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Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023

Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023Roma, 11 gen. (askanews) – Le vendite di veicoli in Cina sono aumentate del 12% nel 2023, raggiungendo la cifra record di 30,09 milioni di unità nel 2023. L’ha reso noto oggi l’Associazione cinese dei produttori di automobili (CAAM) in una conferenza stampa, ripresa da Nikkei Asia.

“Con il mercato dei veicoli elettrici in rapida crescita, è diventato una forza importante nel guidare la trasformazione dell’industria automobilistica globale”, ha affermato Chen Shihua, portavoce dell’Associazione cinese dei produttori di automobili. Con 30,09 milioni di unità vendute nel 2023, la Cina ha mantenuto la sua posizione di maggiore venditore di automobili al mondo. Quel numero includeva le esportazioni, che sono cresciute del 58% a 4,9 milioni di unità. In attesa del rilascio effettivo dei dati, la Cina potrebbe spodestare il principale esportatore globale, il Giappone, che si prevede abbia venduto all’estero 4,3 milioni di vetture.

I dati di giovedì mostrano anche una massiccia transizione dei consumatori cinesi dal motore a combustione interna ai veicoli elettrici. Le vendite di veicoli elettrici sono aumentate del 38% a 9,49 milioni di unità, pari a una quota di mercato del 31%. La domanda di ibridi plug-in è aumentata dell’85% a 2,8 milioni di unità, stimolando la crescita complessiva dei veicoli elettrici. In confronto, i veicoli puramente alimentati a batteria sono cresciuti del 25% raggiungendo 6,68 milioni di unità.

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli Usa

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli UsaRoma, 11 gen. (askanews) – La Cina non è più il principale esportatore degli Stati uniti. O, almeno, non lo sarebbe stata nel 2023 per la prima volta dal 2006, superata dal Messico. Lo si evince dai dati diffusi dal Dipartimento al Commercio Usa, analizzati dal Nikkei Asia.

Secondo i dati del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, le importazioni di beni americani dalla Cina sono diminuite di oltre il 20% su base annua nel periodo gennaio-novembre. La Cina rappresentava il 13,9% del totale delle importazioni statunitensi, la quota più piccola dal 2004, dopo aver raggiunto un picco di oltre il 21% intorno al 2017. Le esportazioni statunitensi verso la Cina sono rimaste sostanzialmente invariate nel corso dell’anno. Il Messico è destinato a prendere la testa per l’intero anno per la prima volta dal 2000. Le importazioni statunitensi dal paese centro-americano sono sulla buona strada per stabilire un livello record nel 2023, e la sua quota sul totale ha superato il 15% per i primi 11 mesi del 2023.

Anche le importazioni dall’Unione europea hanno raggiunto il massimo storico per quel periodo. Anche se le spedizioni dall’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico sono diminuite nel corso dell’anno, il conteggio è stato ancora il secondo più alto mai registrato, e la quota del blocco sul totale è raddoppiata rispetto a dieci anni fa. La fetta del Giappone nella torta delle importazioni statunitensi rimane al di sotto del 5%, anche se l’apprezzamento del dollaro ha aumentato il valore delle sue esportazioni in termini di yen lo scorso anno. La quota del Giappone è diminuita di oltre la metà dal 2000 a causa di un lungo calo dovuto all’incremento della produzione negli Usa da parte dei produttori giapponesi.

Le importazioni di smartphone dalla Cina, ad esempio, sono diminuite del 10% circa, mentre le importazioni dall’India sono quintuplicate. I computer portatili hanno registrato un calo di circa il 30% in Cina, ma sono quadruplicati rispetto al Vietnam. Questa tendenza è stata rafforzata dalla spinta dell’amministrazione del presidente Joe Biden verso il “friendshoring”, cioè la tendenza a mantenere le catene di approvvigionamento all’interno della cerchia dei paesi alleati e partner. La Casa bianca di Biden ha inoltre mantenuto le tariffe sui prodotti cinesi per un valore di 370 miliardi di dollari imposte dal predecessore Donald Trump.

L’amministrazione Biden sta valutando ulteriori aumenti delle tariffe sui veicoli elettrici, sulle apparecchiature per l’energia solare e sui semiconduttori meno avanzati, con una decisione prevista nella prima metà di quest’anno. Tuttavia la Federal Reserve ha espresso preoccupazione per l’impatto del calo del commercio Usa-Cina sull’inflazione. Alcuni analisti ritengono che il passaggio alla produzione interna di beni precedentemente acquistati a buon mercato dalla Cina spingerà al rialzo i prezzi inasprendo il mercato del lavoro. Alcune aziende cinesi, inoltre, stanno rispondendo alle restrizioni americane anche optando d’investire di più in Messico.

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990Roma, 11 gen. (askanews) – Quella chiusa oggi è stata una seduta a suo modo storica per la Borsa di Tokyo: l’indice Nikkei, in salita per il quarto giorno consecutivo, ha superato la soglia di 35mila yen, arrivando al livello più alto da febbraio del 1990, un anno che ha un connotato simbolico per l’economia nipponica.

La crescita medcia 608 yen nel corso della giornata, chiudendo a 35.049 yen. Ad un certo punto il guadagno si è ampliato nel pomeriggio fino a superare i 700 punti. Secondo gli analisti, i fattori che hanno spinto a scommettere sui titoli del listino presente piazza giapponese sono stati lo yen particolarmente debole e i guadagni dei titoli hi-tech negli Usa. A spingere in particolare sono i titoli dei semiconduttori e, in generale, i titoli legati a compagnie che si basano sull’export che si avvantaggiano dell’indebolimento dello yen rispetto al dollaro. A favorire l’afflusso di nuovi fondi sul mercato, inoltre, è anche intervenuto il nuovo programma lanciato dal governo e chiamato Nippon Individual Savings Account, che punta a spingere gli investitori al dettaglio nipponici a mettere i loro risparmi in borsa attraverso un veicolo d’investimento esentasse.

La data del 1990, al di là del fatto in sé, ha per l’economia giapponese una particolare simbologia: rappresenta l’anno in cui scoppiò la “Baburu”, cioè la bolla economica che aveva portato negli anni ’80 del secolo scorso grande euforia nel Sol Levante, allora seconda potenza economica globale con velleità di intaccare la posizione preminente degli Stati uniti.

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondo

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondoRoma, 10 gen. (askanews) – Le ferrovie dello stato cinese ha dichiarato che entro l’anno completeranno la costruzione dei prototipi e testeranno il treno più veloce del mondom che avrà una velocità operativa commerciale di 400 km all’ora. Lo scrive oggi il South China Morning Post.

China State Railway Group, di proprietà statale, gestisce la più grande rete ferroviaria ad alta velocità del mondo. Il nuovo treno rappresenta lo sbocco del progetto CR450 lanciato dalla Cina tre anni fa. La versione più aggiornata del treno, Fuxing, sarà testato a una velocità fino a 450 km all’ora, ma avrà una velocit commerciale di 400 km all’ora. Al momento i treni in attività commerciale raggiungono al massimo i 350 km all’ora. Il progetto CR450 punta a ridurre il tempo di viaggio tra Pechino e Shanghai da oltre quattro ore a due ore e mezza.

Si prevede che il CR450 entrerà in servizio entro il 2025. A giugno 2023 sono stati completati i test di prestazione dei nuovi componenti hi-tech essenziali per CR450, stabilendo un record di 453 km/h durante una corsa di prova – ritenuta la più veloce al mondo – segnando una “pietra miliare significativa” in il suo sviluppo. Il test è stato effettuato sul ponte sul mare della baia di Meizhou, che è uno dei componenti principali della rete ferroviaria ad alta velocità tra Fuzhou e Xiamen nella provincia sud-orientale del Fujian.

La Cina prevede di potenziare la propria rete ferroviaria fino a 165mila km entro il 2025, compresi 50mila km di treni ad alta velocità. Alla fine dello scorso anno, la rete ferroviaria cinese copriva 159mila km, 45mila km AV.

Samsung, membri famiglia venderanno azioni per quasi 2 mld euro

Samsung, membri famiglia venderanno azioni per quasi 2 mld euroRoma, 10 gen. (askanews) – Alcuni dei principali membri della famiglia Lee, che controlla la Samsung, intendono vendere quasi 2.800 miliardi di won (1,9 miliardi di euro) delle loro azioni in Samsung Electronics e altre affiliate in blocco, apparentemente per reperire le risorse che consentano di pagare le tasse di successione. Lo riferisce oggi l’agenzia di stampa Yonhap.

Hong Ra-hee, la madre del presidente della Samsung Electronics Lee Jae-yong, e le sue due figlie, il CEO dell’Hotel Shilla Lee Boo-jin e Lee Seo-hyun, capo della Samsung Welfare Foundation, stanno spingendo per liberarsi un totale di 29,8 milioni di azioni del valore di 2.200 miliardi di won (1,5 miliardi di euro) in Samsung Electronics. La vendita avverrà con uno sconto dell’1,2-2% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni Samsung Electronics di 73.600 won mercoledì.

Hong prevede di vendere l’importo maggiore con 19,2 milioni di azioni o una partecipazione dello 0,32% in Samsung Electronics, seguito da Seo-hyun con 8,1 milioni di azioni o lo 0,14% e Boo-jin con 2,4 milioni di azioni o lo 0,04%. Secondo le fonti, l’amministratore delegato dell’Hotel Shilla prevede inoltre di cedere alcune delle sue partecipazioni in Samsung C&T Corp., Samsung SDS Co. e Samsung Life Insurance Co..

La vendita è considerata finalizzata al pagamento di tasse di successione per un totale di 12mila miliardi di won (8,3 miliardi di euro) in seguito alla morte del defunto presidente del gruppo Samsung Lee Kun-hee nell’ottobre 2020. Dalla sua morte, i membri della famiglia del gruppo proprietario hanno pagato le tasse di successione a rate nell’arco di cinque anni, a partire dall’aprile 2021.

Taiwan al voto sabato: elezioni strategiche per Usa e Cina

Taiwan al voto sabato: elezioni strategiche per Usa e CinaRoma, 10 gen. (askanews) – Sono elezioni cruciali non solo per l’assetto delle relazioni tra i paesi dell’Asia orientale, ma per la configurazione delle forze in campo nella competizione globale che vede sempre più protagonisti Stati uniti e Cina, quelle che si terranno sabato nell’isola di Taiwan, che è al contempo une delle più vibranti democrazie al mondo e quella che Pechino considera semplicemente una sua provincia ribelle.

Poco meno di 20 milioni di elettori su 23 milioni di abitanti saranno chiamati a votare per presidente e parlamentari tra le 8 del mattino e le 16 (ore 1-9 del mattino in Italia). I risultati sono attesi nel giro di poche ore. Non ci saranno né voti per corrispondenza, né voti anticipati: chi deve votare lo deve fare nella propria contea d’origine. Il presidente di Taiwan è il capo di stato e comandante in capo delle forze armate. Il presidente e il vicepresidente sono eletti direttamente insieme.

Il parlamento è unicamerale ed è conosciuto come Yuan legislativo. Conta 113 seggi, 73 dei quali sono eletti con un sistema maggioritario nei distretti uninominali e 34 con il voto di rappresentanza proporzionale delle liste di partito. Sei ulteriori parlamentari vengono selezionati voti unici non trasferibili nei distretti multimembri esclusivamente per le popolazioni indigene. I presidenti sono responsabili della difesa e degli affari esteri, comprese le relazioni con la Cina e gli Stati Uniti, e nominano il premier, che forma il suo gabinetto per dirigere il governo. In pratica, Taiwan è una repubblica presidenziale. I parlamentari dello Yuan legislativo approvano leggi e decidono sui bilanci, compresi gli stanziamenti per la difesa.

La successione all’attuale presidente Tsai Ing-wen il 20 maggio. Il nuovo presidente resterà in carica fino a maggio 2028. La presidente in carica, Tsai Ing-wen, non è in gara: ha completato due mandati e quindi è ineleggibile. Contestata particolarmente da Pechino per le sue posizioni che rasentano l’indipendentismo, è la leader del Partito democratico progressista che ha realizzato nell’isola negli ultimi anni notevoli riforme, compresa quella che ha reso Taiwan l’unico paese del mondo cinese ad avere il matrimonio gay.

A raccogliere il suo testimone proverà l’attuale vicepresidente Lai Ching-te (William Lai), un veterano della politica di 64 anni, che è un solido sostenitore dell’autogoverno dell’isola, particolarmente inviso a Pechino che lo vede come un indipendentista. E’ considerato il favorito, anche se le ultime elezioni locali del 2022 non sono andate bene per i progressisti e le valutazioni degli analisti vedono i diversi candidati piuttosto vicini tra loro. Lai, nella campagna elettorale, ha addolcito i toni nei confronti di Pechino, Taiwan, ha detto, spera di essere “amica della Cina”. E questa è una dichiarazione con un doppio significato: da un lato auspica maggiore serenità nei rapporti, dall’altro respinge l’idea della riunificazione sulla quale tanto spinge invece il presidente cinese Xi Jinping. E, in effetti, dal punto di vista cinese, è l’opzione peggiore: Pechino considera l’attuale vicepresidente un indipendentista che porterà in rotta di collisione le relazioni. A concorrere con lui, come vicepresidente, c’è Hsiao Bi-khim. Nata in Giappone e cresciuta negli Usa, dove è stata anche ambasciatrice, è stata definita dai cinesi come un’”irriducibile separatista”. L’ex capo della polizia e sindaco di Nuova Taipei Hou Yu-ih, 66 anni, è invece il candidato conservatore del Kuomintang (Partito repubblicano). Il partito che fu Chiang Kai-shek – il fondatore di Taiwan, nata dalla fuga nell’isola dopo la sconfitta nella guerra civile cinese contro le forze comuniste di Mao Zedong nel 1949 – ha gradualmente assunto posizioni più conciliatorie con Pechino rispetto ai democratici progressisti. Nel Dna di questa forza politica c’è il “no” al separatismo, che però si fonda su un’adesione ambivalente alla politica dell’”Unica Cina”. Cioè, non specifica chi rappresenti l’”Unica Cina”. E infatti sul tema dell’indipendenza dalla Cina, durante la campagna elettorale, è stato piuttosto vago, e questo gli attratto critiche. Hou è stato un efficace poliziotto – che peraltro vuole l’applicazione della pena di morte, ora di fatto sospesa – e un sindaco apprezzato nella città più popolosa di Taiwan. Si è fatto affiancare nel ticket conservatore da Jaw Shaw-kang, commentatore politico 73enne che fu leader di un partito di destra – il New Party – in passato e che è apertamente a favore della riunificazione con Pechino. Oggi è a favore della ripresa quanto meno dei negoziati per un patto commerciale con Pechino. Un punto interrogativo è rappresentato dal terzo incomodo nella corsa, cioè il leader della formazione populista Partito popolare di Taiwan, Ko Wen-je, che nel 2023 è stato corteggiato da Hou come possibile vicepresidente, ma ha deciso di respingere la proposta di ticket. Per il suo anticonformismo, questo medico 64enne è popolare tra i giovani. Ha sostenuto il Movimento dei Girasoli nel 2014 – guidato dagli studenti che volevano contrastare l’influenza della Cina rappresentati dai negoziati commerciali voluti dall’allora presidente Ma Yong-jeou – ed è stato sindaco di Taipei. Da sindaco si è un po’ rimangiato le posizioni anti-cinesi, approfondendo le relazioni con Shanghai, e si è collocato in una posizione intermedia tra quella che ha definito “provocazione” anticinese dei progressisti e l’eccessiva “deferenza” del Kuomintang nei confronti di Pechino. Per la vicepresidenza si è fatta affiancare da Cynthia Wu, giovane erede di uno dei principali conglomerati industriali di Taiwan ed ex analista di Merrill Lynch. C’è infine il candidato occulto, che è ovviamente la Cina, che negli ultimi anni ha moltiplicato le dichiarazioni e i comportasmenti bellicosi. L’ultimo caso è stato quello di un satellite cinese che martedì ha sorvolato l’isola, facendo scattare l’allarme sugli smartphone dei taiwanesi. “La Cina non farà alcuna concessione o compromesso sulla questione di Taiwan e chiederà agli Stati uniti di rispettare il principio dell”Unica Cina’”, ha detto ancora oggi la delegazione cinese ai Colloqui di politica di difesa Usa-Cina che si sono tenuti a Washington, secondo una dichiarazione del ministero della difesa cinese. Affermazioni che fanno eco a quanto affermato dal presidente Xi nel suo messaggio di inizio anno: “Taiwan sarà sicuramente riunificata alla Cina” perché “le persone sulle due coste dello Stretto di Taiwan appartengono alla stessa famiglia”. A lui ha indirettamente risposto la presidente taiwanese Tsai, chiarendo nel suo discorso di capodanno che “e relazioni con la Cina devono essere decise dalla “volontà del popolo taiwanese”. Sebbene Xi abbia sempre chiarito che l’opzione militare non è esclusa per ottenere la riunificazione, tuttavia il presidente cinese continua a limitarsi ad affermazioni di principio, senza dare termini specifici a una possibile azione. D’altronde, gli Stati uniti forniscono armi all’isola, che considerano strategica, e lo stesso presidente Joe Biden a settembre 2022 ha affermato – poi “corretto” dal Dipartimento di Stato – che Washington difenderà anche con proprie forze l’isola. Cioè, un’invasione dell’isola potrebbe innescare una spirale incontrollabile tra le potenze. Taiwan è considerata strategica non soltanto per motivi geopolitici e militari. In realtà l’isola si è costruita un ruolo di superpotenza dei semiconduttori. A partire dal gigante TSMC, l’apparato industriale tecnologico taiwanese fornisce i chip per molte delle tecnologie strategiche, dalla difesa alla mobilità. Senza i chip taiwanesi, di fatto, molte industrie avanzate negli Usa e nell’Occidente si fermano.

Cina, aereo C919 inizia servizio regolare Pechino Shanghai

Cina, aereo C919 inizia servizio regolare Pechino ShanghaiRoma, 9 gen. (askanews) – L’aereo passeggeri C919, che nelle intenzioni rappresenta la sfida cinese a Boeing 737 e Airbus 320, ha volato oggi per la prima volta sulla rotta più trafficata del paese che collega la capitale Pechino con il centro economico di Shanghai. Lo ha annunciato la China Eastern Ailines.

Il C919 è decollato dall’aeroporto internazionale di Shanghai Hongqiao ed è atterrato all’aeroporto internazionale di Pechino Daxing, spiegano i media cinesi. Il volo sarà una rotta regolare, disponibile per le prossime due settimane. Il C919 è un aereo di linea sviluppato a livello nazionale dalla Commercial Aircraft Corporation of China (Comac), di proprietà statale. È progettato per trasportare da 140 a 210 passeggeri e vuole competere con il 737 di Boeing e l’A320 di Airbus.

Dopo il suo primo volo commerciale a fine maggio – sempre da Shanghai a Pechino – China Eastern ha operato regolarmente tre modelli che servono rotte da Shanghai alla metropoli sud-occidentale di Chengdu. Secondo la compagnia aerea, alla fine dello scorso anno il jet aveva completato 655 voli commerciali e trasportato quasi 82.000 passeggeri.

La China Eastern con sede a Shanghai ha prenotato i primi cinque C919 nel 2021 e finora ne sono stati consegnati quattro. A settembre, ha annunciato che ne avrebbe acquistati altri 100 in un accordo del valore massimo di 10 miliardi di dollari, il più grande ordine singolo del modello finora. Alla fine di dicembre, Air China, la compagnia di bandiera del paese e la più grande per dimensioni della flotta, ha annunciato che avrebbe acquistato sei aerei C919 con consegna prevista tra il 2024 e il 2025.

La Cina sta anche cercando di espandere la propria presenza aeronautica all’estero, con l’Amministrazione dell’aviazione civile che si è impegnata a collaborare con l’Agenzia per la sicurezza aerea dell’Unione europea per aiutare a incorporare i suoi aerei nei piani del continente durante la conferenza annuale della scorsa settimana.

Giappone, imprenditori promettono consistenti aumenti salariali

Giappone, imprenditori promettono consistenti aumenti salarialiRoma, 8 gen. (askanews) – I capi delle principali organizzazioni imprenditoriali giapponesi hanno promesso di spingere per aumenti salariali più consistenti rispetto allo scorso anno, dopo che il primo ministro Fumio Kishida li ha invitati a superare l’aumento dei prezzi. Qualcuno si spinge anche a proporre meccanismi d’aumento strutturali e automatici: una forma di scala mobile. Lo riferisce l’agenzia di stampa Kyodo.

“Affronteremo la questione degli aumenti salariali con maggiore passione e determinazione rispetto allo scorso anno”, ha detto all’evento Masakazu Tokura, presidente della Japan Business Federation, conosciuta anche come Keidanren, la “Confindustria” giapponese, aggiungendo: “Il Giappone si trova ora ad affrontare una situazione possibilità irripetibile di uscire completamente dalla deflazione.” Le osservazioni sono arrivate mentre le principali aziende giapponesi hanno aumentato i salari in media del 3,99% lo scorso anno, l’aumento più grande in 31 anni. Tokura ha detto che spera di vedere risultati migliori nelle negoziazioni salariali primaverili di quest’anno.

Intervenendo all’evento organizzato dalle lobby imprenditoriali e al quale hanno partecipato numerosi dirigenti delle principali aziende del paese, Kishida ha sottolineato che un aumento del reddito disponibile è vitale per realizzare un circolo virtuoso di aumenti salariali e crescita economica. “Farò ogni passo possibile per garantire che l’attuale tendenza positiva continui”, ha detto Kishida. “Quest’anno sarà un anno molto importante. Chiedo la vostra collaborazione per realizzare potenti aumenti salariali.”

Takeshi Niinami, presidente dell’Associazione giapponese dei dirigenti aziendali, ha dichiarato in una conferenza stampa che le grandi aziende devono aumentare i salari di oltre il 5% per garantire che l’effetto positivo si ripercuota anche sulle imprese più piccole. “Dobbiamo rendere l’aumento dei salari una norma sociale”, ha detto Niinami, aggiungendo: “Quest’anno sarà la cartina di tornasole per vedere se i salari continueranno ad aumentare”. Nel frattempo, Tomoko Yoshino, capo di Rengo, la Confederazione sindacale giapponese, ha ribadito la sua politica di chiedere un aumento salariale superiore al 5% e ha promesso di creare slancio per aumenti salariali più consistenti rispetto allo scorso anno in una conferenza stampa separata.

L’aumento dei salari è importante anche per la Banca del Giappone, che sta osservando da vicino il corso delle trattative salariali di primavera di quest’anno per determinare se debba porre fine alla sua politica di tassi di interesse negativi.

Cina, alto dirigente di Evergrande arrestato

Cina, alto dirigente di Evergrande arrestatoRoma, 8 gen. (askanews) – Evergrande New Energy Vehicle, la controllata dello sviluppatore immobiliare che produce auto elettriche, ha annunciato oggi in una comunicazione alla Borsa di Hong Kong, dove è quotata, che il suo direttore esecutivo è stato arrestato, pertanto ha sospeso le sue quotazioni.

“La compagnia ha appreso che il suo direttore esercutivo, Liu Yongzhuo, è stato arrestato in accordo con la legge in base al sospetto di aver commesso dei crimini illegali”, si legge nella nota di Evergrande New Energy Vehicle. Evergrande è nel cuore della crisi immobiliare cinese ed è un gigante immobiliare in profonda crisi di liquidità. Lo scorso anno più volte non è riuscita a ripagare il suo debito offshore.

La controllata nel settore dell’auto elettrica è stata fondata come filiale nel 2019 come parte di uno sforzo per diversificare le sue fonti di finanziamento e i suoi mercati.

Cina pubblica linee-guida su uso IA nella ricerca scientifica

Cina pubblica linee-guida su uso IA nella ricerca scientificaRoma, 5 gen. (askanews) – La Cina ha pubblicato nuove linee-guida sull’intelligenza artificiale per quanto riguarda il suo uso nella ricerca scientifica, vietando fra l’altro che l’IA possa essere accreditata come co-autrice di una ricerca nelle richieste di finanziamento e segnalando che qualsiasi utilizzo nella ricerca debba essere chiaramente dichiarata. Lo segnala oggi il South China Morning Post.

Le “Linee guida per una condotta responsabile della ricerca” sono state pubblicate il 21 dicembre dal Ministero della Scienza e della Tecnologia, con l’obiettivo di promuovere il “sano sviluppo” della ricerca scientifica. Le nuove regole coprono vari aspetti del processo di ricerca, compresa la selezione degli argomenti e la revisione tra pari, con le considerazioni principali su etica, sicurezza e trasparenza, pur non fodnendo regole dettagliate per situazioni specifiche.

L’intelligenza artificiale ha aiutato i ricercatori di tutto il mondo a fare scoperte come nuovi antibiotici che potrebbero aiutare a combattere i superbatteri resistenti ai farmaci e catalizzatori generati dall’intelligenza artificiale di un team cinese che potrebbero aiutare a produrre ossigeno su Marte. Alcuni scienziati hanno anche elencato tra i coautori strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT, una pratica che molte riviste hanno già interrotto. Ciò ha dato luogo a discussioni sull’opportunità o meno di attribuire credito all’intelligenza artificiale nel caso in cui scopra nuovi materiali o farmaci – e anche un dibattito filosofico più ampio sulla questione se debba essere considerata uguale agli esseri umani nella ricerca della conoscenza.

Secondo le linee guida, l’intelligenza artificiale generativa può ancora essere utilizzata nella ricerca, ma qualsiasi contenuto o risultato che utilizza la tecnologia deve essere chiaramente etichettato come tale.