partecipazioni dirette mission related e strategiche – affermano il Presidente della Fondazione Enpaia, Giorgio Piazza e il Direttore Generale della Fondazione Enpaia, Roberto Diacetti – che rivestono un ruolo di rilievo nel nostro portafoglio finanziario perché forniscono con costanza flussi di dividendi e, inoltre, apprezzano il loro valore nel tempo. Da quando sono state costituite queste posizioni, gli investimenti contribuiscono alla redditività generale del portafoglio con flussi cedolari medi vicini al 5% e, rispetto ad altri investimenti in OICR azionari che fanno comunque parte dell’asset allocation, hanno sempre e di gran lunga performato meglio rispetto a questi ultimi”.

Lavazza chiude 2022 con ricavi a 2,7 mld (+17,6%), utile scende a 95 mln

Lavazza chiude 2022 con ricavi a 2,7 mld (+17,6%), utile scende a 95 mln



Lavazza chiude 2022 con ricavi a 2,7 mld (+17,6%), utile scende a 95 mln – askanews.it


Lavazza chiude 2022 con ricavi a 2,7 mld (+17,6%), utile scende a 95 mln – askanews.it




















Milano, 3 apr. (askanews) – Nel 2022 il gruppo Lavazza ha registrato ricavi per 2,7 miliardi di euro con una crescita del +17,6% rispetto al 2021. Il fatturato risulta in crescita sia nel canale domestico sia nel canale fuori casa, dove i volumi positivi (+26%) hanno portato la crescita maggiore sui ricavi. L’utile netto è sceso del 9,5% a 95 milioni, dai 105 dello scorso esercizio. L’Ebitda, riporta una nota, è stato pari a 309 milioni di euro, lievemente in calo su quello del 2021 quando era stato pari a euro 312 milioni, con un Ebitda margin sceso all’11,4%, rispetto al 13,5% del 2021. L’Ebit si è attestato a 160 milioni di euro, dai 164 dell’esercizio 2021, con un Ebit margin pari al 5,9 %.

A livello di fatturato, Lavazza registra ancora una crescita del segmento del caffè in grani, che anche quest’anno emerge come il più dinamico sul mercato. Prendendo in considerazione le 15 principali geografie in cui opera il gruppo, il segmento in grani (beans) registra un incremento di mercato a +1,4% rispetto al 2021 e il gruppo Lavazza guadagna +1,5% di quota grazie a una crescita del 12% rispetto al 2021. Nel segmento dei single serve (capsule), confermatosi il più competitivo, il gruppo prosegue il proprio piano di lancio delle capsule in alluminio. A livello geografico, Lavazza ha registrato una crescita a sell out a valore nel canale retail in Germania (+18,1%), Stati Uniti (+14,1%), Polonia (+28%); anche in Italia e Francia si registra un incremento rispettivamente dell’1,5% e 6,1%, dopo la flessione riportata nel 2021. La posizione finanziaria netta a fine 2022 è pari a 136 milioni, La dinamica inflattiva ha impattato gli aspetti patrimoniali, in particolare per l’apprezzamento del magazzino, portando il flusso di cassa operativo in territorio leggermente negativo (-8 milioni di euro).

“I risultati del 2022 rappresentano un ulteriore traguardo per il nostro gruppo: pur in uno scenario particolarmente sfidante, siamo stati in grado di sostenere la crescita del fatturato e mantenere la marginalità in linea con gli anni precedenti. Ciò è stato possibile grazie al forte impegno su tutti i livelli aziendali nel portare avanti una strategia di sviluppo internazionale insieme a una gestione di contenimento dei costi in un contesto estremamente complesso – ha commentato Antonio Baravalle, amministratore delegato del gruppo Lavazza – L’attenzione è ora focalizzata sull’eccezionale rialzo dei costi avvenuto nell’esercizio appena concluso che condizionerà pesantemente anche l’esercizio 2023”. Il 31 marzo 2023 è stata, inoltre, finalizzata l’acquisizione di MaxiCoffee. La società francese, con circa 1.500 collaboratori, ha un giro d’affari di circa 300 milioni e si rivolge sia a clienti privati sia ad attività commerciali attraverso la sua piattaforma e-commerce, oltre a una rete di 60 agenzie commerciali presenti in tutta la Francia, le sue École du Café e i suoi concept store. “Con l’acquisizione prosegue la nostra strategia di espansione internazionale e di rafforzamento nei mercati chiave – ha sottolineato Baravalle – MaxiCoffee avrà una gestione totalmente separata e autonoma, mantenendo intatto il suo modello di business di successo”. Christophe Brancato, fondatore del gruppo MaxiCoffee, è associato all’operazione e manterrà una quota di partecipazione minoritaria. E’ stato inoltre confermato presidente dell’azienda francese per proseguire lo sviluppo del modello di business da lui avviato.

Enoturismo, Cna: quest’anno si prevedono 10 milioni di vacanzieri

Enoturismo, Cna: quest’anno si prevedono 10 milioni di vacanzieri



Enoturismo, Cna: quest’anno si prevedono 10 milioni di vacanzieri – askanews.it


Enoturismo, Cna: quest’anno si prevedono 10 milioni di vacanzieri – askanews.it



















Roma, 31 mar. (askanews) – Nel 2023 saranno 10 milioni i vacanzieri, di cui circa tre milioni stranieri, che pernotteranno fuori casa “grazie al vino”. Il picco si raggiunge nelle settimane della vendemmia. E’ quanto prevede una indagine di Cna Turismo e Commercio, condotta in tutta Italia e per la quale si stima un movimento economico quantificabile intorno ai 2,5 miliardi di euro.

“Sempre più turisti, soprattutto provenienti da centri urbani italiani e stranieri – si legge in una nota -, chiedono di essere coinvolti in questo momento importantissimo dell’annata agraria. La raccolta manuale dell’uva diventa così un’esperienza turistica e didattica, che avvicina all’affascinante mondo del vino un pubblico crescente di appassionati promuovendo spesso territori lontani dai classici itinerari ma ricchi di eccellenze artigianali, a partire dai prodotti enogastronomici”. “Se la vendemmia ne rappresenta il clou – prosegue la Cna -, ormai il turismo enologico – con le visite a cantine, gli assaggi e le degustazioni, le pratiche esperienziali – è diventato un fenomeno annuale. E riveste un ruolo sempre più rilevante nel movimento turistico italiano in generale e soprattutto nel turismo enogastronomico e nel turismo esperienziale, quello dove ci si ‘sporca’ le mani e si finisce per essere coinvolti in attività manuali ritenute a torto desuete, pratiche di coltivazione tradizionale in testa”.

Gli enoturisti provenienti da oltre confine nel 2023 arriveranno principalmente da Francia, Germania, Regno Unito, Austria, per quanto riguarda l’Europa, e da Stati Uniti d’America e Giappone, fuori dal Vecchio Continente. La maggioranza degli enoturisti incastona l’esperienza vinicola in una vacanza più lunga, magari deviando per un giorno o due dall’itinerario prestabilito.

Guido Barilla: made in Italy punto di partenza ma da solo non basta

Guido Barilla: made in Italy punto di partenza ma da solo non basta



Guido Barilla: made in Italy punto di partenza ma da solo non basta – askanews.it


Guido Barilla: made in Italy punto di partenza ma da solo non basta – askanews.it




















Milano, 31 mar. (askanews) – “La cosa che abbiamo capito è che il made in Italy da solo non è sufficiente, è una base di partenza, è un dono”. E ancora: “Il concetto non è più semplicemente made in italy, cioè dato che siamo made in Italy siamo vincenti ma è siamo made in Italy e dobbiamo fare il prodotto by the italians nel mondo”. Guido Barilla, presidente dell’omonimo gruppo di Parma, parla della “lezione” appresa insieme ai fratelli dopo la morte del padre Pietro nel 1993 quando hanno preso in mano la guida dell’azienda e hanno deciso di portarla all’estero. E rivolgendosi alla platea di imprenditori che hanno preso parte all’evento de L’Economia del Corriere “L’Italia genera futuro”, ne fa una questione principalmente di apertura culturale: “Dobbiamo applicare questo dono in ognuno dei mercati dove vogliamo operare. E questa è una direzione che ha permesso a noi di aprirci totalmente a culture e competenze diverse”.

Nel ricostruire alcuni passaggi della storia recente del gruppo, Guido Barilla è partito dalla necessità, all’inizio degli anni 90, di “mettere degli stabilimenti fuori dall’Italia perchè la convinzione era che senza un impianto non si potesse partecipare alla storia e ai mercati di geografie diverse”. Un percorso, partito nel 1998 dagli Stati Uniti con il primo stabilimento, che ha segnato un “cambio di mentalità” nell’azienda ma che si è rivelato “un processo estremamente lungo, pieno di problemi, di errori: abbiamo vissuto quasi due decenni di grandi difficoltà in cui le esperienze e i passi sono stati difficili, abbiamo passato momenti di grande crisi ma avendo in mente con grande chiarezza che avevamo una conoscenza, un obiettivo, un’idea”, quello di “portare la pasta e il marchio della pasta in giro per il mondo”. Oggi, “abbiamo di fronte sfide che fino quattro-cinque anni fa ci sembravano lontane, sfide di discontinuità totale perchè non c’è più quella linearità di sviluppo vissuta prima della pandemia e le imprese devono viverle sapendo che saranno strutturali”. E Barilla oggi dove è arrivata? “Negli ultimi 10 anni la gente Barilla è molto maturata, cambiata, la Barilla era un’azienda 10 anni fa, un’altra azienda ora. Penso che il futuro sia analogo: dovremo migliorare e imparare ancora molto nei prossimi 10 anni però sarà grazie a questa apertura che fortunatamente abbiamo avuto il coraggio di intraprendere. Vi auguro un percorso migliore del nostro”.

Masi Agricola: in cda Renzo Rosso sostituito dalla moglie Arianna Alessi

Masi Agricola: in cda Renzo Rosso sostituito dalla moglie Arianna Alessi



Masi Agricola: in cda Renzo Rosso sostituito dalla moglie Arianna Alessi – askanews.it


Masi Agricola: in cda Renzo Rosso sostituito dalla moglie Arianna Alessi – askanews.it




















Milano, 31 mar. (askanews) – Il cda di Masi Agricola ha sostituito il consigliere Renzo Rosso, che si era dimesso lo scorso 9 marzo, con Arianna Roberta Alessi, che resterà in carica fino alla prossima assemblea del 21 aprile. Lo comunica una nota dell’azienda leader dell’Amarone, quotata sull’Euronext Growth Milan. La Alessi è Ceo di Red Circle Investiments, la holding del patron di Diesel che detiene il 10% di Masi, nonchè moglie dello stesso Rosso.

La sostituzione è avvenuta cooptando il secondo soggetto appartenente alla medesima lista cui apparteneva Rosso, avendo il primo candidato manifestato la propria indisponibilità. Renzo Rosso, in una comunicazione dello scorso 10 marzo, aveva motivato le dimissioni “sulla base di una sua perdita di interesse nel rivestire la carica non essendo riuscito ad ‘apportare un contributo professionale e innovativo ai processi gestori’ e lamentando, al contempo, che il governo societario di Masi non è ‘in linea con gli standard di riferimento di società con azioni negoziate sui mercati di capitali’”. La società in quella occasione si era difesa sostenendo di non aver mai “negato l’opportunità di esprimere le proprie valutazioni nell’ambito del dibattito consiliare, anche con riferimento al governo societario”.

Arte e cibo, Barilla espone in Bottega il primo pacco di pasta

Arte e cibo, Barilla espone in Bottega il primo pacco di pasta


Arte e cibo, Barilla espone in Bottega il primo pacco di pasta – askanews.it



Arte e cibo, Barilla espone in Bottega il primo pacco di pasta – askanews.it




















Milano, 30 mar. (askanews) – Nella bottega dove Barilla iniziò a muovere i suoi primi passi, nel 1877 a Parma, dal primo aprile la storia dell’azienda rivive attraverso la comunicazione e il marketing firmati da un gigante della pubblicità. La bottega in via della Repubblica, riaperta un anno fa in occasione del 145esimo anniversario di Barilla, infatti, fino al 21 maggio racconterà il legame tra l’azienda ed Erberto Carboni, il designer, architetto e pubblicitario autore del logo e di slogan come “Con pasta Barilla è sempre domenica” ed “È sempre l’ora dei Pavesini”.

Tra gli oggetti esposti, tutti provenienti dall’Archivio storico Barilla, tre confezioni originali di pasta progettate e disegnate da Carboni nel 1955, compreso il primo packaging per un pacco di pasta, che rivela l’origine del “Blu Barilla”. Carboni scelse l’azzurro prima e il blu poi come colore aziendale perché richiamava la tinta azzurra della carta usata per confezionare la pasta in ampie ceste di castagno, quando ancora veniva di norma venduta sfusa al dettaglio. Oggi nella restaurata Bottega Barilla ci sono ancora armadi con cassetti dotati di finestrelle di vetro, attraverso i quali si potevano scegliere a colpo d’occhio i tipi di pasta e legumi secchi messi in vendita. Motivo per cui anche le prime confezioni Barilla in cartone, del Dopoguerra, avevano comunque una finestrella trasparente in cellophane. In esposizione anche la prima confezione a righe bianco-azzurre, design abbandonato a metà degli anni Cinquanta per passare a scatole blu con logo rosso. Accanto a questi cimeli, c’è anche spazio per gli slogan e i manifesti degli anni Cinquanta, come il manifesto della “Gallina cubista” che ricorda come la pasta all’uovo Barilla avesse “cinque uova per ogni chilogrammo”. L’esposizione prosegue con un Catalogo del pastificio Barilla, la cui copertina è stata disegnata da Carboni per la Campagna “Con Pasta Barilla è sempre Domenica”, che, nel 1952, vinse la Palma d’Oro della pubblicità. Dal 1952 al 1960 Carboni si occupò di tutta l’immagine coordinata del gruppo. A cominciare dal logo aziendale, il brand incorniciato nell’ovale, arrivato ai giorni nostri, con un’ultima revisione nel 2022, fino al colore azzurro-blu che contraddistingue il brand, oltre a curare manifesti, cataloghi, slogan, pagine dei giornali e le locandine da negozio. E oggi Barilla con questa iniziativa omaggia Erberto Carboni la cui eredità vive ancora oggi nella comunicazione di questa azienda.

L’iniziativa di Barilla rientra nell’ambito di “Parma 360 gradi”, festival della creatività contemporanea che per circa due mesi prevede esposizioni e iniziative diffuse sul territorio con l’obiettivo di promuovere e incoraggiare l’arte contemporanea e i suoi principali protagonisti, valorizzando anche il patrimonio artistico parmense.

Anicav: sostegno per la Igp a pomodoro pelato Napoli, varebbe 1,5 mld

Anicav: sostegno per la Igp a pomodoro pelato Napoli, varebbe 1,5 mld


Anicav: sostegno per la Igp a pomodoro pelato Napoli, varebbe 1,5 mld – askanews.it



Anicav: sostegno per la Igp a pomodoro pelato Napoli, varebbe 1,5 mld – askanews.it




















Milano, 30 mar. (askanews) – Sostegno per il riconoscimento dell’Indicazione geografica protetta del pomodoro pelato di Napoli, il cui iter di approvazione, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è in attesa dell’ultimo step: la registrazione comunitaria. Un percorso che, una volta completato, garantirebbe tutela e valorizzazione per uno dei prodotti più rappresentativi della cultura gastronomica italiana, soprattutto all’estero, oltre che un significativo aumento del valore economico per l’intera filiera. Di questo si è discusso durante un dibattito organizzato a Cibus Connecting Italy a Parma, a cui hanno partecipato Anicav, Coldiretti Campania e Italia Ortofrutta.

In termini numerici, sono destinate alla produzione di pomodoro pelato circa 950 mila tonnellate di prodotto trasformato nelle cinque regioni dell’area Igp con un fatturato che sfiora 1,5 miliardi di euro, di cui oltre un miliardo deriva dall’export. La nuova Indicazione geografica andrebbe certamente a collocare il pomodoro pelato di Napoli tra i prodotti DOP/IGP più conosciuti e venduti insieme a Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Mozzarella di bufala e Aceto balsamico. “Accogliamo con favore l’entusiasmo e il completo sostegno espressi oggi dal mondo agricolo – dichiara Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav – La sinergia di tutta la filiera è fondamentale per arrivare a questo importante obiettivo e superare inutili campanilismi. Ribadiamo il nostro pieno sostegno al Comitato promotore guidato dal presidente Lino Cutolo e aspettiamo con grande fiducia di vedere completato un percorso che potrà dare nuova spinta ai consumi, purtroppo in calo rispetto ad altre tipologie di conserve di pomodoro, di una vera e propria eccellenza dell’agroalimentare italiano”. “Siamo certi – conclude De Angelis – che l’Igp porterà grandi vantaggi non solo al mondo industriale, ma anche a tutti i produttori agricoli delle aree vocate alla coltivazione del pomodoro allungato. Oggi, tutti insieme, abbiamo ribadito l’importanza di andare uniti nella stessa direzione, nell’interesse dell’intera filiera, a sostegno di un prodotto emblema del made In Italy nel mondo”.

Consorzio Parmigiano: in Colombia stop al “Parmesano snack” di Alpina

Consorzio Parmigiano: in Colombia stop al “Parmesano snack” di Alpina


Consorzio Parmigiano: in Colombia stop al “Parmesano snack” di Alpina – askanews.it



Consorzio Parmigiano: in Colombia stop al “Parmesano snack” di Alpina – askanews.it



















Milano, 30 mar. (askanews) – Mentre è ancora calda la polemica sul Parmigiano Reggiano e la sua produzione all’estero, arriva una decisione dalla Colombia a favore della tutela della Dop italiana nel paese latino-americano. Grazie, infatti, all’opposizione formale del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano, incaricato della tutela della Dop in tutto il mondo, è stato fermato il sesto tentativo del gruppo colombiano Alpina di registrare il marchio “Parmesano” in Colombia.

La Sovrintendenza all’industria e al commercio ha emesso un provvedimento per la tutela delle Indicazioni geografiche nel paese latino-americano, negando la registrazione del marchio misto “Alpina Parmesano snack” sulla base della Denominazione d’origine protetta. Questa decisione riconferma dunque l’importanza dell’accordo di libero scambio concluso dall’Unione Europea con Colombia, Perù ed Ecuador, che ha consentito di riconoscere la protezione della Dop Parmigiano Reggiano nei paesi andini. La Sovrintendenza, confermando così la decisione emessa in prima istanza, ha infatti ritenuto che la protezione delle Denominazioni d’origine sia sufficientemente ampia da far sì che l’impedimento alla registrazione non si limiti alla semplice riproduzione letterale del loro nome, ma anche a qualsiasi tipo di imitazione, anche solo evocativa. Pertanto, ha stabilito che il marchio richiesto, rivendicato per latte, prodotti lattiero caseari e specialmente snack a base di formaggio, includendo la parola “Parmesano”, fosse evocativo della Dop Parmigiano Reggiano e quindi non registrabile. In risposta alle argomentazioni di Alpina, la Sovrintendenza ha sottolineato che il termine “Parmesano” non può essere considerato di uso comune nel commercio per identificare qualsiasi tipo di formaggio, poiché l’articolo 220 della Decisione Andina 486 del 2000, ovvero la normativa applicabile in Colombia e nella Comunità Andina in materia di proprietà intellettuale, stabilisce che le Denominazioni d’origine non sono considerate comuni o generiche finché la loro protezione sussiste nel Paese d’origine.

Inoltre, la Sovrintendenza ha ritenuto che il marchio richiesto fosse potenzialmente ingannevole poiché, a causa del prestigio e della fama del Parmigiano Reggiano nel mercato alimentare, l’inserimento della parola “Parmesano” potrebbe indurre in errore i consumatori sull’origine e sulle caratteristiche del prodotto di Alpina. Nel 2008, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che solo il formaggio Parmigiano Reggiano Dop può essere venduto con la denominazione Parmesan all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, la normativa che protegge il nome Parmigiano Reggiano all’interno dell’UE non vale in tutti i Paesi del mondo, aprendo la porta a usi non corretti del nome per formaggi prodotti negli Stati Uniti e in altri Paesi. Il Consorzio stima che il giro d’affari del falso Parmesan fuori dall’Unione europea sia di 2 miliardi di euro, circa 200mila tonnellate di prodotto, ossia oltre 3 volte il volume del Parmigiano Reggiano esportato.

“Dopo la vittoria ottenuta a marzo 2022 in Ecuador, prosegue la lotta globale del Consorzio contro l’uso illegittimo del termine Parmesan – ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio – La decisione della Sovrintendenza all’Industria e al Commercio rappresenta una vittoria importante per il sistema delle Indicazioni geografiche nel continente americano, poiché viene ribadita l’importanza fondamentale del legame tra prodotto, territorio e Denominazione di origine. Questa decisione è un’ulteriore pietra miliare su cui costruire una strategia più ampia a livello globale, che andrà a beneficio non solo della Dop Parmigiano Reggiano, ma di tutte le Indicazioni Geografiche”.

Illycaffè, Schocchia: accelereremo crescita su estero, focus su Usa e Cina

Illycaffè, Schocchia: accelereremo crescita su estero, focus su Usa e Cina


Illycaffè, Schocchia: accelereremo crescita su estero, focus su Usa e Cina – askanews.it



Illycaffè, Schocchia: accelereremo crescita su estero, focus su Usa e Cina – askanews.it




















Milano, 30 mar. (askanews) – “Il caffè illy, grazie alla sua qualità superiore e sostenibile, rappresenta un’eccellenza del made in Italy, che vogliamo continuare a valorizzare, accelerando ulteriormente la nostra crescita sui mercati internazionali”. Dopo l’approvazione del bilancio 2022, Cristina Scocchia, amministratrice delegata di illycaffè, in una nota parla delle strategie di crescita che nel futuro riguarderanno il gruppo triestino. Come anticipato al Sole 24 Ore, l’interesse è per una crescita “in America, che oggi vale circa un quinto del fatturato e che prevediamo possa raddoppiare: i ricavi 2022 segnano +27,4%, e anche al netto del rafforzamento del dollaro parliamo di un aumento a doppia cifra” e poi la Cina. “E’ per noi un mercato ancora piccolo – ha detto – per il quale vogliamo ridisegnare completamente l’approccio. Valuteremo se muoverci da soli o appoggiandoci a un distributore locale”.

Nel complesso l’ad si ritiene “molto soddisfatta di aver raggiunto il miglior risultato degli ultimi dieci anni nonostante il contesto macro-economico sfidante. Il 2022 ha rappresentato un importante traguardo verso il raggiungimento dei nostri obiettivi strategici: quest’anno tutti i mercati e tutti i canali hanno contribuito alla crescita, sia dei ricavi che dell’Ebitda. Questi risultati confermano la solidità della direzione strategica che abbiamo intrapreso”.