Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Usa2024, Trump batte Haley in Michigan: è la sesta vittoria consecutiva

Usa2024, Trump batte Haley in Michigan: è la sesta vittoria consecutivaRoma, 28 feb. (askanews) – L’ex presidente americano Donald Trump ha sconfitto l’ex governatrice della Carolina del Sud, Nikki Haley, anche nelle primarie repubblicane in Michigan, registrando così la sesta vittoria consecutiva che rafforza la sua candidatura contro il presidente Biden al voto di novembre.


Stando agli ultimi dati aggiornati riportati dai media americani, Trump ha ottenuto il 68,2% delle preferenze contro il 26,6% di Haley, mentre il 3% ha votato “uncommitted”. Trump ha definito i risultati “migliori del previsto”, quindi in una conversazione telefonica con i sostenitori del partito repubblicano ha dichiarato: “Vinceremo il Michigan, vinceremo tutto”.

Giochi Parigi 2024, rubati i piani di sicurezza del Muncipio

Giochi Parigi 2024, rubati i piani di sicurezza del MuncipioRoma, 27 feb. (askanews) – un computer e diverse memorie Usb che contenevano piani sulla sicurezza del municipio di Parigi per i Giochi Olimpici di questa estate, assieme a altre informazioni sensibili sono stati trafugati questa sera, ai danni di un ingegnere del municipio mentre si trovava alla Gare du Nord. Lo riferisce l’emittente francese BfmTv, citando fonti delle forze dell’ordine.


A denunciare il furto lo stesso ingegnere 56enne, che ha subito chiarito quale fosse il contenuto dei dispositivi che gli sono stati sottratti. Il furto sarebbe avvenuto tra le 18:30 e le 19 mentre il tecnico era seduto a bordo di un treno fermo alla stazione. L’ingegnere, riporta l’emittente francese, ha riferito di aver appoggiato una borsa con i dispositivi nell’alloggiamento sopra il suo sedile e di essersi accorto del furto mentre si apprestava a cambiare treno. Gli investigatori stanno esaminando i video delle telecamere di sicurezza della stazione.

Draghi a Strasburgo: per tornare competitiva l’Ue deve riformarsi

Draghi a Strasburgo: per tornare competitiva l’Ue deve riformarsiBruxelles, 27 feb. (askanews) – L’Unione europea deve applicare a sé stessa la richiesta di operare delle “riforme strutturali”, che rivolge spesso e giustamente agli Stati membri, per poter ritrovare quella capacità di agire collettivamente e per obiettivi comuni che sembra avere perso negli ultimi anni, e per recuperare la competitività della sua economia a livello globale.


E’ quanto ha detto l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce Mario Draghi, oggi a Strasburgo, intervenendo alla riunione della Conferenza dei presidenti delle commissioni del Parlamento europeo. L’incontro era destinato a uno scambio di vedute nel quadro della preparazione del rapporto sul futuro della competitività dell’Ue, che è stato chiesto a Draghi dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e che dovrebbe essere pubblicato a fine giugno. Secondo una nota dello staff di Draghi, “lo scambio ha dimostrato quanto globale e complessa sia la strada per riconquistare la nostra competitività, in particolare in termini di mobilitazione degli investimenti per le massicce esigenze” che oggi ha l’Ue.


“Draghi – riferisce la nota – ha sottolineato la necessità di essere competitivi per mantenere i nostri sistemi di welfare e preservare i nostri valori fondamentali”, e soprattutto “ha chiesto riforme strutturali a livello dell’Ue e il ritrovamento della capacità di agire collettivamente per gli interessi collettivi”. Durante il suo discorso introduttivo, Draghi ha ricordato innanzitutto gli “importanti risultati” ottenuti dall’Ue negli ultimi anni, “dall’adozione di politiche climatiche e digitali all’avanguardia a livello mondiale, alla definizione degli strumenti che guidano la ripresa dell’Europa dalla pandemia di Covid-19 e alla riduzione della nostra dipendenza dalle importazioni energetiche russe”.Nonostante questi successi nell’affrontare crisi e shock, ci troviamo oggi, ha sottolineato l’ex premier italiano, “in un momento critico”, di fronte a “tre tendenze convergenti che ci costringono a considerare come rafforzare la competitività europea nel lungo termine”.


“In primo luogo – ha spiegato -, la rapida accelerazione della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica continua a migliorare l’organizzazione del lavoro e il suo ruolo nello stimolare la crescita produttiva. Prendiamo ad esempio gli sviluppi compiuti nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale generativa, le cui applicazioni pratiche in ambiti quali la sanità e l’istruzione sono di vasta portata”. “In secondo luogo – ha continuato Draghi -, il cambiamento climatico sta spingendo il nostro ecosistema naturale a un punto critico, costringendo tutti ad agire per accelerare la transizione verde”.


“In terzo luogo – ha rilevato -, un contesto geopolitico in rapida evoluzione, caratterizzato da una maggiore tendenza al conflitto, sia in termini economici che militari, sta costringendo l’Ue a riesaminare il proprio approccio alla globalizzazione”. In questo contesto, “le pratiche anti concorrenziali di alcuni dei nostri concorrenti continuano a compromettere la parità di condizioni a livello globale e l’autonomia strategica aperta dell’Ue. Ciò richiede una riflessione seria su come ridurre il rischio delle nostre potenziali vulnerabilità. Queste tendenze – ha aggiunto Draghi – sollecitano una riflessione complessiva sulle leve per rilanciare la competitività europea, compresi gli attrezzi e gli strumenti a disposizione delle nostre istituzioni”. L’ex presidente della Bce ha avvertito quindi che “ripensare le nostre politiche economiche per aumentare la crescita della produttività e della competitività è essenziale per preservare il modello sociale unico dell’Europa”, e ha posto quindi una serie di domande per alimentare il dibattito con i presidenti delle commissioni europarlamentari. “In primo luogo – ha chiesto -, come possono le nostre istituzioni mobilitare una migliore spesa pubblica per sostenere gli investimenti privati negli innovatori che guidano la doppia transizione”, verde e digitale? In secondo luogo – ha proseguito -, cosa possiamo fare per stimolare e accelerare l’innovazione pionieristica?”. La terza domanda, infine, è “come possiamo colmare il disallineamento delle competenze in Europa?”. Secondo fonti presenti all’incontro Draghi ha evidenziato come il vero problema che l’industria europea oggi ha in relazione alla forza lavoro non riguardi più i suoi costi (che sono diventati quasi un fattore marginale, non una considerazione primaria), ma piuttosto la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formarle.

Legge per il “ripristino della natura”, all’Europarlamento torna a vincere (a sorpresa) il fronte ambientalista

Legge per il “ripristino della natura”, all’Europarlamento torna a vincere (a sorpresa) il fronte ambientalistaBruxelles, 27 feb. (askanews) – Inaspettato ritorno della maggioranza ambientalista al Parlamento europeo, e sonora sconfitta delle forze di centrodestra e di estrema destra, compresi tutti gli eurodeputati dei partiti della coalizione di governo italiana (Fi, Fdi e Lega). E’ accaduto oggi a Strasburgo, nel voto della plenaria sul controverso regolamento Ue per il “ripristino della natura”.


Nonostante ieri il Ppe avesse deciso di schierarsi per la bocciatura dell’accordo politico, che era stato raggiunto il 10 novembre nel negoziato in “trilogo” con il Consiglio Ue e la Commissione, il voto finale di oggi ha visto una vittoria nettissima del fronte ambientalista, con 329 eurodeputati favorevoli all’accordo sul regolamento, 275 contrari e 24 astenuti. Alla resa dei conti, il Ppe si è spaccato, con un gruppo di 25 europarlamentari che hanno votato a favore, mentre i contrari sono stati 115 (tra cui tutti gli italiani) e gli astenuti 10. Inoltre, un numero probabilmente maggiore del previsto di Liberali del gruppo Renew ha votato a favore (60 eurodeputati), con solo 30 contrari e sei astenuti.


Al di là delle divisioni in questi due gruppi, molto compatto è stato invece il voto favorevole dei Socialisti e Democratici (con solo 4 contrari e tre astenuti), quello dei Verdi (nessun contrario, due astenuti) e quello della Sinistra (tre contrari, nessun astenuto). Tra i non iscritti, tutti e cinque gli eurodeputati del M5s, più il fuoriuscito Giarrusso, hanno votato a favore. Altrettanto compatto, dall’altra parte, il voto contrario dei Conservatori dell’Ecr (solo tre favorevoli e un astenuto) e quello dell’estrema destra di Id (nessun favorevole e nessun astenuto).


Da notare che, oltre a tutti gli eurodeputati della maggioranza di governo italiana, hanno votato contro l’accordo sul regolamento per il ripristino della natura anche due eurodeputati italiani del gruppo Renew: Giuseppe Ferrandino (di Azione) e Fabio Massimo Castaldo (ex M5S, passato recentemente anche lui ad Azione). Hanno votato invece a favore altri tre europarlamentari italiani di Renew: Nicola Danti (Italia viva), Sandro Gozi (Italia viva, ma eletto in Francia) e Marco Zullo (indipendente, ex M5s). Obiettivo del regolamento è garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell’Ue (oggi oltre l’80% degli habitat è in cattivo stato). Inoltre, le nuovo norme mirano a contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare.


Entro il 2030, gli Stati membri dovranno ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat contemplati dal regolamento (che vanno da foreste, praterie e zone umide a fiumi, laghi e coralli). Questa percentuale aumenterà poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. In linea con la posizione approvata dal Parlamento europeo, fino al 2030 la priorità andrà accordata alle zone della rete “Natura 2000”. Gli Stati membri dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo. Inoltre, dovranno adottare dei piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendono raggiungere gli obiettivi. Il regolamento prevede che, per migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli, gli Stati membri dovranno registrare progressi in almeno due di tre indicatori elencati: l’indice delle farfalle comuni, la percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità, e lo stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati. Ogni paese dell’Ue dovrà anche adottare misure per migliorare un altro indice, quello dell’avifauna comune, che riguarda lo stato delle popolazioni di uccelli. Dovrà essere invertito pure il declino delle popolazioni di insetti impollinatori, al più tardi entro il 2030, raggiungendo successivamente una tendenza al loro aumento misurata almeno ogni sei anni. Entro il 2030, dovranno essere attuate misure volte a raggiungere un trend positivo in diversi indicatori degli ecosistemi forestali, dovranno essere piantati altri tre miliardi di alberi, e si dovrà garantire in ogni Stato membro che non vi sia alcuna perdita netta di spazi verdi urbani rispetto al 2021. Dopo il 2030 gli spazi verdi urbani dovranno aumentare, con progressi misurati ogni sei anni. E’ rimasto l’obbligo per gli Stati membri di individuare e rimuovere le barriere artificiali al collegamento delle acque superficiali, al fine di trasformare almeno 25.000 km di corsi d’acqua in fiumi a flusso libero entro il 2030, e mantenere poi la connettività fluviale naturale ripristinata. Un obiettivo specifico del regolamento riguarda le torbiere, che sono molti efficaci nell’assorbimento delle emissioni, ma che nell’Ue sono state spesso drenate per consentire altre attività agricole. Gli Stati membri dovranno ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato). La riumidificazione, tuttavia, non sarà obbligatoria (come prevedeva la proposta originaria della Commissione europea), ma solo volontaria per gli agricoltori e proprietari di terreni privati. Un’altra modifica che è stata richiesta dal Parlamento europeo, rispetto alla proposta originaria, è la possibilità di attivare un “freno d’emergenza” che consentirà di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli per un periodo fino a un anno, tramite un atto esecutivo, in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali, fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare a livello comunitario. Il testo del regolamento era stato sensibilmente indebolito rispetto alla proposta originale della Commissione, dopo i durissimi attacchi del mondo agricolo e delle forze di centro destra nel Parlamento europeo, che avevano portato all’approvazione di una lunga serie di emendamenti il 12 luglio scorso, durante il voto della plenaria a Strasburgo sul mandato negoziale per il “trilogo”. Gli emendamenti, che sono poi stati in buona parte confermati nell’accordo provvisorio con il Consiglio Ue, comportano spesso deroghe o possibilità di proroghe, e soprattutto la sostituzione di diversi obiettivi obbligatori con obiettivi indicativi (con formule come gli Stati membri “dovranno mirare a”, invece che “dovranno”). In particolare, oltre all’introduzione del “freno d’emergenza” e all’eliminazione dell’obbligo di ripristino delle torbiere per i privati, è stato rimosso l’obbligo di ripristinare gli habitat naturali nel 10% dei terreni agricoli; i fondi Ue per l’agricoltura e la pesca (Pac e Pcp) non saranno utilizzati per misure di ripristino della natura; le nuove norme non si applicheranno ai progetti relativi alle energie rinnovabili o alle principali opere infrastrutturali; è stato cancellato uno degli obiettivi originari, quello di ripristinare lo stato della natura per riportarlo alle condizioni in cui si trovava negli anni ’50; gli Stati membri dovranno dare priorità alle azioni di ripristino nelle aree protette inserite nella rete “Natura 2000” e non nei terreni agricoli. In sostanza, il Ppe, con l’aiuto delle destre e di una parte dei Liberali, era riuscito a introdurre gran parte delle modifiche che aveva chiesto. E’ difficile capire, dunque, secondo quale logica politica ieri il gruppo abbia deciso di votare contro l’accordo del “Trilogo”, se non per cercare di cavalcare l’onda dell’attuale protesta degli agricoltori. Ma, almeno in questo caso specifico, ha perso la scommessa.

Terrorista Raf arrestata a Berlino, usava un passaporto italiano

Terrorista Raf arrestata a Berlino, usava un passaporto italianoRoma, 27 feb. (askanews) – La terrorista della Raf (Rote Armee Fraktion) Daniela Klette, 65 anni, è stata arrestata lunedì 26 febbraio 2024 nel quartiere Kreuzberg a Berlino dopo una latitanza durata 30 anni. Secondo Bild, che per primo ha dato la notizia, da almeno 20 anni Klette si sarebbe nascosta nella capitale tedesca conducendo una vita normalissima.


La terrorista, secondo informazioni dello Spiegel, è stata identificata tramite le impronte digitali e avrebbe sfruttato un passaporto italiano. Nella sua abitazione la polizia ha trovato anche delle munizioni. La donna – assieme ad altri compagni della Raf, nota anche come Banda Baader-Meinhof, Ernst-Volker Staub e Burhard Garweg – è accusata di tentato omicidio e altri reati come rapine tra il 1999 e il 2016. Alcune foto – scattate tra il 1984 e il 1989 – erano state diffuse dalla polizia federale tedesca prima del suo arresto.


Staub, Garweg e Klette appartengono alla cosiddetta terza geneazione della Raf, attiva tra gli anni ottanta e novanta, e sono tra i principali sospettati dell’attacco esplosivo compiuto nel 1983 contro una prigione in costruzione in Assia.

A Roma una Messa e un concerto per ricordare le vittime di Khojaly

A Roma una Messa e un concerto per ricordare le vittime di KhojalyRoma, 27 feb. (askanews) – A 32 anni di distanza, l’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian presso la Santa Sede, e l’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, hanno ricordato nella Chiesa di Santa Maria della Mercede le vittime azerbaigiane del massacro di Khojaly, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 1992.


Il momento di riflessione ha previsto prima una Santa Messa, in cui sono state commemorate le vittime. A seguire l’Ambasciatore presso la Santa Sede, Ilgar Mukhtarov, e l’Ambasciatore in Italia, Rashad Aslanov, hanno ringraziato i partecipanti e ricordato gli eventi del 1992. L’Ambasciatore Mukhtarov ha sottolineato come i fatti di Khojaly rappresentino una delle tragedie più sanguinose del XX secolo: 613 civili innocenti uccisi in una sola notte, tra cui 63 bambini, 1.275 ostaggi, 150 dispersi. Mukhtarov ha inoltre ricordato l’importante contributo che la campagna “Justice for Khojaly”, lanciata per iniziativa della fondazione Heydar Aliyev, offre a livello internazionale per sensibilizzare su quanto avvenuto. E’ importante non dimenticare che a causa dell’occupazione del 20% del territorio dell’Azerbaigian da parte dell’Armenia, ha aggiunto l’Ambasciatore, più di un milione di azerbaigiani sono divenuti rifugiati e profughi interni e 4.000 azerbaigiani sono ancora oggi dispersi.


L’Ambasciatore Aslanov è poi intervenuto ricordando a sua volta quanto Khojaly rappresenti un momento drammatico della storia dell’Azerbaigian. Il paese ha oggi riconquistato la sua integrità territoriale, Khojaly è finalmente libera, e anche attraverso il riconoscimento dei crimini e la giustizia, il popolo azerbaigiano è pronto ad una reale riconciliazione. In questo contesto, è importante il sostegno della comunità internazionale per porre fine all’impunità dei responsabili e per prevenire che gli stessi ripetano ancora simili azioni. Per l’Ambasciatore è necessario che le vittime delle violenze di Khojaly ottengano giustizia, per contribuire alla pace e su questo Aslanov si è detto fiducioso: la giustizia per Khojaly prevarrà. Le parole hanno poi lasciato spazio a un toccante concerto dell’Orchestra dell’Accademia Sannita, formata da giovani strumentisti già distintisi nella loro carriera per meriti artistici e membri di prestigiose orchestre italiane, e che conta violini, violoncello, viola e contrabbasso. Il programma ha previsto brani azerbaigiani, come l’Adagio di Gara Garayev, e altri di musica classica internazionale, da Bach a Verdi, da Vivaldi a Mozart.

Invio truppe in Ucraina, da Nato e Paesi Ue coro di no a Macron

Invio truppe in Ucraina, da Nato e Paesi Ue coro di no a MacronRoma, 27 feb. (askanews) – Prima presa di distanza, sul fronte occidentale, riguardo all’ipotesi di un invio di truppe di terra in Ucraina. Un’opzione di cui ha parlato ieri, per la prima volta e apertamente, il presidente francese Emmanuel Macron, al termine della Conferenza di Parigi sull’assistenza a Kiev. Secondo il capo di Stato francese, l’invio di militari nel Paese aggredito dalla Russia non è da escludere, anche se su questo punto ancora “non c’è consenso” tra i Paesi europei e gli alleati della Nato. Evidente il rischio sotteso a una simile scelta, e chiarito a tutti – se mai ce ne fosse bisogno – dalla pronta reazione del Cremlino: se l’Occidente invierà truppe in Ucraina, uno scontro diretto tra la Russia e la Nato sarà inevitabile, ha detto il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov, definendo le parole di Macron “un elemento nuovo, molto importante”.


Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è stato tra i primi a smentire una simile ipotesi. “Gli alleati della Nato stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina”, ha spiegato il leader dell’Alleanza all’Associated Press. “Lo abbiamo fatto dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su vasta scala. Ma non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul terreno in Ucraina”, ha precisato. Quasi conteporaneo è arrivato anche il ‘no’ della Casa Bianca, che non ha reagito ufficialmente ma ha chiarito tramite un funzionario che né Washington né la Nato pensano all’invio di militari in Ucraina. Sul fronte europeo, significativa la posizione espressa dalla Polonia, Paese che più di altri avverte il peso della minaccia russa. Durante una conferenza stampa con il capo del governo di Praga, Petr Fiala, il primo ministro polacco Donald Tusk ha spiegato che neppure il suo paese ha piani per l’invio di forze armate oltre la frontiera. “La Polonia non ha piani per l’invio di sue unità (militari) nel territorio dell’Ucraina”, ha detto, seguito con parole analoghe dallo stesso Fiala.


E anche la Svezia, il cui ingresso nella Nato è stato approvato ieri anche dall’Ungheria, ultimo Paese ad autorizzarne l’adesione, ha escluso ogni ipotesi di questo tipo. In un’intervista all’emittente pubblica svedese SVT, il primo ministro Ulf Kristersson ha detto che “al momento” la Svezia “è impegnata a inviare attrezzature avanzate all’Ucraina in diversi modi”. D’altra parte, ha indicato, “non c’è richiesta” di truppe di terra da parte ucraina, ma solo di maggiori munizioni, armi e sistemi difensivi. Quindi, ha aggiunto, la questione “non è attuale”. Se si sia trattato di una fuga in avanti di Macron lo si capirà nelle prossime settimane. L’ipotesi avanzata dall’inquilino dell’Eliseo, però, è stata confermata stamane dal primo ministro Gabriel Attal: “Nessuna dinamica può essere esclusa. Faremo tutto il necessario per garantire che la Russia non possa vincere questa guerra”, ha affermato il giovane capo del governo di Parigi, pur ribadendo che “non c’è ancora consenso” sull’invio dei militari. E di certo la posizione della leadership francese ha già innescato le prime reazioni anche sul fronte interno. Tra tutte, la voce di Marine Le Pen, esponente dell’estrema destra locale, fortemente critica rispetto alle scelte di Parigi. “Non so se tutti si rendono conto della gravità di una simile affermazione. Emmanuel Macron interpreta il leader della guerra, ma è della vita dei nostri figli che parla con tanta noncuranza”, ha avvertito. “La posta in gioco è la pace o la guerra nel nostro Paese”.

In Mali liberati 3 italiani sequestrati nel 2022

In Mali liberati 3 italiani sequestrati nel 2022Roma, 27 feb. (askanews) – Questa notte sono stati liberati tre cittadini italiani, Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone, che erano stati sequestrati il 19 maggio 2022 nella loro abitazione alla periferia della città di Koutiala, a sud est della capitale del Mali, Bamako, dove vivevano da diversi anni. Lo rende noto Palazzo Chigi.


“È un’area – si legge nella nota – particolarmente permeata dalla presenza di miliziani jihadisti; il rapimento era avvenuto da parte di una fazione jihadista riconducibile al JNIM, Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani, allineata con al-Qaida, attiva in larga parte dell’Africa Occidentale. La famiglia Langone viveva a Koutiala da diversi anni, all’interno di una comunità di Testimoni di Geova, del tutto integrati”. “Il rilascio della famiglia è stato reso possibile grazie all’intensa attività avviata dall’AISE, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, fin dall’immediatezza del sequestro, e in particolare grazie ai contatti dell’Agenzia con personalità tribali e con i servizi di intelligence locali. Nonostante la lunga prigionia, i componenti della famiglia Langone godono di buone condizioni di salute. Il loro rientro in Italia è previsto per oggi a Roma”.

Stoltenberg: la Nato non ha piani per l’invio di truppe in Ucraina

Stoltenberg: la Nato non ha piani per l’invio di truppe in UcrainaRoma, 27 feb. (askanews) – La Nato non ha piani per l’invio di truppe in Ucraina. Lo ha detto oggi il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg.


“Gli alleati della Nato stanno fornendo un sostegno senza precedenti all’Ucraina”, ha spiegato Stoltenberg all’Associated Press. “Lo abbiamo fatto dal 2014 e lo abbiamo intensificato dopo l’invasione su vasta scala. Ma non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul terreno in Ucraina”, ha precisato. La Polonia non ha piani per l’invio delle sue forze armate in Ucraina, ha detto oggi il primo ministro polacco Donald Tusk. “La Polonia non ha piani per l’invio di sue unità (militari) nel territorio dell’Ucraina”, ha detto Tusk in una conferenza stampa congiunta con il primo ministro ceco Petr Fiala, a Praga.


Da parte sua, Fiala ha confermato analogamente che Praga non intende inviare truppe nel Paese aggredito dalla Russia. Il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, ha dichiarato questa mattina che non invierà truppe in Ucraina, affermando che al momento questa non è una questione rilevante per la Nato.


In un’intervista all’emittente pubblica svedese SVT, Kristersson, citata da Le Monde, Kristersson ha affermato: “al momento siamo impegnati a inviare attrezzature avanzate all’Ucraina in diversi modi”. “Non c’è richiesta” da parte ucraina di truppe di terra, quindi la “domanda non è attuale”. Un funzionario della Casa Bianca ha detto all’agenzia Reuters che gli Stati Uniti non hanno intenzione di inviare truppe in Ucraina e che non ci sono nemmeno piani per inviare soldati della Nato a combattere nel Paese aggredito dalla Russia. La precisazione giunge dopo le parole di ieri del presidente Emmanuel Macron, secondo cui l’opzione di un invio di militari in Ucraina non può essere esclusa, anche se non c’è ancora consenso tra gli alleati europei e occidentali.


Il primo ministro francese, Gabriel Attal, ha confermato oggi che nulla è escluso dalle discussioni sugli sforzi da compiere per impedire una vittoria russa in Ucraina. Intervenendo all’indomani delle dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron sull’ipotesi, su cui “non c’è” ancora “consenso”, di invio di truppe occidentali in Ucraina, Attal ha affermato che “non si può escludere nulla in una guerra”. Il primo ministro ha comunque ribadito, in un’intervento a RTL, che non c’è “nessun consenso” su qualsiasi dispiegamento “ufficiale” di truppe di terra. “Ma nessuna dinamica può essere esclusa. Faremo tutto il necessario per garantire che la Russia non possa vincere questa guerra”, ha affermato.

Il Cremlino: le posizioni di Macron sono note, ma sull’invio di truppe non c’è consenso

Il Cremlino: le posizioni di Macron sono note, ma sull’invio di truppe non c’è consensoRoma, 27 feb. (askanews) – Le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron sull’impossibilità di escludere l’invio di truppe in Ucraina “è un elemento nuovo, molto importante”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmity Peskov “Noi conosciamo bene la posizione del signor Macron riguardo la necessità di inligggere alla Russia una sconfitta strategica e tutto il resto. Abbiamo fatto attenzione al fatto che il tema dell’invio di militari in Ucraina è stato effettivamente discusso. Abbiamo anche rilevato che c’è uno spettro di opinioni molto ricco. Effettivamente, non c’è consenso” al riguardo, ha detto Peskov. Se l’Occidente invierà truppe in Ucraina, uno scontro diretto tra la Russia e la Nato sarà inevitabile ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov commentando le parole del presidente francese Emmanuel Macron. Lo riporta Ria Novosti.