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Von der Leyen propone un commissario europeo per il Mediterraneo

Von der Leyen propone un commissario europeo per il MediterraneoStrasburgo, 18 lug. (askanews) – Un commissario europeo per le regione del Mediterraneo. Lo ha proposto Ursula von der Leyen, durante il suo discorso davanti alla plenaria del Parlamento europeo, oggi a Strasburgo, prima del voto sulla sua riconferma come presidente della Commissione.


Se sarà confermata, la presidente della Commissione ha anche annunciato che proporrà di triplicare il numero delle guardie di frontiera e dei guardacoste dell’agenzia Frontex. “Abbiamo bisogno – ha detto nel suo discorso von der Leyen – di un approccio comune sui rimpatri” dei migranti irregolari che non hanno diritto d’asilo, “per renderli più efficaci e dignitosi. E dobbiamo sviluppare partenariati globali, in particolare nel nostro vicinato meridionale. La regione del Mediterraneo dovrebbe ricevere un’attenzione totale. Questo è il motivo per cui io nominerò un commissario per la regione e proporrà una nuova agenda per il Mediterraneo insieme a Kaja Kallas”, l’Alto Rappresentante per la Politica estera comune designata dal Consiglio europeo. “Perché – ha rilevato – il futuro delle due sponde del Mediterraneo è uno solo”.


Il nuovo commissario per il Mediterraneo, si spiega nelle linee guida programmatiche che von der Leyen ha inviato a tutti gli eurodeputati stamattina, “si concentrerà su investimenti e partenariati, stabilità economica, creazione di posti di lavoro, energia, sicurezza, migrazione e altri settori di interesse reciproco, nel rispetto dei nostri valori e principi”, e lavorerà in stretta collaborazione con l’Alto rappresentante per la Politica estera comune. Inoltre, ci sarà un “nuovo Patto per il Mediterraneo”, che “ridisegnerà questa relazione essenziale” dell’Ue “e fornirà un chiaro segnale politico di partenariato in un mondo più conflittuale e instabile”. Un’iniziativa che sembra coerente con il “Piano Mattei” italiano, se non addirittura ispirata da quel modello. “Il Patto Ue su migrazione e asilo – aveva affermato subito prima von der Leyen, affrontando il tema dell’immigrazione – rappresenta un enorme passo avanti. Mettiamo la solidarietà al centro della nostra risposta comune. Le sfide migratorie necessitano di una risposta europea con un approccio giusto e fermo basato sui nostri valori. Ricordando sempre che i migranti sono esseri umani come voi e me. E tutti noi siamo protetti dai diritti umani. Molti pessimisti pensavano che la migrazione fosse troppo divisiva per poter arrivare a un accordo. Ma abbiamo dimostrato che si sbagliavano. Insieme ce l’abbiamo fatta. E ne siamo usciti più forti. Ora dobbiamo concentrarci collettivamente sull’attuazione” del Patto migratorio “e sul sostegno agli Stati membri nel renderla una realtà sul campo. E ci sarà altro da fare”.


Non ci sono stati, nel discorso, riferimenti espliciti agli accordi dell’Ue con i paesi terzi, come Tunisia, Mauritania, Egitto, o ad accordi bilaterali come quello tra Italia e Albania, per la gestione dei flussi migratori tramite l’”esternalizzazione” (o il “modello Rwanda”), che avrebbero suscitato contrarietà da parte di tre dei quattro gruppi che dovrebbero sostenere il secondo mandato della presidente della Commissione, S&D, Renew e Verdi. Un forte accento è stato messo, invece, su un tema caro soprattutto all’altro gruppo che la sostiene, il Ppe: “Dobbiamo anche fare di più – ha sottolineato von der Leyen – per proteggere le nostre frontiere esterne. Il nostro confine orientale, in particolare, è diventato un bersaglio di attacchi e provocazioni ibridi. La Russia attira i migranti dallo Yemen al Nord e li spinge deliberatamente contro il confine finlandese. Dovremmo sempre tenere presente che il confine di uno Stato membro è un confine europeo. E faremo tutto il possibile per rafforzare questi confini”.


“Questo è uno dei motivi per cui dobbiamo rafforzare Frontex” l’agenzia per la sorveglianza delle frontiere. “Per renderla più efficace, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, proporrò di triplicare il numero delle guardie di frontiera e costiere europee portandolo a 30.000”, ha annunciato von der Leyen.

Oxfam: Gaza senza acqua, Israele usa sete come arma di guerra

Oxfam: Gaza senza acqua, Israele usa sete come arma di guerraRoma, 18 lug. (askanews) – A Gaza, Israele sta usando la mancanza d’acqua come arma di guerra contro la popolazione, violando apertamente il diritto internazionale. Il taglio delle forniture idriche, la distruzione sistematica di infrastrutture essenziali e il blocco all’ingresso degli aiuti internazionali da parte di Israele, hanno infatti ridotto del 94% la disponibilità d’acqua dentro la Striscia.


È quanto denuncia Oxfam in un nuovo report, pubblicato oggi. Al momento ogni abitante può contare in media su appena 4,74 litri al giorno, ossia meno di un terzo del minimo raccomandato in situazioni di emergenza e al di sotto della quantità che consumiamo ogni volta che tiriamo lo sciacquone del water. L’analisi di Oxfam rivela inoltre che: ” gli attacchi israeliani hanno danneggiato o distrutto 5 infrastrutture idriche e sanitarie ogni 3 giorni dall’inizio della guerra; ” la distruzione delle infrastrutture idriche ed elettriche – sommate alle restrizioni all’ingresso di pezzi di ricambio e carburante (ne entra solo un quinto di quanto necessario) – hanno ridotto la produzione d’acqua all’interno della Striscia dell’84%, mentre l’azienda idrica nazionale israeliana Mekorot ha tagliato le forniture del 78%; ” Israele ha distrutto il 70% di tutte le pompe per lo smaltimento delle acque reflue e il 100% di tutti gli impianti di trattamento, nonché i principali laboratori di analisi della qualità dell’acqua, limitando l’ingresso delle attrezzature di analisi usate da Oxfam; ” a Gaza City, l’88% dei pozzi e il 100% degli impianti di desalinizzazione dell’acqua sono stati danneggiati o distrutti.


Rischio genocidio L’attuale situazione sta generando un’emergenza sanitaria, che si aggrava di giorno in giorno. A causa della mancanza di acqua potabile e servizi igienici, ad oggi il 26% della popolazione si ammala gravemente di malattie che sarebbero facilmente prevenibili. “Lo scorso gennaio la Corte Internazionale di Giustizia ha chiesto a Israele di garantire l’ingresso e la distribuzione degli aiuti umanitari, per scongiurare il rischio concreto che a Gaza si compisse un vero e proprio genocidio. – spiega Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Da allora però nulla è cambiato, anzi siamo stati testimoni diretti degli ostacoli che Israele ha posto sistematicamente per rendere impossibile una risposta umanitaria adeguata a salvare la popolazione palestinese”. L’appello alla comunità internazionale “Abbiamo assistito all’uso da parte di Israele della fame come arma di guerra, a cui si aggiunge anche l’intenzionale privazione dell’acqua potabile, con conseguenze drammatiche per la popolazione civile. – aggiunge Valentina Bidone, coordinatrice della risposta umanitaria di Oxfam Italia per Gaza – Purtroppo non si tratta di una tattica nuova, il Governo israeliano ha ostacolato la fornitura dell’acqua potabile già per troppi anni, privandone sistematicamente i palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia. Tuttavia mai si erano raggiunti questi livelli. È perciò cruciale che la comunità internazionale eserciti al più presto ogni pressione diplomatica possibile per proteggere la popolazione di Gaza e risparmiarle ulteriori sofferenze, mettendo in campo un’azione incisiva in grado di tutelare i diritti umani fondamentali, compresi quelli sanciti dalle Convenzioni di Ginevra e sul genocidio”.


“I miei colleghi e io abbiamo vissuto un incubo in questi nove mesi, ma sentiamo ancora la responsabilità e il dovere di garantire a tutti gli abitanti di Gaza il diritto fondamentale all’acqua. – aggiunge Monther Shoblak, direttore generale della CMWU, l’azienda idrica della Striscia di Gaza – È stato molto difficile, ma non ci arrendiamo, anche quando vediamo colleghi uccisi da Israele mentre svolgono il loro lavoro”.

Ue, voto serrato domani a Strasburgo per conferma von der Leyen

Ue, voto serrato domani a Strasburgo per conferma von der LeyenStrasburgo, 17 lug. (askanews) – Non è possibile prevedere i risultati del voto cruciale con cui domani la plenaria del Parlamento europeo deciderà se confermare o no il secondo mandato di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, ma è possibile fare un po’ di calcoli basati sulle tendenze emerse nelle diverse forze politiche nazionali ed europee nelle ultime settimane e negli ultimi giorni.


Va sottolineata, comunque, una tripla avvertenza: che il voto è segreto, e dunque non c’è controllo possibile sulla disciplina di gruppo o di delegazione nazionale; che alcune delegazioni o eurodeputati singoli potrebbero cambiare idea, in un senso o nell’altro, dopo il discorso sulle linee programmatiche del programma per i prossimi cinque anni, che von der Leyen presenterà domani prima del voto; e che alcuni gruppi e delegazioni non hanno ancora dato alcuna indicazione chiara, annunciando che lo faranno solo domani prima del voto. La maggioranza assoluta necessaria per la conferma di von der Leyen (361 voti su 720 seggi totali) sarebbe matematicamente acquisita se i tre gruppi politici “europeisti” che la sostengono, (Ppe, 188 seggi, Socialisti e Democratici, 136 seggi, Liberali di Renew, 77 seggi) potessero garantire il voto compatto di tutti i loro eurodeputati, che sono in totale 401.


Ma in realtà i 40 voti in più della soglia richiesta non sono affatto garantiti. Si calcola, anzi, che saranno circa il 15% i “franchi tiratori” nell’insieme dei tre gruppi. Questo, d’altra parte, è ciò che successe la volta scorsa, quando von der Leyen ottenne solo nove voti in più della maggioranza assoluta, nonostante avesse l’appoggio degli stessi tre gruppi della cosiddetta “maggioranza Ursula”. Lo stesso gruppo Ppe che ha affidato fin dall’inizio a von der Leyen il ruolo di “Spitzenkandidatin” (candidato guida), non è in grado di assicurarle l’appoggio di tutti suoi membri: contro di lei potrebbero votare i francesi dei Républicains (6 seggi), gli austriaci dell’Ovp (5 seggi), gli sloveni del Sds (4 seggi).


Tra i Liberali di Renew, i più critici sono i tedeschi del Fdp (8 seggi), contrari alla messa al bando dei motori a combustione nel 2035, e gli irlandesi del Fianna Fáil (4 seggi), che rimproverano a von der Leyen il suo sostegno incondizionato a Israele per la sua reazione contro Gaza dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. In forse anche anche gli slovacchi del Partito progressista Ps (6 seggi) e i portoghesi di Inziativa liberale (2 seggi). Poco chiaro è poi il quadro riguardo al gruppo dei Socialisti e Democratici (S&d), che ufficialmente mostra compattezza ma in cui ci si può aspettare diverse defezioni singole o a livello di qualche delegazione nazionale.


Scontato è invece il voto contrario degli altri tre gruppi: da una parte la Sinistra (46 seggi, compresi gli otto del M5s), dall’altra i due nuovi gruppi di destra: i Patrioti per l’Europa (84 seggi) e l’Europa delle Nazioni sovrane (Esn, 25 voti). Von der Leyen, che è perfettamente al corrente di questa situazione e fin dall’inizio ha cercato di allargare la sua maggioranza, si è trovata di fronte a un bivio. La prima possibilità, caldeggiata soprattutto dalla delegazione italiana del Ppe, era quella di chiedere voti alla frazione considerata più moderata e meno anti-europeista del gruppo dei Conservatori e Riformisti (Ecr, 74 seggi), ovvero le delegazioni degli italiani di Fratelli d’Italia (24 seggi), dei cechi dell’Ods del premier Petr Fiala (3 seggi) e dei belgi fiamminghi del N-Va (3 seggi), senza neanche tentare, ovviamente, di coinvolgere le altre delegazioni del gruppo, più anti europee o meno rispettose dello stato di diritto. La seconda opzione era quella di rivolgersi al gruppo dei Verdi (53 seggi), che fin dall’inizio si è mostrato disponibile a sostenerla, anche se a certe condizioni apparentemente non difficili da rispettare (in particolare l’attuazione del Green Deal senza rimettere in discussione la legislazione e gli obiettivi già approvati). Le due opzioni apparivano nettamente in alternativa l’una all’altra: un accordo con l’Ecr avrebbe rimesso in dubbio il sostegno dei liberali e dei socialisti, contrari ad allargare a destra la maggioranza; il sostegno dei Verdi rischiava invece di alienarle l’appoggio della destra del Ppe, a partire dalla sua componente italiana (9 seggi). Ma sul lato dell’Ecr si aspetta ancora, alla vigilia del voto, la decisione che gli eurodeputati di Fdi hanno annunciato prenderanno domani, dopo aver sentito Giorgia Meloni (che potrebbe avere interesse, come premier italiana, a mantenere buoni rapporti con von der Leyen, se verrà confermata). Inoltre, l’incontro di ieri della presidente di Commissione con gli eurodeputati del gruppo sembra essere andato piuttosto male, mentre pare, al contrario, che sia andato abbastanza bene quello che c’era stato in precedenza con i Verdi. Alla fine, la scelta evidente di von der Leyen, seppure non esplicitata ufficialmente, è stata quella di cercare i voti dei Verdi, che hanno tradizionalmente la più compatta disciplina di gruppo di tutto il Parlamento (l’unica delegazione che sembra ancora avere dubbi è quella francese, che dispone di 5 seggi). La maggioranza assoluta appare ora più probabile, grazie ai Verdi, ma anche così, la presidente della Commissione non è affatto in una “comfort zone”. Il voto rischia di essere davvero serrato.

G7 Commercio, Tajani: un successo per l’Italia. Discusso di Omc e resilienza

G7 Commercio, Tajani: un successo per l’Italia. Discusso di Omc e resilienzaVilla San Giovanni, 17 lug. (askanews) – “Il vertice G7 del Commercio si chiude con grande soddisfazione da parte di tutti. Abbiamo approvato la dichiarazione finale all’unanimità, un documento che rappresenta una forte presa di posizione sulle politiche commerciali e su come favorire un commercio equo”, è “un successo per l’Italia”. Con queste parole il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha aperto la conferenza stampa finale del G7 del Commercio che si è svolto a Reggio Calabria e Villa San Giovanni il 16 e 17 luglio, il terzo in questo formato. Al centro della riunione, le crisi internazionali e le loro ripercussioni sul commercio mondiale, la resilienza delle economie globali, la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), l’uso delle nuove tecnologie, la crescita economica e la sostenibilità ambientale e il dialogo con il mondo delle imprese e con i Paesi terzi, sempre nell’ottica di creare un ambiente favorevole all’internazionalizzazione delle aziende italiane.


La riforma dell’Omc è stata al centro dei colloqui del G7 del commercio, perché l’Organizzazione “deve avere regole adatte” all’attuale situazione che è cambiata, le attuali norme sono “obsolete”, ha spiegato Tajani sottolineando che “noi lavoriamo per ridurre la presenza di dazi, a meno che non siano indispensabili per garantire la reciprocità”. Temi che sono stati ripresi nella Dichiarazione finale pubblicata al termine della riunione dei ministri presenti che si sono confrontati in diverse sessioni nel resort Altafiumara, a Santa Trada. I ministri hanno discusso “le modalità di riforma e rafforzamento del sistema commerciale multilaterale, con al centro l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc)” e del rafforzamento della “cooperazione rispetto alle sfide comuni, sulla base dei risultati del Vertice del G7 tenutosi in Puglia”, si legge nel testo. “Per rispondere” alle sfide globali “ci impegniamo a dedicare i nostri sforzi al mantenimento di un sistema commerciale multilaterale libero ed equo, basato su regole e orientato al mercato, nonché a rafforzare la resilienza e la sicurezza economica”.


“Ribadiamo l’importanza di promuovere il commercio internazionale in quanto motore di crescita, benessere e sviluppo – prosegue la Dichiarazione – – Intendiamo rafforzare l’impegno volto a mantenere le economie nazionali aperte e competitive e a promuovere il commercio e gli investimenti liberi ed equi, coinvolgendo i nostri partner a livello globale, incluso in regioni quali l’Indo-Pacifico, l’America Latina e l’Africa”. Nel testo vengono più volta ricordate le conseguenze delle “persistenti minacce globali, in particolare la guerra illegittima di aggressione intrapresa dalla Russia nei confronti dell’Ucraina, ivi compresi i suoi continui tentativi di interrompere il commercio marittimo nel Mar Nero, e i ripetuti attacchi Houthi alle navi commerciali in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden”, che “hanno posto in evidenza quanto sia cruciale intervenire per ovviare alle vulnerabilità delle catene di approvvigionamento mondiali, delle rotte marittime, dei porti e dei flussi commerciali”.


“Stiamo rafforzando la resilienza economica anche tramite la costruzione di catene di approvvigionamento resilienti e affidabili, perfezionando i nostri strumenti per dissuadere e contrastare le pratiche illecite, compresa la coercizione economica, e per salvaguardare le tecnologie critiche ed emergenti che potrebbero essere utilizzate per ledere la pace e la sicurezza internazionale”, prosegue la Dichiarazione. Altro tema centrale, sottolineato anche dal ministro, quello della riforma dell’Omc: “Rimaniamo uniti nell’impegno a favore di un sistema commerciale multilaterale basato su regole, orientato al mercato, libero e giusto, aperto, equo, sostenibile, inclusivo e trasparente, che abbia come proprio centro l’Organizzazione mondiale del commercio” e si sottolinea che “sulla scia dei leader del G7, accogliamo con favore, in particolare, la decisione di mantenere la moratoria sui dazi doganali applicati alle trasmissioni elettroniche fino alla 14esima riunione ministeriale e ribadiamo il nostro sostegno a un divieto permanente”.


Al G7 del Commercio, ha poi aggiunto il vicepremier, sono stati “tutti soddisfatti per l’organizzazione e le presenze” anche “per i ministri di paesi esterni, perché siamo convinti che il G7 non deve essere una torre d’avorio ma un organismo che si apre agli altri”. Alla riunione hanno partecipato i rappresentanti di Kenya, Brasile, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Turchia, India, Cile, oltre all’Omc, l’Osce e l’Ue, con il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis che ha sottolineto come il forum di confronto in Calabria sia stato “fondamentale per i partner che la pensano allo stesso modo per discutere le modalità per garantire un sistema commerciale globale forte ed equo e affrontare i problemi”. Dopo il summit di Borgo Egnazia, ha dichiarato ancora Tajani, l’Italia “è tornata al centro del dibattito della politica economica”, inoltre, questo è “il primo evento internazionale a partecipazione americana dopo l’attentato a Trump”. “Durante i dibattiti era rappresentato il 54% del Pil mondiale e il 34% della popolazione mondiale – ha aggiunto – ed è stato coinvolto anche il B7, non accadeva in altre occasioni, prima della presidenza italiana, che ci si confrontasse direttamente con il mondo delle imprese dei Paesi industrializzati”. Il ministro degli Esteri ha spiegato anche che la Calabria è stata scelta per ospitare il vertice “per accendere i riflettori su una regione dove non si era mai svolto un vertice internazionale e per prestare attenzione a una regione che merita di crescere. Avendo il più grande porto italiano, quello di Gioia Tauro, può essere un punto di riferimento per il commercio internazionale”, ha aggiunto. Nelle due giornate di vertice i ministri e gli altri partecipanti hanno anche “discusso di Indo-pacifico, una regione dove c’è sempre maggiore presenza italiana” anche grazie “all’Amerigo Vespucci, a Tokyo, e alla portaerei Cavour, un segnale politico a favore della libertà di circolazione”, ha spiegato Tajani ribadendo la soddisfazione anche per la Dichiarazione della presidenza G7, ribattezzata “Dichiarazione Calabria”, che ha un “peso politico molto importante”. Prima di passare alle domande, che hanno spaziato anche sui temi di politica interna ed europea, Tajani ha voluto ricordare che l’Italia, ha “guadagnato una posizione rispetto alla Corea del Sud nella classifica degli esportatori mondiali. Anche se rappresentiamo soltanto il 2% del Pil mondiale, abbiamo penetrazioni di mercato in cinque macrocategorie dove superiamo il 5% con punte del 10%”. L’export italiano ha toccato quota 626 miliardi e “continueremo a lavorare in questa direzione” e il “prossimo obiettivo sarà attaccare l’italian sounding” per conquistare le quote di mercato che hanno voglia di Italia nel mondo. (di Daniela Mogavero)

Elon Musk (ora sostenitore di Trump) sposta le sedi dalla California liberal al Texas

Elon Musk (ora sostenitore di Trump) sposta le sedi dalla California liberal al TexasNew York, 17 lug. (askanews) – Il fondatore e Ceo di Tesla ha detto martedì che trasferirà le sedi della piattaforma social X e della compagnia aerospaziale SpaceX, dalla California in Texas. Le mosse arrivano pochi giorni dopo aver appoggiato Donald Trump come presidente. Le decisioni di Musk fanno seguito alla mossa del governatore democratico della California Gavin Newsom, di firmare una nuova legge che mira a impedire alle scuole di divulgare informazioni alle famiglie se i loro figli si identificano come gay o transgender, senza chiedere prima il consenso degli studenti.


“Ho chiarito al governatore Newsom circa un anno fa che leggi di questo tipo avrebbero costretto le famiglie e le aziende a lasciare la California per proteggere i propri figli”, ha detto Musk. L’imprenditore ha annunciato che SpaceX si trasferirà dal suo quartier generale da Hawthorne, in California, in un’area del Texas vicino Brownsville dove SpaceX ha ampliato il suo sito di produzione e lancio di satelliti e razzi. X, invece trasferirà la sua sede da San Francisco ad Austin, in Texas. “Ne ho abbastanza di schivare bande di tossicodipendenti violenti solo per entrare e uscire dall’edificio”, ha detto Musk a proposito della situazione della città.

Parlamento europeo, prima risoluzione sull’Ucraina e contro Orban

Parlamento europeo, prima risoluzione sull’Ucraina e contro OrbanStrasburgo, 17 lug. (askanews) – La plenaria del Parlamento europeo ha approvato oggi a Strasburgo, con 495 voti favorevoli, 137 contrari e 47 astensioni, la prima risoluzione della sua nuova legislatura, che definisce la sua posizione ufficiale di sostegno all’Ucraina nella guerra contro l’aggressore russo e condanna la recente visita a Mosca del primo ministro ungherese Viktor Orbßn.


Il Parlamento chiede che l’Ue si adoperi attivamente per mantenere il sostegno internazionale all’Ucraina e che le fornisca sostegno militare “per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma”, e sostiene i recenti sforzi dell’Ue per dirigere le entrate provenienti dai beni russi congelati verso il sostegno dello sforzo bellico ucraino. Si chiede, inoltre, un “regime giuridico solido per la confisca dei beni di proprietà statale russi congelati dall’Ue”. La recente visita del primo ministro ungherese Viktor Orbßn nella Federazione russa è stigmatizzata come una “evidente violazione dei trattati dell’Ue e della Politica estera comune”, sottolineando che Orbßn non rappresenta l’Ue e che questa violazione non dovrebbe restare senza conseguenze.


Dato che la cosiddetta “missione di pace” del primo ministro ungherese è stata immediatamente seguita dal barbaro attacco missilistico russo all’ospedale pediatrico di Okhmadyt, che il Parlamento condanna, nella risoluzione si afferma che ciò dimostra l’”irrilevanza” dei presunti sforzi di pace di Orbßn. Gli eurodeputati sollecitano un’estensione delle sanzioni Ue nei confronti della Russia e della Bielorussia, e chiedono di monitorarne e rivederne l’efficacia e l’impatto, e di affrontare la questione dell’elusione delle sanzioni stesse da parte di imprese con sede nell’Unione, e di paesi terzi.


Nel testo si ribadisce il costante sostegno del Parlamento verso l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Il Parlamento europeo sostiene anche l’esito del recente vertice della Nato e ribadisce la sua posizione secondo cui l’Ucraina è su un percorso irreversibile verso l’adesione all’Alleanza.


La risoluzione invita infine la Commissione europea a proporre un’assistenza finanziaria a lungo termine per la ricostruzione dell’Ucraina, basandosi sull’esperienza del nuovo “strumento per l’Ucraina”.

Biden: rinuncerei alla candidatura solo per malattia

Biden: rinuncerei alla candidatura solo per malattiaRoma, 17 lug. (askanews) – Joe Biden sarebbe disposto a ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca solo se i medici gli diagnosticassero dei problemi di salute: lo ha dichiarato lo stesso presidente in un’intervista concessa al sito di BetNews, il cui contenuto è stato anticipato in parte dalla Cbs. Alla domanda su quale potrebbe essere la condizione per rinunciare alla candidatura, Biden ha risposto: “Se saltasse fuori che ho una qualche malattia, se i medici mi dicessro ‘hai questo o quest’altro problema’”. L’intervista, della durata di mezz’ora, è stata rilasciata ad una delle principali testate della comunità afroamericana e andrà in onda alle 22 ora locale della costa orientale (le 4 del mattino di giovedì in Italia).

G7 Commercio, primo giorno tra cooperazione, Omc e accesso ai mercati

G7 Commercio, primo giorno tra cooperazione, Omc e accesso ai mercatiVilla San Giovanni, 16 lug. (askanews) – “Per i prossimi giorni la Calabria, una bellissima regione al centro del Mediterraneo, sarà la vostra casa e il cuore dell’economia mondiale”, ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani aprendo il G7 del Commercio che si svolge a Villa San Giovanni nel resort dell’Altafiumara. Un vertice che è stato dedicato alle priorità della Presidenza italiana del G7, dialogo, cooperazione, resilienza delle catene di approvvigionamento, commercio internazionale libero, aperto e sicuro. Temi che “confluiranno in una dichiarazione conclusiva forte, il sigillo di un G7 commercio che è solo alla sua terza edizione, ma che crediamo debba essere una componente fondamentale di ogni Presidenza”, una dichiarazione affiancata da un “testo politico” la Dichiarazione della presidenza “in cui riassumere lo spirito e la sostanza del nostro lavoro e delineare la visione di un commercio internazionale sempre più aperto, libero e sicuro, paritario, motore di crescita, benessere e pace”, ha spiegato Tajani parlando ai suoi colleghi.


“Di fronte alle sfide legate al commercio internazionale “le libertà di scambio e di navigazione sono fondamentali per il commercio e la crescita globale. Un accesso incondizionato ai mercati internazionali e alle rotte marittime consente un movimento efficiente di beni, servizi e risorse. Garantire queste libertà richiede uno sforzo collettivo per assicurare che il sistema commerciale mondiale rimanga aperto e inclusivo, a beneficio di tutti i partecipanti e a favore della stabilità e della prosperità globale”, così recita la Dichiarazione della Presidenza-riunione G7 del commercio. Una prima giornata del vertice che ha visto un focus anche sul Porto di Gioia Tauro, vero ponte tra i mercati orientali e occidentali e primo in Italia per movimentazione di container. I ministri hanno visitato la struttura, operativa 365 giorni all’anno e che è centrale anche per l’iniziativa del governo “Food for Gaza”, come ha sottolineato Tajani.


Ospiti dell’evento in Calabria, anche Brasile, Corea del Sud, Vietnam, Turchia, India, Nuova Zelanda. “Questo G7 Commercio è una sorta di stati generali del commercio mondiale. È una scelta politica precisa. Il governo italiano sostiene con forza l’impegno per il dialogo e la cooperazione con i Partner globali. Chiudersi è la negazione del commercio globale. Più commercio globale vuol dire crescita, pace e sicurezza. Le parole d’ordine della Presidenza italiana del G7!”, ha dichiarato Tajani spiegando l’invito a diversi Paesi esterni al G7: “I nostri paesi che sono campioni di democrazia, favorevoli all’economia di libero mercato non devono arroccarsi in difesa ma devono giocare una politica di apertura, uniti ma aperti al confronto con altre realtà che cercano il dialogo”. Tajani ha annunciato per questo vertice in formato Commercio (solo il terzo in questa versione) “due giorni di lavoro intenso e molto concreto”, che si concentrerà anche sulle trattative per la riforma dell’Organizzazione mondiale del Commercio: “Dobbiamo anche cambiare alcune regole dell’Organizzazione mondiale del commercio che oggi appaiono inadeguate, perché ci sono nuove realtà e ci sono innovazioni tecnologiche importanti. E questo richiede uno sforzo di tutti quanti noi, un approccio costruttivo e una disponibilità al dialogo e al compromesso”, ha spiegato il vicepremier aprendo la sessione con i rappresentanti dell’imprenditoria del B7 Italy. Tema che è stato trattato anche dagli altri ministri presenti. Il vice cancelliere e ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha sottolineato che l’Omc “non deve essere usata in modo errato, ma abbiamo bisogno di una sorta di piattaforma in cui le controversie possano essere risolte e i problemi che abbiamo nel mondo possano essere superati su una base più ampia e comune”, come nel caso della pesca, “vorrei quindi dire ai colleghi statunitensi e agli altri che dovremmo continuare a lavorare alla riforma dell’Omc”. E nella dichiarazione della Presidenza, diffusa al termine della giornata, la tematica è ben delineata: “Il libero scambio e i principi stabiliti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio rimangono gli elementi costitutivi della prosperità economica globale. Essi forniscono un quadro di riferimento in cui i Paesi possono impegnarsi in una concorrenza leale, ridurre gli ostacoli al commercio e promuovere l’integrazione economica. Adattare le regole dell’Organizzazione alle nuove realtà e alle innovazioni tecnologiche è il modo migliore per assicurare che essa continui a svolgere il suo ruolo essenziale nel promuovere il commercio e la crescita economica e garantisca condizioni di parità per tutti”, si legge nel testo.


Nella prima giornata, una delle tappe è stata quella al porto di Gioia Tauro. Il primo porto italiano per traffico merci e ottavo in Europa. “Una grande infrastruttura logistica nel cuore del Mediterraneo. Un ponte per tutti i continenti, dall’Asia all’America Latina! Da qui è partito ad esempio pochi giorni fa via nave un moderno scanner delle nostre Dogane che nell’ambito del programma ‘Food for Gaza’ abbiamo messo a disposizione di Cipro per rafforzare il corridoio marittimo per gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”, ha dichiarato Antonio Tajani. “Siamo lieti di poter dare un aiuto concreto alla buona riuscita dell’iniziativa umanitaria voluta dal governo, l’impegno dell’Agenzia sarà massimo” per Food for Gaza, ha sottolineato il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Roberto Alesse. Il Porto di Gioia Tauro è “il più grande porto di transhipment d’Italia, un gioiello della Calabria e del Meridione, da qui parte tutto”, grazie ai “cinque chilometri di banchine”, ha spiegato dal canto suo Andrea Agostinelli, presidente del Porto Gioia Tauro nel corso della visita dei ministri del G7 del Commercio presso la struttura portuale che “lo scorso anno ha movimentato 3,5 milioni di Teus (unità equivalenti per container) e punta a quattro milioni per il 2024”. Nel corso della visita il ministro Tajani, ha presentato ai ministri l’iniziativa umanitaria “Food for Gaza” e la squadra dei dodici formatori che si recherà a Cipro per addestrare il personale locale all’utilizzo dello scanner che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha messo a disposizione, per rendere più celeri i controlli dei container che da Cipro portano aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza.


Nel Porto di Gioia Tauro operano due grandi gruppi, MSC, azionista di Medcenter container terminal (MCT) che con il terminal distribuito su quasi due milioni di metri quadrati movimenta migliaia di container 24 ore su 24 tutto l’anno, con il 41% dell’import che entra in Italia che accede da questa struttura intermodale. Oltre ai container, per cui Gioia Tauro è il primo porto d’Italia, e tra i primi in Europa, nella struttura opera anche Grimaldi con il terminal Automar che si occupa di movimentazione auto in particolare per Stellantis. Il Porto di Gioia Tauro è collegato attraverso quattro binari alla stazione nazionale di Rosarno, a quattro hub intermodali, Nola, Bari, Padova e Bologna, con 120 porti al mondo, 60 dei quali nel Mediterraneo. Inoltre, grazie alla profondità di 18 metri del canale, lungo 3,5 chilometri e largo 250 metri, a Gioia Tauro possono attraccare i cosiddetti giganti del mare, le navi più lunghe al mondo, circa quattro campi da calcio. Le gru, in dotazione, hanno uno sbraccio che copre 24 file di container contemporaneamente e consentono di movimentare le merci verso navi più piccole, trasporto su ferro o gomma. Il Porto è uno snodo cruciale nelle rotte commerciali internazionali, si posiziona tra Suez e Gibilterra con le merci che arrivano dal Far East, e nel periodo della pandemia, riporta l’ufficio stampa della struttura, il Porto è cresciuto come anche nei primi sei mesi del 2024, nonostante la crisi del Mar Rosso, registrando +13,7%. (di Daniela Mogavero)

Parlamento europeo, il trionfo storico di Roberta Metsola

Parlamento europeo, il trionfo storico di Roberta MetsolaStrasburgo, 16 lug. (askanews) – E’ un vero e proprio trionfo, quello con cui la maltese Roberta Metsola (Ppe) è stata confermata, oggi a Strasburgo, presidente del Parlamento europeo, con il numero più alto di voti, 562, mai registrato per questo tipo di elezione.


Quando era stato eletta la prima volta, nel gennaio 2022, Metsola aveva ottenuto 458 voti. Nel suo mandato precedente ha dimostrato una grande abilità politica e capacità di unire e di rappresentare l’insieme de Parlamento europeo, indipendentemente dalle forze politiche che l’avevano appoggiata. Gli eurodeputati che hanno votato sono stati 699, quindi 21 in meno dei 720 totali. I voti “espressi” (con l’esclusione di 76 schede bianche o nulle) sono stati 623.


L’elezione era a suffragio segreto, e non si può dire con certezza chi abbia votato a favore di Metsola. Ma è chiaro che l’hanno sostenuta molti più eurodeputati di quelli che siedono nei grandi gruppi “europeisti”: il suo Ppe (188 seggi), i liberali di Renew (77), i Socialisti e Democratici (136), l’hanno appoggiata in modo compatto, e probabilmente anche i Verdi (53). E devono averla votata pure, almeno in buona parte, i Conservatori dell’Ecr (74), compresi gli italiani di Fdi. Ma anche così, per arrivare alla cifra di 562, mancano ancora all’appello una trentina di voti, che sono venuti molto probabilmente da una parte del nuovo gruppo di destra “Patrioti per l’Europa” (84 seggi), e in particolare dagli italiani della Lega.


Le 76 schede bianche o nulle vengono invece sicuramente dall’estrema destra dei “Patrioti” e dell’altro nuovo gruppo formatosi la settimana scorsa, l’”Europa delle Nazioni sovrane” (Esn, 25 seggi), e probabilmente anche da una parte dei “non iscritti” (32 seggi). L’altra candidata, la spagnola Irene Montero della Sinistra, ha avuto 61 voti, ovvero 15 in più dei seggi del suo gruppo (46), che si può ipotizzare siano arrivati da qualche eurodeputato socialista e forse da qualche verde. Gli otto eurodeputati del M5s, che fanno parte ora della Sinistra, dovrebbero aver sostenuto per Montero, ma non è escluso che qualche voto sia andato a Metsola.


Complessivamente, infine, si può dire che quasi tutti gli eurodeputati italiani dovrebbero aver votato per Metsola.

Un temporary store di Swatch apre a Forte dei Marmi

Un temporary store di Swatch apre a Forte dei MarmiMilano, 16 lug. (askanews) – Swatch ha inaugurato un nuovo temporary store a Forte dei Marmi. Il design del negozio richiama le geometrie dello skyline creato dalle famose cabine sulla spiaggia versiliana, con colori accesi e sgargianti che vogliono trasmettere freschezza, libertà, voglia di stupire e di osare.


Nel negozio sarà possibile trovare le ultime collezioni estive e dai colori fluo che spaziano da Swatch NEON a BIOCERAMIC WHAT IF…? nei toni pastello, fino alle ultime collaborazioni Bioceramic MoonSwatch e Bioceramic Scuba Fifty Fathoms. Il temporary store di Swatch si trova in via Spinetti, 6, aperto dal lunedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 23.