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Sodalitas: Diversità e Inclusione, i buoni esempi delle imprese italiane

Sodalitas: Diversità e Inclusione, i buoni esempi delle imprese italianeMilano, 13 nov. (askanews) – Si riunisce per la prima volta in Italia la European Platform of Diversity Charters, il network – promosso dalla Commissione Europea – che riunisce i rappresentanti – che fanno capo a 26 Paesi membri – delle “Carte “che promuovono la Diversity&Inclusion come fattore di crescita e sviluppo nei luoghi di lavoro.

Due giorni di lavori dove i rappresentanti delle 26 Diversity Charters, che attualmente abbracciano più di 15.000 firmatari in rappresentanza di oltre 17 milioni di lavoratori in tutta Europa, si confrontano su strategie e politiche di Diversity&Inclusion sui loghi di lavoro. Fondazione Sodalitas -che rappresenta l’Italia come promotrice della Carta per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul Lavoro, la dichiarazione d’intenti sottoscritta da oltre 900 aziende pubbliche e private- in occasione dell’evento Fondazione Sodalitas ha presentato il report “D&I in the workplace: Italian companies good practices” che dà conto delle best practices in tema di Diversity&Inclusion di 52 aziende italiane associate alla Fondazione.

All’incontro che ha aperto la riunione nel pomeriggio di lunedì 13 novembre presso l’Auditorium di Assolombarda, sono intervenuti Alberto Pirelli, presidente di Fondazione Sodalitas, Diana Bracco, presidente Gruppo Bracco, Helena Dalli, commissaria per l’Uguaglianza della Commissione Europea (con un contributo video), Laura Menicucci, capo dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, Giulia Castoldi, delegata Assolombarda per le Imprese Familiari, Paola Profeta, prorettrice per la Diversità, Inclusione e Sostenibilità dell’Università Bocconi, Claudia Colla, capo Rappresentanza regionale della Commissione Europea e Elena Lattuada, Delegata del Sindaco alle Pari opportunità di genere del Comune di Milano. “La diversità, l’inclusione, l’uguaglianza e la non discriminazione rimangono priorità dell’agenda politica della Commissione Europea – ha detto la commissaria per l’Uguaglianza della Commissione Europea, Helena Dalli, nel suo videomessaggio – Vogliamo costruire società e ambienti di lavoro inclusivi e diversificati in cui ognuno nella propria unicità possa contribuire. Ma non potremmo farlo senza il coinvolgimento dei nostri partner: ecco perché tutte le 26 Carte della Diversità e i loro firmatari sono così importanti”. “La Carta Italiana per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul Lavoro – ha aggiunt Dallì – è un modello che può ispirare altri verso la realizzazione di una Unione dell’Uguaglianza. Sono fiduciosa che questa piattaforma darà un prezioso contribuito nello scambio di buone pratiche e di esperienze, ispirando le imprese di tutta Europa”.

“Fondazione Sodalitas è convinta che Diversity&Inclusion rappresentano una leva strategica di crescita competitiva per l’azienda e un fattore fondamentale di sviluppo della società – ha sottolineato il presidente di Sodalitas, Alberto Pirelli, nel corso del suo interventi – È la piena condivisione di questi valori ad averci spinto nel 2009 a ideare e lanciare la ‘Carta per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul Lavoro’ che la nostra Fondazione è impegnata a promuovere fin da allora grazie alla preziosa alleanza con le istituzioni nazionali di riferimento. Negli anni, l’Italian Diversity Charter ha promosso una cultura aziendale positivamente orientata a ridurre le disuguaglianze e ha mobilitato numerose aziende private e pubbliche verso l’adozione di policy aziendali inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capaci di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità”. “Crediamo fermamente – ha aggiunto Pirelli – che la crescita di qualsiasi azienda dipenda dalla sua capacità di migliorare costantemente la qualità del lavoro e il benessere delle persone sul posto di lavoro. È, questa, una sfida a cui oggi nessuna azienda può sottrarsi, per i trend demografici e sociali che impattano profondamente sul mercato del lavoro, per le aspettative rivolte in modo diffuso alle imprese, oggi considerate un attore decisivo per realizzare quel cambiamento orientato a sostenibilità e inclusione di cui tutti avvertiamo la necessità. Condividere le azioni e le soluzioni messe in atto dalle nostre aziende partner è il modo migliore per incoraggiare gli altri a fare lo stesso”.

Il report presentato da Fondazione Sodalitas sulle case history delle aziende italiane in tema di D&I dà conto di casi concreti che possono essere presi come esempio dalle imprese dei diversi settori di attività Le imprese presenti nel report sono: A2A, Accenture Italia, Acque Bresciane, Ad Store, Air Liquide, BPER Banca, Bureau Veritas Italia, Carrera Jeans, Chiesi Group, Confindustria Brescia, Consorzio Melinda, Danone Nutricia, DNV, Edenred Italia, Enel, Eni, EY, FedEx Express Italy, Feralpi Group, Fondazione Bracco, Gedeon Richter Italy, GFT Technologies, Gi Group Holding, Gucci, Hogan Lovells, I.CO.P., IGPDecaux, Intesa Sanpaolo, Lexmark International, Mediatyche, Mitsubishi Electric Europe B.V. – Italian Branch, Nespresso Italiana, Nestlé Group in Italy, OMB Saleri, Omnicom PR Group, O-ONE (Gruppo Industree), Pedevilla, Pellegrini, Poste Italiane, Prysmian Group, QVC Italia, Randstad Group Italia, Renantis, Rina, Roche Italia, Sanofi, Schindler, Sircle, Sky Italia, Snam, Solvay Specialty Polymers Italy, UNI – Ente Italiano di Normazione. La Carta per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul Lavoro promossa da Fondazione Sodalitas è una dichiarazione di intenti, sottoscritta volontariamente da imprese di tutte le dimensioni, per la diffusione di una cultura aziendale e di politiche delle risorse umane inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capaci di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità. Oggi aderiscono alla Carta circa 600 imprese, cui si sono aggiunte nel tempo organizzazioni non profit e pubbliche amministrazioni come Regioni ed Enti locali, per un totale di circa 900 aderenti che impiegano oltre 700.000 lavoratori. (nella foto: i rappresentati delle 26 Carte sulla Diversità riuniti a Milano per la riunione dell’European Platform of Diversity Charters – credit foto Mirko Cecchi)

Banche etiche più redditizie di quelle convenzionali, da 10 anni

Banche etiche più redditizie di quelle convenzionali, da 10 anniMilano, 10 nov. (askanews) – Più redditizie dei principali colossi bancari europei, più solide, e più coerenti con le scelte strategiche dichiarate e realmente perseguite: sono le “banche etiche” – 22 in Europa – che da sole generano, attraverso le loro attività e gli investimenti, il 5 per cento del PIL dell’Unione. Il “6° Rapporto sulla finanza etica in Europa” le ha messe a confronto con 60 istituti convenzionali “significativi” – vale a dire con attivi superiore ai 30 miliardi e vigilati direttamente dalla Banca Centrale Europea; ovvero quelle che vengono anche considerate come le “to big to fail” – sotto il profilo della redditività, dell’adeguatezza patrimoniale e della performance finanziaria considerando i dieci anni dal 2011 al 2021.

Presentato a Milano, il “6° Rapporto sulla finanza etica in Europa” è il risultato del lavoro di ricerca internazionale frutto della collaborazione tra Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (FEBEA). Dallo studio emerge che le banche etiche europee registrano una la redditività del capitale proprio (ROE) del 5,23%, contro il 2,21% delle banche convenzionali. Un vantaggio che si rileva anche per la redditività degli attivi (ROA), che ha premiato le banche etiche con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali. Il dato da sostanza ad una distintività positiva di carattere strutturale delle banche etiche, considerato che si è affermato lungo un decennio di rilevazioni, includendo anche l’anno 2020, quando sia le banche etiche sia gli istituti tradizionali subivano i colpi della crisi pandemica.

Le differenze si registrano anche su altre voci di gestione, mostrando non solo vocazioni e impostazioni contrapposte, ma anche dimostrando che l’alternativa “etica” nel perseguimento del profitto dell’impresa bancaria è possibile, virtuosa e solida e coerente, a cominciare dalla centralità dell’esercizio stesso dell’attività creditizia. Il credito rimane infatti di gran lunga la principale attività per le banche etiche: nel 2021 è pari al 65,4% del totale degli attivi, contro il 50,8% registrato dalle banche tradizionali; una differenza pressoché costante in quasi tutti gli anni del decennio. Questo indica che le banche etiche sono più propense all’attività bancaria ‘classica’, cioè alla raccolta di risparmi e concessione di crediti. Invece le banche “significative” associano all’attività ‘classica’, che ha un’importanza relativamente minore, attività finanziarie come investimenti in titoli, vendita di prodotti finanziari, servizi finanziari, partecipazioni in imprese. I depositi dei clienti risultano poi la fonte di maggior liquidità nelle banche etiche (81,1% delle passività totali), mentre le banche convenzionali si affidano a varie fonti di liquidità, con un conseguente rapporto depositi/patrimonio netto inferiore. Quanto alla solidità patrimoniale, le banche etiche hanno mantenuto costante nel tempo una forte capitalizzazione – con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali pari in media all’8,2% – mentre le banche convenzionali hanno migliorato la loro posizione patrimoniale, ma partendo da una posizione più debole, crescendo dal 4,3% nel 2012 al 6,20% nel 2021. Milano, 10 nov. (askanews) – Ultimo aspetto da valutare – anch’esso capace di evidenziare la diversità d’approccio, anche valoriale tra le due tipologie di istituti – è quello della liquidità, ovvero il rapporto prestiti/depositi (LDR): questo si è mantenuto stabile e inferiore -da 77% a 81,5% di media- nelle banche etiche rispetto a quelle convenzionali, dove invece è stato incrementato negli anni – da 86% a 102,5% – mostrando per questi istituti, potenzialmente, un rischio di liquidità più elevato.

Il Rapporto ha preso in esame, confrontandole, anche le evidenze concrete delle scelte valoriali fatte – e non solo annunciate – su tematiche come “Clima” e “Pace”. Dall’analisi dei bilanci emerge che le banche convenzionali europee non sembrano aver davvero avviato una transizione ecologica nel proprio modello di business. Offrono singoli prodotti “verdi” ma restano votate al massimo profitto e, dal 2016 al 2022, hanno finanziato con oltre 5 miliardi di euro i combustibili fossili, mentre solo il 7% dei loro finanziamenti energetici è andato alle energie rinnovabili. Le banche etiche invece adottano invece investono da anni in metriche avanzate di misurazione delle emissioni di gas serra (PCAF – Partnership for Carbon Accounting Financials), anche quelle indirette (Scope 3) , escludendo dal credito le filiere dannose per l’ambiente e il clima, allineando i portafogli di investimento alle indicazioni scientifiche e all’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Banche etiche e finanza etica si impegnano inoltre a non alimentare l’industria bellica. E su questo si sono differenziate particolarmente dallo scoppio del conflitto in Ucraina nel 2022. Rapporti recenti della ong olandese PAX mostrano invece che da 15 grandi banche europee convenzionali sono giunti prestiti e obbligazioni per 87,7 miliardi di euro a imprese delle armi.

Nel Rapporto sono elencate infine anche tre proposte che le banche etiche fanno nei confronti delle istituzioni in vista anche del voto europeo di giugno 2024. Queste le proposte: -Combattere il greenwashing nel settore finanziario portando la finanza mainstream ad allineare le sue azioni alle parole della propria comunicazione e ad impegnarsi realmente a rispettare i principi dichiarati. E’ necessario costruire un quadro forte e trasparente per delineare come raggiungere le emissioni nette zero, applicarle a tutte le attività operative e facilitare forme di corretta rendicontazione così da rendere vani i numerosissimi trucchi contabili per il “net zero washing”. -Rivolgere l’attenzione principale a contrastare le disuguaglianze di ricchezza e di reddito; nell’accesso al credito e ai servizi finanziari; di genere e retributive nel settore finanziario. Inoltre le banche etiche e valoriali, che mostrano tassi di sofferenza più bassi rispetto al sistema pur finanziando in misura maggiore le realtà dell’economia sociale, chiedono l’introduzione di un social supporting factor, che riduca l’assorbimento di capitale richiesto per finanziare tali realtà. Si creerebbe così uno strumento fondamentale per lo sviluppo del settore, della microfinanza e per la lotta all’esclusione finanziaria, senza introdurre alcun costo per gli Stati. -Perseguire una maggiore trasparenza sulla governace; permangono infatti limitazioni nell’accesso pubblico alle informazioni sulle imprese e una normativa inefficace nel contrastare l’opacità del sistema finanziario favorisce soggetti finanziari che sfruttano diverse giurisdizioni per evitare le tasse ed eludere le normative generando ingiustizia sociale e competizione sleale con gli istituti finanziari che si astengono da queste pratiche non etiche. “Mentre i colossi del sistema bancario convenzionale pronunciano impegni di sostenibilità che spesso vengono poi smentiti e non scalfiscono un modello di business complessivamente orientato al massimo profitto a ogni costo, le banche etiche europee si distinguono invece per la coerenza tra azioni svolte e principi sostenuti – ha detto Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica – La ricerca sottolinea l’importanza di allontanare dal settore finanziario le ombre di greenwashing e socialwashing e offre uno spaccato di conoscenza sulla finanza etica in Europa: un movimento che lancia una sfida di trasformazione valoriale alla finanza globale. Tanto più oggi, a pochi mesi dal prossimo voto per il rinnovo dell’Europarlamento’. ‘La visione della finanza etica – sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica – sta rivoluzionando il settore bancario e finanziario in Europa. Il dialogo con le istituzioni di Bruxelles e Francoforte e con gli attori della società civile insieme alla collaborazione con i network internazionali della finanza etica, Febea e Gabv, sono gli strumenti per amplificare la nostra capacità influenzare tali processi. Vogliamo condividere valori e buone pratiche per ridurre l’arbitrarietà di ciò che l’Europa definisce ‘investimento sostenibile’, per disincentivare il greenwashing e – grazie all’attesa tassonomia sociale – per arricchire le prescrizioni di sostenibilità ambientale con le dimensioni economica e sociale. La finanza può tornare ad essere strumento al servizio dell’economia, delle persone e del pianeta in un sistema in cui i risparmiatori sono resi consapevoli dell’impatto potenziale, positivo o negativo, che può avere il denaro gestito dai diversi operatori”.

Sodalitas ospita a Milano l’European Platform of Diversity Charters

Sodalitas ospita a Milano l’European Platform of Diversity ChartersMilano, 8 nov. (askanews) – La European Platform of Diversity Charters – istituita dalla Commissione Europea nel 2010 sostenendo il ruolo delle “Carte della Diversità” nel contribuire concretamente a combattere la discriminazione sul luogo di lavoro e a promuovere l’equità – per la prima volta si riunisce in Italia. A Milano, il 13 e 14 novembre ,i rappresentanti delle organizzazioni che hanno promosso “Carte della Diversità” in 26 Paesi membri dell’Unione Europea condivideranno esperienze e prospettive di lavoro nel corso di una serie di incontri promossi da Fondazione Sodalitas, che in rappresentanza dell’Italia ospita l’evento. Fondazione Sodalitas è stata nel 2009 la promotrice della “Carta per le Pari Opportunita’ e l’Uguaglianza sul Lavoro”, la dichiarazione d’intenti sottoscritta ad oggi da oltre 900 aziende pubbliche e private.

In occasione dell’evento Fondazione Sodalitas presenterà un report che da conto delle best pratices in tema di Diversity&Inclusion in 50 aziende italiane. L’agenda dei lavori dell’ European Platform of Diversity Charters si apre con un incontro previsto in Assolombarda il 13 pomeriggio con i saluti di benvenuto di Elena Lattuada, delegata del Sindaco alle Pari opportunità di genere, Comune di Milano. L’evento di apertura vede poi una sessione dedicata a “Diversity Charter: il contributo italiano alla sfida europea”, con gli interventi di Alberto Pirelli, presidente, Fondazione Sodalitas; Diana Bracco, presidente Gruppo Bracco, gia’ B20 Women Empowerment Ambassador; e Helena Dalli, commissaria alla Parita’ della Commissione Europea .

Laura Menicucci, capo -dipartimento Pari Opportunita’, Presidenza del Consiglio; Giulia Castoldi del Consiglio di Presidenza di Assolombarda e delegata per le Imprese Familiari; e Paola Profeta, prorettrice per la Diversita’, Inclusione e Sostenibilità all’Universita’ Bocconi si confronteranno poi sul tema “Diversita’ e Inclusione: un impegno comune per la crescita e lo sviluppo”. Claudia Colla, capo della Rappresentanza della Commissione europea a Milano , darà quindi il via ufficiale agli European Diversity Charters Platform Meeting che si svilupperanno a porte chiuse con workshop organizzati da Sodalitas – in Assolombarda nel corso della giornata, e poi il giorno successivo, 14 novembre, al Palazzo delle Stelline – con i promotori delle 26 Carte.

Generali Italia con gruppo San Donato per nuova rete di smart clinic

Generali Italia con gruppo San Donato per nuova rete di smart clinicMilano, 7 nov. (askanews) – Gruppo San Donato e Generali Italia annunciano un accordo per la realizzazione di un network di strutture sanitarie che si svilupperà su tutto il territorio italiano. Questo nuovo modello sarà basato su un ecosistema integrato sanità privata-assicurazione. Lo si legge in una nota. La nuova rete di Smart Clinic, nella quale confluiranno le dieci già operative in Lombardia del Gruppo San Donato, “sarà una risposta innovativa alla crescente richiesta di cure della popolazione e al progressivo passaggio a una sanità basata su servizi di cura personalizzati e con standard elevati”.

Le smart clinic offriranno a tutti gli utenti un’esperienza in grado di coniugare la qualità clinica e diagnostica, la focalizzazione su prevenzione e benessere, l’applicazione di tecnologie avanzate. Con la partnership, Generali Italia potrà offrire ai propri clienti un accesso privilegiato alle prestazioni delle smart clinic. “GKSD e Gruppo San Donato lavorano insieme per la creazione di valore in ambito sanitario. Il nostro modello di ‘one company’ risponde a un’unica visione e a un’unica missione: lo sviluppo di partnership strategiche per creare nuove soluzioni per la sanità. Le nostre competenze sono sempre più richieste anche all’estero, per rafforzare la qualità dei servizi sanitari offerti sia al settore pubblico che privato, nelle economie emergenti e sviluppate”, ha dichiarato Kamel Ghribi, Presidente GKSD Investment Holding.

Giancarlo Fancel, Country Manager e CEO di Generali Italia, ha sottolineato come la salute sia “al centro del nostro Piano Lifetime Partner 24: Driving Growth. E con questa operazione vogliamo entrare direttamente nell’erogazione di prestazioni sanitarie focalizzandoci sulle aree della Prevenzione e del Benessere, attraverso lo sviluppo di una proposta innovativa per il panorama italiano basata sui principi della vicinanza al territorio, dell’elevata qualità sanitaria e dell’accessibilità”. La nuova società sarà partecipata da Gruppo San Donato con il 51%, la sua controllata GKSD con il 9%, mentre Generali Italia deterrà il restante 40%. “Una partnership strategica al servizio del Paese che – si legge nella nota – si basa sul solido know-how di due gruppi leader nei rispettivi settori: quello della sanità, con il Gruppo San Donato, primo gruppo sanitario italiano, che cura nelle sue 58 sedi oltre 5,4 milioni di pazienti all’anno e quello assicurativo, con Generali Italia, l’assicuratore numero uno in Italia con circa 12 milioni di clienti e una rete presente su tutto il territorio”.

Sicurezza, apertura e inclusione, i fattori che influenzano le donne nell’acquisto di prodotti finanziari

Sicurezza, apertura e inclusione, i fattori che influenzano le donne nell’acquisto di prodotti finanziariRoma, 7 nov. (askanews) – Sicurezza, apertura e inclusione sono i fattori più importanti ricercati dalle donne quando si approcciano a servizi finanziari nella vita di tutti i giorni: questo è quanto emerge da uno studio realizzato da Futura, network di Solaris, piattaforma europea leader nell’embedded finance, dedicato alle figure femminili che operano nel settore fintech.

La ricerca, intitolata “Finanza per tutti”, è nata con l’obiettivo di scoprire i principali aspetti che le donne tengono in considerazione quando acquistano servizi finanziari. In particolare, la survey ha raccolto le risposte di 221 donne attraverso un mix di metodi qualitativi e quantitativi. L’età media delle intervistate, informa una nota, è di 33 anni e in genere hanno un livello di conoscenza e di confidenza con i prodotti dei servizi finanziari superiore alla media, grazie al fatto che lavorano nel settore fintech. Quando si è trattato di valutare ciò che le donne tipicamente ricercano dai servizi finanziari, la sicurezza finanziaria è stata il fattore principale evidenziato dal 77% delle intervistate, prima del desiderio di far crescere il proprio denaro nel lungo termine. Il risparmio per la pensione è al terzo posto con il 68%, mentre la protezione dall’inflazione e da altre crisi è stata riconosciuta dal 47%.

Per contro, solo l’8% delle intervistate ha dichiarato di essere motivata dal miglioramento dello status sociale: tale numero ridotto è particolarmente significativo perché dimostra come, nonostante le assicurazioni sulla neutralità di genere dei loro prodotti, le aziende di servizi finanziari spesso manchino completamente il “bersaglio”, anche quando si tratta di marketing. Alicia Close, Senior Manager, Cards Business di Solaris, ha dichiarato: “Ci sono almeno 330 miliardi di dollari di ricavi annuali a livello globale che aspettano di essere utilizzati per offrire alle donne un migliore accesso ai finanziamenti. È giunto il momento di chiedersi: “Dove sono i prodotti che servono effettivamente a loro?”. La nostra ricerca rivela soluzioni semplici ed efficaci a cui i fornitori possono iniziare a rivolgersi per eliminare le barriere per le donne all’interno degli attuali prodotti di servizi finanziari”.

Quando Futura ha analizzato i fattori che più attraggono le donne nell’utilizzo dei prodotti finanziari, la semplicità è risultata il fattore più importante – segnalato da un enorme 88% delle intervistate – davanti all’accessibilità (77%), alla flessibilità (63%) e alla sicurezza (58%). Per quanto riguarda le barriere che le donne ritengono impediscano loro di utilizzare i prodotti finanziari, la mancanza di conoscenza ha rappresentato l’aspetto principale per il 71% – una cifra che probabilmente aumenterebbe tra le intervistate che hanno una minore familiarità con il settore dei servizi finanziari. Il timore di prendere decisioni sbagliate è stato rilevato dal 55% e l’eccessiva complessità dal 40%.

Lo studio ha anche scoperto che la mancanza di conoscenza e la paura della discriminazione sono fattori chiave che ostacolano il benessere finanziario delle donne transgender e delle persone non binarie. Solo il 60% delle intervistate transgender ha dichiarato a Futura di utilizzare un conto bancario o una carta di debito, mentre un numero ancora minore ha utilizzato la carta di credito. La paura della discriminazione si rivela una barriera continua: le donne transgender intervistate hanno riferito di sentirsi a disagio nel chiedere una consulenza finanziaria perché temono di non essere prese sul serio, di essere scambiate per un’altra persona o di essere chiamate con il loro “dead name”.

Ambiente, Alfani (Versalis): in Italia già 55% imballaggi riciclati

Ambiente, Alfani (Versalis): in Italia già 55% imballaggi riciclatiMantova, 31 ott. (askanews) – “L’industria chimica italiana è un’eccellenza: attraverso un grandissimo lavoro di filiera che, grazie alla collaborazione con le associazioni e i consorzi, è stata in grado di realizzare un sistema che è diventato una vera e propria industria di riciclo, che ha consentito di raggiungere circa il 55/56% di riciclo, quando il resto dell’Europa si attesta al 45/46%”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Versalis, Adriano Alfani, in occasione della posta della prima pietra dell’impianto di riciclo chimico Hoop nello stabilimento di Mantova.

“Oggi l’industria chimica europea e italiana è in un momento di grandissima trasformazione – ha aggiunto Alfani -. Ogni giorno ci troviamo ad affrontare molteplici temi: dal green deal ad altri target che ci vengono dati dal punto di vista della sostenibilità. Tutti vogliamo vivere in un pianeta migliore, ma occorre anche guardare alla sostenibilità economica, delle persone. Green deal ha imposto target piuttosto importanti per plastica nell’ottica di una circolarità: deve riciclare il 55% degli imballaggi al 2030”. “L’Italia è un’eccellenza, lo sta dimostrando attraverso un grandissimo lavoro di squadra – ha spiegato l’amministratore delegato – valorizzando il capitale umano, le relazioni con associazioni e consorzi. E’ un’eccellenza che sta dimostrando di come lo spirito di squadra consente di andare ancora più veloce rispetto a un arco temporale stringente che è stato fissato. In Versalis crediamo che per raggiungere target importanti e ambiziosi, per traguardare un’eccellenza che non si raggiunge mai, occorra lavorare sulla complementarietà e tecnologie. Negli ultimi anni siamo stati in grado di sviluppare una tecnologia di riciclo meccanico in grado di sviluppare o acquisire e co-sviluppi: quello che stiamo facendo a Porto Marghera nell’ambito dell’integrazione di una filiera industriale. Dove non si può reciclare meccanicamente non ci siamo arresi: abbiamo progettato un’altra tecnologia che è il riciclo chimico che consente di riciclare quello che oggi non riusciamo a riciclare meccanicamente in modo da traguardare una circolarità il cui traguardo deve essere 100%”.

Italiani scelgono di pagare con carta la ricarica veicoli elettrici

Italiani scelgono di pagare con carta la ricarica veicoli elettriciRoma, 30 ott. (askanews) – La quasi totalità dei possessori di veicoli elettrici preferirebbe pagare presso tutti i punti di ricarica con lo stesso metodo di pagamento (92,6%), ritiene che tutti i punti di ricarica dovrebbero accettare carte di credito/debito (94,6%) e che questo faciliterebbe l’accesso ai veicoli elettrici (93,0%): è quanto emerge dall’ultimo Studio “Pagamenti elettronici per la ricarica dei veicoli elettrici”, condotto da The European House Ambrosetti e Visa per analizzare il punto di vista dei cittadini italiani sul pagamento presso i punti di ricarica elettrica.

Nell’attuale contesto di crescente diffusione della mobilità elettrica, spinta anche dal Green Deal promosso dall’Unione Europea per raggiungere la carbon neutrality entro il 2050, lo studio mira a evidenziare i punti chiave per il miglioramento dell’infrastruttura di ricarica in Italia. Nel nostro Paese, alla fine del 2022 risultavano 355.164 vetture elettriche, in crescita del 50% rispetto al 2021, ma solo lo 0,9% del totale della flotta, il valore più basso tra i Big-4 europei. Riguardo all’infrastruttura, sottolinea una nota, i punti di ricarica erano circa 37.000 alla fine del 2022, con un incremento medio annuo del 96,4% tra il 2018 e il 2021. Lo studio sottolinea l’importanza di garantire l’accessibilità e di facilitarne l’uso, considerando inoltre che un fattore fondamentale per il progresso delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è il pagamento. In particolare, il 65,8% dei possessori di un veicolo elettrico ritiene che l’attuale sistema di accettazione dei pagamenti presso i punti di ricarica sia scomodo, in quanto non è possibile pagare con un unico mezzo di pagamento presso tutti i punti di ricarica. Al tempo stesso, il 56,8% considera che l’attuale sistema sia complesso, in quanto è necessario sapere in anticipo quale azienda opera in ogni punto e disporre dell’apposita app per il pagamento.

Tra le proposte di nuove soluzioni per risolvere le criticità dell’attuale sistema di mezzi di pagamento presso le colonnine di ricarica elettrica, tutti gli utenti intervistati considerano la carta di credito/debito come il mezzo migliore in prospettiva. La scomodità del processo di ricarica risulta un fattore frenante nella transizione verso un paradigma di mobilità elettrica: per il 12,9% dei non possessori di un veicolo elettrico, l’incertezza riguardo le modalità di pagamento disponibili per effettuare la ricarica rappresenta il principale ostacolo all’acquisto. Semplicità e fluidità dell’esperienza di pagamento si confermano fattori cruciali: l’89,0% di chi non possiede oggi un veicolo elettrico e il 93,0% di chi possiede un veicolo elettrico ritiene che l’accettazione di pagamenti con carta di credito/debito in tutti i punti di ricarica faciliterebbe notevolmente l’accesso alla ricarica dei veicoli elettrici, con il 94,6% di tale sotto-campione che, inoltre, considera fondamentale dotare tutti i punti di ricarica di soluzioni d’accettazione di carte di credito/debito.

“La diffusione delle auto elettriche è in crescita e crediamo che gli utenti debbano avere le stesse opzioni di pagamento delle ricariche tramite carte fisiche o digitali, così come avviene alla pompa di benzina tradizionale”, sottolinea Stefano M. Stoppani, country manager Visa Italia. “In Visa crediamo che ricaricare l’auto debba essere facile come pagare un caffè. Per questo stiamo lavorando a esperienze di pagamento fluide, veloci e sicure per tutti gli automobilisti e stiamo collaborando con il settore affinché integri standard di pagamento che forniscano ai consumatori una maggiore convenienza e possibilità di scelta.” “La normativa europea va sempre più nella direzione della completa elettrificazione del parco circolante e l’incremento dei punti di ricarica è un fattore abilitante per sostenerne la crescita sul fronte della domanda. L’indagine da noi realizzata in Italia mostra l’aspettativa del mercato per un metodo di pagamento digitale della ricarica elettrica per abilitare una maggiore semplicità e immediatezza: non sorprende che per il 70% dei rispondenti la rete infrastrutturale e l’incertezza riguardo le modalità di pagamento siano fattori ostativi all’acquisto di un mezzo elettrico” – commenta Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Area Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti. “A fronte della crescente diffusione della e-mobility e dell’e-charging, normativa e mercato sono due fattori di spinta all’interoperabilità dei punti di ricarica: da un lato, l’Unione Europea ha evidenziato la necessità di garantire l’interoperabilità dei pagamenti presso i punti di ricarica e ad oggi in Italia non vi sono standard comuni per l’accettazione dei pagamenti presso i punti di ricarica, generando così una situazione frammentata e un’esperienza di pagamento poco “user-friendly”; dall’altro, la direzione adottata dall’UE è coerente con le richieste degli utenti di veicoli elettrici che chiedono di effettuare i pagamenti dell’e-charging con lo strumento a loro più comodo, affidabile e sicuro.”

I dati dello Studio “Pagamenti elettronici per la ricarica dei veicoli elettrici” condotto da The European House Ambrosetti e Visa dimostrano la crescente domanda di esperienze di pagamento sicure e fluide in un settore, come quello dei trasporti, in cui Visa vanta una comprovata esperienza. Da anni Visa collabora con gli operatori del settore del trasporto pubblico in tutto il mondo per promuovere una più efficiente mobilità di rete attraverso l’utilizzo di pagamenti elettronici. A oggi, in Italia, sono 30 le città che hanno attivato il pagamento contactless sui mezzi di trasporto anche grazie a Visa, aggiudicando all’Italia il primato per il maggior numero di cittadini che possono accedere ai servizi di trasporto tramite pagamento contactless EMV in Europa.

Olidata si aggiudica gara europea per Cdp del valore di 3,6 mln

Olidata si aggiudica gara europea per Cdp del valore di 3,6 mlnRoma, 26 ott. (askanews) – Il Gruppo Olidata SpA, tramite la sua controllata Sferanet Srl, si aggiudica l’accordo quadro dal valore di 3,6 milioni a procedura aperta indetta da Cassa Depositi e Prestiti. L’oggetto dell’appalto, informa una nota, riguarda la piattaforma di gestione dei Big Data attualmente presente presso l’amministrazione, con l’obiettivo di contribuire fattivamente all’ ottimizzazione delle informazioni. Il Gruppo continua ad essere punto di riferimento per le amministrazioni italiane nei confronti delle principali tecnologie internazionali. Questo risultato conferma ulteriormente la leadership e la strategicità dell’azienda, in un settore chiave come quello del Data Management.

L’impegno di Lidl Italia: una spesa conveniente deve essere sostenibile

L’impegno di Lidl Italia: una spesa conveniente deve essere sostenibileMilano, 25 ott. (askanews) – Garantire una spesa conveniente e sostenibile, anche in un momento economico difficile come quello attuale. E’ l’impegno assunto da Lidl Italia che, in occasione della presentazione del suo terzo bilancio di sostenibilità 2021-2022, ha illustrato la nuova strategia centrata su Pianeta e persone. Un ulteriore passo in avanti per l’insegna di discount, che oggi conta 730 punti vendita in Italia, quinto mercato del gruppo per fatturato:

“Vogliamo parlare di questo tema anche in un momento macroeconomico particolare per il mondo – ci ha detto Massimilano Silvestri, presidente Lidl Italia – Per noi la sostenibilità non va in pausa anzi è sempre un tema di assoluta attualità. E come sempre ci muoviamo lungo tre driver: quello delle infrastrutture, quello dell’assortimento e quello delle persone”. L’insegna di discount prevede entro 2030 una riduzione del 48% delle emissioni di CO2 rispetto al 2019. A livello infrastrutturale, grazie agli interventi sui sistemi di illuminazione si sono risparmiati nell’area vendita oltre 5 milioni di kWh cui si aggiungono interventi di efficienza energetica nel 2022 che hanno consentito un risparmio di ulteriori 8milioni di kWh. Anche sul fronte della flotta logistica la strada è la decarbonizzazione, con un terzo dei mezzi alimentati con carburanti alternativi al diesel. Altro pilastro dell’impegno green è l’approvvigionamento energetico: nel 2022 il 100% è stato ottenuto da fonti rinnovabili mentre il 4% dell’elettricità è stata autoprodotta attraverso impianti fotovoltaici che dal 2015 vengono installati sugli immobili. Ma l’impegno come detto riguarda anche le persone:

“Nell’ultimo anno abbiamo assunto 2mila persone, il 94% dei nostri collaboratori ha un tempo indeterminato – ha sottolineato Silvestri – quindi anche da questo punto di vista la sostenibilità fa parte dei nostri asset fondamentali”. Nella rotta tracciata per indirizzare i consumatori verso scelte sostenibili Lidl Italia collabora da 15 anni con Fairtrade, realtà che certifica le materie prime di numerosi prodotti presenti sugli scaffali del discount assicurando il rispetto dei diritti dei lavoratori lungo tutta la filiera: “La spesa sostenibile non è necessariamente più cara – ha sottolineato Thomas Zulian, direttore commerciale Fairtrade Italia – Lidl consente di arrivare a un pubblico molto ampio dimostrando che non c’è una questione di fondo di prezzi quando si vuole parlare di diritti umani e seguire la necessità dei consumatori di fare una spesa sostenibile”.

Ma in questi anni un cambiamento progressivo ha interessato anche l’assortimento, con l’80% dei 3.500 prodotti che oggi sono italiani e a marchio proprio, molti dei quali anche con indicazioni geografiche. Un risultato che incontra i desiderata dei consumatori per i quali, stando a una ricerca condotta da Community research & analysis, l’origine dei prodotti è la seconda informazione più ricercata in etichetta dopo il rapporto qualità prezzo. Ma che è apprezzato anche da una realtà come Coldiretti: “Filiera agricola italiana, che è uno spin off di Coldiretti, sta collaborando dal 2018 per fare avere prodotti speciali, con dentro tanta sostenibilità non solo ambientale – ha rimarcato Nicola Bertinelli, vicepresidente Coldiretti Italia – ma anche tanta sostenibilità sociale perchè grazie a questi prodotti riusciamo ad avere un’equa ripartizione del reddito nella filiera e quindi permettere anche agli agricoltori di rimanere su territori che se non ci fossero loro verrebbero abbandonati”.

Se Coldiretti ha fatto della difesa dell’italianità una delle sue battaglie e non sempre nella grande distribuzione abbia individuato un interlocutore con cui dialogare, in questo caso: “E’ vero che Lidl è un discount di proprietà tedesca ma è il braccio attraverso il quale queste progettualità possono arrivare ai consumatori – ha charito Bertinelli – La distribuzione non è tutta uguale, è giusto che si sappia che c’è distribuzione e distribuzione: Lidl è un esempio concreto di come il valore vero può essere trasferito ai cittadini”.

Da Fater bonus asilo nido per dipendenti: rimborso mensile fino a 250 euro

Da Fater bonus asilo nido per dipendenti: rimborso mensile fino a 250 euroMilano, 23 ott. (askanews) – Fater, joint venture paritetica tra Angelini industries e Procter&Gamble nota per i marchi come Pampers, Lines e Ace, introduce il bonus asilo nido per tutti i suoi dipendenti. Il benefit prevede un rimborso fino a 250 euro netti al mese per un massimo di 12 mesi, per coprire le spese di iscrizione e di frequenza, le rette e la mensa relative all’asilo nido, sia pubblico che privato, sia in Italia che all’estero. Il bonus è rivolto alle persone Fater Italia con contratti a tempo indeterminato e di apprendistato che hanno figli in età da nido.

L’azienda oggi impiega circa 1.500 dipendenti e ha registrato un fatturato di 914 milioni di euro nell’anno fiscale 2021-2022. “Prenderci cura delle persone, a partire da chi ogni giorno lavora in azienda, è alla base della nostra prima strategia aziendale, People First – dichiara Antonio Fazzari, general manager Fater – Il bonus per l’asilo nido è uno strumento che ci permette di rispondere ai bisogni delle persone Fater che hanno la possibilità di lavorare in un contesto di hybrid working e scegliere liberamente l’asilo nido più adatto alle loro esigenze. Il supporto alla genitorialità è ciò che guida il purpose di uno dei nostri brand, Pampers e anche per questo vogliamo essere concretamente accanto alle nostre mamme e papà che ogni giorno affrontano nuove sfide e cercano un equilibrio tra la vita privata con i loro figli e la vita professionale”.

Sul fronte del sostegno alla genitorialità, l’azienda nel 2022 ha esteso il congedo di paternità per qualsiasi tipologia di famiglia, passando da uno a tre mesi. Per tutta la popolazione aziendale, Fater promuove una serie di politiche di welfare, a partire dall’hybrid working 5 giorni su 5 per i dipendenti le cui mansioni lo consentono, una misura che, secondo un’indagine interna, il 90% degli intervistati apprezza come un benefit. Parallelamente viene data anche attenzione alle funzioni che non possono essere svolte da remoto. Per tali lavoratori l’azienda ha concordato due giorni aggiuntivi di ferie, mentre per i dipendenti operai con più di 50 anni sono stati fissati tre giorni aggiuntivi di ferie, per mitigare l’impatto dei turni notturni.