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M.O., Israele annuncia “pausa tattica” in operazioni a Gaza sud

M.O., Israele annuncia “pausa tattica” in operazioni a Gaza sudMilano, 16 giu. (askanews) – L’esercito israeliano ha annunciato una pausa tattica di 11 ore al giorno nelle operazioni nel sud di Gaza. Lo ha comunicato lo stesso Idf nel suo canale instagram. “Per aumentare il volume degli aiuti umanitari che entrano a Gaza – si legge nel post – e ion seguito al confronto con le Nazio ni Unite e le organizzazioni internazionali, faremo una pausa locale e tattica dell’attività militare per scopi umanitari dalle 8 alle 19 ogni giorno fino a nuovo avviso, lungo la strada che conduce dal valico di Kerem Shalom alla Salah al-Din Road e poi verso nord”.

Tajani: invieremo a Kiev un nuovo pacchetto di aiuti militari

Tajani: invieremo a Kiev un nuovo pacchetto di aiuti militariMilano, 15 giu. (askanews) – “Vi invieremo un nuovo pacchetto di aiuti militari perché senza la difesa oggi sarà impossibile lavorare domani per la ricostruzione e noi vogliamo fermare questa difficile situazione”. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani prendendo la parola in nome dell’Italia alla conferenza di pace per l’Ucraina che si tiene in Svizzera oggi e domani. “Signor Zelensky, conti sull’Italia, conti su di noi”, aveva detto poco prima.


“Il nostro obiettivo politico è una pace giusta”, ha sottolineato Tajani, “in qualità di presidente del G7, l’Italia vuole mantenere l’Ucraina al centro di questa agenda nazionale e internazionale”, ha detto. In effetti, ha osservato il vicepremier e ministro degli Esteri, “questa guerra finirebbe da un momento all’altro se la Russia mettesse fine alla sua aggressione contro l’Ucraina” e procedesse al ripristino “dell’integrità territoriale dell’Ucraina in un contesto di pace che non può implicare la resa dell’Ucraina e la continua occupazione del suo territorio da parte della Russia”.

Tra aiuti a Kiev e polemiche su aborto, G7 defilato su Gaza

Tra aiuti a Kiev e polemiche su aborto, G7 defilato su GazaBari, 15 giu. (askanews) – “È ora che questa guerra finisca e che inizi il giorno dopo”. Sono parole di Joe Biden, pronunciate in un discorso del 31 maggio scorso alla Casa Bianca. La guerra è quella in Medio Oriente, tra Israele e Hamas. A Borgo Egnazia è quasi passata in secondo piano. Se la presidente del Consiglio ha potuto certificare “piena sintonia” sul conflitto mediorientale, di fatto, la guerra è finita sacrificata, quasi compressa, tra l’urgenza dell’assistenza a Kiev, alla presenza di Volodymyr Zelensky, e la polemica sull’aborto con Emmanuel Macron. Un passaggio obbligato nella dichiarazione finale, con l’accordo sulla necessità di assicurare all’Unrwa e alle altre reti di distribuzione delle Nazioni Unite la capacità di fornire aiuti a coloro che ne hanno più bisogno, e la conferma del sostegno pieno alla soluzione dei due Stati e alla proposta di accordo promossa da Joe Biden. Nessuna condanna ferma per la strage di civili nella Striscia né tantomento proposta di sanzione contro Israele. Tra gli invitati al vertice in Puglia c’era il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che considera le azioni di Israele “un genocidio” e che è tornato sull’argomento solo dopo la sua partenza dalla Puglia: “La vittoria sarà del popolo palestinese, ad Allah piacendo, nonostante la barbarie di Israele e dei suoi sostenitori”. A Biden, già rientrato, saranno fischiate le orecchie.


Il tema, d’altra parte, è delicato anche, anzi soprattutto, per il presidente Usa, tradito in questi giorni da qualche segnale di nervosismo. Biden è riuscito a mostrare una leadership più decisa sull’Ucraina, ma il vertice ha anche messo in luce alcune sfide alla sua linea di politica estera: la principale tra queste è la guerra tra Israele e Hamas a Gaza. La stampa americana, il New York Times in primis, lo ha descritto “agitato” al momento di rispondere ad alcune domande sulla situazione a Gaza. “Vorrei che voi ragazzi rispettaste un po’ le regole”, ha sbottato il presidente Usa quando gli è stato chiesto un aggiornamento sul destino dell’accordo di cessate il fuoco nell’enclave palestinese. La proposta è stata annunciata il mese scorso, ma deve ancora essere accettata pubblicamente da Israele e Hamas. Il presidente Usa ha comunque affrontato il dossier mediorientale in una bilaterale con Meloni e con il Santo Padre. Nel suo colloquio con Papa Francesco, il presidente americano ha ribadito l’urgente necessità di un cessate il fuoco immediato e di un accordo sugli ostaggi, in modo da poter affrontare anche la crisi umanitaria a Gaza. Biden ha inoltre ringraziato il Pontefice per l’instancabile sostegno del Papa a favore dei poveri e di coloro che soffrono a causa delle persecuzioni, degli effetti del cambiamento climatico e dei conflitti in tutto il mondo. Stringata è poi stata la comunicazione di Palazzo Chigi e della Casa Bianca dopo il colloquio tra Biden e Meloni. I due leader hanno sottolineato “l’urgente necessità di garantire un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza” e “hanno sottolineato l’importanza che Hamas adotti un approccio costruttivo a tale processo”, ha fatto sapere la presidenza americana.


Nel comunicato finale, diffuso venerdì, i leader del G7 hanno invitato Hamas e Israele ad accettare l’accordo stabilito da Biden e hanno dichiarato il loro “incrollabile” impegno per una soluzione a due Stati. I capi di Stato e di governo hanno anche fatto di tutto per sottolineare che sia Hamas che Israele dovrebbero seguire il diritto internazionale. “Deploriamo allo stesso modo tutte le perdite di vite civili e notiamo con grande preoccupazione il numero inaccettabile di vittime civili, in particolare donne e bambini”, hanno poi sottolineato, invitando “tutte le parti a compiere ogni passo fattibile per proteggere le vite civili”. Nella conferenza stampa di fine vertice, Meloni si è detta “particolarmente fiera dell’impegno che l’Italia ha saputo dimostrare sulla crisi”, soprattutto in campo “umanitario”, cosa che – ha spiegato – “ci viene riconosciuta da tutti i nostri interlocutori”. La premier ha invece evitato di rispondere direttamente a una domanda sul mancato impegno per sanzioni contro Israele, accusato da molti paesi di genocidio. “Dobbiamo ricordare che c’è stato qualcuno che ha rapito bambini, donne, adulti, che ha fatto cose atroci. “Dobbiamo lavorare per la pace e per la pace dobbiamo avere dialogo, riconoscere il diritto alla sicurezza di Israele e il diritto dei palestinesi ad avere un loro stato, nel quale vivere in modo pacifico. L’unico modo di gestire il problema non è solo dire qualcosa su qualcuno”, ha commentato.


Se la pace è l’obiettivo naturale, accompagnarne il percorso non sarà semplice. La mediazione di Qatar ed Egitto prosegue, mentre Hamas vorrebbe la Turchia tra i paesi garanti. Gli europei, da parte loro, non hanno una posizione unitaria. Ci sono Paesi come la Germania che da molto tempo sostengono Israele. E poi ci sono Stati come la Spagna che hanno riconosciuto la Palestina e che, pur non essendo parte del G7, hanno fatto sponda sui vertici dell’Ue presenti in Puglia. La Francia, invece, ha più volte condannato duramente l’offensiva militare israeliana a Gaza ed ha chiaramente evidenziato di “sostenere la Corte penale internazionale, la sua indipendenza e la lotta contro l’impunità in tutte le situazioni”, dopo la decisione del procuratore capo, Karim Khan, di richiedere mandati di arresto per i leader di Hamas e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Quanto agli Stati Uniti – pur evidenziando qualche distinguo – si sono sempre schierati al fianco del loro principale alleato nella regione. La reazione di Biden alla decisione di Khan è stata immediata. In una dichiarazione ai media, la Casa Bianca ha definito “oltraggiosi” i tentativi di perseguire i leader israeliani e ha affermato che “non esiste equivalenza – nessuna – tra Israele e Hamas”. E se il G7 è stato un evento chiave affinché Biden potesse proiettarsi come leader mondiale devoto alla democrazia di fronte al crescente autoritarismo, la sua posizione sul conflitto di Gaza ha “complicato” il suo sforzo, osserva il Financial Times. “Un’agenda di politica estera basata sui valori è la base” del sostegno americano all’Ucraina “contro l’aggressione russa”, ha affermato Allison McManus, direttore generale del dipartimento Sicurezza nazionale e politica internazionale presso il Center for American Progress. Ma “tutto questo diventa molto più difficile da promuovere in un momento in cui vediamo anche gli Stati Uniti continuare a fornire sostegno a Israele mentre sta commettendo violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale”.


Ma la partita di Biden, su questo dossier, è anche elettorale. Con le presidenziali di novembre sempre più vicine, il conflitto a Gaza e il sostegno Usa a Israele potrebbe avere per l’attuale inquilino della Casa Bianca un effetto boomerang. I democratici americani sembrano ancora divisi tra chi nel partito continua a sostenere lo Stato d’Israele e chi, in una coalizione di sinistra composta da elettori più giovani e persone di colore, con sempre maggiore convinzione promuove i diritti dei palestinesi. La reale capacità di Biden di gestire questa spaccatura misurerà, almeno in parte, le sue reali chance di rielezione alla Casa Bianca. (di Corrado Accaputo)

G7, le poltrone del vertice di Borgo Egnazia firmate da Luxy

G7, le poltrone del vertice di Borgo Egnazia firmate da LuxyMilano, 15 giu. (askanews) – Le poltrone sulle quali si sono seduti i leader del mondo e Papa Francesco nel vertice del G7 a presidenza italiana di Borgo Egnazia in Puglia sono state realizzate da Luxy, azienda italiana con sede a Lonigo nel Vicentino specializzata nella produzione di sedute di design. Già nel 2019 Luxy aveva portato al G7 di Biarritz le sue poltrone “Light”, questa volta i leader hanno utilizzato i modelli direzionali “Italia” e “Nulite”.


“La scelta delle poltrone Luxy per la presidenza italiana del G7 – ha commentato il presidente di Luxy Giuseppe Cornetto Bourlot – è per noi motivo di orgoglio ed evidenzia, ancora una volta, il successo del design e della produzione di qualità, tipica del migliore Made in Italy, di cui vogliamo farci portavoce ed esempio”.

Ucraina, Zelensky: il vertice globale in Svizzera è “il primo passo verso una pace giusta”

Ucraina, Zelensky: il vertice globale in Svizzera è “il primo passo verso una pace giusta”Roma, 15 giu. (askanews) – Il vertice globale al via oggi in Svizzera rappresenta “il primo passo verso una pace giusta”. E’ quanto ha scritto sui propri account social il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sottolineando che al summit partecipano “100 Stati e organizzazioni internazionali provenienti da tutti i continenti e da tutte le parti del mondo”.


“America Latina, Medio Oriente e Asia, Africa, Europa, Pacifico, Australia, Nord America: tutti sono presenti. Il summit per la pace offre a ogni paese l’opportunità di essere ascoltato e di dimostrare una leadership globale – ha scritto – insieme, stiamo facendo il primo passo verso una pace giusta basata sulla Carta delle Nazioni Unite e sui principi fondamentali del diritto internazionale”.

Gb, la prima apparizione pubblica di Kate (dopo la diagnosi di cancro)

Gb, la prima apparizione pubblica di Kate (dopo la diagnosi di cancro)Roma, 15 giu. (askanews) – Prima apparizione pubblica oggi per la Principessa del Galles dopo la diagnosi di cancro: Catherine ha sfilato in carrozza, insieme ai tre figli, il principe George, la principessa Charlotte e il principe Louis, alla cerimonia Trooping the Colour. Ieri, dopo l’annuncio della sua partecipazione all’evento, Kate ha scritto un messaggio sui social, in cui ha affermato che sta facendo “buoni progressi”, ma che “non è ancora fuori pericolo”.


“Sto facendo buoni progressi, ma come saprà chiunque si sia sottoposto alla chemioterapia, ci sono giorni buoni e giorni brutti”, ha scritto, quindi ha aggiunto: “Non vedo l’ora di partecipare alla parata per il compleanno del re questo fine settimana con la mia famiglia e spero di partecipare ad alcuni impegni pubblici durante l’estate, ma so anche che non sono ancora fuori pericolo”. Stando a quanto riportato dalla Bbc, la principessa apparirà più tardi sul balcone di Buckingham Palace.

Giornata Universale dell’IE 2024 celebrata nella Città Eterna

Giornata Universale dell’IE 2024 celebrata nella Città EternaRoma, 15 giu. (askanews) – La Giornata Universale dell’IE, Camicia tradizionale romena, sarà celebrata quest’anno a Roma attraverso una serie di eventi organizzati dall’Ambasciata di Romania presso la Repubblica Italiana, insieme alla Presidenza della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati del Parlamento italiano, al Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti” di Bucarest, al Museo delle Civiltà di Roma e all’Accademia di Romania in Roma. Per celebrare questa importante festa dedicata alle tradizioni popolari romene iscritte nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, il Museo delle Civiltà di Roma (Piazza Guglielmo Marconi 8) ospiterà per un mese la mostra “ROMANIA-ITALIA: l’arte del ricamo e della ceramica, patrimonio dell’umanità” (18 giugno – 14 luglio), nonché un convegno scientifico e laboratori artigianali dedicati ai bambini.


Gli eventi si svolgeranno con il seguente programma: 18 giugno – 14 luglio 2024, Salone d’Onore presso il Museo delle Civiltà di Roma La mostra “ROMANIA-ITALIA: L’arte del ricamo e della ceramica, patrimonio dell’umanità” presenta una selezione di costumi tradizionali e oggetti in ceramica provenienti dalle collezioni del Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti? di Bucarest, da varie regioni della Romania (Banato, Bucovina, Maramures, Muntenia, Moldavia, Oltenia e Transilvania), e i costumi tradizionali e le ceramiche dalle collezioni del Museo delle Civiltà di Roma, provenienti da diverse regioni italiane (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto), in un dialogo tra le tradizioni popolari dei due Paesi.


In occasione dell’inaugurazione della mostra, Romfilatelia emetterà un prodotto filatelico dedicato all’IE e alle ceramiche romene e italiane, simboli del patrimonio dell’umanità. Verrà, inoltre, allestita una mostra di francobolli che evidenziano le tradizioni e le usanze romene. 19 giugno 2024, ore 15:00, Sala Conferenze del Museo delle Civiltà Il convegno “ROMANIA-ITALIA: L’arte del ricamo e della ceramica, patrimonio dell’umanità” dedicato al dialogo italo-romeno sul restauro, la conservazione e la promozione dei costumi e delle ceramiche tradizionali dei due Paesi. Al convegno parteciperanno: l’On. Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati del Parlamento italiano, il dott. Andrea Villani, Direttore del Museo delle Civiltà di Roma, la prof.ssa Paulina Popoiu, Direttore Generale del Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti” di Bucarest, Leandro Ventura, Direttore dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale di Roma, il dott. Francesco Aquilanti, coordinatore delle collezioni di etnografia italiana presso il Museo delle Civiltà di Roma, la dott.ssa Georgiana Onoiu, responsabile del Dipartimento Tesoreria dei Beni Culturali, Registri Scientifici e Banche Dati presso il Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti” e il dott. Mihai Stan, responsabile di progetti culturali presso l’Ambasciata di Romania in Italia.


29 giugno 2024, dalle ore 11:00, Sala Laboratori del Museo delle Civiltà Il Museo delle Civiltà di Roma e il Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti” di Bucarest propongono, nell’ambito della mostra “ROMANIA-ITALIA: L’arte del ricamo e della ceramica, patrimonio dell’umanità”, una serie di laboratori di ricamo per bambini, intitolati ric-AMIAMO (insieme), laboratori pensati per far conoscere ai giovani l’arte del ricamo nei due Paesi. Tutti gli eventi sono organizzati in collaborazione con Romfilatelia, l’Istituto Culturale Romeno e la Biblioteca Europea di Roma, con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e del Comune di Roma.

Ucraina, 100 delegazioni in Svizzera per la conferenza di pace

Ucraina, 100 delegazioni in Svizzera per la conferenza di paceRoma, 15 giu. (askanews) – Cento delegazioni, tra cui 57 capi di Stato e di governo, convergono oggi e domani alla conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina che la Svizzera organizza per “ispirare un futuro processo di pace e sviluppare elementi pratici e passi verso tale processo”: questo il dichiarato obiettivo sintetizzato dal ministero degli Esteri svizzero dopo molto lavoro diplomatico per massimizzare la partecipazione, malgrado l’assenza della Federazione Russa e della Cina, e dopo non poche polemiche, anche interne alla Confederazione elvetica.


Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato ieri, direttamente dal G7 in Puglia, dove ieri ha incontrato Papa Francesco, con cui ha discusso – ha detto il presidente ucraino – cosa significa per Kiev “pace giusta”. Ieri Vladimir Putin ha fatto irruzione sulla scena mondiale rilanciando le sue condizioni per un cessate il fuoco, che Zelensky ha bollato come “ultimatum” inaccettabile e segnale di un rinascente “nazismo”. La proposta-monito russa non a caso è arrivata alla vigilia dell’incontro in Svizzera, definito dal presidente russo “un trucco per distogliere l’attenzione” generale. Per il capo del Cremlino l’Ucraina deve ritirare le sue truppe dai territori ucraini dichiarati annessi (Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya) e deve ufficializzare la rinuncia ad aderire alla Nato: a quel punto sarebbe cessate il fuoco immediato. Proposta immediatamente respinta, e non poteva essere altrimenti. La due giorni nel nome di una pace che a 28 mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina appare dunque lontana si terrà nell’hotel Burgenstock, lussuoso complesso sul crinale di una montagna affacciata sul lago di Lucerna, frequentato in passato e anche oggi da celebrità e pesi massimi della politica. La Svizzera ha invitato 160 delegazioni e ieri ha riferito che saranno 100 quelle che parteciperanno ai lavori. Oltre agli Stati, sono stati invitati anche l’Unione Europea, le Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), il Consiglio d’Europa, il Vaticano e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.


Metà delle adesioni provengono dall’Europa, compresi il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, freschi di batoste elettorali che non rafforzano le loro posizioni e neppure quelle di Zelensky. L’Italia sarà rappresentata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Per gli Stati Uniti ci sarà la vicepresidente Kamala Harris: il presidente Joe Biden è volato a casa dal vertice in Puglia. Cina e Brasile hanno rifiutato di partecipare. Senza la Russia, un incontro del genere non ha senso, sostengono. Altri Paesi, soprattutto del Sud globale, non si sono iscritti per lo stesso motivo o non saranno rappresentati ai massimi livelli. L’India sarà presente con una “delegazione di alto livello”, secondo quanto riferito da Zelensky dopo aver incontrato il premier Narendra Modi a margine del G7.


Nell’idea iniziale, al centro della riunione doveva esserci il piano di pace in 10 punti del presidente ucraino. Tuttavia, il quadro sul terreno e le posizioni non monolitiche degli invitati a partecipare hanno consigliato di limitare il programma, incardinato su quattro punti: la sicurezza alimentare (l’esportazione di prodotti agricoli dall’Ucraina), la sicurezza nucleare (in particolare le centrali nucleari ucraine, Zaporizhzhia in primis) e lo scambio di prigionieri di guerra e deportati. Zelensky ha proposto l’anno scorso di convocare una conferenza con la partecipazione del maggior numero possibile di Paesi, al fine di aumentare la pressione diplomatica sulla Russia. La richiesta principale del presidente ucraino è il ritiro delle truppe russe dall’intero territorio del suo Paese, compresa la Crimea – una posizione a cui non rinuncia, ma che non dovrebbe figurare nel documento finale e in sostanza neppure nei colloqui oggi e domani. La Svizzera dopo l’invasione russa dell’Ucraina si è trovata sotto pressione per agire e forzare le sue storiche posizioni di neutralità. Ha accettato di aderire alle sanzioni internazionali e fornisce aiuti umanitari con priorità allo sminamento umanitario, tuttavia non sono mancate le critiche e neppure le polemiche interne.


La Federazione russa, che comunque Zelensky non voleva alla Conferenza, ha da subito messo in chiaro l’ostilità per l’iniziativa. Il governo svizzero ha discusso se inviare comunque un invito, ma alla fine si è astenuto, temendo che venisse percepito come una provocazione dopo il chiaro rifiuto di Mosca. D’altronde, se il Cremlino continua a segnalare una teorica disponibilità a trattare, la situazione al fronte e le posizioni russe – irricevibili per le autorità ucraine e per quasi tutti i Paesi alleati anche sull’aspetto territoriale – svuotano le avances russe, a cui si aggiungono indirette minacce di arrivare all’uso dell’arma nucleare se i Paesi Nato saranno più attivamente coinvolti. Secondo le previsioni degli organizzatori, la conferenza potrebbe concludersi con un documento finale che incorpori il maggior numero possibile di punti dell’Ucraina. Un passo intermedio nell’agenda diplomatica internazionale che ispiri una futura conferenza, alla quale sarebbero invitati altri Stati e anche la Russia.

Sudafrica, Cyril Ramaphosa rieletto presidente

Sudafrica, Cyril Ramaphosa rieletto presidenteRoma, 14 giu. (askanews) – Cyril Ramaphosa è stato rieletto presidente del Sudafrica con i voti di Alleanza democratica (Da) e Inkatha Freedom Party (Ifp).


Ramaphosa è stato eletto con 283 voti favorevoli, per lo sfidante Malema 44 voti, 12 le schede nulle. Per Ramaphosa è il secondo mandato alla guida del Paese più industrializzato dell’Africa, malgrado il suo partito African National Congress (Anc) alla guida del Paese dal 1994, abbia perso la maggioranza alle elezioni del mese scorso.

Il G7 sfida i mercanti di morte: coalizione contro la tratta dei migranti

Il G7 sfida i mercanti di morte: coalizione contro la tratta dei migrantiBari, 14 giu. (askanews) – Una coalizione del G7 per prevenire e contrastare il traffico di migranti. Dal vertice di Borgo Egnazia, a presidenza italiana, emerge con forza la necessità di un impegno collettivo ad affrontare la migrazione come fenomeno globale. Il tema spicca nel giorno della storica partecipazione di Papa Francesco e occupa un lungo paragrafo della dichiarazione finale: “rafforzeremo le nostre azioni per prevenire, contrastare e smantellare le reti criminali organizzate che traggono profitto dal traffico di migranti e dalla tratta di persone”, confermano i leader in un passaggio del testo.


L’accordo è chiaramente solo politico. Il G7 non è sede adatta ad assumere decisioni operative e saranno i tecnici a decidere cosa fare e come intervenire. L’idea di fondo, però, sarebbe quella di promuovere una maggiore cooperazione sulle capacità investigative, coinvolgendo le autorità competenti nei paesi di origine, transito e destinazione. In particolare, per “azioni di contrasto congiunte basate su prove, contro le reti di contrabbando e tratta”, sarà essenziale migliorare lo scambio di dati tra i Paesi della ‘coalizione’. Fondamentale sarà inoltre seguire l’approccio “follow the money” per identificare, indagare e contrastare efficacemente la criminalità organizzata, affrontando gli aspetti finanziari, compresa la confisca dei beni”. Giorgia Meloni, che ai lavori di oggi ha invitato alcuni rappresentanti del continente africano, può dirsi soddisfatta. I leader hanno fatto propri alcuni dei principi più cari alla presidente del Consiglio, riconoscendo la necessità di fronteggiare le sfide “attraverso un approccio integrato, globale ed equilibrato”, in linea con il diritto internazionale. “Azioni collettive svolte in uno spirito di impegno e responsabilità congiunta” sono state ritenute essenziali per lo sviluppo di soluzioni sostenibili e inclusive per gestire efficacemente la migrazione a beneficio di tutti, “compresi i paesi a basso e medio reddito che affrontano significative pressioni migratorie”.


L’impegno del G7, però, sembra andare oltre. I capi di Stato e di governo, infatti, intendono garantire una governance della migrazione che sia sempre più sostenibile, capace di “garantire il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, indipendentemente dal loro status migratorio”. Nessuna possibilità di equivocare a questo proposito; la dichiarazione finale contiene un passaggio chiaro: “ricordiamo il diritto di ognuno di chiedere asilo dalle persecuzioni come previsto dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani e di chiedere la protezione internazionale tutelata dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati”. In questo contesto, l’intenzione è quella di incrementare gli sforzi per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollamenti forzati, quali conflitti, instabilità politica, povertà, criminalità, corruzione e violazioni dei diritti umani. L’obiettivo è promuovere partenariati globali ed equi tra i paesi di origine, transito e destinazione per aprire la strada a “soluzioni strutturali a lungo termine che contribuiscano allo sviluppo sostenibile, alla resilienza e alla stabilità”. Contemporaneamente saranno aumentati gli sforzi per prevenire e affrontare la migrazione irregolare, contrastare le attività illegali che la facilitano e affrontare le sfide che pone agli individui e alle società.


In questo ambito, saranno messe a punto strategie volte a dissuadere le persone dall’intraprendere “viaggi migratori irregolari e pericolosi”, e “saranno rafforzati i processi di gestione delle frontiere e dei visti”, anche al fine di limitare le attività delle reti di traffico e tratta di migranti. Inoltre, sarà sostenuto “il ritorno sicuro e dignitoso delle persone non idonee a rimanere” nel Paese raggiunto, nonché per sostenere gli sforzi di reintegrazione sostenibili nei paesi di origine. Allo studio c’è infine anche la possibilità di mettere a punto “percorsi sicuri e regolari per migranti e rifugiati”, che possono rappresentare alternative realistiche, avere il potenziale per ridurre la migrazione irregolare e l’uso delle reti di contrabbando e tratta, e contribuire a prevenire le conseguenze umanitarie negative derivanti dall’imbarcarsi su rotte pericolose. I percorsi regolari dovranno rispondere ai requisiti nazionali, aderire alle legislazioni dei Paesi G7 e alle loro decisioni sovrane. In questo contesto, i programmi regionali volti a garantire i talenti e la mobilità professionale e a stabilire percorsi efficaci per il reinsediamento – nelle intenzioni del G7 – potranno fornire percorsi sicuri e legali per i migranti, affrontando al tempo stesso le lacune lavorative nei paesi di destinazione. (di Corrado Accaputo)