Caso Stormy Daniels, Trump condannato (ma dispensato dalla pena)New York, 10 gen. (askanews) – Il giudice Juan Merchan del tribunale di New York ha condannato Donald Trump per 34 capi di imputazione legati alla falsificazione documenti aziendali ma ha chiarito che il presidente eletto non sconterà alcuna pena e non andrà in carcere.
Trump diventa il primo ex presidente condannato per un crimine ed il primo ad entrare in carica con una condanna. A maggio una giuria lo aveva giudicato colpevole . Il tycoon aveva pagato 130.000 dollari in nero ad una ex pornostar, Stormy Daniels, per assicurarsi il suo silenzio su una relazione sessuale tra i due, poco prima delle elezioni del novembre 2020. Trump aveva fatto falsificare i documenti della sua organizzazione per nascondere il pagamento. Il presidente eletto ha cercato di ritardare e bloccare la sentenza, prima della cerimonia di inaugurazione, ma giovedì anche la Corte Suprema si è rifiutata di intervenire sul caso, vanificando gli sforzi dei suoi legali.
Nella capitale dello Yemen attacchi distinti di Usa, Gb e IsraeleRoma, 10 gen. (askanews) – Una fonte americana ha riferito ad Axios che i diversi attacchi messi a segno oggi nello Yemen non rientrano in un’operazione congiunta americano-britannico-israeliana, ma c’è stato “un coordinamento tattico per evitare scontri”, attaccando obiettivi distinti.
Secondo i media yemeniti, 12 attacchi sono stati messi a segno dalle forze statunitensi e britanniche nel distretto di Harf Sufyan, a nord di San’a; quindi ci sono stati raid contro obiettivi nei pressi di piazza Al-Sabeen della capitale yemenita, dove ogni venerdì migliaia di persone si radunano per manifestare il loro sostegno alla popolazione della Striscia di Gaza. Secondo l’emittente Al Masirah, sarebbe stata colpita una centrale elettrica. Infine sei raid hanno colpito il governatorato di Hodeidah, in particolare il porto di Ras Issa. L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver colpito la centrale elettrica “che funge da principale fonte di energia per il regime terroristico Houthi nelle sue attività militari” e “infrastrutture militari nei porti di Hodeidah e Ras Issa”.
Nato, da JFC Naples il via a esercitazione Steadfast Dart 25Milano, 10 gen. (askanews) – Steadfast Dart 25 (STDT25), la principale esercitazione NATO per il 2025, sarà la prima esercitazione di dispiegamento su larga scala della Allied Reaction Force (ARF) della NATO condotta in varie località geografiche all’interno dell’area di responsabilità del Supreme Allied Commander Europe (SACEUR).
In quanto tale, si tratta di una delle principali attività di vigilanza in tempo di pace che offre significativi effetti deterrenti dimostrando la reattività della NATO. Il NATO Rapid Deployable Corps Italy (NRDC-ITA) a Solbiate Olona, Varese, Italia, è a capo dell’esercitazione. Questa è la principale esercitazione NATO del 2025 con circa 10.000 soldati e 1.500 veicoli militari che convergono in Bulgaria, Grecia e Romania dalle nazioni alleate di Francia, Italia, Spagna, Slovenia, Turchia e Regno Unito. Più di 20 velivoli tra cui EF2000, F16, AV 8B HARRIER, A400 e 17 assetti navali tra cui navi da sbarco anfibie, fregate, navi antimine, cacciatorpediniere e sottomarini prenderanno parte all’esercitazione.
STDT25 dimostra anche le capacità dell’Allied Command Operations (ACO) di attivare e rafforzare l’ARF, per coordinare un rapido transito verso dove può fornire effetti di deterrenza strategica rafforzando le forze già presenti in loco. Questa esercitazione pianificata da tempo, sotto il comando del Joint Forces Command Naples (JFC Naples), soddisferà i requisiti stabiliti dal Supreme Headquarters Allied Powers Europe per esercitare l’ARF come elementi principali della NATO Allied Response Force.
La Norvegia vuole ripristinare l’obbligo di rifugi antiaereiRoma, 10 gen. (askanews) – Ipotizzando rischi di guerra, la Norvegia ha annunciato che sarà ripristinato l’obbligo di costruire rifugi antiaerei nei nuovi edifici, una delle circa 100 misure proposte per aumentare la preparazione del Paese. “In futuro dovremo tenere conto delle crisi e delle guerre e prepararci ad affrontarle”, ha affermato il ministro della Giustizia norvegese Emilie Enger Mehl, responsabile anche delle emergenze.
Insieme al primo ministro Jonas Gahr Store, Emilie Enger Mehl ha presentato un Libro bianco sulla preparazione del Paese. Tra un centinaio di proposte, il governo di centro-sinistra ha suggerito di ripristinare l’obbligo di dotare i nuovi grandi edifici di rifugi antiaerei, spiegando che la guerra in Ucraina ne ha dimostrato la necessità. Il vicino della Russia, membro della Nato, ha rinunciato a questo obbligo nel 1998, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda. Secondo il Libro bianco, la Norvegia attualmente dispone di rifugi in grado di ospitare circa il 45 per cento della sua popolazione, rispetto al 90 per cento della Finlandia, all’80 per cento della Danimarca e al 70 per cento della Svezia. Tra le altre misure previste, il governo vuole aumentare il numero di persone mobilitabili nella Protezione civile da 8mila a 12mila e aumentare l’autonomia alimentare per raggiungere un tasso di autosufficienza del 50 per cento entro il 2030.
Crosetto incontra Kallas: sostegno a Ue per sicurezza intero OccidenteRoma, 10 gen. (askanews) – “Colloquio davvero cordiale e costruttivo con Kaja Kallas, Alto Rappresentante UE per Affari Esteri e Politica di Sicurezza e Vice Presidente Commissione Europea. Abbiamo fornito pieno sostegno all’autonomia strategica della UE, ‘pilastro europeo’ della Nato, che rimane la pietra angolare della sicurezza collettiva dell’intero Occidente, UE compresa. Abbiamo anche proposto l’istituzione di un tavolo permanente per trovare e proporre soluzioni, oltre che verificare i nostri comuni progressi”. Lo scrive su X il ministro della Difesa, Guido Crosetto.
“Abbiamo riscontrato anche una visione comune sulla valorizzazione dell’industria difesa – prosegue Crosetto -. Uno strumento che tutti noi riteniamo fondamentale per agevolare la cooperazione militare e strategica europea e contribuire alla sicurezza e alla stabilità delle nostre Democrazie. Focus, inoltre, sulla cooperazione per progetti comuni. Obiettivo, dare maggiore efficienza e ottimizzare l’uso delle risorse. Ribadita, infine, la necessità di scorporare gli investimenti per la Difesa dal Patto di stabilità della UE al fine di rispondere in modo adeguato alle crescenti esigenze di sicurezza collettiva. Su Ucraina – conclude Crosetto – abbiamo ribadito e rinnovato l’impegno comune per creare premesse per pace giusta e duratura”.
Zelensky ha invitato Mattarella a KievRoma, 10 gen. (askanews) – “Ho appena avuto l’incontro con il presidente Mattarella. Lui è molto positivo. Io gli ho detto che è ora che venga in Ucraina perché l’ultima volta che il presidente dell’Italia è stato in Ucraina è stato 25 anni fa, un quarto di secolo”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in una intervista a Rainews24. “Credo che sarebbe opportuno che venisse, soprattutto adesso che stiamo parlando della conferenza di ricostruzione dell’Ucraina che è un aspetto molto importante”, ha aggiunto il leader di Kiev.
Cosa sta succedendo in VenezuelaRoma, 10 gen. (askanews) – Nicolas Maduro giura oggi per un nuovo mandato di sei anni (il terzo consecutivo) come presidente del Venezuela dopo un’elezione contestata sia dall’opposizione che dagli organismi internazionali e sullo sfondo di una persistente crisi economica e sociale del Paese – nonché di un crescente isolamento politico.
Stando alle indiscrezioni della vigilia saranno pochissimi i Capi di Stato e di governo presenti alla cerimonia: persino Brasile e Colombia, tradizionalmente non ostili al regime di Caracas, invieranno dei rappresentanti diplomatici. Non è peraltro ancora chiaro se l’opposizione, che rivendica la vittoria elettorale, tenterà la dimostrazione di forza in piazza manifestando oggi contro Maduro: il suo candidato presidenziale, Edmundo Gonzalez, è in esilio in Spagna.
La vera leader, Maria Corina Machado, è stata arrestata e poi liberata ieri dopo essere comparsa ad una manifestazione a Caracas contro Maduro, che lei accusa di aver rubato le elezioni presidenziali dello scorso luglio. Malgrado tutte le difficoltà tuttavia il regime chavista continua a reggere, essenzialmente per due motivi: il primo l’alternativa – che al di là delle etichette dei singoli leader oppositori si riassume in un semplice ritorno dell’oligarchia di destra – viene ancora considerata peggiore, visti i precedenti storici. Chavez proveniva dai ranghi dell’esercito e il suo regime è stato ben attento a favorire in ogni modo colonnelli e generali – tradizionalmente ultraconservatori – che di fatto sono diventati fra i principali beneficiari delle politiche governative. Stando così le cose, malgrado l’isolamento internazionale è difficile che Maduro possa perdere il potere in tempi brevi: sarebbe necessaria un’opposizione credibilmente democratica accettabile come tale da quell’ampia fascia di popolazione che dal chavismo ha avuto quanto meno qualche beneficio sociale, e che teme un semplice ritorno a un passato ricordato ancora come ancora peggiore.
E tuttavia è vero che il credito del regime è in esaurimento, prova ne è l’emigrazione di massa che ha riguardato oltre sette milioni di persone; lo stesso Maduro è stato costretto a ricorrere a delle politiche economiche ben lontane dal “socialismo del XXI secolo” predicato da Chavez per cercare di tenere a bada un’inflazione galoppante. Il tutto in un Paese che costituisce un esempio perfetto della “maledizione delle materie prime”: una ricchezza petrolifera che malgrado il riuscito monopolio statale è stata sempre utilizzata a beneficio di pochi e come ricompensa per la fedeltà politica, sia dalla destra che dalla sinistra.
Quante persone sono state davvero uccise a Gaza, secondo LancetRoma, 10 gen. (askanews) – Il bilancio ufficiale delle persone rimaste uccise nell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza è sottostimato del 41%. Questa la conclusione dello studio pubblicato dalla rivista Lancet, un’analisi statistica condotta da ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine, della Yale University e di altre istituzioni per stimare il numero complessivo di decessi per lesioni traumatiche avvenuto nel periodo compreso tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024.
“Stimiamo una mortalità totale per lesioni traumatiche di 64.260, il che implica che il ministero della Salute segnala decessi sottostimati del 41%. A ottobre 2024, la stima ufficiale del ministero era di 41.909, il che suggerirebbe che i veri dati sulla mortalità probabilmente superavano i 70.000”, si legge sulla rivista. “Gli alti tassi di mortalità mostrati dal nostro studio sottolineano la grave crisi nella Striscia di Gaza”, si legge sulla rivista, rimarcando che l’esito della ricerca “convalida le preoccupazioni sollevate da organizzazioni palestinesi e internazionali, tra cui rispettabili organizzazioni umanitarie e per i diritti umani e relatori speciali delle Nazioni Unite, circa l’entità delle vittime civili”.
“Il nostro studio supporta la visione secondo cui le cifre del ministero della Salute di Gaza hanno maggiori probabilità di sottostimare piuttosto che sovrastimare la mortalità – prosegue The Lancet – questa prova conferma la necessità di urgenti interventi internazionali per prevenire ulteriori perdite di vite umane e affrontare le conseguenze sanitarie a lungo termine dell’assalto militare israeliano a Gaza”.
L’esercito russo a due chilometri da Kupiansk, città chiave dell’Ucraina nord-orientaleRoma, 9 gen. (askanews) – L’esercito russo si trova ad appena due chilometri da Kupiansk, città chiave dell’Ucraina nord-orientale nell’oblast’ di Kharkiv. Lo ha dichiarato il capo dell’amministrazione militare della città, secondo quanto riportato dal Kiev Independent.
“La situazione è molto difficile; la linea del fronte è a due chilometri dalla periferia della città. La Russia cerca costantemente di attaccare”, ha dichiarato Andrii Besedin, aggiungendo che ieri l’esercito di Mosca ha effettuato dodici attacchi contro località a pochi chilometri di distanza. Le truppe russe stanno cercando di raggiungere l’arteria principale Svatove-Kupiansk per entrare nella parte orientale della città, ha aggiunto. Si stanno avvicinando al nord-est di Kupiansk, come mostra il sito web DeepState, che mappa la linea del fronte da fonti aperte.Il Comando generale dell’esercito ucraino ha inoltre riferito che ieri sono stati registrati dodici attacchi russi in direzione di Kupiansk.
Venezuela, Maduro si insedia nell’isolamento internazionaleRoma, 9 gen. (askanews) – Nicolas Maduro giurerà domani un nuovo mandato di sei anni (il terzo consecutivo) come presidente del Venezuela, dopo un’elezione contestata sia dall’opposizione che dagli organismi internazionali e sullo sfondo di una persistente crisi economica e sociale del Paese – nonché di un crescente isolamento politico.
Stando alle indiscrezioni della vigilia infatti saranno pochissimi i Capi di Stato e di governo presenti alla cerimonia: persino Brasile e Colombia, tradizionalmente non ostili al regime di Caracas, invieranno dei rappresentanti diplomatici; il governo venezuelano, non a caso, non ha ancora reso nota la lista ufficiale dei partiti. Malgrado tutte le difficoltà tuttavia il regime chavista continua a reggere, essenzialmente per due motivi: il primo l’alternativa – che al di là delle etichette dei singoli leader oppositori si riassume in un semplice ritorno dell’oligarchia di destra – viene ancora considerata peggiore, visti i precedenti storici.
Non è peraltro ancora chiaro se l’opposizione, che rivendica la vittoria elettorale, sceglierà di manifestare contro Maduro: il suo candidato presidenziale, Edmundo Gonzalez, al momento è in esilio in Spagna e la vera leader, Maria Corina Machado, si torva in clandestinità per evitare l’arresto. Senza contare che all’indomani del voto il regime non ha esitato ad usare la violenza per reprimere ogni dissenso, il che porta al secondo motivo della sopravvivenza del chavismo: il perdurante sostegno delle forze armate.
Chavez proveniva dai ranghi dell’esercito e il suo regime è stato ben attento a favorire in ogni modo colonnelli e generali – tradizionalmente ultraconservatori – che di fatto sono diventati fra i principali beneficiari delle politiche governative. Stando così le cose, malgrado l’isolamento internazionale è difficile che Maduro possa perdere il potere in tempi brevi: sarebbe necessaria un’opposizione credibilmente democratica accettabile come tale da quell’ampia fascia di popolazione che dal chavismo ha avuto quanto meno qualche beneficio sociale, e che teme un semplice ritorno a un passato ricordato ancora come ancora peggiore.
E tuttavia è vero che il credito del regime è in esaurimento, prova ne sia l’emigrazione di massa che ha riguardato oltre sette milioni di persone; lo stesso Maduro è stato costretto a ricorrere a delle politiche economiche ben lontane dal “socialismo del XXI secolo” predicato da Chavez per cercare di tenere a bada un’inflazione galoppante. Il tutto in un Paese che costituisce un esempio perfetto della “maledizione delle materie prime”: una ricchezza petrolifera che malgrado il riuscito monopolio statale è stata sempre utilizzata a beneficio di pochi e come ricompensa per la fedeltà politica, sia dalla destra che dalla sinistra.