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Cina approva la nuova legge sui dazi doganali

Cina approva la nuova legge sui dazi doganaliRoma, 26 apr. (askanews) – I legislatori cinesi hanno approvato oggi formalmente la nuova legge sui dazi doganali. L’ha annunciato il Congresso nazionale del popolo.


La legge, adottata durante una sessione del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, l’organo legislativo nazionale, entrerà in vigore il primo dicembre 2024. La norma “conferma la stabilità di base del sistema tariffario esistente, mantenendo invariato il livello complessivo della pressione fiscale”, secondo il dispaccio del congresso.


Ma, al di là della compassata presentazione formale, la nuova norma rapresenta una degli strumenti a disposizione di Pechino nel conflitto commerciale con gli Stati uniti e l’Europa. All’interno sono contenuti parametri legali entro i quali stabilire i dazi, gli incentivi e i dinieghi nei confronti dei paesi con cui sono aperte vertenze commerciali, La Cina è nel mirino degli Usa e dell’Unione europea per la sua sovra-capacità produttiva. Attualmente Bruxelles ha aperto alcune indagini anti-dumping – in particolare sulle auto elettriche, pannelli solari e dispositivi medici – con la possibilità di imporre nuove tariffe d’importazione. Dal canto suo, Pechino ha risposto aprendo un’inchiesta sulle importazioni di brandy dall’Ue.

Toyota: nel 2023 mancato di poco obiettivo produzione auto

Toyota: nel 2023 mancato di poco obiettivo produzione autoRoma, 26 apr. (askanews) – La casa automobilistica giapponese Toyota Motor ha dichiarato che la sua produzione globale nell’anno fiscale 2023 è cresciuta del 9,2% rispetto all’anno precedente raggiungendo la cifra record di 9,97 milioni di veicoli, ma non ha raggiunto l’obiettivo di oltre 10 milioni di vetture.


La produzione all’estero nell’anno terminato a marzo è aumentata del 5% raggiungendo la cifra record di 6,66 milioni, aiutata dalla forte domanda in Nord America ed Europa, ha affermato la società. La produzione in Giappone è aumentata del 18,7% a 3,31 milioni di veicoli grazie alla forte domanda post-pandemia.


A incidere in negativo sulla produzione, tuttavia, è stato lo scandalo scoppiato a inizio anno, quando una delle controllate – Toyota Industries – ha dovuto ammettere una manipolazione dei dati sui motori. Inoltre, anche un’altra controllata, la Daihatsu Motor che costruisce modelli piccoli, ha ammesso manipolazione dei dati sui test della sicurezza. Le vendite globali a marchio Toyota per l’anno sono aumentate del 7,3% raggiungendo il record di 10,31 milioni di unità, superando i 10 milioni per la prima volta su base annuale, aiutate dalle solide prestazioni in Nord America, Europa e Giappone.


La cifra record è arrivata con le vendite all’estero, che sono aumentate del 7% raggiungendo la cifra record di 8,78 milioni di unità, mentre la casa automobilistica ha incrementato le vendite delle versioni ibride di modelli popolari come la Corolla e la RAV4 in Nord America ed Europa. Le vendite nazionali sono aumentate dell’8,7% a 1,53 milioni di veicoli, anche se la società ha notato che gli scandali nelle aziende del gruppo hanno avuto un impatto negativo.


Le vendite mondiali globali del gruppo per l’anno fiscale, comprese quelle di Daihatsu e della filiale di autocarri Hino Motors, sono aumentate del 5% raggiungendo la cifra record di 11,09 milioni di unità.

Honda investe 10 mld euro in Canada per auto elettriche e batterie

Honda investe 10 mld euro in Canada per auto elettriche e batterieRoma, 26 apr. (askanews) – La casa automobilistica giapponese Honda Motor ha annunciato oggi in un comunicato un investimento da 15 miliardi di dollari canadesi, oltre 10 miliardi di euro, in Canada per la costruzione di una “catena di valore” nel settore dell’auto elettrica. Si tratta per il paese nordamericano del più grande investimento automobilistico in arrivo nella sua storia.


Honda punta a costruire un grande impianto di costruzione a assemblaggio di batterie e auto elettriche per alimentare il mercato nordamericano, considerato in grande ascesa, in un momento in cui la richiesta di auto elettriche è prevista in forte crescita nei prossimi anni. L’annuncio ufficiale – in parte già anticipato nei giorni scorsi – è stato dato dall’amministratore delegato della casa automobilistica, Toshihiro Mibe, con il primo ministro canadese Justin Trudeau. “Stiamo facendo progressi nelle nostre iniziative globali verso la realizzazione dell’obiettivo di neutralità carbonica entro il 2050. In Nord America, in seguito all’iniziativa volta a stabilire la capacità del nostro sistema di produzione di veicoli elettrici negli Usa, avvieremo ora discussioni formali per la creazione di una catena del valore completa dei veicoli elettrici, con il sostegno dei governi del Canada e dell’Ontario. Rafforzeremo il nostro sistema e le nostre capacità di fornitura di veicoli elettrici con un occhio verso un futuro aumento della domanda di veicoli elettrici in Nord America”, ha commentato il CEO Mibe.


L’impianto di produzione delle auto elettriche e quello delle batterie potrebbe essere localizzato ad Alliston, in Ontario. Sono previste le costituzioni di joint venture con la POSCO Future (per precursori e materiali dei catodi attivi) e con Asahi Kasei (per i separatori delle batterie). Verranno dati in seguito ulteriori annunci per queste JV. La Honda prevede che la produzione di auto elettriche inizi nel 2028. Una volta pianamente operativo, l’impianto avrà una produzione di 240mila vetture all’anno, mentre l’impianto per le batterie una capacità di 36GWh annui. La casa giapponese prevede di dare lavoro nei due impianti esistenti in Ontario a 4.200 dipendenti in totale con l’aggiunta di un migliaio di posti di lavoro in più nei nuovi impianti dell’Ontario, oltre a ulteriore occupazione nell’indotto. Nei prossimi sei mesi dovrebbero essere finalizzati gli accordi con i partner nelle joint venture.


Nel tentativo di realizzare la neutralità delle emissioni di carbonio per tutti i suoi prodotti e le sue attività aziendali entro il 2050, Honda si è posta l’obiettivo di far sì che i veicoli a nuova energia rappresentino il 100% delle sue vendite entro il 2040. Come primo passo verso il raggiungimento di questo obiettivo di elettrificazione in Nord America, Honda ha posizionato i suoi stabilimenti di produzione automobilistica esistenti nello stato dellOhio negli Stati uniti come hub di produzione per veicoli elettrici, inclusa la riorganizzazione degli impianti esistenti, un investimento di 700 milioni di dollari e la costruzione di un impianto di batterie per veicoli elettrici in joint venture con LG Energy Solution, con un investimento previsto di 4,4 miliardi di dollari.


L’hub per veicoli elettrici dell’Ohio fungerà da base per la futura produzione di veicoli elettrici e di batterie per veicoli elettrici, condividendo conoscenze e competenze con altri stabilimenti Honda nel Nord America, compresi i nuovi stabilimenti di assemblaggio di veicoli elettrici e batterie in Ontario. Come secondo passo in questa iniziativa, Honda si impegnerà a stabilire una catena del valore completa dei veicoli elettrici che includa tutti gli aspetti della produzione di veicoli elettrici in Canada, dall’approvvigionamento di materie prime principalmente per le batterie, alla produzione di veicoli elettrici finiti. Inoltre, con un occhio all’uso secondario e al riciclaggio delle batterie, Honda realizzerà una creazione di valore a basse emissioni di carbonio durante lintero ciclo di vita della batteria. Il Canada, seguendo l’esempio degli Stati uniti, sta perseguendo un’aggressiva politica di crediti d’imposta, a cui Honda intende accedere. Il governo Trudeau la scorsa settimana ha introdotto un nuovo credito d’imposta per le imprese pari al 10% della costruzione di nuove strutture insegmenti chiave della catena di fornitura dei veicoli elettrici. Per Honda si parla di 2,5 miliardi di CAD (1,7 miliardi di euro).

Giappone: dopo decisione BoJ, yen ancora più giù

Giappone: dopo decisione BoJ, yen ancora più giùRoma, 26 apr. (askanews) – Lo yen è sceso bruscamente a 156 per un dollaro oggi, dopo che la Banca del Giappone nella riunione mensile del Consiglio monetario ha mantenuto la sua politica monetaria.


La valuta nipponica è ai suoi minimi da 34 anni a questa parte, in uno smottamento che non sembra avere fine dopo la precedente riunione del policy board della banca centrale della quarta economia mondiale. Nonostante fosse previsto che il Consiglio monetario della BoJ avrebbe confermato i tassi overnight in una banda d’oscillazione tra lo 0 e lo 0,1%, i mercati hanno reagito alla decisione della banca di mantenere la barra diritta, in un momento in cui il governo del premier Fumio Kishida non esclude propri interventi a sostegno della valuta. Questo tasso era stato deciso nella precedente riunione del 19 marzo.


La BoJ ha anche spiegato che continuerà ad acquistare i bond governativi giapponesi (JGB) in accordo alle decisioni assunte nella riunione di politica monetaria di marzo. L’istituto centrale possedeva il 54% dei JGB alla fine del 2023, contribuendo ad abbassare i tassi a lungo termine ma rendendo il mercato obbligazionario illiquido. La BOJ ha accresciuto negli ultimi due gli acquisti, cercando d’impedire l’aumnto dei rendimenti dei decennali, nonostante la pressione inflazionistica.


Le proiezioni sull’inflazione sono state aumentate, al 2,8% dal 2,4% per l’anno fiscale 2024 e all’1,9% dall’1,8% per l’anno fiscale 2025. Per l’anno fiscale 2026, la banca centrale prevede l’1,9% dell’inflazione dei consumatori, suggerendo che la BOJ si sta avvicinando al suo obiettivo politico di mantenere l’inflazione al 2% o superiore “in modo sostenibile e stabile”. Gli anni fiscali giapponesi iniziano ad aprile. Si tratta di un dato considerato auspicabile sia dall’esecutivo sia dalla banca centrale, che puntano a un’uscita dalla mentalità deflazionistica che ha caratterizzato l’economia nipponica negli ultimi tre decenni grazie a una viva dinamica prezzi-salari.


I mercati si aspettano che i tassi statunitensi rimangano più alti più a lungo a seguito di una serie di forti dati sull’inflazione. Anche se il prodotto interno lordo degli Stati Uniti nel primo trimestre potrebbe essersi raffreddato più del previsto, secondo i dati pubblicati giovedì si è mantenuto comunque a un ritmo sostenuto. L’indicatore dell’inflazione preferito dalla Federal Reserve, l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali, sarà pubblicato oggi, con gli economisti che si aspettano che i prezzi siano aumentati a marzo. Con il deprezzamento dello yen, i mercati anche con le orecchie tese a quanto farà il governo. Ancora ieri il ministro delle Finanze Shunichi Suzuki ha detto che “sta osservando i movimenti del mercato con un forte senso di urgenza”, suggerendo che una mossa potrebbe essere imminente. La settimana scorsa i capi delle finanze di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud hanno espresso preoccupazione per il deprezzamento dello yen e del won, lasciando intendere che i due paesi asiatici sono pronti ad intervenire.

IA, SenseTime ferma contrattazioni in borsa Hong Kong

IA, SenseTime ferma contrattazioni in borsa Hong KongRoma, 24 apr. (askanews) – Il gigante dell’intelligenza artificiale cinese SenseTime oggi ha interrotto le contrattazioni delle sue azioni sulla piazza di Hong Kong con una nota, in attesa di “un annuncio”, mentre i titoli dell’azienda erano saliti di quotazione del 30%.


Lo stop alle contrattazioni viene dopo che il fondatore Xu Li, ieri, ha annunciato il lancio di un modello linguistico ampio (LLM) – SenseNova 5.0 – dalle capacità, a suo dire, comparabili a quelle di ChatGPT di OpenAI. SenseTime, che ha la sua sede a Hong Kong, ha sospeso le negoziazioni alle 11:15 locali – in attesa della “pubblicazione di un annuncio che potrebbe costituire informazioni interne dell’azienda” – dopo che le sue azioni avevano guadagnato fino al 36% prima di chiudere con un aumento del 31,2%.


In Cina c’è una vera e propria frenesia rispetto ai modelli linguistici ampi d’”intelligenza artificiale”. Attualmente ne sono stati sviluppati e messi sul mercato più di 200.

Cina: nessun eccesso capacità produttiva, Occidente è protezionista

Cina: nessun eccesso capacità produttiva, Occidente è protezionistaRoma, 24 apr. (askanews) – La Cina respinge l’accusa occidentale di generare sovracapacità produttiva, che sarà uno degli argomenti che il segretario di Stato Usa Antony Blinken porterà nella sua visita nella Repubblica popolare, accusando di protezionismo i paesi occidentali che pongono la questione dell’”eccesso di capacità” cinese.


Quella della sovraccapacità è un’accusa “completamente infondata”, alla quale Pechino si “oppone fermamente”, ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella sua quotidiana conferenza stampa. Wang ha citato a esempio l’industria delle energie rinnovabili, che è anche nel mirino di un’indagine Ue. La capacità produttiva dell’industria delle nuove energie in Cina “rappresenta una capacità avanzata necessaria per promuovere lo sviluppo verde, non un eccesso” ha detto il portavoce cinese, ricordando che, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica le vendite globali di veicoli elettrici dovranno raggiungere circa 45 milioni di unità entro il 2030, 4,5 volte il livello del 2022, e anche la richiesta di installazione di fotovoltaici dovrà aumentare significativamente. “Il problema-chiave che il mondo deve affrontare oggi non è un eccesso di capacità nelle nuove energie, ma una grave carenza”, ha segnalato Wang. “Le tecnologie verdi della Cina e i prodotti verdi, in particolare lo sviluppo dell’industria delle nuove energie, rispondono alla necessità dei paesi di mitigare la crisi energetica e affrontare il cambiamento climatico, e contribuiranno significativamente alla trasformazione verde e a basso contenuto di carbonio a livello globale”.


Secondo Pechino, ha proseguito Wang Wenbin, “il rapido sviluppo dell’industria delle nuove energie in Cina è in linea con le leggi economiche e i principi di mercato, e non è il risultato di sovvenzioni”. In questo mercato, “l’industria cinese è partita in anticipo, ha creato un vantaggio tecnologico attraverso investimenti a lungo termine in ricerca e sviluppo, e ha costruito un vantaggio competitivo complessivo su una forte capacità industriale complementare, un mercato di vasta scala e abbondanti risorse umane”. Le parole del portavoce richiamano quelle recenti del primo ministro Li Qiang, il quale ha sostenuto che il vantaggio dell’industria delle nuove energie della Cina è stato ottenuto attraverso “veri meriti, formati attraverso una piena concorrenza di mercato, e non attraverso sovvenzioni governative”.


In questo senso, l’accusa alla Cina di fare dumping e di eccesso di capacità è conseguenza di un approccio “protezionistico” da parte dei paesi occidentali, secondo Wang. D’altronde, ha continuato il portavoce, “la quota di esportazione di veicoli elettrici della Cina sul totale della produzione è molto inferiore a quella di Germania, Giappone, Corea del Sud e altri principali paesi produttori di automobili, e i prezzi di esportazione sono in linea con le leggi di mercato, senza alcun dumping”. Il mondo – ha concluso Wang – “non ha bisogno che la Cina riduca la produzione, ma ha bisogno di più capitali e prodotti per accelerare la transizione energetica e eliminare la povertà”. Su questo, Pechino è disposta a “lavorare con tutte le parti per mantenere una concorrenza equa e realizzare benefici reciproci e guadagni condivisi”, nella speranza che i paesi interessati mantengano “un atteggiamento aperto, rispettino i principi dell’economia di mercato e le regole del commercio internazionale, e offrano un ambiente commerciale equo, trasparente, aperto e non discriminatorio per le imprese cinesi”.

Aperta nuova indagine Ue su appalti Cina per dispositivi medici

Aperta nuova indagine Ue su appalti Cina per dispositivi mediciRoma, 24 apr. (askanews) – L’Unione Europea ha attivato una nuova procedura d’indagine nei confronti della Cina in relazione alla possibilità per le aziende europee produttrici di dispositivi medici di accedere agli appalti pubblici nella Repubblica popolare,ipotizzando che alcune pratiche e norme in vigore nel paese asiatico diano luogo “a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione”.


L’indagine è stata aperta nell’ambito dello Strumento per gli appalti internazionali (IPI), adottato nel giugno 2022 coin l’obiettivo di aprire i mercati esteri degli appalti chiusi alle aziende Ue. Si tratta di un ulteriore tassello in un quadro più articolato di indagini e provvedimenti in relazione alle politiche cinesi. Particolarmente caustica per Pechino è l’indagine di alto profilo aperta lo scorso ottobre contro i sussidi di stato forniti dalla Cina ai produttori di auto elettriche. Inoltre, nel mirino sono finiti anche i pannelli solari. La Cina ha già reagito a queste indagini accusando l’Ue di “atti protezionistici che danneggiano l’ambiente di giusta competizione in nome della giusta competizione”.


La nuova indagine è stata presentata in una nota della Gazzetta ufficiale Ue. In essa, si punta il dito, in particolare, sull’articolo 10 della legge sugli appalti pubblici della Repubblica popolare cinese, che attua la politica “compra cinese” e stabilisce che gli enti pubblici acquistano beni, servizi e lavori esclusivamente nazionali, salvo tre casi: quando i beni, i servizi e i lavori non sono disponibili nel territorio della Rpc o non sono disponibili a condizioni commerciali ragionevoli; quando i beni, i servizi e i lavori oggetto dell’appalto sono destinati a essere utilizzati al di fuori della Cina; se diversamente specificato da altre disposizioni legislative e regolamentari. Anche le iniziative di promozione degli acquisti locali attuate dalle autorita’ locali favoriscono i prodotti fabbricati localmente. Inoltre, l’Ue ha acceso un faro sulla strategia “Made in China 2025” promossa da Pechino, che prevede un requisito secondo cui l’acquisto da parte degli ospedali di dispositivi medici di media e alta gamma di produzione nazionale dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2020 e il 70% entro il 2025.


Altre norme su cui si focalizza l’indagine sono la comunicazione n. 551 del 2021 sui criteri di esame e orientamento per gli appalti pubblici di prodotti importati, secondo cui le autorita’ locali devono aumentare il tasso di acquisto nazionale di 315 prodotti, di cui 178 sono dispositivi medici (per 137 è imposto l’obbligo di acquistare il 100 % di prodotti nazionali); e la comunicazione Guo Ban Fa del 2015 n. 34 sulla riforma del sistema medico e sanitario, che impone agli ospedali pubblici di dare priorità ai dispositivi medici nazionali e promuove l’acquisto di dispositivi medici nazionali di elevato valore nell’ambito di una procedura di appalto centralizzata. Secondo l’ipotesi da cui parte l’indagine, ancora, Pechino cerca di limitare gli appalti di beni importati, compresi i dispositivi medici, mediante misure amministrative che stabiliscono norme e procedure più severe per gli appalti di prodotti importati che per gli appalti di prodotti nazionali, oltre a “imporre condizioni, negli appalti centralizzati di dispositivi medici, che portano a offerte anormalmente basse che non sono sostenibili per imprese a scopo di lucro”.


La Commissione europea, nella sua valutazione preliminare inserita nella nota, ha affermato che “le suddette misure e pratiche restrittive sulle importazioni creano uno svantaggio significativo e sistemico per gli operatori economici, i beni e i servizi dell’Unione, in quanto favoriscono sistematicamente l’acquisto di prodotti nazionali a scapito di quelli importati o rendono soggetta a procedure discriminatorie la partecipazione degli operatori economici dell’Unione agli appalti”. Impedendo l’acquisto di dispositivi medici importati tranne quando, ad esempio, i dispositivi da acquistare non sono disponibili nel territorio della Repubblica popolare cinese, “tali restrizioni e pratiche all’importazione – continua la valutazione dell’esecutivo Ue – privano i produttori dell’Unione di dispositivi medici di qualsiasi opportunità commerciale, o almeno di opportunità significative, nel mercato degli appalti della Rpc. Tale impatto negativo è ulteriormente inasprito dalla definizione di obiettivi di acquisto nazionale per le amministrazioni aggiudicatrici”. Inoltre, anche quando è concesso l’accesso al mercato, “vengono spesso imposte condizioni che privano i produttori dell’Unione di un’equa possibilità di partecipazione, come l’obbligo di dare accesso alle loro tecnologie”. Queste misure e pratiche “sono stabilite in atti legislativi, regolamentari o amministrativi di applicazione generale o applicate nella pratica su base regolare, dunque hanno un effetto ricorrente”. Il mercato della tecnologia medica della Cina è stato stimato valere oltre 135 miliardi di euro nel 2022, secondo uno studio dell’Istituto Mercator per gli Studi sulla Cina. L’indagine deve concludersi entro nove mesi. Il governo cinese “è invitato a presentare il proprio parere e a fornire informazioni pertinenti in merito alle presunte misure e pratiche” ed è “inoltre invitato ad avviare consultazioni con la Commissione al fine di eliminare o porre rimedio alle presunte misure e pratich”, secondo quanto afferma il documento pubblicato in Gazzetta. Se le valutazioni preliminari della Commissione dovessero essee confermate, le aziende cinesi del settore potrebbero vedere declassate le loro candidature per gli appalti nel mercato unico. otrebbero anche essere escluse dagli appalti nell’Ue.

Legge Usa anti-TikTok, ByteDance promette battaglia legale

Legge Usa anti-TikTok, ByteDance promette battaglia legaleRoma, 24 apr. (askanews) – TikTok, il social network più amato dai giovanissimi, è diventato uno dei maggiori ostacoli nelle relazioni tra Stati uniti e Cina. Nelle ultime ore il Senato ha approvato, all’interno di un pacchetto più ampio di misure, anche il provvedimento “sell-or-ban” nei confronti di ByteDance, la società cinese proprietaria della piattaforma di brevi video. Si tratta di un passaggio che porterà poi la norma sul tavolo del presidente Joe Biden, il quale ha già detto di volerla promulgare, mentre la piattaforma cinese promette una battaglia legale.


La legge prevede che ByteDance debba vendere la piattaforma, se vuole restare sul mercato Usa. E’ stata inserita nel pacchetto più ampio da 95 miliardi di dollari, in cui sono compresi anche aiuti all’Ucraina e a Israele ed è stata approvata con 79 voti a favore contro 18. Oggi Biden dovrebbe firmare il provvedimento. La situazione, dal punto di vista di TikTok, è precipitata quando la scorsa settimana la Camera dei Rappresentanti – a maggioranza repubblicana – ha deciso di bruciare i tempi inserendo il provvedimento all’interno del pacchetto di misure ad alta priorità. Secondo alcuni osservatori, a spingere la Camera a indurire la posizione sarebbe stata l’asfissiante lobbying messa in piedi dalla parte cinese.


Come contentino a ByteDance è stata offerta una dilazione dei tempi per la vendita: non più sei mesi come nella precedente versione, ma nove mesi più tre nel caso in cui la vendita fosse in corso. Questo perché si tratta di un’operazione da diverse decine di miliardi di dollari. L’approvazione viene in un momento importante. Proprio oggi inizia la visita del segretario di stato Usa Antony Blinken in Cina, che proseguirà fino al 26 aprile. Indubbiamente nei colloqui di alto livello che il capo della diplomazia americana terrà, sarà posta anche la questione di TikTok sulla quale il ministero degli Esteri cinese ha già espresso ostilità. Il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu ha detto che la misura “mette gli Stati Uniti dalla parte sbagliata dei principi della concorrenza leale e delle regole del commercio internazionale”. E ha aggiunto: “Il modo in cui gli Stati Uniti hanno gestito la vicenda TikTok consente al mondo di vedere chiaramente se le ‘regole’ e l”ordine’ degli Stati uniti servono il mondo intero o solo gli Stati Uniti”.


Il provvedimento è stato giustificato dai legislatori con il timore che TikTok sia uno strumento per ottenere informazioni sugli utenti americani, che sono 170 milioni. TikTok ha già annunciato che si appellerà ai tribunali contor il provvedimento, sostenendo che la norma viola i diritti di libertà di parola dei suoi utenti, visto che un nuovo proprietario potrebbe cambiare le politichhe di contenuto dell’app. Sostanzialmente, secondo gli esperti, siappoggerà al Primo Emendamento. “Per fortuna abbiamo una Costituzione in questo paese e i diritti del Primo Emendamento sono molto importanti”, ha detto – secondo il New York Times – Michael Beckerman, vicepresidente per le politiche pubbliche di TikTok.


Qualche speranza la piattaforma cinese la nutre. Quando era presidente, Donald Trump ha cercato di imporre una vendita o un divieto dell’app nel 2020, ma i giudici federali l’hanno bloccato. Il Montana ha cercato di vietare TikTok nello stato l’anno scorso a causa della proprietà cinese dell’app, ma un giudice federale diverso si è pronunciato contro la legge statale per motivi simili. Solo una restrizione su apparati pubblici ha resistito al vaglio dei tribunali. Quando il governatore del Texas ha annunciato un divieto dell’app sui dispositivi e sulle reti del governo statale nel 2022 a causa della sua proprietà cinese, docenti delle università pubbliche hanno contestato il divieto in tribunale, sostenendo che limitava la loro libertà di ricerca. Un giudice federale ha tuttavia confermato il divieto statale a dicembre, trovando che fosse una “restrizione ragionevole” alla luce delle preoccupazioni del Texas e della portata ristretta che riguarda solo i dipendenti statali. Opposizione al provvedimento è venuta anche da altre voci. L’American Civil Liberties Union (ACLU) ha contestato il linguaggio vago della norma, che rischia di essere interpretata in maniera estensiva. Preoccupazione viene anche e soprattutto dai creator di TikTok, che con l’app cinese ci lavorano. Alcini di loro hanno protestato di fronte al Campidoglio.

Delude la più grande IPO dell’anno alla Borsa di Hong Kong

Delude la più grande IPO dell’anno alla Borsa di Hong KongRoma, 23 apr. (askanews) – E’ stato deludente lo sbarco in borsa del gigante del bubble tea Sichuan Baicha Baidao, la catena nota anche come ChaPanda. La sua quotazione oggi sul mercato di Hong Kong è sceso fino al 40% del prezzo stabilito per l’IPO, dando un segnale negativo per l’attività di quotazione nella borsa dell’ex colonia britannica, che vive un momento di difficoltà.


Le azioni sono state aperte a 15,74 dollari di Hong Kong (1,88 euro), il 10% in meno rispetto al prezzo dell’IPO di 17,50 HKD (2,1 euro). Il prezzo è poi sceso quasi del 40% nelle contrattazioni di metà giornata e ha chiuso a 12,80 HKD (1,53 euro), in calo del 27%. Anche il Tianjin Construction Development Group, un costruttore privato con sede nella città portuale cinese del nord da cui prende il nome, ha avuto una IPO deprimente oggi, perdendo fino al 39% rispetto al prezzo di partenza.


Entrambe i leader delle due aziende hanno evitato di esporsi, poi, nella consueta conferenza stampa prevista dopo la quotazione. Su ChaPanda, in particolare, c’erano attese. Il mercato del tè è particolarmente vivace in Cina, con un alto tasso di competizione. La compagnia ha raccolto circa 2,6 miliardi HKD (311,4 milioni di euro), senza contare l’eventuale utilizzo di un’opzione di sovrallocazione.


Il risultato scadente pone ostacoli ai piani dell’amministrazione del territorio semi-autonomo, che vuole rafforzare l’impronta della Borsa di Hong Kong nell’economia, soprattutto rilanciando il mercato delle IPO. Il Chief Administrator di Hong Kong, John Lee Ka-chiu, proprio oggi ha ribadito la volontà del governo dell’ex colonia britannica di sostenere le aziende cinesi che si vogliono quotare a Hong Kong. ChaPanda è stata fondata a Chengdu nel 2008 e ha visto una crescita particolarmente rapida negli ultimi anni. La catena è cresciuta fino a 8.016 punti vendita, secondo l’ultimo conteggio, rispetto ai 500 del 2019. Il suo logo blu e bianco con un panda che sorseggia una tazza di tè può ora essere trovato in tutte le 31 province, regioni autonome e principali municipalità della Cina continentale. Copre il 6,8% del mercato.


Panda offre un’ampia gamma di bevande a base di tè fresche, fruttate e dolci, principalmente mirate ai giovani con prezzi accessibili. Il suo fatturato annuale è stato di 5,7 miliardi di yuan (738 milioni di euro), in aumento del 35% sull’anno, mentre l’utile netto è stato di 1,1 miliardi di yuan(142,5 milioni di euro), in aumento del 19%. I principali concorrenti domestici, tra cui Mixue Bingcheng, Goodme e Auntea Jenny, hanno a lorovo presentato domanda di quotazione a Hong Kong a gennaio, in attesa di approvazione. Il più grande di tutti è il marchio Mixue, che vende bevande e gelati a un prezzo medio di 1 dollaro. È il leader indiscusso con oltre 36.153 sedi in Cina, tre volte più del suo più grande rivale. Il mercato cinese delle bevande fresche dovrebbe raggiungere 512 miliardi di yuan (66,3 miliardi di euro) entro il 2027, raddoppiando rispetto allo scorso anno, secondo China Insights Consultancy.

Lo yen sempre più giù, mai così debole in 34 anni

Lo yen sempre più giù, mai così debole in 34 anniRoma, 23 apr. (askanews) – Lo smottamento dello yen continua con un andamento che potrebbe suggerire alla Banca del Giappone (BoJ) di intensificare il cambio di politica dei tassi, verso un approccio più restrittivo. Oggi la valuta nipponica si è ulteriormente indebolita rispetto al dollaro, che è salito a 154,87 yen, il valore più alto in circa 34 anni da giugno 1990.


Nel mercato dei cambi c’è una crescente convinzione che l’economia statunitense sia forte e le aspettative per un taglio anticipato dei tassi di interesse si stiano allontanando. Questo porta a una maggiore incidenza del differenziale di tasso di interesse tra Giappone e Stati uniti e a una crescente tendenza a vendere yen e comprare dollari.