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Sudcorea: drone sottomarino nucleare Nordcorea? Una bufala

Sudcorea: drone sottomarino nucleare Nordcorea? Una bufala


Sudcorea: drone sottomarino nucleare Nordcorea? Una bufala – askanews.it



Sudcorea: drone sottomarino nucleare Nordcorea? Una bufala – askanews.it



















Roma, 27 mar. (askanews) – Lo Stato maggiore congiunto sudcoreano ha sollevato oggi il dubbio che l’affermazione della Corea del Nord di aver condotto un recente test di un “drone di attacco nucleare sottomarino” possa essere stata esagerata, pur notando che il suo sviluppo sembra essere in una fase “iniziale”.

La scorsa settimana, i media statali nordcoreani hanno lodato un test di un’arma in grado di generare uno “tsunami radioattivo”. Questa avrebbe navigato a una profondità compresa tra 80 e 150 metri nel Mar del Giappone per 59 ore e 12 minuti. “Dopo aver messo insieme le analisi nostre e degli Usa del ‘drone di attacco nucleare sottomarino’ e le opinioni degli esperti su di esso, i nostri militari stanno dando peso alla possibilità che l’affermazione possa essere stata esagerata o inventata”, ha riferito il comando sudcoreano in una dichiarazione.

“Ci sono movimenti che indicano che il Nord sta lavorando per sviluppare un veicolo sottomarino senza pilota, ma la nostra valutazione è che sia ancora in una fase iniziale (di sviluppo)”, ha aggiunto. Il comando sudcoreano ha inoltre sottolineato che il Sud e gli Stati Uniti terranno sotto stretto controllo le “varie” minacce provenienti dal Nord e manterranno una posizione di difesa combinata “ferma”.

Il Nord ha affermato che il drone è stato progettato per “infiltrarsi furtivamente nelle acque operative e creare uno tsunami radioattivo su vasta scala” per distruggere i gruppi di attacco navali e i principali porti dei suoi nemici, e può essere schierato “su qualsiasi costa e porto o trainato da un nave di superficie per il funzionamento”.

Giappone, nuovo sondaggio: tornato il consenso per il governo Kishida

Giappone, nuovo sondaggio: tornato il consenso per il governo Kishida


Giappone, nuovo sondaggio: tornato il consenso per il governo Kishida – askanews.it



Giappone, nuovo sondaggio: tornato il consenso per il governo Kishida – askanews.it



















Roma, 27 mar. (askanews) – Fumio Kishida vede la luce. Il sostegno al governo del primo ministro giapponese è cresciuto di 5 punti percentuali da febbraio, arrivando al 48 per cento nell’ultimo sondaggio condotto da Nikkei/TV Tokyo e superando la percentuale di coloro che lo disapprovano per la prima volta in sette mesi.

La visita di Kishida in Ucraina e il suo vertice con il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol sembrano aver contribuito in maniera decisiva a far aumentare i consensi, mentre la percentuale di coloro che disapprova l’azione del governo è scesa al 44 per cento degli intervistati. Il viaggio in Ucraina è stato considerato giusto dal 71 per cento degli intervistati, con il 20 per cento che ha dichiarato di non essere stato d’accordo.

Anche il vertice Kishida-Yoon ha goduto di un alto tasso d’approvazione, con il 63 per cento degli intervistati favorevoli rispetto al 21 per cento che ha dichiarato di essere contrario. Il Partito liberaldemocratico, che esprime Kishida ed è il socio di maggioranza del governo, ha ricevuto il 43 per cento di sostegno tra gli intervistati, seguito dall’8 per cento ciascuno per il Partito democratico costituzionale e il Partito dell’innovazione giapponese. Nessuna preferenza di partito è stata espressa dal 24 per cento degli intervistati.

Il sondaggio telefonico condotto da Nikkei Research da venerdì a domenica ha ricevuto 927 risposte, per un tasso di risposta del 39,7 per cento.

A Hong Kong arrestato ex leader movimento democratico Albert Ho

A Hong Kong arrestato ex leader movimento democratico Albert Ho


A Hong Kong arrestato ex leader movimento democratico Albert Ho – askanews.it



A Hong Kong arrestato ex leader movimento democratico Albert Ho – askanews.it



















Roma, 27 mar. (askanews) – La polizia di Hong Kong ha arrestato Albert Ho, un ex parlamentare ed ex leader di un movimento democratico noto perché organizzava una veglia annuale in ricordo delle vittime della strage di Piazza Tiananmen, in base alla legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino nell’ambito di un nuovo giro di vite contro i militanti pro-democrazia. Lo riferisce oggi il Nikkei Asia.

Ho è stato a capo dell’Alleanza hongkonghese di sostegno ai moimenti democratici patriottici di Cina, oltre che parlamentare. L’arresto da parte del Dipartimento di sicurezza nazionale risale a martedì della scorsa settimana. Il settantunenne era già in stato di arresto domiciliare per motivi di salute. E’ accusato di ostruzione alla giustizia per aver contattato un testimone in un caso connesso alla legge sulla sicurezza nazionale.

Ho è un militante di lungo corso per i diritti civili. Il suo arresto segue quello di Elizabeth Tang, leader sindacale di lungo corso e moglie del militante per i diritti dei lavoratori Lee Cheuk-yan. La sindacalista è stata tratta in arresto questo mese, all’uscita della prigione dove era andata a visitare il marito. Inoltre nella repressione in corso sono stati arrestati anche il fratello più giovane di Ho e ea sorella minore di Tang.

Jack Ma riappare in Cina, s’allenta la pressione del governo?

Jack Ma riappare in Cina, s’allenta la pressione del governo?


Jack Ma riappare in Cina, s’allenta la pressione del governo? – askanews.it



Jack Ma riappare in Cina, s’allenta la pressione del governo? – askanews.it



















Roma, 27 mar. (askanews) – Il fondatore di Alibaba Jack Ma si è rivisto in Cina dopo un lungo autoesilio durato più di un anno. Potrebbe trattarsi di un segnale di allentamento della stretta che Pechino ha imposto alle Big Tech cinesi negli ultimi anni, anche se questo evento potrebbe anche essere episodico.

Ma ha visitato una scuola che Alibaba ha fondato a Hangzhou, la Yungu School, nel 2017. Secondo quanto riferisce il South China Morning Post, che è di proprietà di Alibaba, l’ex enfant prodige del capitalismo tecnologico cinese ha parlato agli studenti della scuola dei temi posti dall’avvento dell’intelligenza artificiale e di tecnologie come ChatGPT. Prima di rientrare in Cina, Jack Ma ha fatto una tappa a Hong Kong per visitare una galleria d’arte.

Ma si è dimesso da presidente di Alibaba al suo 55mo compleanno nel 2019. Questo passo indietro è venuto all’inizio di un duro braccio di ferro con il governo cinese che ha investito per prima la sua compagnia, poi tutto il settore delle arrembanti Big Tech cinesi. Pechino ha stretto le maglie regolatorie a novembre 2020, in particolare, su Ant Group, la fintech di Alibaba, impedendo la sua quotazione in borsa in un’offerta pubblica iniziale da 37 miliardi di dollari. Negli stessi mesi il tycoon, che si era segnalato fino a quel momento per essere iper-attivo sui social network e per aver avanzato anche qualche critica alle autorità regolatorie e alle banche cinesi, si è eclissato dalla scena pubblica.

In questi anni Jack Ma è stato segnalato a Tokyo dove, secondo il Financial Times, avrebbe vissuto almeno sei mesi, ma anche negli Usa, in Israele e, più recentemente, è stato visto giocare a golf a Hong Kong. Ma senza che si sia presentato in appuntamenti pubblici. Questa riapparizione potrebbe preludere a un allentamento della pressione regolatoria, dopo che anche nelle scorse settimane ci sono state operazioni abbastanza clamorose, come la detenzione del fondatore di China Renaissance Group, Bao Fan, che è il centro di grandi investimenti nel settore tech.

La doppia visita che turba Taiwan: leader negli Usa, ex leader in Cina

La doppia visita che turba Taiwan: leader negli Usa, ex leader in Cina


La doppia visita che turba Taiwan: leader negli Usa, ex leader in Cina – askanews.it



La doppia visita che turba Taiwan: leader negli Usa, ex leader in Cina – askanews.it


















Roma, 27 mar. (askanews) – Una doppia visita sta turbando il clima politico a Taiwan e e rischia di rendere ancora più tesa la situazione con la Cina. L’ex presidente di Taiwan Ma Ying-jeou inizia oggi un tour altamente simbolico della Cina, proprio mentre la presidente taiwanese in carica Tsai Ing-wen inizia un viaggio – visto con rabbia a Pechino – negli Stati uniti e in America centrale.

Ma, presidente dal 2008 al 2016, è una figura di spicco del partito nazionalista oggi in minoranza, il Kuomintang (KMT), che vuole una politica più conciliante con la Cina. Timarrà nella Repubblica popolare fino al 7 aprile, guidando una delegazione di studenti in diverse città e rendendo omaggio ai suoi antenati nella provincia sud-occidentale dell’Hunan. Tsai invece farà tappa negli Stati uniti durante il suo viaggio per visitare Belize e Guatemala questa settimana, secondo la presidenza taiwanese. Parlerà a New York e riceverà un premio dal think tank Hudson Institute.

La presidenza taiwanese non ha fornito informazioni su un possibile incontro con il presidente della Camera dei Rappresentanti Usa Kevin McCarthy, ma – secondo quanto riporta Nikkei Asia – i due si dovrebbero incontrare in California. Il viaggio di Ma è visto come un tentativo di riannodare i fili con Pechino usando la sua storia politica. Apparentemente il viaggio è di natura esclusivamente privata – e infatti non andrà a Pechino e non dovrebbe incontrare il presidente cinese Xi Jinping – ma resta comunque particolarmente significativo in un momento di forte tensione tra Taipei e la Cina e a 10 mesi dalle elezioni presidenziali a Taiwan. D’altronde sarà il primo ex leader taiwanese a visitare la Cina dopo la guerra civile cinese del 1949.

Il Kuomintang nutre speranze concrete di vittoria, dopo aver perso le ultime due presidenziali. Lo scorso anno ha vinto in maniera schiacciante le elezioni locali. E, anche se il leader attuale del Kuomintang Eric Chu ha minimizzato il senso del viaggio di Ma, esso rimane estremamente significativo rispetto alla svolta che il partito nazionalista potrebbe imprimere a Taiwan. Su Facebook, Chu ha scritto che Ma è d’accordo con la linea del Kuomintang di essere “pro-America, amico del Giappone e in pace con la Cina”. Le economie di Taiwan e della Cina si riavvicinarono durante l’amministrazione di Ma, succeduto alla divisiva presidenza Chen Shui-bian dell’attuale Partito democratico progressista. I turisti cinesi si riversarono su Taiwan e e così gli investimenti. Tuttavia nel 2014 Ma negoziò un controverso accordo commerciale, che innescò proteste di massa. Queste segnarono una svolta nella storia di Taiwan e aprirono la strada alla vittoria schiaccianti di Tsai nel 2016.

Ma fu anche protagonista di uno storico summit con Xi a Singapore nel 2015, il primo tra i leader dei due governi in quasi sette decenni..

Russia spera di firmare per il nuovo gasdotto con la Cina entro fine anno

Russia spera di firmare per il nuovo gasdotto con la Cina entro fine anno


Russia spera di firmare per il nuovo gasdotto con la Cina entro fine anno – askanews.it



Russia spera di firmare per il nuovo gasdotto con la Cina entro fine anno – askanews.it


















Roma, 23 mar. (askanews) – La Russia spera di firmare il contratto per le forniture di gas alla Cina attraverso il gasdotto Power of Siberia 2 entro la fine dell’anno. L’ha detto oggi il vicepremier Alexander Novak, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Tass.

“I termini contrattuali devono ora essere finalizzati tra Gazprom e la (cinese) CNPC. Lo studio di fattibilità, il progetto del gasdotto attraverso il territorio della Mongolia è già in corso”, ha detto Novak. “Noi speriamo – ha continuato – che le nostre compagnie raggiungano l’accordo e firmino il contratto entro la fine dell’anno”. Il gasdotto dovrebbe trasportare 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno dalla penisola russa di Yamal, nella Siberia occidentale, alla Cina attraverso la Mongolia. E’ da decenni che Mosca e Pechino ragionano di questa infrastruttura senza arrivare a una conclusione. Ma, con la guerra in Ucraina e il blocco all’export di gas russo nei paesi Ue, per Mosca è diventato vitale trovare uno sbocco orientale al suo gas. E questo ha accelerato le trattative.

Novak, al termine del summit di mertedì scorso al Cremlino tra i presidenti russo e cinese Vladimir Putin e Xi Jinping aveva dichiarato che la Russia desidera firmare l’accordo “il più rapidamente possibile”. In precedenza aveva inquadrato Power of Siberia 2 come un’alternativa al Nord Stream 2, la pipeline che trasportava il gas russo in Germania e che è saltata in aria per un sabotaggio dopo lo scoppio della guerra. Nella dichiarazione congiunta rilasciata dopo il summit, la parte che riguarda Power of Siberia 2 recita che “le due parti lavoreranno insieme per promuovere studi e consultazioni sul nuovo progetto di gasdotto Cina-Mongolia-Russia”. Si tratta di una formulazione vaga, che non esplicita alcun impegno cogente da parte di Pechino. E questo stride con l’affermazione ben più assertiva di Putin nella conferenza stampa congiunta con Xi, quando ha detto che “praticamente tutti i parametri di quell’accordo sono stati finalizzati”.

Per la Cina, che è il più grande importatore mondiale di gas, il gasdotto rappresenta un progetto importante per l’approvvigionamento, ma che deve tener conto anche della variabile geopolitica. D’altronde, il conflitto in Ucraina è un fenomeno temporaneo e l’esito è ancora incerto: da esso dipenderà anche la possibilità che riprendano le forniture russe verso l’Europa in futuro. Attualmente la Cina riceve gas russo attraverso il gasdotto China-Russia East Route. Mosca è il secondo fornitore di gas della Cina, dopo il Turkmenistan. Power of Siberia 2 è un gasdotto più lungo e tecnicamente complesso da costruire rispetto all’altro che fornisce gas russo.

Pechino, pur consapevole che il trasporto via pipeline rende il gas più economico del gas naturale liquefatto (GNL), considera però il GNL trasportato via mare più sicuro e questo potrebbe rendere la Cina non necessariamente ansiosa di aggiungere un’altra rotta per l’afflusso di gas dalla Russia. Negli ultimi anni la Cina ha cercato di diversificare le sue importazioni di energia. Sul gas naturale sono in corso negoziati anche con i paesi dell’Asia centrale. In particolare si discute di un nuovo gasdotto dal Turkmenistan attraverso il Tagikistan e il Kirghizistan per alimentare la crescita economica. Pechino si è inoltre impegnata a intensificare l’esplorazione interna nella speranza di aumentare le riserve e la produzione di gas nazionali. Secondo le proiezioni dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), una volta che la linea Power of Siberia raggiungerà la piena capacità, la Cina potrebbe non aver più bisogno di un altro collegamento su larga scala con la Russia. Nel suo rapporto World Energy Outlook 2022, l’agenzia ha affermato che la crescita della domanda di gas in Cina è sulla buona strada per rallentare al 2% all’anno tra il 2021-30, rispetto a un tasso di crescita medio del 12% all’anno del precedente decennio, visto anche l’orientamento di Pechino verso il rafforzamento della produzione da rinnovabili. Nel frattempo, gli importatori cinesi hanno attivamente stipulato contratti per nuove forniture di GNL a lungo termine e l’offerta contrattuale esistente è adeguata per soddisfare la domanda prevista fino agli anni 2030, afferma il rapporto.

Qin Gang: per la Cina un ruolo più grande nelle questioni regionali

Qin Gang: per la Cina un ruolo più grande nelle questioni regionali


Qin Gang: per la Cina un ruolo più grande nelle questioni regionali – askanews.it



Qin Gang: per la Cina un ruolo più grande nelle questioni regionali – askanews.it



















Roma, 23 mar. (askanews) – Il ruolo di mediazione svolto dalla Cina nella ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia saudita dimostra come la Cina debba essere più coinvolta nella risoluzione delle questioni di interesse regionale, a partire da quella ucraina. L’ha rivendicato il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ai media ufficiali cinesi.

Qin Gang ha affermato che il mondo si aspetta che la Cina “svolga un ruolo maggiore nella risoluzione dei problemi dei punti caldi regionali” dopo il successo dei suoi sforzi di mediazione tra Iran e Arabia Saudita. Questo vale anche per la crisi ucraina, ha spiegato il ministro a commento della visita del presidente Xi Jinping a Mosca, dove ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin. “Dallo scoppio della crisi ucraina, la Cina ha sempre sostenuto una posizione obiettiva e imparziale, promuovendo attivamente i colloqui di pace”, ha sostenuto Qin. “La Cina non ha né innescato il conflitto né è parte coinvolta nella crisi ucraina, ma una sostenitrice di una soluzione politica e una promotrice di colloqui di pace”.

Secondo Qin, sia la Russia che l’Ucraina hanno accolto con favore gli sforzi cinesi. Invece, “per interessi geopolitici egoistici alcuni paesi ostacolano deliberatamente i colloqui di pace e persino inventano tutti i tipi di voci e falsità per attaccare e screditare la Cina, ma il pubblico sostiene la giustizia”. Il riferimento neanche troppo coperto è agli Stati uniti. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, con altri funzionari americani, ha per settimane sostenuto che Pechino starebbe valutando la possibilità di fornire armi a Mosca. Ma ieri lo stesso Blinken ha affermato che non ci sono prove al momento che forniture del genere siano avvenute.

Qin ancora una volta ha difeso la scelta cinese di non condannare l’invasione russa, ma di restare neutrale nelle sedi internazionali. “La posizione della Cina è chiara e coerente. Tra la pace e la guerra, scegliamo la pace; tra dialogo e sanzioni, scegliamo il dialogo; tra il raffreddamento e l’istigazione, scegliamo il raffreddamento”, ha detto il ministro.

Giappone, crisi di vocazioni per la “yakuza”: mai così pochi affiliati

Giappone, crisi di vocazioni per la “yakuza”: mai così pochi affiliati


Giappone, crisi di vocazioni per la “yakuza”: mai così pochi affiliati – askanews.it



Giappone, crisi di vocazioni per la “yakuza”: mai così pochi affiliati – askanews.it


















Roma, 23 mar. (askanews) – Il numero di membri dei clan della yakuza, la “mafia” giapponese, è sceso nel 2022 a circa al minimo storico di 22.400, con un calo di 1.700 unità rispetto all’anno precedente. L’ha reso noto oggi l’Agenzia nazionale di polizia nipponica.

Invece indagati dalla polizia per presunta associazione ai clan yakuza nel 2022 è sceso sotto i 10mila per la prima volta da quando il Giappone ha promulgata la legge contro la criminalità organizzata nel 1991. Le forze dell’ordine hanno da tempo avviato un’azione più deciso per reprimere il fenomeno della yakuza. Lo scorso anno , sono stati indagati su 9.903 membri e fiancheggiatori dei gruppi mafiosi, in calo di 1.832 rispetto all’anno precedente.

Tra gli indagati, 2.141 erano sospettati di violazioni alle leggi contro gli stimolanti e stupefacenti, 1.424 per presunte frodei e 1.142 per aggressioni fisiche. La polizia continua a mantenere i fari accesi, in particolare, per la guerra di mafia che si è determinata tra gruppi rivali in seguito alla scissione avvenuta nel 2015 nell,ambito del principale clan del paese, il potente Yamaguchi-gumi.

Dal gruppo yakuza che conta migliaia di affiliati in tutto il Giappone si è staccata un’ala nella città di Kobe. Particolarmente accesa è la faida che si è determinata tra lo Yamaguchi-gumi e lo Ikeda-gumi, che è un clan associato al Kobe Yamaguchi-gumi. La polizia ha segnalato sette incidenti legati a questa rivalità nel 2022. Il Giappone è considerato un paese molto sicuro. I numeri in generale confermano questa percezione: nel 2022 ci sono state in tutto il paese soltanto nove sparatorie con quattro morti, Uno di questi è stato l’ex primo ministro Shinzo Abe, ucciso con un’arma da fuoco improvvisata durante un comizione per le elezioni politiche per la Camera alta da un singolo.

In totale 321 pistole sono state confiscate dalla polizia nel 2022, 26 in più rispetto all’anno precedente, comprese le armi fatte in casa dall’uomo che ha assassinato Abe. La polizia giapponese ha anche indagato un totale di 9.548 cittadini stranieri durante tutto l’anno, in calo di 1.129 rispetto all’anno precedente a causa delle restrizioni di viaggio dovute alla pandemia di COVID-19. Circa il 60% dei cittadini stranieri indagati proveniva dal Vietnam o dalla Cina.

Toshiba, cordata giapponese la comprerà per 14 miliardi di euro

Toshiba, cordata giapponese la comprerà per 14 miliardi di euro


Toshiba, cordata giapponese la comprerà per 14 miliardi di euro – askanews.it



Toshiba, cordata giapponese la comprerà per 14 miliardi di euro – askanews.it



















Roma, 23 mar. (askanews) – Il gigante dell’elettronica giapponese da anni in difficoltà, Toshiba, ha accettato un’offerta d’acquisizione da parte di una cordata di investitori giapponesi tra i quali quelli inclusi nel fondo Japan Industrial Partners. Lo ha scritto oggi il Nikkei, che stima l’operazione in 2mila miliardi di yen (14 miliardi di euro).

Il consiglio d’amministrazione della compagnia ha approvato – secondo quanto scrivono Nikkei e Financial Times – l’acquisizione in una riunione odierna. JIP presenterà un’offerta d’acquisto ed effettuerà un delisting di Toshiba. L’acquisizione porrà termine al lungo processo di ristrutturazione di Toshiba, iniziata con la prima offerta di acquisto che risale a due anni fa.

La decisione è stata assunta dal consiglio d’amministrazione dopo colloqui con un comitato speciale formato da esterni. JIP adesso dovrà procedere con una serie di procedure volte a soddisfare le leggi sulla competizione e le altre norme. Quando avrà ottenuto le autorizzazioni regolatorie, acquisterà le azioni dagli attuali azionisti e toglierà Toshiba dalla borsa.

A finanziare l’acquisizione sono circa 20 compagnie giapponesi tra le quali ci sono Rohm, Orix, Chubu Electric Power, Una parte del finanziamento, poi, arriverà da banche nipponiche. Il controllo di Toshiba, che ha al momento nel suo azionariato molti attivisti, verrà passato a una singola compagnia che renderà più semplici i suoi processi decisionali.

JIP ha presentato le sue intenzioni un anno fa e a novembre ha reso nota la sua offerta preventiva. Un messe fa ha depositato una proposta finale, dopo aver acquisito gli impegni dalle banche. Toshiba era stata già nel mirino della CVC Capital Partners, il fondo europeo, ad aprile due anni fa, che aveva presentato un’offerta preliminare di acqusizione. Tuttavia le negoziazioni non portarono da nessuna parte, anche perché la normativa giapponese pone dei vincoli alle acquisizioni da parte di soggetti esteri in settori strategici per la sicurezza nazionale e Toshiba è impegnata nel nucleare. A novembre del 2021 il management – da anni in conflitto con gli azionisti attivisti – aveva presentato un piano per spezzare in tre parti la compagnia. Poi il piano era stato ridimensionato, con una divisione in due. Ma comunque il progetto era caduto all’Assemblea degli azionisti, dopo un voto contrario. A quel punto restava solo la strada della vendita e del delisting.

Usa-Sudcorea avviano grandi esercitazioni di sbarco anfibio

Usa-Sudcorea avviano grandi esercitazioni di sbarco anfibio


Usa-Sudcorea avviano grandi esercitazioni di sbarco anfibio – askanews.it



Usa-Sudcorea avviano grandi esercitazioni di sbarco anfibio – askanews.it



















Roma, 23 mar. (askanews) – La nave di assalto anfibia statunitense USS Makin Island si trova nel porto di Busan, per prendere parte – secondo quanto scrive l’agenzia di stampa Reuters – a grandi esercitazioni di sbarco anfibio lungo la costa orientale della Sudcorea, vicino a Pohang, che dureranno fino al 3 aprile.

Secondo quanto ha comunicato la scorsa settimana il comando sudcoreano, si tratta delle più imponenti da anni a questa parte, prenderanno parte circa 12mila tra marinai e truppe da sbarco dei due paesi, 30 navi da guerra, 70 aerei e 50 mezzi d’assalto anfibio. Queste manovre erano state sospese nel 2018 dall’amministrazione del precedente presidente sudcoreano Moon Jae-in nel tentativo di favorire il disgelo dei rapporti con Pyongyang.

“Queste esercitazioni dimostreranno la volontà dell’alleanza Corea del Sud-Usa di realizzare la ‘pace attraverso la forza’ e rafforzeranno ulteriormente la capacità di difesa combinata della Corea del Sud”, ha dichiarato il comandante del corpo dei marine sudcoreani, generale Kim Gye-hwan. La Makin Island porta con sé 10 caccia stealth F-35 e decine di mezzi da sbarco corazzati.

Alle esercitazioni prenderanno parte anche una quarantina di marine britannici e ci saranno osservatori da Australia, Francia, Filippine. Oggi si sono concluse le esercitazioni virtuali Freedom Shield, durate 11 giorni e continuano invece col nome di Warrior Shield altre manovre sul campo.

La Corea del Nord considera queste manovre come prove generali d’invasione e in questo periodo ha effettuato diversi lanci dimostrativi, compreso uno ieri in cui sono stati sparati quattro missili balistici.