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Vertice Ue, ecco tutte le decisioni cruciali che dovranno prendere i leader dei 27

Vertice Ue, ecco tutte le decisioni cruciali che dovranno prendere i leader dei 27Bruxelles, 26 giu. (askanews) – Il Consiglio europeo che si svolge domani e venerdì a Bruxelles ‘sarà un incontro particolarmente significativo’, con ‘un programma sostanziale e decisioni cruciali che determineranno il nostro percorso da seguire’. Lo spiega il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella sua lettera di convocazione ai leader dei Ventisette.


Tre sono le decisioni particolarmente importanti attese da questo vertice, secondo quanto ha indicato lo stesso Michel: ‘In primo luogo, adotteremo l’Agenda strategica. Fedele al suo ruolo previsto dai Trattati, il Consiglio europeo’ con questa agenda ‘definirà le priorità e fisserà gli orientamenti strategici dell’Unione per i prossimi cinque anni, guidando così il lavoro della prossima legislatura’. ‘In secondo luogo – continua il presidente del Consiglio europeo -, determineremo la via da seguire per quanto riguarda le riforme interne e, in terzo luogo, concorderemo le nomine istituzionali’, ovvero il nuovo presidente del Consiglio europeo, il nuovo Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune, e la designazione del candidato o della candidata presidente della Commissione europea, che dovrà essere poi confermata dal voto in plenaria del Parlamento europeo.


Quest’ultimo punto, che in principio ci si poteva attendere fosse quello più controverso, dovrebbe essere facilitato dall’accordo di coalizione già raggiunto ieri in videoconferenza dai sei capi di Stato e di governo incaricati dei negoziati a nome dei tre gruppi politici europei Ppe, S&D, e Renew, che hanno indicato il loro sostegno per la triade formata dall’ex premier socialista portoghese Antonio Costa, come presidente del Consiglio europeo, da Ursula von der Leyen (Ppe) come presidente designata per un secondo mandato alla Commissione europea, e dalla premier estone Kaja Kallas (liberale) come Alto Rappresentante. A meno che proprio il fatto che un accordo sia stato già concluso dai sei mediatori (il premier spagnolo Pedro Sßnchez, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per i Socialisti, il premier greco Kyrißkos Mitsotßkis e quello polacco Donald Tusk per il Ppe, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier uscente olandese Mark Rutte per i Liberali di Renew) non provochi disagio e critiche da parte dei capi di Stato e di governo non appartenenti alle tre famiglie politiche della coalizione, che potrebbero sentirsi esclusi e discriminati, come è già successo con la premier italiana Giorgia Meloni all’ultimo Consiglio europeo informale, il 17 giugno, sempre a Bruxelles.


Si sa che il premier ungherese, Viktor Orbßn è fortemente contrario alla coalizione Ppe-S&D-Renew, e soprattutto a Ursula von der Leyen. Che cosa farà Meloni non è chiaro, e dipenderà probabilmente dall’atteggiamento dei leader negoziatori, tra i quali mancherà comunque Sanchez, che non partecipa al vertice a causa di un lutto familiare, ma ha delegato Scholz a rappresentarlo. Qualche altro paese potrebbe opporsi all’accordo, ma comunque, a meno di colpi di scena dell’ultimo minuto, sembra estremamente improbabile che possa mancare la maggioranza qualificata (55% dei paesi, che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue) necessaria, e sufficiente, per approvare le tre nomine. Meloni dovrà decidere, nel suo ruolo di rappresentante dell’Italia (e non certo di presidente del Partito europeo dell’Ecr), se restare nei giochi del Consiglio europeo, accettando di sostenere le nomine concordate, magari in cambio di un portafogli importante che potrebbe essere promesso da von der Leyen per il futuro commissario italiano, e di una particolare attenzione a tematiche importanti per l’Italia (come la gestione dell’immigrazione). L’alternativa sarebbe astenersi o votare contro, confermando la sua avversità a qualunque accordo con i Socialisti, ed esigendo invece una maggioranza diversa che comprenda i Conservatori. Ciò che appare numericamente e politicamente impossibile, alla luce delle chiare discriminanti poste dai gruppi S&D e Renew contro qualunque forza di destra.


Il vertice inizierà giovedì alle 14 con un intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ci sarà l’opportunità di discutere con lui ‘della situazione sul campo, ma anche per prendere nota di alcuni risultati raggiunti dopo il nostro ultimo incontro. In particolare, questo Consiglio europeo sarà l’occasione per accogliere con favore l’adozione di quadri negoziali e lo svolgimento di conferenze intergovernative con Ucraina, Moldova e Montenegro. Si tratta di passi storici nel sostenere il rispettivo percorso di questi paesi verso l’adesione all’Ue’, nota Michel nella sua lettera di invito ai leader. Con Ucraina e Moldova c’è stata l’apertura dei negoziati martedì, mentre con il Montenegro i negoziati sono ripresi, dopo che erano stati già avviati e poi sospesi. ‘Quest’anno – rivendica il presidente del Consiglio europeo – siamo stati ambiziosi e coraggiosi, convogliando verso il sostegno all’Ucraina i profitti straordinari generati dagli asset russi immobilizzati. Per i prossimi anni, insieme ai partner’ del G7, ‘garantiremo prestiti per l’Ucraina per ulteriori 50 miliardi di euro’, proprio grazie ai proventi degli asset russi congelati. ‘È inoltre imperativo intensificare il nostro sostegno militare all’Ucraina, concentrandoci sulla difesa aerea, sulle munizioni e sui missili. Inoltre, dobbiamo continuare a raccogliere un ampio sostegno internazionale per una pace giusta in Ucraina basata sulla Carta delle Nazioni Unite’. Il vertice, aggiunge Michel, riportando in gran parte quanto prevede la bozza delle conclusioni del vertice ‘affronterà anche la devastante crisi del Medio Oriente. Il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario devono essere rispettati in ogni circostanza. In questo contesto, chiederemo la piena attuazione dei termini della proposta di cessate il fuoco stabilita nella risoluzione 2735 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il rispetto e l’attuazione degli ordini della Corte internazionale di giustizia’. ‘Ripeteremo – continua il presidente del Consiglio europeo – il nostro appello per un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e un aumento dell’assistenza umanitaria, sufficientemente significativo da soddisfare i terribili bisogni sul terreno. In terzo luogo, ribadiremo il nostro fermo impegno per una pace duratura e sostenibile sulla base della soluzione dei due Stati. Continueremo a sostenere l’Autorità Palestinese e a lavorare con tutti i nostri partner nella regione e oltre per rilanciare un processo a tal fine’. Il Consiglio europeo si occuperà poi del tema della sicurezza e difesa, dove però gli Stati membri sono divisi tra quelli che prospettano nuovi strumenti, compreso il debito comune, per finanziare una vera e propria politica industriale europea della Difesa, e quelli (Germania e paesi nordici) che non ne vogliono neanche sentir parlare. Originariamente, la Commissione doveva presentare un documento con diverse opzioni per finanziare la base industriale, poi si è parlato di una lettera, ora ci sarà solo un rapporto orale di von der Leyen. Si parlerà comunque della possibilità di ricorrere alla Banca europea degli investimenti (Bei), che però attualmente, per statuto, non può finanziare la spesa militare. Un altro punto, meno controverso ma su cui l’Ue è ancora in ritardo, è quello dell’Unione dei mercati dei capitali, su cui dei passi avanti erano stati fatti al Consiglio europeo di aprile. ‘Esamineremo i progressi su tutte le nostre iniziative per il rafforzamento della competitività, concentrandoci in particolare sull’Unione dei mercati dei capitali’, annuncia Michel nella sua lettera. L’agenda prevede anche una discussione sull’immigrazione, per la quale sarà sul tavolo dei Ventisette l’ormai tradizionale lettera pre-vertice di von der Leyen su questa tematica. Un tema che sta diventando spinoso, infine, è quello della Georgia, che, con la sua legislazione che reprime le Ong e i media, sta prendendo una direzione che va in senso opposto a quello delle raccomandazioni dell’Ue per poter andare avanti verso il processo di adesione. L’avvertimento che vuol dare il Consiglio europeo a Tbilisi, anche per contrastare la disinformazione del governo secondo cui l’Ue appoggerebbe le misure liberticide, è che la Georgia sta rischiando seriamente il blocco del processo di adesione. ‘Conto su di voi affinché compiate ogni sforzo per raggiungere un accordo su queste importanti questioni. In questi tempi è essenziale un’Unione determinata e motivata’, conclude Michel, rivolto ai leader dei Ventisette, nella sua lettera di convocazione del vertice.

Francia alle urne, come funziona il voto, scenari

Francia alle urne, come funziona il voto, scenariRoma, 26 giu. (askanews) – Dopo lo scioglimento dell’Assemblea nazionale annunciata dal presidente Emmanuel Macron alla luce dei risultati delle europee, gli elettori francesi sono chiamati alle urne per rinnovare i mandati parlamentari il 30 giugno per il primo turno e il 7 luglio per il secondo. Le elezioni parlamentari anticipate sono state volute da Macron, tra tanti dubbi, anche nel suo campo politico, dopo la netta vittoria dell’estrema destra del Rassemblement National (RN) alle europee.


Come funzionano le elezioni legislative L’Assemblea nazionale ha 577 seggi. Il 30 giugno, primo turno, gli elettori sceglieranno uno dei candidati in corsa nella loro circoscrizione: chi ottiene la maggioranza assoluta (più del 50% dei voti con almeno il 25% degli elettori registrati), vince automaticamente, quindi il tasso di partecipazione è cruciale, contrariamente a quanto accade per le presidenziali. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, si va al secondo turno il 7 luglio, con la partecipazione dei candidati che abbiano superato almento il 12,5% dei voti. Vince il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Il semipresidenzialismo In Francia vige un sistema di ‘semipresidenzialismo’: un presidente eletto direttamente (dal 1962) e un parlamento comunque dotato di ampi poteri. Questo sistema politico, noto come Quinta Repubblica, è regolato dalla Costituzione del 1958.


I possibili scenari Il partito di Macron conquista la maggioranza assoluta (almeno 289 seggi) dell’Assemblea nazionale. Scenario ritenuto poco probabile alla luce dei sondaggi, permetterebbe la conferma del primo ministro Gabriel Attal. Il partito di Macron ottiene la maggioranza relativa (230 seggi) e deve stringere alleanze.


La maggioranza assoluta va al Rassemblement National di estrema destra o alla coalizione di sinistra Nuovo Fronte Popolare. In questo caso Macron deve scegliere un primo ministro tra i membri della coalizione vincente e il primo ministro sceglierà poi i suoi ministri. Insomma, scatta la “coabitazione”. Se nessun partito ottiene la maggioranza e non si arriva a formare una coalizione di governo, si potrebbe creare una delicata situazione di stallo, ma non sarebbe possibile indire nuove elezioni legislative prima di un anno. Per questo diversi analisti sostengono che il presidente Macron dovrebbe in quel caso dimettersi, eventualità per ora esclusa dall’inquilino dell’Eliseo che ha scomesso sul voto anticipato. Coabitazione Macron-Le Pen?


L’europarlamentare Jordan Bardella è proposto dal Rassemblement National come candidato primo ministro nel caso l’estrema destra ottenga la maggioranza assoluta, ma è il presidente a scegliere il capo del governo, quindi, fanno notare diversi analisti, Macron potrebbe tentare di nominare la storica leader Marine Le Pen, che verosimilmente rifiuterebbe sino a quando il presidente non nominerà Bardella o sino a quando si troverà una terza opzione. In caso di ‘coabitazione’, il presidente mantiene alcuni poteri, come il comando delle forze armate e diversi aspetti della politica estera. La politica interna del Paese invece sarebbe controllata dal campo parlamentare. Se un Presidente non è d’accordo con una legge, può sottoporre la questione al Consiglio costituzionale (un organo che garantisce il rispetto dei principi e delle norme costituzionali) o chiedere una seconda lettura all’Assemblea nazionale. Come fa notare Euronews, che ha consultato al riguardo degli esperti, le questioni europee riguardano il capo del governo e quindi il parlamento, a decidere sulle questioni europee. “Gli affari europei non sono considerati politica estera. Sono in gran parte politica interna. Quindi spetta al governo decidere sugli affari europei”, ha affermato François-Xavier Millet. “Ma è chiaro che potrebbero esserci tensioni, come è normale che sia, tra il premier e il presidente in una situazione di coabitazione per quanto riguarda gli affari europei”, ha aggiunto Millet. Durante la Quinta Repubblica, la Francia ha avuto tre periodi di coabitazione, in seguito a vittorie dell’opposizione alle legislative. L’ultima coabitazione risale al 1997, quando il presidente di centro-destra Jacques Chirac sciolse il Parlamento, ma le elezioni furono poi vinte da una coalizione di sinistra guidata dal Partito Socialista: il primo ministro Lionel Jospin fu nominato primo ministro guidò il governo fino al 2002 e riuscì a introdurre una serie di leggi osteggiate dal campo presidenziale, come la settimana di 35 ore, l’assistenza sanitaria universale e le unioni civili per le coppie omosessuali.

Accordo dei negoziatori di Ppe, S&D e Renew sui nuovi vertici Ue

Accordo dei negoziatori di Ppe, S&D e Renew sui nuovi vertici Ue

Bruxelles, 25 giu. (askanews) – Secondo fonti diplomatiche presso l’Ue a Bruxelles, i negoziatori dei tre gruppi politici Ppe, S&D, e Renew hanno avuto oggi una riunione in videoconferenza in cui hanno raggiunto un consenso, in conformità con i Trattati Ue, sulle tre cariche più alte delle istituzioni dell’Unione, confermando il loro sostegno all’ex premier socialista portoghese Antonio Costa come presidente del Consiglio europeo, a Ursula von der Leyen (Ppe) per un secondo mandato come presidente della Commissione europea e alla premier estone Kaja Kallas (liberale) come Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune. Lo hanno affermato fonti diplomatiche L’accordo tra i negoziatori (il premier spagnolo Pedro Sßnchez, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per i Socialisti, il premier greco Kyrißkos Mitsotßkis e quello polacco Donald Tusk per il Ppe, e il presidente francese Emmanuel Macron e il premier uscente olandese Mark Rutte per i Liberali di Renew) dovrà essere ratificata dai leader dei Ventisette al Consiglio europeo, che si riunisce giovedì 27 e venerdì 28 giugno a Bruxelles.

La Farnesina condanna il blocco dei media italiani in Russia

La Farnesina condanna il blocco dei media italiani in RussiaRoma, 25 giu. (askanews) – Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale condanna con forza la decisione della Federazione Russa di bloccare l’accesso sul suo territorio alle trasmissioni e ai siti di diversi media europei, tra cui gli italiani Rai, La7, La Repubblica e La Stampa. Esprimiamo rammarico per la misura ingiustificata adottata nei confronti di queste emittenti e testate giornalistiche italiane, che hanno sempre fornito un’informazione oggettiva e imparziale sul conflitto in Ucraina. Questi media hanno seguito criteri di informazione oggettiva, e comunque legata a una interpretazione autonoma dei fatti conseguenti all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. Con la scelta di utilizzare in maniera distruttiva la violenza in Ucraina, con la scelta di mettere nel mirino del loro esercito i civili ucraini, le città, le installazioni elettriche e gli apparati tecnici essenziali per la sopravvivenza del popolo ucraino, la dirigenza della Federazione Russa è impegnata in azioni che sono contrarie al diritto internazionale e a ogni principio di legalità e di convivenza civile. Tutto questo non verrà cancellato dai divieti imposti ai media e ai giornalisti italiani e di tutto il mondo che continuano a seguire con professionalità e indipendenza azioni devastanti e disumane. Quella della Federazione Russa è una decisione che non rimuove e non attenua gli effetti di una guerra violenta, devastatrice e illegale.

In Kenya i manifestanti irrompono in Parlamento: almeno 10 morti

In Kenya i manifestanti irrompono in Parlamento: almeno 10 mortiRoma, 25 giu. (askanews) – Sono almeno 10 le persone morte a causa degli scontri tra polizia e manifestanti a Nairobi dove è in corso una protesta contro l’aumento dell’imposizione fiscale. I manifestanti hanno fatto irruzione in Parlamento dove è scoppiato un incendio. Anche l’edificio del consiglio comunale è in fiamme, secondo la Citizen TV.


La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni. Secondo un paramedico sentito da Reuters finora sono stati uccisi almeno 10 manifestanti ma è probabile che il bilancio delle vittime aumenti poiché la polizia continua a lottare contro i manifestanti dentro e fuori il parlamento. Circa 45 feriti sono stati ricoverati al Kenyatta National Hospital di Nairobi, il più grande ospedale di riferimento del paese.

Kenya, manifestanti irrompono in Parlamento: almeno 10 morti

Kenya, manifestanti irrompono in Parlamento: almeno 10 mortiRoma, 25 giu. (askanews) – Sono almeno 10 le persone morte a causa degli scontri tra polizia e manifestanti a Nairobi dove è in corso una protesta contro l’aumento dell’imposizione fiscale. I manifestanti hanno fatto irruzione in Parlamento dove è scoppiato un incendio. Anche l’edificio del consiglio comunale è in fiamme, secondo la Citizen TV.


La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni. Secondo un paramedico sentito da Reuters finora sono stati uccisi almeno 10 manifestanti ma è probabile che il bilancio delle vittime aumenti poiché la polizia continua a lottare contro i manifestanti dentro e fuori il parlamento. Circa 45 feriti sono stati ricoverati al Kenyatta National Hospital di Nairobi, il più grande ospedale di riferimento del paese.

Le famiglie delle vittime del 7 ottobre denunciano l’Unrwa: “Aiuti ad Hamas”

Le famiglie delle vittime del 7 ottobre denunciano l’Unrwa: “Aiuti ad Hamas”Roma, 25 giu. (askanews) – Le famiglie delle persone uccise durante l’attacco di Hamas in Israele il 7 ottobre hanno presentato ieri una denuncia contro l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, accusandola di aver contribuito a questo massacro senza precedenti, secondo i documenti giudiziari visionati dall’Afp. Considerata da decenni essenziale per gli aiuti umanitari ai palestinesi, l’Unrwa è in crisi da quando Israele ha accusato 12 dei suoi dipendenti di essere coinvolti in questo attacco.


Un rapporto di esperti condotto dall’ex ministro degli Esteri francese Catherine Colonna ha concluso ad aprile che esiste un problema con la “neutralità” politica dell’agenzia, ma che Israele non ha fornito “prove” sufficienti a sostegno delle sue accuse. Queste accuse avevano spinto diversi paesi, tra cui l’Italia, a congelare i finanziamenti all’agenzia. Il governo di Roma ha poi deciso di riprenderli, dopo la conclusione dell’inchiesta guidata da Colonna. “L’Unrwa (…) ha trascorso più di un decennio prima dell’attacco del 7 ottobre aiutando Hamas a creare la (sua) infrastruttura terroristica”, accusano le famiglie delle vittime secondo i documenti del tribunale. I ricorrenti ritengono che l’agenzia “abbia consapevolmente fornito ad Hamas dollari americani in contanti necessari per pagare i trafficanti di armi, esplosivi e altro materiale terroristico”. La denuncia è stata depositata a New York, sede delle Nazioni Unite e luogo in cui l’Unrwa utilizza i servizi bancari, secondo gli stessi documenti del tribunale. Contattata dall’Afp, l’Unrwa non ha reagito immediatamente. Il direttore dell’agenzia, Philippe Lazzarini, invita regolarmente Israele a fermare la sua “campagna violenta” contro l’Unrwa. “Almeno 192 dipendenti sono stati uccisi a Gaza. Più di 170 installazioni dell’Unrwa sono state danneggiate o distrutte”, ha denunciato in un articolo pubblicato alla fine di maggio sul New York Times.

Ue, Ucraina spinge per processo adesione dinamico a partire da 2025

Ue, Ucraina spinge per processo adesione dinamico a partire da 2025Roma, 25 giu. (askanews) – Le autorità ucraine intendono raddoppiare gli sforzi per accelerare i negoziati di adesione all’Unione Europea a partire dal 2025, quando la presidenza del Consiglio Ue sarà assunta dalla Polonia. Lo ha dichiarato il vice primo ministro ucraino, Olha Stefanishyna. La settimana scorsa, la presidenza belga del Consiglio dell’UE ha dichiarato che il Consiglio aveva approvato l’avvio dei negoziati di adesione dell’Ucraina e della Moldova a partire dal 25 giugno.


Il primo ministro moldavo Dorin Recean e Stefanishyna dovrebbero partecipare ai colloqui, ha riferito ieri una fonte di alto rango a Bruxelles. “A partire dal 2025, noi

Europee, Tajani: il Ppe è il vincitore, no ai Verdi in maggioranza

Europee, Tajani: il Ppe è il vincitore, no ai Verdi in maggioranzaBruxelles, 24 giu. (askanews) – Il voto europeo ha chiaramente avuto un vincitore, il Ppe, che deve perciò restare centrale nella distribuzione dei nuovi incarichi di vertice dell’Ue; i cittadini hanno detto ‘no’ a “una politica ambientalista fondamentalista”, quindi “i Verdi non possono stare nella futura maggioranza”; e il Ppe, i Socialisti e i Liberali devono semmai “guardare con maggiore attenzione ai Conservatori” nel Parlamento europeo. Lo ha affermato oggi a Lussemburgo il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani, parlando con la stampa a margine del consiglio esteri dell’Ue.


Tajani ha ribadito le posizioni del Ppe secondo cui vanno riconfermate Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e Roberta Metsola a quella del Parlamento europeo. Inoltre, ha aggiunto il ministro degli Esteri, il nuovo presidente del Consiglio europeo non dovrà avere posizioni sull’immigrazione “non rispondenti alla posizione della maggioranza degli europei” e il nuovo Alto Rappresentante per la politica estera dovrà “guardare anche al Sud”. Due riferimenti che sembrano fatti apposta per ostacolare la designazione del candidato socialista, l’ex premier Antonio Costa per il Consiglio europeo, e quella della candidata liberale, la premier estone Kaja Kallas, come Alto Rappresentante. “Intanto bisogna trovare l’accordo”, ha detto Tajani, riguardo ai negoziati sulle nuove nomine, in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì, a Bruxelles. “O l’accordo si trova a fine settimana, oppure non c’è la possibilità di individuare il presidente della Commissione da proporre al Parlamento, il presidente del Consiglio europeo e l’Alto Rappresentante”, e in questo caso “è chiaro che servirà altro tempo. Il confronto tra i capi di Stato e di governo è in corso, ci sono colloqui. Io ribadisco qual è la mia posizione: bisogna tener conto del risultato elettorale: questa è la democrazia. Lo voglio dire anche a tanti che fanno osservazioni a volte fuori luogo. E la democrazia ci ha detto che in Europa i cittadini hanno detto no a una politica ambientalista fondamentalista”.


“Quindi – ha indicato Tajani – io credo che i Verdi non possano stare nella futura maggioranza. E credo che Popolari, Liberali e Socialisti debbano guardare con maggiore attenzione ai Conservatori, perché questo è il risultato elettorale. Ovvio che il Partito popolare europeo sarà centrale. Noi ribadiamo la nostra posizione a favore di Ursula von der Leyen come presidente della commissione, e come presidente del Parlamento europeo di Roberta Metsola, che ha fatto benissimo, e credo che possa rimanere in carica a lungo”. Un riferimento al fatto che il Ppe vorrebbe confermare Metsola alla presidenza dell’Assemblea di Strasburgo anche dopo il rinnovo delle cariche di metà legislatura, tra due anni e mezzo. “Per quanto riguarda la posizione di Alto Rappresentante – ha continuato Tajani -, bisogna avere un candidato che guardi anche al Sud; dobbiamo avere poi un presidente del Consiglio europeo che non abbia posizioni sulla immigrazione non rispondenti alla posizione della maggioranza degli europei, quindi non si può avere una posizione differente da quella degli accordi presi fino ad oggi”.


“Bisogna avere anche una posizione ferma nei confronti della Federazione russa, e non credo che il Partito socialista europeo possa avere un rappresentante alla guida del Consiglio europeo per due anni e mezzo (qui il riferimento è alla posizione del Ppe che vorrebbe per togliere ai Socialisti la presidenza del Consiglio europeo tra due anni e mezzo, a metà legislatura, ndr). Ritorno sempre al solito punto, il voto dei cittadini: il Partito popolare europeo è il primo partito in Europa, non si può pensare di non attribuirgli lo spazio politico che gli elettori hanno indicato”. Tajani è passato quindi a parlare dei “contenuti” che dovrà avere la nuova maggioranza europea: “Né negazionismo, né fondamentalismo ambientalista, ma una posizione politica con un progetto di lotta al cambiamento climatico che sia parte della politica industriale e della politica agricola per i prossimi cinque anni”. E’ prima “una questione di contenuti, e poi, di conseguenza, di assegnazione degli incarichi”.


“Ripeto: il voto ha condannato le scelte di Frans Timmermans e di Greta Thunberg, quindi – ha sottolineato il leader di Forza Italia – bisogna porre rimedio a delle scelte che non hanno tenuto conto della questione sociale. Perché con scelte fondamentaliste si rischia di perdere decine e decine di migliaia di posti di lavoro all’interno dell’Unione europea, e questo non lo possiamo assolutamente permettere”. A chi chiedeva se non ci sia il rischio che salti tutto, perché i Socialisti non accettano di avere la guida de Consiglio europeo ridotta a una durata di soli due anni e mezzo, ma la esigono per l’intera legislatura, Tajani ha replicato: “Bisogna sempre rispettare il voto. E il voto ha detto chiaramente che c’è un vincitore che si chiama Partito popolare europeo. Non si può pensare di ridurre il Ppe ai margini perché si vogliono occupare tanti posti”. “Ricordo poi – ha aggiunto Tajani – che i patti vanno mantenuti. Quando io venni eletto nel 2017 presidente del Parlamento europeo, lo feci guidando una maggioranza Popolare-Liberali- Conservatori contro i Socialisti, che avevano deciso di non rispettare un patto firmato, perché pretendevano di avere ancora per due anni e mezzo la presidenza del Parlamento europeo” dopo la prima metà della legislatura, ma “vennero sconfitti”. “Ricordo che c’è una regola fondamentale nelle relazioni internazionali: ‘pacta sunt servanda’, i patti vanno rispettati. In quel caso i Socialisti non rispettarono i patti, e questa fu una cosa veramente inaccettabile. Ecco, mi auguro che il Partito socialista rispetti i patti: non può pensare di avere tutto lo spazio che che vuole. Io dico soltanto che bisogna, in uno spirito di stabilità delle istituzioni, assegnare gli incarichi in base al risultato elettorale”. “Ma ripeto: la cosa più importante – ha insistito Tajani – è la linea politica: una politica industriale, una politica agricola che siano impegnate nella lotta contro il cambiamento climatico, ma senza una visione fondamentalista, quindi con scelte pragmatiche che permettono anche di tutelare il lavoro, che per noi rappresenta una priorità. Perché le scelte fondamentaliste rischiano di far perdere decine e decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Europa”. Per quanto riguarda il prossimo commissario Ue italiano, alla domanda se il possibile candidato possa essere l’attuale ministro degli Affari europei, la Coesione e la gestione del Pnrr, Raffaele Fitto, Tajani ha risposto: “Dal punto di vista politico, ribadisco che l’Italia ha diritto ad avere un vicepresidente della Commissione europea con un portafogli di peso. Questo è quello che riteniamo sia giusto per la seconda manifattura d’Europa, per un paese fondatore, un paese che ha un governo stabile che durerà nei prossimi cinque anni. E anche per un equilibrio delle scelte in Europa, perché ci siano Nord, Sud, Est e Ovest” rappresentati “con parità di ruoli e di peso nei ruoli da occupare”. “Non abbiamo fatto nomi all’interno del governo – ha riferito il ministro -, poi la sintesi la farà il presidente del Consiglio. Io credo che Raffaele Fitto sarebbe un eccellente commissario. Questo lo dico da sempre, perché conosce le istituzioni comunitarie, conosce i dossier e non ha bisogno di fare un corso quinquennale come capita spesso ai nuovi commissari a Bruxelles e a Strasburgo. Però è la mia opinione: non ne abbiamo parlato, non c’è stata alcuna decisione. Mentre credo invece che sia fondamentale insistere su linea politica, vicepresidenza e un portafogli importante per L’Italia. Ecco, questi sono tre elementi essenziali; poi la persona verrà individuata dal governo. Il presidente del Consiglio ascolterà e tirerà le somme”, ha concluso Tajani.

Nasce Villaggio Italia, “mini expo” itinerante con nave Vespucci

Nasce Villaggio Italia, “mini expo” itinerante con nave VespucciRoma, 24 giu. (askanews) – “Mostrare le bellezze” dell’Italia e le sue eccellenze, utilizzando “la nave più bella del mondo”: l’Amerigo Vespucci. E’ questo l’obiettivo di Villaggio Italia, una sorta di “mini expo itinerante, articolata su una superficie di oltre 12.000 metri quadri”, secondo la definizione dell’amministratore delegato di Difesa e Servizi, Luca Andreoli. Un villaggio fisico ma anche digitale, per far conoscere il nostro Paese anche a quelle “parti del mondo o generazioni che non collegano più l’Italia alla bellezza, alla tecnologia, alla bella vita”, e per spiegare che “l’Italia è ancora tutto questo e lo sarà nei prossimi anni”, ha precisato il ministro della Difesa Guido Crosetto, alla conferenza stampa di presentazione di “Villaggio Italia – Tour mondiale di nave Amerigo Vespucci”.


Il Vespucci ha iniziato a luglio 2023 da Genova il suo “Tour Mondiale” che in 11 mesi di navigazione ha già raggiunto 15 dei 31 Paesi in programma, toccando 18 degli oltre 30 porti che saranno complessivamente raggiunti e visitando, così, 3 dei 5 continenti. Con il prossimo arrivo nella città di Los Angeles, il “Tour Mondiale” affiancherà alla permanenza nei porti di Nave Vespucci, già ambasciatore del Made in Italy nel mondo e impegnato non solo nell’attività formativo-addestrativa ma anche in quella di Naval Diplomacy, una “Esposizione Mondiale Itinerante Pluriennale”: il Villaggio Italia. Nelle tappe di Los Angeles, Tokyo, Darwin, Singapore, Mumbai, Abu Dhabi, Doha e Gedda, l’Italia si presenterà quindi con uno spazio innovativo e coinvolgente – allestito affianco al molo di approdo del Vespucci in 8 porti – attraverso il quale dialogare, ospitare e accogliere non solo gli italiani in giro per il mondo, ma anche i cittadini e i visitatori delle città raggiunte. Una tappa a Durazzo, precederà il ritorno in Italia, al porto di Genova, il 10 giugno del 2025, nel giorno della festa della Marina, ha ricordato il capo di Stato Maggiore della Marina, Enrico Credendino.


Al progetto promosso dal Ministero della Difesa e realizzato in collaborazione con Difesa Servizi SpA. partecipano la Presidenza del Consiglio dei Ministri – con il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare e il Ministro per lo Sport e i Giovani – il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura e il Ministero del Turismo. Salutando il capitano di vascello Giuseppe Lai, comandante di Nave Vespucci, in collegamento dalle acque tra il Messico e gli Stati uniti, Crosetto ha spiegato che tutti i marinai a bordo rappresentano in questo momento l’Italia intera. “Grazie per quello che state facendo”, è stato “importante essere riusciti a legare la storia del Vespucci all’Italia, una cosa antica a un volano per il presente e il futuro”, ha commentato. E proprio questo è il punto del progetto: “Abbiamo deciso di far salire su Nave Vespucci il meglio dell’Italia, dal cinema all’industria, dalla musica alla cultura, per rappresentare in giro per il mondo ciò che questo paese ha fatto nei secoli e cosa potrà fare nei prossimi secoli, per raccontare la grandezza passata e quella futura dell’Italia”, ha precisato il ministro.


Dopo il passaggio in ogni Paese, sarà valutato “l’impatto mediatico”. “Noi non vogliamo soltanto raccontare che siamo bravi, vogliamo vedere se siamo riusciti a incidere, ad esempio adesso negli Stati Uniti, raccontando cos’è l’Italia, cosa si può vedere in Italia, cosa si può comprare di italiano, cosa rappresenta l’Italia nel mondo”, ha argomentato Crosetto. Tutto ciò “non serve a dire quanto siamo belli, ma a dire: venite a trovarci, venite a comprare italiano, a trasmettere cosa c’è dietro un manufatto italiano, che nasce con centinaia di anni di storia alle spalle”. Sinsomma, “far capire che c’è un collegamento ideale tra un abito di Armani, una Ferrari e il Colosseo”, ha detto il ministro. L’obiettivo è attirare dentro il Villaggio Italia persone e media, “raccontare, come Paese, il Made in Italy non soltanto a quelli che hanno 40, 50 o 60 anni, ma anche a quelli che ne hanno 20, che sono i consumatori del futuro”, ha proseguito il ministro. “Si investe sempre sul futuro, non si investe mai sul 60enne o 70enne”, ha spiegato Crosetto, insistendo sulla necessità di destare l’attenzione dei più giovani attraverso “canali diversi”. “I miei figli non passano più attraverso il telegiornale o il giornale per essere informati, quindi bisogna utilizzare i social, bisogna trovare strumenti per arrivare su YouTube, per far parlare quelli che parlano ai ragazzi. E questo deve essere uno sforzo che non posso fare io che ho 60 anni, ma che devono fare quelli che sono creativi e sanno come raggiungerli”, ha insistito il ministro. Poi, occorrerà anche “spiegare cos’è l’Italia a quelli che non sono interessati”. “Noi pensiamo che tutto il mondo sappia cos’è l’Italia”, ha concluso il ministro, ma “ci sono parti del mondo o generazioni che non collegano più l’Italia alla bellezza, alla tecnologia, alla bella vita. Dobbiamo spiegare che l’Italia è ancora, e lo sarà nei prossimi anni, tutto questo: tecnologia, gusto del vivere, grande qualità”.