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Il premier israeliano Netanyahu annuncia la tregua in Libano

Il premier israeliano Netanyahu annuncia la tregua in LibanoRoma, 26 nov. (askanews) – Il governo israeliano ha approvato la proposta di cessate il fuoco in Libano, la cui durata “dipende da che cosa succederà in Libano”, ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, annunciando il via libera del suo governo alla tregua con Hezbollah.


Netanyahu ha confermato l’intesa con gli Stati Uniti secondo cui lo Stato ebraico “mantiene la piena libertà di riprendere le operazioni militari se Hezbollah attaccasse di nuovo”. “Se Hezbollah prova ad attaccarci, se si arma e ricostruisce infrastrutture vicino al confine, attaccheremo. Se lanciano missili, se scavano grandi tunnel, attaccheremo”, ha ribadito Netahyahu.


Secondo il premier vi sono tre principali motivi per ritenere questo il momento più adatto per un cessate il fuoco: innanzitutto, lo Stato ebraico potrà ora concentrarsi sulla “minaccia iraniana”; poi potrà “far riposare e riarmare le proprie truppe” e infine potrà isolare ulteriormente Hamas.

M.O., G7 rispetterà obblighi su Cpi: ma “molti dubbi giuridici”

M.O., G7 rispetterà obblighi su Cpi: ma “molti dubbi giuridici”Fiuggi, 26 nov. (askanews) – Due giorni di negoziato e un accordo al ribasso. Sui mandati d’arresto spiccati dalla Corte penale internazionale a carico di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, i paesi membri del G7 trovano un’intesa di massima, pur partendo da posizioni differenti. La materia è spinosa e vanno studiate le carte. Non tutto, al momento, sembra chiaro: ci sono “molti dubbi giuridici” e l’applicazione delle decisioni della Corte resta per ora “molto teorica”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Così, il testo adottato alla fine della ministeriale di Fiuggi, l’ultima sotto presidenza italiana, è la sintesi di una scelta, politica oltre che giuridica, che certifica un minimo denominatore comune e lascia a briglie sciolte gli Stati uniti, che non riconoscono l’autorità della Cpi e si sono smarcati da tempo. “Nell’esercizio del suo diritto alla difesa, Israele deve rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale in tutte le circostanze, incluso il diritto internazionale umanitario. Ribadiamo il nostro impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario e rispetteremo i nostri obblighi”, si legge nella dichiarazione conclusiva.


Il caso che vede coinvolto il primo ministro israeliano ha tenuto banco al vertice che Antonio Tajani ha fortemente voluto ad Anagni e Fiuggi, in chiusura dell’anno di presidenza italiana del G7. La discussione sui mandati del Cpi è stata descritta come approfondita e interessante fin da ieri, quando sono stati coinvolti anche i capi della diplomazia del Quintetto arabo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Qatar ed Egitto). Ma la posizione degli Usa non è cambiata, e non poteva essere altrimenti: Washington non ha firmato lo Statuto di Roma. I Paesi europei, seppure con posizioni e sfumature differenti, hanno dovuto adeguarsi. E anche in questo caso, secondo l’alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, non avrebbero potuto, e non potranno, esimersi. A forzare la mano, questa mattina, era stato proprio Borrell, che ha partecipato ai lavori. Tutti i Paesi membri dell’Unione europea hanno firmato lo Statuto di Roma, aveva detto. Dunque, questa “non è una cosa su cui si può scegliere”. “Chiedo agli Stati membri dell’Ue di rispettare gli obblighi previsti dalla legge internazionale. Se gli europei non sostengono la Cpi allora non ci sarà nessuna speranza per la giustizia”, ha poi rincarato. Solo in tarda mattinata, invece, in attesa di una breve dichiarazione alla stampa con il segretario di Stato Antony Blinken, Tajani ha chiarito la posizione italiana. Poche parole, ma nette. “Siamo amici di Israele, ma penso che dobbiamo rispettare il diritto internazionale”, ha detto.


Il ministro ha poi cercato di illustrare la posizione emersa anche durante la conferenza stampa finale. “Noi rispetteremo il diritto, ma bisogna vedere cosa dice il diritto. Bisogna capire se le alte cariche sono garantite o se sono al di fuori delle decisioni. Bisogna vedere bene e leggere le carte, capire i limiti, ci sono molti dubbi giuridici e la fattibilità mi pare molto teorica”, ha sottolineato, precisando che “Netanyahu non verrà mai in un paese dove può essere arrestato”. Secondo il titolare della Farnesina, dunque, l’eventuale fermo del capo del governo israeliano resta “molto velleitario e inattuabile”, “almeno fino a quando sarà primo ministro in carica”. Da parte sua, Netanyahu sembra essere più interessato a raggiungere i suoi obiettivi di guerra, a Gaza e in Libano. Questa sera il primo ministro è impegnato in una riunione del gabinetto di sicurezza israeliano per l’eventuale via libera all’accordo di cessate il fuoco con Hezbollah. Il governo dello Stato ebraico, secondo un funzionario a conoscenza del dossier, sarebbe arrivato alla conclusione “di non avere altra scelta se non quella di accettare un accordo di cessate il fuoco” in Libano “per il timore che l’amministrazione americana possa punire Israele con una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu nelle sue ultime settimane” in carica.


I segnali positivi in vista dell’intesa sono stati ricevuti con soddisfazione dai ministri del G7. “Ora è il momento di concludere un accordo diplomatico e accogliamo con favore gli sforzi compiuti in tal senso”, hanno precisato nel comunicato finale della ministeriale, allarmati dal crescente numero di vittime civili e dalla distruzione di infrastrutture essenziali, tra cui ospedali e centri sanitari. Con Borrell che ha chiosato: “non ci sono scuse oggi per non attuare il cessate il fuoco, altrimenti il Libano crollerà”. L’accordo, in effetti, sembra ormai a un passo e potrebbe essere annunciato già tra qualche ora. Anche gli ultimi nodi al pettine si stanno sciogliendo. Uno riguarderebbe la presenza della Francia nel comitato di controllo dell’attuazione dell’intesa, guidato dagli Stati Uniti. Beirut preferirebbe che partecipassero anche Parigi e Roma, mentre Israele si è sempre opposto all’idea di un coinvolgimento francese. Netanyahu avrebbe però ricevuto rassicurazioni sul ruolo e i compiti di Parigi. Dunque, nelle cancellerie occidentali filtra ottimismo. “Siamo pronti come governo, a fare tutto ciò che è necessario per ritornare alla risoluzione 1701”, ha spiegato da parte sua, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib. “Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco prima di inviare le nostre truppe”. Beirut ha già 4.500-5.000 soldati sul campo e intende inviarne altri 5.000 a Sud. L’obiettivo è poi lavorare con Unifil per essere certi che non ci siano più uomini di Hezbollah nella zona, secondo quanto prescrive la risoluzione 1701. Bou Habib punta al risultato pieno: nessuna presenza di armi “senza il consenso del governo libanese” e “nessuna autorità diversa da quella dell’esecutivo”.


di Corrado Accaputo

Cpi, G7 Esteri: seguiremo i nostri rispettivi obblighi

Cpi, G7 Esteri: seguiremo i nostri rispettivi obblighiFiuggi, 26 nov. (askanews) – “Nell’esercizio del suo diritto alla difesa, Israele deve rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale in tutte le circostanze, incluso il diritto internazionale umanitario. Ribadiamo il nostro impegno nei confronti del diritto internazionale umanitario e rispetteremo i nostri rispettivi obblighi”. E’ quanto si legge nel comunicato finale del G7 Esteri di Fiuggi, in un passaggio che fa implicito riferimento alla posizione dei paesi membri sulla decisione della Corte penale internazionale di spiccare mandati d’arresto per il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. “Sottolineiamo che non può esserci equivalenza tra il gruppo terroristico Hamas e lo Stato di Israele”, aggiungono i ministri.

Nato, Rutte: bisogna “fare di più” nel sostenere l’Ucraina

Nato, Rutte: bisogna “fare di più” nel sostenere l’UcrainaMilano, 26 nov. (askanews) – L’Alleanza “deve fare di più” per sostenere l’Ucraina nella sua lotta contro l’invasione russa. Lo ha detto il segretario della Nato Mark Rutte in visita ad Atene. “Accolgo con favore il fatto che la Grecia contribuirà ad accelerare l’addestramento per gli F 16 per piloti e tecnici ucraini, rafforzandoli in questa guerra brutale”, ha detto Rutte nelle dichiarazioni congiunte con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Le dichiarazioni sono state trasmesse in streaming.


“La Grecia investe il 3% in difesa” ha sottolineato, definendola “la patria di un’industria della difesa in crescita. Ospita importanti strutture ed esercitazioni di addestramento, tra cui il recente esercizio di potenza aerea Ramstein Flag. E i soldati greci hanno fatto la loro parte nella KFOR e nella Missione della NATO Iraq”, ha aggiunto Rutte la cui visita ad Atene segue gli incontri con Trump in Florida e con i leader turchi ad Ankara del 25 novembre. Il Segretario generale ha ringraziato la Grecia per il suo sostegno alla lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa. Solo il mese scorso, Atene ha firmato un accordo bilaterale di sicurezza con Kiev. “Il nostro sostegno all’Ucraina li ha tenuti in lotta, ma dobbiamo andare oltre per cambiare la traiettoria di questo conflitto”, ha aggiunto il Segretario generale. “Dobbiamo fornire difese aeree critiche e rispettare gli impegni assunti al vertice della NATO a Washington. Il nuovo comando, il comando della NATO per coordinare l’assistenza e l’addestramento alla sicurezza (NSATU), l’impegno finanziario di 40 miliardi di euro nel 2024 e ulteriori misure per avvicinare l’Ucraina alla NATO. Dobbiamo anche rafforzare la nostra deterrenza e la difesa, anche stimolando gli investimenti e la produzione della difesa”.


Rutte ha sottolineato che l’uso da parte della Russia di armi e truppe nordcoreane, di droni iraniani e di beni a duplice uso cinesi ha contribuito a creare un ambiente di sicurezza “sempre più pericoloso” e rappresenta una “sfida alla pace e alla sicurezza globali”. Per poi affermare con un aperto sorriso: “La buona notizia è che nella NATO abbiamo l’Alleanza di cui abbiamo bisogno per difendere ogni centimetro del nostro territorio, e lo abbiamo in Grecia, grazie alla vostra leadership, un convinto alleato. Quindi, ancora una volta, Kyriakos, grazie”. Nel corso della sua visita ad Atene, il Segretario generale ha incontrato anche il ministro della Difesa nazionale greco Nikolaos Dendias e il ministro degli Esteri George Gerapetritis.

Difesa, Crosetto: scenario geopolitico evolve, “è l’ora di correre”

Difesa, Crosetto: scenario geopolitico evolve, “è l’ora di correre”Milano, 26 nov. (askanews) – “In uno scenario geopolitico in continua e rapida evoluzione, guai a fermarsi. Come scriveva Lewis Carroll, nel dialogo tra Alice e la Regina: ‘Beh, al paese nostro’, racconta Alice con un po’ di fiatone, ‘se si corre veloci, in genere si arriva in un altro posto…’. ‘Che paese lento!’, le risponde la Regina: ‘Qui, invece, devi correre più che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio!’. Il mio invito a tutti voi non è dirvi ‘bravi!’ (e lo siete!) ma dirvi che è l’ora di correre”. Così il ministro della Difesa Guido Crosetto al Centro Alti Studi Difesa per l’apertura dell’Anno Accademico 2024/2025. Lo rende noto il ministero della Difesa sui social.

Libano, il ministro degli esteri: ottimisti su cessate-il-fuoco, ma questione da risolvere sono i confini

Libano, il ministro degli esteri: ottimisti su cessate-il-fuoco, ma questione da risolvere sono i confiniRoma, 26 nov. (askanews) – “Siamo ottimisti, non posso dire di più, perché l’esperienza della comunità internazionale a Gaza ci dice di essere ottimisti, tutti stanno aspettando il gabinetto di sicurezza di Israele che decida e accetti il cessate-il-fuoco”, lo ha dichiarato il ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib, a “Dialoghi Mediterranei” organizzato dal ministero della Farnesina e da Ispi. L’accordo di cessate-il-fuoco in Libano “ha una durata di 60 giorni perché non vuole dare questa soddisfazione a Biden, ma a Trump”, infatti, la scadenza “è verso fine gennaio”, ha poi dichiarato il ministro degli Esteri libanese. Come Libano “speriamo in un cessate-il-fuoco già stasera”, e “il piano per il giorno dopo” ci sarà, perché il Libano ha bisogno di “ricostruire”.


Ma oltre al cessate-il-fuoco, “speriamo che questo processo porti a negoziati su confini e che una volta per tutti vengano definiti i confini stabili. Israele si è rifiutato per molto tempo di discuterne. Finché ci sarà un’occupazione non si potrà fermare la resistenza. Finché non risolveremo questa questione una volta per tutte la resistenza e i problemi torneranno in un anno o cinque anni, ma a un certo punto torneranno”, ha dichiarato Abdallah Bou Habib. Sulla situazione a Gaza il ministro libanese ha sottolineato che “se Israele pensa che possa soffocare i palestinesi sbaglia, sta creando problemi a se stesso. Non ci sarà pace nella regione e la regione avrà sempre altri 7 ottobre, anche se speriamo di no. Può eliminare Hamas ma cosa farà con le migliaia di orfani? Stanno eliminando l’Unrwa, chi li aiuterà?”. Passando al ruolo degli altri Paesi per una stabilità nel Medio Oriente, il ministro libanese ha avvertito: “Il problema dell’Europa è che è difficile unire l’Europa su una questione, c’è sempre un Paese che è contrario, quindi per l’Ue è difficile giocare un ruolo politico, lo fanno alcuni Paesi. La Francia ha un ruolo politico, l’Italia ha un ruolo politico. L’Europa, anche per la sua struttura, ha un ruolo nel processo di ricostruzione, in quello economico, piuttosto che in quello politico”.

Arresto Netanyahu, Borrell: attuare decisione Cpi è un obbligo per i firmatari

Arresto Netanyahu, Borrell: attuare decisione Cpi è un obbligo per i firmatariFiuggi, 26 nov. (askanews) – “Sappiamo che gli Stati uniti” sul mandato d’arresto emesso dalla Cpi nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant hanno “una posizione differente perché non hanno firmato la Convenzione di Roma”, ma “tutti i membri dell’Unione europea l’hanno firmata e non è una cosa su cui puoi scegliere”. Lo ha detto oggi l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell a margine del G7 Affari Esteri di Fiuggi. “Non si può applaudire quando la Corte va contro Putin e rimanere in silenzio quando va contro Netanyahu”, ha aggiunto, spiegando che questo è un classico “esempio di due pesi e due misure”.

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol Hill

Usa, archiviato il caso contro Trump per l’assalto a Capitol HillRoma, 25 nov. (askanews) – Il giudice federale che sovrintende al procedimento penale di Donald Trump per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 a Washington ha formalmente archiviato il caso contro il presidente Usa eletto dopo che il procuratore speciale Jack Smith aveva chiesto di porre fine allo storico procedimento giudiziario.


Con una breve ordinanza, il giudice distrettuale americano Tanya Chutkan ha accettato di respingere le accuse, ma lo ha fatto in modo che possano essere ripresentate una volta terminato il periodo alla Casa Bianca di Trump. “Il licenziamento senza pregiudizio è anche coerente con l’interpretazione del governo secondo cui l’immunità concessa a un presidente in carica è temporanea e scade quando lascia l’incarico”, ha scritto il giudice. Smith aveva chiesto a Chutkan di archiviare il caso: “La posizione del Dipartimento (di Giustizia) è che la Costituzione richiede che questo caso venga archiviato prima che l’imputato venga insediato”, aveva scritto Smith in una dichiarazione del tribunale.


Esulta Trump: “Questi casi, come tutti gli altri casi che sono stato costretto ad affrontare – ha scritto in un post su X – sono vuoti e illegali e non avrebbero mai dovuto essere intentati. Oltre 100 milioni di dollari di dollari dei contribuenti sono stati sprecati nella lotta del Partito Democratico contro il loro avversario politico, ME. Niente di simile è mai accaduto nel nostro Paese prima. Hanno anche utilizzato procuratori distrettuali e procuratori distrettuali, come Fani Willis e il suo amante, Nathan Wade (che non aveva assolutamente alcuna esperienza in casi come questo, ma è stato pagato MILIONI, abbastanza per fare numerosi viaggi e crociere in giro per il mondo!), Letitia James, che in modo inappropriato, non etico e probabilmente illegale, ha fatto una campagna per “OTTENERE TRUMP” per vincere una carica politica, e Alvin Bragg, che non ha mai voluto intentare questa causa contro di me, ma è stato costretto a farlo dal Dipartimento di Giustizia e dal Partito Democratico. Fu un dirottamento politico e un punto basso nella storia del nostro Paese in cui una cosa del genere potesse accadere, e tuttavia, ho perseverato, contro ogni previsione, e HO VINTO. RENDIAMO L’AMERICA DI NUOVO GRANDE!”.

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unica

Cpi su Netanyahu, al G7 Esteri l’Italia spinge per una posizione unicaFiuggi, 25 nov. (askanews) – “L’unità è la nostra forza”. Antonio Tajani lancia il suo messaggio in apertura del G7 Esteri di Anagni e Fiuggi, l’ultimo a presidenza italiana. Il ministro parla di Ucraina, ma non solo. Lo si capisce qualche ora più tardi, in conferenza stampa. L’Italia spinge per una posizione unica dei Sette Grandi sulla Corte penale internazionale e la sua decisione di spiccare un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. La presidenza italiana, molto prudente, vorrebbe trovare una sintesi, da mettere nero su bianco nel comunicato finale. Un obiettivo non facile, per il quale gli sherpa stanno ancora lavorando. Bisogna limare le spigolature, alcune emerse anche in mattinata.


Gli Stati Uniti non hanno firmato lo Statuto di Roma e non riconoscono l’autorità della Corte. Il Regno unito, per bocca del ministro David Lammy, presente a Fiuggi, ha confermato che Londra darà seguito a un “giusto processo” se Netanyahu dovesse visitare il Paese. La Francia, già nei giorni scorsi, ha preferito non sbilanciarsi, limitandosi a “prendere atto della decisione”. Mentre la Germania ha espresso oggi la sua opinione, con la ministra Annalena Baerbock: “Il governo tedesco rispetta la legge perché nessuno è al di sopra della legge. Si applica l’indipendenza della magistratura, che in questo caso è giunta alla conclusione che ci sono prove sufficienti per compiere questo passo ora”, ha commentato, chiarendo di non voler interferire nei procedimenti in corso. Delle difficoltà è consapevole lo stesso Tajani. “Ho detto che bisogna che ci sia una posizione unica sulla decisione della Corte penale internazionale”, ha spiegato. “Abbiamo parlato, vediamo se si potrà avere nel comunicato finale una parte dedicata a questo. Stiamo lavorando per un accordo, credo che sia giusto, e ci stanno lavorando i direttori politici per avere un testo che permetta una posizione unica”, ha aggiunto il ministro, evidenziando che non si tratta solo di “una questione di giustizia”: “il problema è anche politico”.


Più “fiducioso”, persino “ottimista”, si è detto Tajani riguardo a un possibile accordo di cessate il fuoco tra Israele e il movimento sciita libanese Hezbollah. “Siamo forse vicini a un cessate il fuoco, speriamo che sia vero, e che ci sia qualche passo avanti anche a Gaza, anche se è un po’ più complicato”, ha precisato, aprendo la seconda sessione dei lavori con la partecipazione del Quintetto arabo (Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita a Qatar). Domani potrebbero esserci novità sostanziali, quando il gabinetto di sicurezza israeliano si riunirà per votare l’eventuale fine delle ostilità, sulla base della proposta avanzata dall’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. “Prima di concludere bisogna avere tutti gli accordi definitivi”, ha avvertito comunque Tajani. Il rischio è che qualcuno, fino all’ultimo momento, possa mettersi di traverso. Il pensiero corre a Teheran. “L’Iran mi pare che sia un po’ contrario o quantomeno voglia allungare i tempi; vediamo”, ha detto il ministro. Timori che fanno il paio con le ultime esternazioni della Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, secondo cui il mandato d’arresto per Netanyahu “non basta”: dovrebbe essere emessa una “sentenza di esecuzione”. La bozza di accordo si basa sulla risoluzione Onu 1701 che ha posto fine alla guerra tra Libano e Israele del 2006 e include il ritiro dei miliziani libanesi Hezbollah dall’area di confine con Israele. La proposta prevede diverse fasi: innanzitutto la cessazione delle ostilità e il ritiro di Hezbollah, quindi il ritiro delle forze israeliane dal sud del Libano. Infine, il passaggio ai negoziati sul confine terrestre, la Blue Line. Un alto funzionario americano ha detto ad Haaretz che l’intesa includerà anche un meccanismo internazionale, guidato dagli Stati Uniti, che monitori le attività di Hezbollah, in modo da impedire che torni a dispiegarsi a sud del fiume Litani o di rafforzarsi a nord. Secondo la fonte, questo meccanismo non sarebbe comunque ancora pronto. Nel corso dei negoziati, inoltre, Israele avrebbe chiesto di avere una lettera di garanzia da parte di Washington a sostegno della libertà d’azione israeliana sul suolo libanese, in caso di nuovi tentativi di Hezbollah di rafforzarsi. Il documento, secondo il quotidiano israeliano, non rappresenterebbe una parte ufficiale dell’accordo, ma avrebbe funzione di appendice.


Di certo, l’Italia resta favorevole a “ogni iniziativa” che possa portare alla pace ed ha confermato la sua disponibilità “a fare la sua parte, anche per il grande impegno profuso in questi anni”. “Ho dato la piena disponibilità del nostro Paese a essere protagonista, a sorvegliare l’applicazione dell’accordo insieme a Stati Uniti e altri. Vogliamo giocare un ruolo”, ha insistito il titolare della Farnesina. “L’ho detto al ministro libanese”, incontrato questa mattina, “vedremo”: “siamo pronti a giocare un ruolo non secondario, come nei Balcani”. Intanto, però, in attesa di concludere qualsiasi accordo, la situazione sul terreno continua ad essere drammatica. Israele ha effettuato oggi una serie di attacchi aerei in tutto il Libano contro 25 centri di comando e altri siti appartenenti al consiglio esecutivo di Hezbollah a Nabatieh, a Baalbek e alla periferia di Beirut. Secondo le Forze di difesa israeliane, gli attacchi hanno danneggiato la capacità del movimento di dirigere e assistere i militanti sul campo, nonché il comando, il controllo e la raccolta di informazioni di Hezbollah.


di Corrado Accaputo

Cavo Dragone: impegno Nato mantenere Mediterraneo area sicura

Cavo Dragone: impegno Nato mantenere Mediterraneo area sicuraMilano, 25 nov. (askanews) – La NATO ha un impegno a mantenere il Mediterraneo “un’area sicura e protetta”. Lo ha detto l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone intervenendo alla sessione “Potere navale nel Mediterraneo: modellare l’influenza globale” alla conferenza Med Dialogues organizzata dal ministero degli Esteri e dall’Ispi.


Cavo Dragone è presidente designato del Comitato militare della NATO ed ex capo di Stato maggiore della Difesa. Nel suo intervento al Med ha sottolineato l’importanza di sviluppare capacità multidominio congiunte per migliorare la deterrenza rispetto agli avversari; aumentare la consapevolezza situazionale con gli alleati, non solo in mare ma anche lungo le coste, a causa delle lotte regionali in corso sui confini marittimi; rafforzare la cooperazione con alleati e partner dell’Indo-Pacifico come Giappone, Australia e Corea del Sud per dimostrare una presenza e capacità congiunte. Negli ultimi anni, l’instabilità e le interruzioni commerciali lungo le rotte marittime critiche, che vanno dal Mar Nero al Mar Rosso, hanno sottolineato il ruolo fondamentale della potenza navale nella salvaguardia della sicurezza nazionale e nell’affrontare sfide comuni. Il Mediterraneo sta emergendo come una regione chiave in cui la potenza marittima può influenzare sia la sicurezza regionale che quella globale.


La direzione strategica a sud è “un elemento fondamentale per la NATO per cercare di capire e studiare cosa sta succedendo a sud” ha detto l’ammiraglio. “E quando dico sud, intendo Nord Africa, Medio Oriente, Africa Sub Sahariana. Cercare di capire, quali sono gli orientamenti, qual è la temperatura di quell’area solo per essere pronti a fornire alla NATO qualsiasi tipo di informazione all’insorgere di una crisi; solo per essere pronti a intercettarla il prima possibile. Questo significa prontezza”, ha aggiunto.