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IA, SenseTime ferma contrattazioni in borsa Hong Kong

IA, SenseTime ferma contrattazioni in borsa Hong KongRoma, 24 apr. (askanews) – Il gigante dell’intelligenza artificiale cinese SenseTime oggi ha interrotto le contrattazioni delle sue azioni sulla piazza di Hong Kong con una nota, in attesa di “un annuncio”, mentre i titoli dell’azienda erano saliti di quotazione del 30%.


Lo stop alle contrattazioni viene dopo che il fondatore Xu Li, ieri, ha annunciato il lancio di un modello linguistico ampio (LLM) – SenseNova 5.0 – dalle capacità, a suo dire, comparabili a quelle di ChatGPT di OpenAI. SenseTime, che ha la sua sede a Hong Kong, ha sospeso le negoziazioni alle 11:15 locali – in attesa della “pubblicazione di un annuncio che potrebbe costituire informazioni interne dell’azienda” – dopo che le sue azioni avevano guadagnato fino al 36% prima di chiudere con un aumento del 31,2%.


In Cina c’è una vera e propria frenesia rispetto ai modelli linguistici ampi d’”intelligenza artificiale”. Attualmente ne sono stati sviluppati e messi sul mercato più di 200.

Cina: nessun eccesso capacità produttiva, Occidente è protezionista

Cina: nessun eccesso capacità produttiva, Occidente è protezionistaRoma, 24 apr. (askanews) – La Cina respinge l’accusa occidentale di generare sovracapacità produttiva, che sarà uno degli argomenti che il segretario di Stato Usa Antony Blinken porterà nella sua visita nella Repubblica popolare, accusando di protezionismo i paesi occidentali che pongono la questione dell’”eccesso di capacità” cinese.


Quella della sovraccapacità è un’accusa “completamente infondata”, alla quale Pechino si “oppone fermamente”, ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin nella sua quotidiana conferenza stampa. Wang ha citato a esempio l’industria delle energie rinnovabili, che è anche nel mirino di un’indagine Ue. La capacità produttiva dell’industria delle nuove energie in Cina “rappresenta una capacità avanzata necessaria per promuovere lo sviluppo verde, non un eccesso” ha detto il portavoce cinese, ricordando che, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica le vendite globali di veicoli elettrici dovranno raggiungere circa 45 milioni di unità entro il 2030, 4,5 volte il livello del 2022, e anche la richiesta di installazione di fotovoltaici dovrà aumentare significativamente. “Il problema-chiave che il mondo deve affrontare oggi non è un eccesso di capacità nelle nuove energie, ma una grave carenza”, ha segnalato Wang. “Le tecnologie verdi della Cina e i prodotti verdi, in particolare lo sviluppo dell’industria delle nuove energie, rispondono alla necessità dei paesi di mitigare la crisi energetica e affrontare il cambiamento climatico, e contribuiranno significativamente alla trasformazione verde e a basso contenuto di carbonio a livello globale”.


Secondo Pechino, ha proseguito Wang Wenbin, “il rapido sviluppo dell’industria delle nuove energie in Cina è in linea con le leggi economiche e i principi di mercato, e non è il risultato di sovvenzioni”. In questo mercato, “l’industria cinese è partita in anticipo, ha creato un vantaggio tecnologico attraverso investimenti a lungo termine in ricerca e sviluppo, e ha costruito un vantaggio competitivo complessivo su una forte capacità industriale complementare, un mercato di vasta scala e abbondanti risorse umane”. Le parole del portavoce richiamano quelle recenti del primo ministro Li Qiang, il quale ha sostenuto che il vantaggio dell’industria delle nuove energie della Cina è stato ottenuto attraverso “veri meriti, formati attraverso una piena concorrenza di mercato, e non attraverso sovvenzioni governative”.


In questo senso, l’accusa alla Cina di fare dumping e di eccesso di capacità è conseguenza di un approccio “protezionistico” da parte dei paesi occidentali, secondo Wang. D’altronde, ha continuato il portavoce, “la quota di esportazione di veicoli elettrici della Cina sul totale della produzione è molto inferiore a quella di Germania, Giappone, Corea del Sud e altri principali paesi produttori di automobili, e i prezzi di esportazione sono in linea con le leggi di mercato, senza alcun dumping”. Il mondo – ha concluso Wang – “non ha bisogno che la Cina riduca la produzione, ma ha bisogno di più capitali e prodotti per accelerare la transizione energetica e eliminare la povertà”. Su questo, Pechino è disposta a “lavorare con tutte le parti per mantenere una concorrenza equa e realizzare benefici reciproci e guadagni condivisi”, nella speranza che i paesi interessati mantengano “un atteggiamento aperto, rispettino i principi dell’economia di mercato e le regole del commercio internazionale, e offrano un ambiente commerciale equo, trasparente, aperto e non discriminatorio per le imprese cinesi”.

Aperta nuova indagine Ue su appalti Cina per dispositivi medici

Aperta nuova indagine Ue su appalti Cina per dispositivi mediciRoma, 24 apr. (askanews) – L’Unione Europea ha attivato una nuova procedura d’indagine nei confronti della Cina in relazione alla possibilità per le aziende europee produttrici di dispositivi medici di accedere agli appalti pubblici nella Repubblica popolare,ipotizzando che alcune pratiche e norme in vigore nel paese asiatico diano luogo “a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione”.


L’indagine è stata aperta nell’ambito dello Strumento per gli appalti internazionali (IPI), adottato nel giugno 2022 coin l’obiettivo di aprire i mercati esteri degli appalti chiusi alle aziende Ue. Si tratta di un ulteriore tassello in un quadro più articolato di indagini e provvedimenti in relazione alle politiche cinesi. Particolarmente caustica per Pechino è l’indagine di alto profilo aperta lo scorso ottobre contro i sussidi di stato forniti dalla Cina ai produttori di auto elettriche. Inoltre, nel mirino sono finiti anche i pannelli solari. La Cina ha già reagito a queste indagini accusando l’Ue di “atti protezionistici che danneggiano l’ambiente di giusta competizione in nome della giusta competizione”.


La nuova indagine è stata presentata in una nota della Gazzetta ufficiale Ue. In essa, si punta il dito, in particolare, sull’articolo 10 della legge sugli appalti pubblici della Repubblica popolare cinese, che attua la politica “compra cinese” e stabilisce che gli enti pubblici acquistano beni, servizi e lavori esclusivamente nazionali, salvo tre casi: quando i beni, i servizi e i lavori non sono disponibili nel territorio della Rpc o non sono disponibili a condizioni commerciali ragionevoli; quando i beni, i servizi e i lavori oggetto dell’appalto sono destinati a essere utilizzati al di fuori della Cina; se diversamente specificato da altre disposizioni legislative e regolamentari. Anche le iniziative di promozione degli acquisti locali attuate dalle autorita’ locali favoriscono i prodotti fabbricati localmente. Inoltre, l’Ue ha acceso un faro sulla strategia “Made in China 2025” promossa da Pechino, che prevede un requisito secondo cui l’acquisto da parte degli ospedali di dispositivi medici di media e alta gamma di produzione nazionale dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2020 e il 70% entro il 2025.


Altre norme su cui si focalizza l’indagine sono la comunicazione n. 551 del 2021 sui criteri di esame e orientamento per gli appalti pubblici di prodotti importati, secondo cui le autorita’ locali devono aumentare il tasso di acquisto nazionale di 315 prodotti, di cui 178 sono dispositivi medici (per 137 è imposto l’obbligo di acquistare il 100 % di prodotti nazionali); e la comunicazione Guo Ban Fa del 2015 n. 34 sulla riforma del sistema medico e sanitario, che impone agli ospedali pubblici di dare priorità ai dispositivi medici nazionali e promuove l’acquisto di dispositivi medici nazionali di elevato valore nell’ambito di una procedura di appalto centralizzata. Secondo l’ipotesi da cui parte l’indagine, ancora, Pechino cerca di limitare gli appalti di beni importati, compresi i dispositivi medici, mediante misure amministrative che stabiliscono norme e procedure più severe per gli appalti di prodotti importati che per gli appalti di prodotti nazionali, oltre a “imporre condizioni, negli appalti centralizzati di dispositivi medici, che portano a offerte anormalmente basse che non sono sostenibili per imprese a scopo di lucro”.


La Commissione europea, nella sua valutazione preliminare inserita nella nota, ha affermato che “le suddette misure e pratiche restrittive sulle importazioni creano uno svantaggio significativo e sistemico per gli operatori economici, i beni e i servizi dell’Unione, in quanto favoriscono sistematicamente l’acquisto di prodotti nazionali a scapito di quelli importati o rendono soggetta a procedure discriminatorie la partecipazione degli operatori economici dell’Unione agli appalti”. Impedendo l’acquisto di dispositivi medici importati tranne quando, ad esempio, i dispositivi da acquistare non sono disponibili nel territorio della Repubblica popolare cinese, “tali restrizioni e pratiche all’importazione – continua la valutazione dell’esecutivo Ue – privano i produttori dell’Unione di dispositivi medici di qualsiasi opportunità commerciale, o almeno di opportunità significative, nel mercato degli appalti della Rpc. Tale impatto negativo è ulteriormente inasprito dalla definizione di obiettivi di acquisto nazionale per le amministrazioni aggiudicatrici”. Inoltre, anche quando è concesso l’accesso al mercato, “vengono spesso imposte condizioni che privano i produttori dell’Unione di un’equa possibilità di partecipazione, come l’obbligo di dare accesso alle loro tecnologie”. Queste misure e pratiche “sono stabilite in atti legislativi, regolamentari o amministrativi di applicazione generale o applicate nella pratica su base regolare, dunque hanno un effetto ricorrente”. Il mercato della tecnologia medica della Cina è stato stimato valere oltre 135 miliardi di euro nel 2022, secondo uno studio dell’Istituto Mercator per gli Studi sulla Cina. L’indagine deve concludersi entro nove mesi. Il governo cinese “è invitato a presentare il proprio parere e a fornire informazioni pertinenti in merito alle presunte misure e pratiche” ed è “inoltre invitato ad avviare consultazioni con la Commissione al fine di eliminare o porre rimedio alle presunte misure e pratich”, secondo quanto afferma il documento pubblicato in Gazzetta. Se le valutazioni preliminari della Commissione dovessero essee confermate, le aziende cinesi del settore potrebbero vedere declassate le loro candidature per gli appalti nel mercato unico. otrebbero anche essere escluse dagli appalti nell’Ue.

Legge Usa anti-TikTok, ByteDance promette battaglia legale

Legge Usa anti-TikTok, ByteDance promette battaglia legaleRoma, 24 apr. (askanews) – TikTok, il social network più amato dai giovanissimi, è diventato uno dei maggiori ostacoli nelle relazioni tra Stati uniti e Cina. Nelle ultime ore il Senato ha approvato, all’interno di un pacchetto più ampio di misure, anche il provvedimento “sell-or-ban” nei confronti di ByteDance, la società cinese proprietaria della piattaforma di brevi video. Si tratta di un passaggio che porterà poi la norma sul tavolo del presidente Joe Biden, il quale ha già detto di volerla promulgare, mentre la piattaforma cinese promette una battaglia legale.


La legge prevede che ByteDance debba vendere la piattaforma, se vuole restare sul mercato Usa. E’ stata inserita nel pacchetto più ampio da 95 miliardi di dollari, in cui sono compresi anche aiuti all’Ucraina e a Israele ed è stata approvata con 79 voti a favore contro 18. Oggi Biden dovrebbe firmare il provvedimento. La situazione, dal punto di vista di TikTok, è precipitata quando la scorsa settimana la Camera dei Rappresentanti – a maggioranza repubblicana – ha deciso di bruciare i tempi inserendo il provvedimento all’interno del pacchetto di misure ad alta priorità. Secondo alcuni osservatori, a spingere la Camera a indurire la posizione sarebbe stata l’asfissiante lobbying messa in piedi dalla parte cinese.


Come contentino a ByteDance è stata offerta una dilazione dei tempi per la vendita: non più sei mesi come nella precedente versione, ma nove mesi più tre nel caso in cui la vendita fosse in corso. Questo perché si tratta di un’operazione da diverse decine di miliardi di dollari. L’approvazione viene in un momento importante. Proprio oggi inizia la visita del segretario di stato Usa Antony Blinken in Cina, che proseguirà fino al 26 aprile. Indubbiamente nei colloqui di alto livello che il capo della diplomazia americana terrà, sarà posta anche la questione di TikTok sulla quale il ministero degli Esteri cinese ha già espresso ostilità. Il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu ha detto che la misura “mette gli Stati Uniti dalla parte sbagliata dei principi della concorrenza leale e delle regole del commercio internazionale”. E ha aggiunto: “Il modo in cui gli Stati Uniti hanno gestito la vicenda TikTok consente al mondo di vedere chiaramente se le ‘regole’ e l”ordine’ degli Stati uniti servono il mondo intero o solo gli Stati Uniti”.


Il provvedimento è stato giustificato dai legislatori con il timore che TikTok sia uno strumento per ottenere informazioni sugli utenti americani, che sono 170 milioni. TikTok ha già annunciato che si appellerà ai tribunali contor il provvedimento, sostenendo che la norma viola i diritti di libertà di parola dei suoi utenti, visto che un nuovo proprietario potrebbe cambiare le politichhe di contenuto dell’app. Sostanzialmente, secondo gli esperti, siappoggerà al Primo Emendamento. “Per fortuna abbiamo una Costituzione in questo paese e i diritti del Primo Emendamento sono molto importanti”, ha detto – secondo il New York Times – Michael Beckerman, vicepresidente per le politiche pubbliche di TikTok.


Qualche speranza la piattaforma cinese la nutre. Quando era presidente, Donald Trump ha cercato di imporre una vendita o un divieto dell’app nel 2020, ma i giudici federali l’hanno bloccato. Il Montana ha cercato di vietare TikTok nello stato l’anno scorso a causa della proprietà cinese dell’app, ma un giudice federale diverso si è pronunciato contro la legge statale per motivi simili. Solo una restrizione su apparati pubblici ha resistito al vaglio dei tribunali. Quando il governatore del Texas ha annunciato un divieto dell’app sui dispositivi e sulle reti del governo statale nel 2022 a causa della sua proprietà cinese, docenti delle università pubbliche hanno contestato il divieto in tribunale, sostenendo che limitava la loro libertà di ricerca. Un giudice federale ha tuttavia confermato il divieto statale a dicembre, trovando che fosse una “restrizione ragionevole” alla luce delle preoccupazioni del Texas e della portata ristretta che riguarda solo i dipendenti statali. Opposizione al provvedimento è venuta anche da altre voci. L’American Civil Liberties Union (ACLU) ha contestato il linguaggio vago della norma, che rischia di essere interpretata in maniera estensiva. Preoccupazione viene anche e soprattutto dai creator di TikTok, che con l’app cinese ci lavorano. Alcini di loro hanno protestato di fronte al Campidoglio.

Delude la più grande IPO dell’anno alla Borsa di Hong Kong

Delude la più grande IPO dell’anno alla Borsa di Hong KongRoma, 23 apr. (askanews) – E’ stato deludente lo sbarco in borsa del gigante del bubble tea Sichuan Baicha Baidao, la catena nota anche come ChaPanda. La sua quotazione oggi sul mercato di Hong Kong è sceso fino al 40% del prezzo stabilito per l’IPO, dando un segnale negativo per l’attività di quotazione nella borsa dell’ex colonia britannica, che vive un momento di difficoltà.


Le azioni sono state aperte a 15,74 dollari di Hong Kong (1,88 euro), il 10% in meno rispetto al prezzo dell’IPO di 17,50 HKD (2,1 euro). Il prezzo è poi sceso quasi del 40% nelle contrattazioni di metà giornata e ha chiuso a 12,80 HKD (1,53 euro), in calo del 27%. Anche il Tianjin Construction Development Group, un costruttore privato con sede nella città portuale cinese del nord da cui prende il nome, ha avuto una IPO deprimente oggi, perdendo fino al 39% rispetto al prezzo di partenza.


Entrambe i leader delle due aziende hanno evitato di esporsi, poi, nella consueta conferenza stampa prevista dopo la quotazione. Su ChaPanda, in particolare, c’erano attese. Il mercato del tè è particolarmente vivace in Cina, con un alto tasso di competizione. La compagnia ha raccolto circa 2,6 miliardi HKD (311,4 milioni di euro), senza contare l’eventuale utilizzo di un’opzione di sovrallocazione.


Il risultato scadente pone ostacoli ai piani dell’amministrazione del territorio semi-autonomo, che vuole rafforzare l’impronta della Borsa di Hong Kong nell’economia, soprattutto rilanciando il mercato delle IPO. Il Chief Administrator di Hong Kong, John Lee Ka-chiu, proprio oggi ha ribadito la volontà del governo dell’ex colonia britannica di sostenere le aziende cinesi che si vogliono quotare a Hong Kong. ChaPanda è stata fondata a Chengdu nel 2008 e ha visto una crescita particolarmente rapida negli ultimi anni. La catena è cresciuta fino a 8.016 punti vendita, secondo l’ultimo conteggio, rispetto ai 500 del 2019. Il suo logo blu e bianco con un panda che sorseggia una tazza di tè può ora essere trovato in tutte le 31 province, regioni autonome e principali municipalità della Cina continentale. Copre il 6,8% del mercato.


Panda offre un’ampia gamma di bevande a base di tè fresche, fruttate e dolci, principalmente mirate ai giovani con prezzi accessibili. Il suo fatturato annuale è stato di 5,7 miliardi di yuan (738 milioni di euro), in aumento del 35% sull’anno, mentre l’utile netto è stato di 1,1 miliardi di yuan(142,5 milioni di euro), in aumento del 19%. I principali concorrenti domestici, tra cui Mixue Bingcheng, Goodme e Auntea Jenny, hanno a lorovo presentato domanda di quotazione a Hong Kong a gennaio, in attesa di approvazione. Il più grande di tutti è il marchio Mixue, che vende bevande e gelati a un prezzo medio di 1 dollaro. È il leader indiscusso con oltre 36.153 sedi in Cina, tre volte più del suo più grande rivale. Il mercato cinese delle bevande fresche dovrebbe raggiungere 512 miliardi di yuan (66,3 miliardi di euro) entro il 2027, raddoppiando rispetto allo scorso anno, secondo China Insights Consultancy.

Lo yen sempre più giù, mai così debole in 34 anni

Lo yen sempre più giù, mai così debole in 34 anniRoma, 23 apr. (askanews) – Lo smottamento dello yen continua con un andamento che potrebbe suggerire alla Banca del Giappone (BoJ) di intensificare il cambio di politica dei tassi, verso un approccio più restrittivo. Oggi la valuta nipponica si è ulteriormente indebolita rispetto al dollaro, che è salito a 154,87 yen, il valore più alto in circa 34 anni da giugno 1990.


Nel mercato dei cambi c’è una crescente convinzione che l’economia statunitense sia forte e le aspettative per un taglio anticipato dei tassi di interesse si stiano allontanando. Questo porta a una maggiore incidenza del differenziale di tasso di interesse tra Giappone e Stati uniti e a una crescente tendenza a vendere yen e comprare dollari.

Honda investirà 6 mld euro per impianto auto elettriche in Canada

Honda investirà 6 mld euro per impianto auto elettriche in CanadaRoma, 23 apr. (askanews) – La casa automobilistica giapponese Honda Motor è pronta a raggiungere un accordo con il governo canadese su un progetto per costruire una nuova fabbrica di veicoli elettrici nel paese. Lo scrive oggi il Nikkei.


Secondo l’accordo, la casa automobilistica giapponese riceverà sussidi e assistenza finanziaria da Ottawa. Honda stima che il progetto, compresa la spesa per la produzione di batterie, varrà più di 1.000 miliardi di yen (6 miliardi di euro).


La casa automobilistica spera di diventare concorrenziale con i rivasli cinesi nel secondo mercato mondiale delle auto elettriche, il Nord America, dopo la Cina. Lo stabilimento canadese sarà il secondo impianto di veicoli elettrici dell’azienda nel Nord America, dopo quello attualmente in costruzione nello stato Usa dell’Ohio.


Una possibile ubicazione per il nuovo stabilimento è la provincia canadese dell’Ontario, dove la Honda ha già uno stabilimento. Il Nord America è un mercato importante per Honda, poiché contribuisce per il 40% alle sue vendite globali.

Expo2025, firmata intesa tra commissario generale Italia e ICCJ

Expo2025, firmata intesa tra commissario generale Italia e ICCJRoma, 22 apr. (askanews) – E’ stato firmato oggi il Protocollo di Intesa e di Collaborazione tra il Commissariato Generale per l’Italia a Expo 2025 Osaka e la Camera di Commercio Italiana in Giappone (ICCJ): continua il percorso di firma di accordi strategici per portare il Sistema Paese al Padiglione Italia.


Il protocollo favorisce la partecipazione all’Expo 2025 Osaka del sistema imprenditoriale ed industriale italiano, con particolare riferimento alle realtà italiane presenti in Giappone e con un forte interesse di espansione nell’area Asia – Pacifico. Il Padiglione Italia e ICCJ collaboreranno per organizzare eventi, seminari, workshop nonché forum tematici congiunti e in linea con i temi della partecipazione italiana a Expo 2025 Osaka. Tra le attività principali da sviluppare in sinergia, la diffusione e la comunicazione in ambito nazionale e internazionale della partecipazione dell’Italia ad Expo 2025 Osaka e delle relative iniziative. “Quella con ICCJ è una partnership importante: lavoreremo insieme per la diffusione di informazioni su Expo e su tutte le opportunità che si aprono per le nostre imprese in Giappone e in Asia”, ha commentato il Commissario Generale per l’Italia a Expo 2025 Osaka, Amb. Mario Vattani. “la Camera di Commercio Italiana in Giappone ha tra i suoi soci molte aziende giapponesi che hanno sviluppato stretti rapporti con il nostro tessuto produttivo. Il mondo economico giapponese conosce la capacità manifatturiera italiana, la apprezza, e così può essere una vera piattaforma per farla conoscere meglio nell’intero quadrante Indo-Pacifico”.


“Abbiamo appena firmato l’accordo di collaborazione con il Commissariato Generale per l’Italia a Expo 2025 Osaka e la Camera di Commercio italiana in Giappone è, dunque, ufficialmente partner del Padiglione Italia”, ha affermato Davide Fantoni, Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana in Giappone (ICCJ). “Siamo sicuri di poter dare un grande supporto alle PMI italiane che da sole non avrebbero i mezzi per farsi conoscere in Giappone. Insieme al Padiglione Italia, siamo pronti a stendere un programma di eventi e iniziative: la presenza dell’Italia a Expo 2025 Osaka è una opportunità straordinaria per far crescere il nostro tessuto imprenditoriale e industriale. Saremo al fianco del Padiglione Italia in questa avventura”. Il tema centrale di Expo 2025 Osaka, “Designing Future Society for our Lives”, offrirà un palcoscenico globale per esporre innovazioni tecniche e scientifiche che migliorano le condizioni di vita. L’Italia e il Giappone, sono legati da un partenariato strategico. Obiettivo dell’Italia è promuovere l’innovazione e l’internazionalizzazione del nostro Sistema durante l’Esposizione Universale che coinvolge 160 paesi, si terrà dal 13 aprile al 13 ottobre 2025, e attirerà 30 milioni di visitatori.

Media cinesi: disegno legge Usa su TikTok è segno di “sinofobia”

Media cinesi: disegno legge Usa su TikTok è segno di “sinofobia”Roma, 22 apr. (askanews) – I media statali cinesi hanno condannato unanimamente il voto di sabato della Camera dei rappresentanti Usa che obbliga il gruppo ByteDance a vendere TikTok o essere bandita dagli Usa. La CGTN ha sostenuto che questa operazione americana è dettata da “sinofobia”.


La Camera dei Rappresentanti ha votato a favore del disegno di legge che mette fuori legge TikTok, il video di condivisione di brevi video più amato dai giovanissimi, a meno che ByreDance, la compagnia cinese che lo controlla, non venda entro 12 mesi. Nei prossimi giorni il Senato potrebbe a sua volta votare il provvedimento che, se passerà anche questo passaggio, andrà sulla scrivania del presidente Joe Biden per la promulgazione. E il presidente americano è notoriamente favorevole. ByteDance ha già chiarito che adirà le vie legali per impedire che questo provvedimento venga applicato. Secondo quanto scrive il South China Morning Post, in un memo interno il capo di TikTok nelle Americhe Michael Beckerman ha annunciato che la compagnia “si rivolgerà ai tribunali per una sfida legale”.


Il governo cinese non ha commentato il nuovo disegno di legge, ma i media statali cinesi hanno espresso opposizione. CGTN, il canale in lingua inglese della televisione di stato, ha detto che l’ordine a ByteDance di disinvestire in TikTok per motivi di sicurezza nazionale è un segno che gli Stati Uniti stanno cadendo nella “sinofobia”. Il China Daily – testata del Partito comunista cinese in lingua inglese – ha scritto che il provvedimento, quando firmato dal presidente, rappresenterà un duro colpo per le relazioni sino-americane. Chen Weihua, capo dell’ufficio dell’Ue di China Daily, ha lodato il commento di Elon Musk su X, nel quale il patron di Tesla ha accusato il disegno di legge di “essere contrario alla libertà di parola e di espressione” e ha accusato gli Usa di oggi di essere “maccartisti”.


Hu Xijin, ex direttore del Global Times, ha scritto che l’approvazione del disegno di legge TikTok non è del tutto negativa, perché il nuovo disegno di legge, estende la scadenza della vendita a dopo le elezioni.

Toshiba, possibile taglio migliaia di posti di lavoro in Giappone

Toshiba, possibile taglio migliaia di posti di lavoro in GiapponeRoma, 18 apr. (askanews) – Toshiba Corp sta valutando la possibilità di tagliare migliaia di lavoratori in Giappone come parte degli sforzi per ridurre i costi e migliorare l’efficienza aziendale. L’hanno riferito fonti interne all’azienda, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Kyodo.


Si prevede che i tagli di posti di lavoro, che colpiranno principalmente i reparti di back-office dell’azienda, saranno inclusi nella strategia aziendale che sarà annunciata entro metà maggio, dicono le fonti. Secondo il suo sito web, alla fine di marzo 2023 il conglomerato tecnologico contava 106.648 dipendenti.


Secondo le fonti, la ristrutturazione rientra negli sforzi volti a concentrare le proprie risorse nei settori di crescita come le infrastrutture, l’energia e la digitalizzazione. Toshiba è uscita dalla borsa di Tokyo a dicembre attraverso un’acquisizione da 2mila miliardi di yen (12,1 miliardi di euro) da parte d’un consorzio guidato da Japan Industrial Partners Inc.


Il conglomerato nipponico ha registrato una perdita netta di 107 miliardi di yen (650 milioni di euro) per i nove mesi terminati a dicembre.