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Europarlamento, eletti 2 presidenti di Commissione italiani

Europarlamento, eletti 2 presidenti di Commissione italianiBruxelles, 23 lug. (askanews) – Nel Parlamento europeo si stanno ultimando le operazioni di costituzione delle nuove commissioni parlamentari la prima metà della decima legislatura, con l’elezione dei loro presidenti e vicepresidenti in base ai nuovi equilibri politici risultanti dalle elezioni di giugno.


Nelle nuove commissioni europarlamentari sono stati eletti due presidenti italiani: Antonio Decaro del Pd (S&D), che guiderà la Commissione Ambiente (Envi), e Pasquale Tridico, del M5S (La Sinistra) come presidente della sotto commissione sulla Fiscalità (Fisc). Alla fine della scorsa legislatura, gli italiani presidenti di commissioni europarlamentari erano sempre due, Irene Tinagli (Pd, S&D) per la commissione Affari economici e monetari (Econ), e Salvatore di Meo (Fi, Ppe), per la commissione Affari costituzionali (Afco).


Da notare che ha retto, anche in questo caso (com’era già successo per l’elezione dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo) il “cordone sanitario” contro i due gruppi di estrema destra, i “Patrioti per l’Europa” (in cui siedono gli eletti della Lega) e l’”Europa delle nazioni sovrane” (Esn), che non hanno avuto nessun eurodeputato eletto né alla presidenza né alle vicepresidenze di alcuna commissione parlamentare. Il terzo gruppo di destra, quello dei Conservatori e Riformisti (Ecr) di cui fa parte Fdi, ha ottenuto invece la conferma della presidenza della commissione Bilancio (Budg) con il belga fiammingo Johan Van Overtveldt, e poi le presidenze della commissione Agricoltura (Agri), che è andata alla ceca Veronika Vrecionovß, e della commissione Petizioni (Peti) che è andata al polacco Bogdan Rzonca.


Complessivamente, nelle 20 commissioni e quattro sottocommissioni del Parlamento europeo sono stati eletti i seguenti eurodeputati italiani: Alberico Gambino (Fdi, Ecr) terzo vicepresidente sia della commissione Affari esteri (Afet) che della sotto commissione Sicurezza e Difesa (Sede); Giuseppe Lupo (Pd, S&D) secondo vicepresidente della commissione Bilancio (Budg); Alessandro Zan (Pd, S&D) terzo vicepresidente della commissione sulle Libertà civili, Giustizia e Affari interni (Libe); Pietro Fiocchi (Fdi, Ecr) secondo vicepresidente della commissione Ambiente (Envi); Matteo Ricci (Pd, S&D) quarto vicepresidente della commissione Trasporti; Elena Donazzan (Fdi, Ecr) e Giorgio Gori (Pd, S&D) rispettivamente seconda e terzo vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia (Itre); Francesco Ventola (Fdi, Ecr) terzo vicepresidente della commissione per lo Sviluppo delle Regioni (Regio); Mario Mantovani (Fdi, Ecr) secondo vicepresidente della commissione Affari giuridici (Juri), Cristina Guarda (Avs, Verdi) quarta vicepresidente della commissione Petizioni (Peti); e infine Giuseppe Milazzo (Fdi, Ecr) secondo vicepresidente della commissione Pesca (Pech).

In Cina accordo Fatah-Hamas su Gaza: i punti del post-guerra

In Cina accordo Fatah-Hamas su Gaza: i punti del post-guerraRoma, 23 lug. (askanews) – Fatah e Hamas, oltre ad altre 12 fazioni palestinesi, hanno firmato in Cina un accordo per la gestione di Gaza dopo la fine del conflitto con Israele e per “promuovere la riconciliazione” dei palestinesi. L’intesa, mediata da Pechino, ha 14 punti. Al Jazeera ne riporta alcuni, i principali. I gruppi hanno dichiarato di concordare sull’istituzione di un governo di unità nazionale ad interim che sarebbe responsabile della Cisgiordania e di Gaza. Il governo di unità nazionale sarà composto dai leader di tutte le 14 entità palestinesi fino allo svolgimento delle elezioni. Questo governo sarà da argine agli sforzi di Israele di “creare una struttura contro gli interessi palestinesi”. Un nuovo Consiglio nazionale palestinese sarà quindi formato attraverso elezioni libere e democratiche. I gruppi sono impegnati nella creazione di uno stato palestinese sulle terre occupate da Israele nella guerra del Medio Oriente del 1967.

La storia della noce di cocco diventata il simbolo virale di Kamala Harris

La storia della noce di cocco diventata il simbolo virale di Kamala HarrisRoma, 23 lug. (askanews) – La noce di cocco sta diventando il simbolo virale della campagna elettorale di Kamala Harris. Sui social si moltiplicano i riferimenti al “cocco”, in riferimento a un discorso del maggio 2023, in cui la vicepresidente fece appunto una battuta sugli alberi di cocco.


Il riferimento ha sorpreso più di un non iniziato. In che modo l’albero di cocco è diventato un simbolo di sostegno per Kamala Harris? Di fatto da quando la vicepresidente si è ritrovata coinvolta nella corsa per la Casa Bianca, le noci di cocco hanno invaso i social network negli Stati Uniti. “Signora Vicepresidente, siamo pronti ad aiutare”, ha scritto su X il senatore delle Hawaii Brian Schatz, una volta annunciata al mondo la notizia del ritiro del presidente Joe Biden. E il senatore ha accompagnato il post con una foto che mostra un uomo – lui stesso, a quanto pare – che si arrampica su un albero di cocco.


Ma da cosa viene il ricorso all’immagine della noce di cocco? L’anno scorso alla Casa Bianca, parlando di pari opportunità nell’istruzione, Kamala Harris concluse il suo discorso con il seguente aneddoto. “Mia madre a volte era un po’ severa con noi e diceva: ‘Non so cosa c’è che non va in voi ragazzi. Credete di essere appena caduti giù da un albero di cocco?’” Ritenuta incomprensibile e senza un evidente collegamento con l’argomento, l’affermazione al tempo venne derisa, diventando per la prima volta virale. Poi la performance catastrofica di Joe Biden durante il dibattito del 27 giugno con Donald Trump gli ha dato una seconda vita. Ma questa volta, l’albero di cocco è diventato un simbolo di sostegno a Kamala Harris, con gli utenti di Internet che all’inizio hanno utilizzato giochi di parole, emoticon e immagini di noci di cocco per spingere l’81enne democratico a dimettersi in favore della sua vicepresidente.


Da domenica, cioè dalla pubblicazione della lettera in cui Joe Biden ha rinunciato a candidarsi per un secondo mandato, l’albero ha avuto il suo momento di gloria. “Ho intenzione di arruolarmi nell’esercito del cocco (…). Lotterò per Kamala Harris”, dice con un pizzico di ironia un utente di X. Il simbolo ha preso piede anche tra gli alti funzionari democratici. Il governatore dello stato dell’Illinois JB Pritzker, che ha proclamato il suo sostegno a Kamala Harris, ha risposto alle notizie della stampa sulle sue ambizioni politiche scrivendo: “Pensate che sia appena caduto da un albero di cocco ?». Al di là dell’aspetto comico, questa viralità illustra l’entusiasmo suscitato tra molti giovani democratici – almeno sui social network – dall’irruzione sulla scena di Kamala Harris, mentre questo elettorato sfuggvia sempre più all’ottuagenario Biden.


Di origine indiana e giamaicana, molto più giovane (59 anni) del candidato repubblicano Donald Trump (78 anni), Kamala Harris intende capitalizzare questa voga.

M.O., accordo Fatah-Hamas su Gaza: ecco i punti del post-guerra

M.O., accordo Fatah-Hamas su Gaza: ecco i punti del post-guerraRoma, 23 lug. (askanews) – Fatah e Hamas, oltre ad altre 12 fazioni palestinesi, hanno firmato in Cina un accordo per la gestione di Gaza dopo la fine del conflitto con Israele e per “promuovere la riconciliazione” dei palestinesi. L’intesa, mediata da Pechino, ha 14 punti. Al Jazeera ne riporta alcuni, i principali.


I gruppi hanno dichiarato di concordare sull’istituzione di un governo di unità nazionale ad interim che sarebbe responsabile della Cisgiordania e di Gaza. Il governo di unità nazionale sarà composto dai leader di tutte le 14 entità palestinesi fino allo svolgimento delle elezioni.


Questo governo sarà da argine agli sforzi di Israele di “creare una struttura contro gli interessi palestinesi”. Un nuovo Consiglio nazionale palestinese sarà quindi formato attraverso elezioni libere e democratiche.


I gruppi sono impegnati nella creazione di uno stato palestinese sulle terre occupate da Israele nella guerra del Medio Oriente del 1967.

Usa2024, la “noce di cocco”, il simbolo virale di Kamala Harris

Usa2024, la “noce di cocco”, il simbolo virale di Kamala HarrisRoma, 23 lug. (askanews) – La ‘noce di cocco’ sta diventando il simbolo virale della campagna elettorale di Kamala Harris. Sui social si moltiplicano i riferimenti al “cocco”, in riferimento a un discorso del maggio 2023, in cui la vicepresidente fece appunto una battuta sugli alberi di cocco.


Il riferimento ha sorpreso più di un non iniziato. In che modo l’albero di cocco è diventato un simbolo di sostegno per Kamala Harris? Di fatto da quando la vicepresidente si è ritrovata coinvolta nella corsa per la Casa Bianca, le noci di cocco hanno invaso i social network negli Stati Uniti. “Signora Vicepresidente, siamo pronti ad aiutare”, ha scritto su X il senatore delle Hawaii Brian Schatz, una volta annunciata al mondo la notizia del ritiro del presidente Joe Biden. E il senatore ha accompagnato il post con una foto che mostra un uomo – lui stesso, a quanto pare – che si arrampica su un albero di cocco.


Ma da cosa viene il ricorso all’immagine della noce di cocco? L’anno scorso alla Casa Bianca, parlando di pari opportunità nell’istruzione, Kamala Harris concluse il suo discorso con il seguente aneddoto. “Mia madre a volte era un po’ severa con noi e diceva: ‘Non so cosa c’è che non va in voi ragazzi. Credete di essere appena caduti giù da un albero di cocco?’” Ritenuta incomprensibile e senza un evidente collegamento con l’argomento, l’affermazione al tempo venne derisa, diventando per la prima volta virale. Poi la performance catastrofica di Joe Biden durante il dibattito del 27 giugno con Donald Trump gli ha dato una seconda vita.


Ma questa volta, l’albero di cocco è diventato un simbolo di sostegno a Kamala Harris, con gli utenti di Internet che all’inizio hanno utilizzato giochi di parole, emoticon e immagini di noci di cocco per spingere l’81enne democratico a dimettersi in favore della sua vicepresidente. Da domenica, cioè dalla pubblicazione della lettera in cui Joe Biden ha rinunciato a candidarsi per un secondo mandato, l’albero ha avuto il suo momento di gloria. “Ho intenzione di arruolarmi nell’esercito del cocco (…). Lotterò per Kamala Harris”, dice con un pizzico di ironia un utente di X. Il simbolo ha preso piede anche tra gli alti funzionari democratici.


Il governatore dello stato dell’Illinois JB Pritzker, che ha proclamato il suo sostegno a Kamala Harris, ha risposto alle notizie della stampa sulle sue ambizioni politiche scrivendo: “Pensate che sia appena caduto da un albero di cocco ?». Al di là dell’aspetto comico, questa viralità illustra l’entusiasmo suscitato tra molti giovani democratici – almeno sui social network – dall’irruzione sulla scena di Kamala Harris, mentre questo elettorato sfuggvia sempre più all’ottuagenario Biden. Di origine indiana e giamaicana, molto più giovane (59 anni) del candidato repubblicano Donald Trump (78 anni), Kamala Harris intende capitalizzare questa voga.

Jill Biden guiderà la delegazione presidenziale Usa alle Olimpiadi di Parigi

Jill Biden guiderà la delegazione presidenziale Usa alle Olimpiadi di ParigiRoma, 23 lug. (askanews) – La first lady Jill Biden guiderà la delegazione presidenziale degli Stati uniti all’apertura delle Olimpiadi di Parigi. Lo ha confermato la Casa Bianca.


Sarà la prima apparizione sulla scena mondiale per la moglie del presidente da quando Joe Biden si è ritirato dalla campagna di rielezione. A Parigi, scrive il Guardian, circolavano voci secondo cui la first lady avrebbe potuto ritirarsi dai giochi all’ultimo minuto e alcuni suggerivano che sarebbe stata sostituita dalla vicepresidente Kamala Harris, il cui marito, Douglas Emhoff, guiderà la delegazione alla cerimonia di chiusura. La Casa Bianca, tuttavia, ha confermato che Jill Biden guiderà una delegazione composta da altre sette alte personalità statunitensi alla cerimonia di apertura, tra cui l’ambasciatore americano in Francia, Denise Campbell Bauer, i senatori Chris Coons e Alex Padilla, e il sindaco di Los Angeles, Karen Bass.

Secondo Haaretz Biden ha “teso una trappola” a Netanyahu

Secondo Haaretz Biden ha “teso una trappola” a NetanyahuRoma, 23 lug. (askanews) – Nel giorno in cui il premier israeliano Netanyahu raggiunge Washington, il quotidiano Haaretz offre un’interessante lettura dell’incontro. Secondo Haaretz, Biden di fatto ha infilato il premier israeliano in una “trappola politica”.


Forse – scrive il quotidiano – nessuno sul Pianeta Terra è stato più disturbato dall’annuncio scioccante del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che si sarebbe dimesso dalla carica di candidato presidenziale democratico alle elezioni del 2024 di Benjamin Netanyahu. Nei giorni precedenti la visita di Netanyahu a Washington, molti osservatori avevano ipotizzato che un potenziale annuncio sul ritiro di Biden sarebbe stato rimandato a dopo che Netanyahu avesse lasciato la città. Inceve l’annuncio di Biden ha praticamente tolto ogni slancio al viaggio di Netanyahu e ha messo il primo ministro israeliano nella posizione politicamente più complicata da quando Biden non sconfisse Donald Trump nel 2020.


Nelle ore successive alla pubblicazione della sua dichiarazione su X da parte di Biden, i leader israeliani di tutti gli orientamenti hanno fatto le lodi di Biden come di un vero amico di Israele rimasto fedele allo Stato ebraico nella buona e nella cattiva sorte. In questo senso si sono espressi gli attuali ed ex rivali politici di Netanyahu come l’ex primo ministro Naftali Bennett, l’ex ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz e l’attuale leader dell’opposizione Yair Lapid.In questo senso si sono espressi anche l’attuale presidente israeliano Isaac Herzog e il ministro della Difesa Yoav Gallant, l’interlocutore preferito dell’amministrazione Biden nel governo israeliano. L’unico a non elogiare Biden è stato proprio Netanyahu, cosa che non sorprende se pensiamo alla sua incapacità di congratularsi con Biden nelle ore successive alle elezioni del 2020. Di fatto, dopo l’annuncio del ritiro di Biden, la visita di Netanyahu è stata immediatamente relegata in secondo piano dopo settimane e mesi di preparazione. Nonostante gli sforzi repubblicani di trasformare la visita in un’arma politica, è ora Netanyahu a essere costretto a fare calcoli politici piuttosto che Biden.


Il primo ministro israeliano, senza dubbio leggendo le foglie di tè del futuro politico di Biden, ha cercato di ricucire il suo rapporto con Trump. Il rapporto era già in crisi dopo il rifiuto di Netanyahu di partecipare all’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani e per i suoi ripetuti tentativi di vanificare gli sforzi di Trump per raggiungere il cosiddetto “accordo del secolo” per porre fine al conflitto israelo-palestinese. Le pur tardive congratulazioni di Netanyahu a Biden per la sua vittoria su Trump, tuttavia, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Trump, fino ad oggi, continua a criticare pubblicamente Netanyahu ogni volta che gli viene richiesto, accusandolo anche di avere una implicita colpa per gli eventi del 7 ottobre.


Netanyahu potrebbe aver rifiutato di lodare Biden sui social media per timore di suscitare l’ira di Trump e bruciare il ponte che la sua rete ha cercato di riparare con crescente fervore negli ultimi mesi. Peraltro a questo punto non è neppure chiaro se l’incontro Biden Netanyahu ci sarà davvero. Biden si sta ancora riprendendo dal COVID-19 e la Casa Bianca, ha rifiutato di stabilire qualsiasi programma pubblico per Biden nei giorni a venire. In conclusione, Netanyauh – che sarò comunque contestato da miglia di manifestanti e verrà boicottato da dozzine di democratici – si troverà appunto preso in trappola, conclude Hareetz. Se – prescindere dal fatto che lo incontri o no – non farà un qualche omaggio a Biden, salterebbe “ogni parvenza di bipartitismo” e i suoi critici avrebbero gioco facile nelconcludere che il premier israeliano è soltanto “un agente del Partito Repubblicano”. Se invece offirà a Biden anche il più superficiale dei riconoscimenti per essere forse il più significativo democratico filo-israeliano nella storia politica americana, questo scatenerebbe senz’altro l’irritazione di Trump rendendo difficilissimo per non dire impossibile ricostruire i suoi rapporti col (probabile) futuro neo-presidente Usa.

Haaretz: Biden ha “teso una trappola” a Netanyahu

Haaretz: Biden ha “teso una trappola” a NetanyahuRoma, 23 lug. (askanews) – Nel giorno in cui il premier israeliano Netanyahu raggiunge Washington, il quotidiano Haaretz offre un’interessante lettura dell’incontro. Secondo Haaretz, Biden di fatto ha infilato il premier israeliano in una “trappola politica”.


Forse – scrive il quotidiano – nessuno sul Pianeta Terra è stato più disturbato dall’annuncio scioccante del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che si sarebbe dimesso dalla carica di candidato presidenziale democratico alle elezioni del 2024 di Benjamin Netanyahu. Nei giorni precedenti la visita di Netanyahu a Washington, molti osservatori avevano ipotizzato che un potenziale annuncio sul ritiro di Biden sarebbe stato rimandato a dopo che Netanyahu avesse lasciato la città. Inceve l’annuncio di Biden ha praticamente tolto ogni slancio al viaggio di Netanyahu e ha messo il primo ministro israeliano nella posizione politicamente più complicata da quando Biden non sconfisse Donald Trump nel 2020.


Nelle ore successive alla pubblicazione della sua dichiarazione su X da parte di Biden, i leader israeliani di tutti gli orientamenti hanno fatto le lodi di Biden come di un vero amico di Israele rimasto fedele allo Stato ebraico nella buona e nella cattiva sorte. In questo senso si sono espressi gli attuali ed ex rivali politici di Netanyahu come l’ex primo ministro Naftali Bennett, l’ex ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz e l’attuale leader dell’opposizione Yair Lapid.In questo senso si sono espressi anche l’attuale presidente israeliano Isaac Herzog e il ministro della Difesa Yoav Gallant, l’interlocutore preferito dell’amministrazione Biden nel governo israeliano. L’unico a non elogiare Biden è stato proprio Netanyahu , cosa che non sorprende se pensiamo alla sua incapacità di congratularsi con Biden nelle ore successive alle elezioni del 2020.


Di fatto, dopo l’annuncio del ritiro di Biden, la visita di Netanyahu è stata immediatamente relegata in secondo piano dopo settimane e mesi di preparazione. Nonostante gli sforzi repubblicani di trasformare la visita in un’arma politica, è ora Netanyahu a essere costretto a fare calcoli politici piuttosto che Biden. Il primo ministro israeliano, senza dubbio leggendo le foglie di tè del futuro politico di Biden, ha cercato di ricucire il suo rapporto con Trump. Il rapporto era già in crisi dopo il rifiuto di Netanyahu di partecipare all’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani e per i suoi ripetuti tentativi di vanificare gli sforzi di Trump per raggiungere il cosiddetto “accordo del secolo” per porre fine al conflitto israelo-palestinese.


Le pur tardive congratulazioni di Netanyahu a Biden per la sua vittoria su Trump, tuttavia, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Trump, fino ad oggi, continua a criticare pubblicamente Netanyahu ogni volta che gli viene richiesto, accusandolo anche di avere una implicita colpa per gli eventi del 7 ottobre. Netanyahu potrebbe aver rifiutato di lodare Biden sui social media per timore di suscitare l’ira di Trump e bruciare il ponte che la sua rete ha cercato di riparare con crescente fervore negli ultimi mesi. Peraltro a questo punto non è neppure chiaro se l’incontro Biden Netanyahu ci sarà davvero. Biden si sta ancora riprendendo dal COVID-19 e la Casa Bianca, ha rifiutato di stabilire qualsiasi programma pubblico per Biden nei giorni a venire. In conclusione, Netanyauh – che sarò comunque contestato da miglia di manifestanti e verrà boicottato da dozzine di democratici – si troverà appunto preso in trappola, conclude Hareetz. Se – prescindere dal fatto che lo incontri o no – non farà un qualche omaggio a Biden, salterebbe “ogni parvenza di bipartitismo” e i suoi critici avrebbero gioco facile nelconcludere che il premier israeliano è soltanto “un agente del Partito Repubblicano”. Se invece offirà a Biden anche il più superficiale dei riconoscimenti per essere forse il più significativo democratico filo-israeliano nella storia politica americana, questo scatenerebbe senz’altro l’irritazione di Trump prendendo difficilissimo per non dire impossibile ricostruire i suoi rapporti col (probabile) futuro neo-presidente Usa.

Netanyahu: Israele non rinuncerà alla vittoria completa su Hamas

Netanyahu: Israele non rinuncerà alla vittoria completa su HamasRoma, 23 lug. (askanews) – Israele non rinuncerà a ottenere una vittoria completa sul movimento palestinese Hamas nella Striscia di Gaza, ha detto oggi a Washington il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.


“In nessuna circostanza sono disposto a rinunciare alla vittoria su Hamas”, ha detto Netanyahu, citato dal Times of Israel, durante un incontro con le famiglie degli ostaggi, aggiungendo: “stiamo anche vedendo che lo spirito del nemico sta iniziando a indebolirsi”.

Fazioni palestinesi firmano a Pechino una dichiarazione per l’unità nazionale

Fazioni palestinesi firmano a Pechino una dichiarazione per l’unità nazionaleRoma, 23 lug. (askanews) – Quattordici fazioni palestinesi hanno firmato a Pechino una dichiarazione sulla fine della scissione e sul rafforzamento dell’unità nazionale palestinese, che secondo fonti di stampa cinesi prevederebbe anche l’istituzione di un governo di riconciliazione nazionale ad interim nella Striscia di Gaza alla fine della guerra con Israele. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha partecipato alla cerimonia della firma ed ha salutato con soddisfazione la Dichiarazione palestinese, giunta al termine di tre giorni di dialogo per la riconciliazione nella capitale cinese.