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Zelensky: agire adesso o Putin renderà il futuro catastrofico

Zelensky: agire adesso o Putin renderà il futuro catastroficoMonaco di Baviera, 17 feb. (askanews) – “Se non agiamo adesso, Putin riuscirà a rendere i prossimi anni catastrofici – catastrofici anche per altre nazioni”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.


“Non dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare tutto il necessario. Perché questa è la guerra della Russia contro tutte le regole”, ha detto il presidente ucraino. “Non c’è nessuno in Europa per cui questa guerra non sia una minaccia. Dobbiamo fare della sicurezza una realtà. Altrimenti vivremo in un mondo in cui le guerre locali non rimarranno tali, ma diverranno catastrofi”, ha insistito. “Questa è la guerra della Russia contro ogni regola”, ha sottolineato Zelensky. “Ma per quanto tempo il mondo lascerà che la Russia sia così? Questa è la domanda principale oggi”. Zelensky ha spiegato che “forse le persone dovranno vivere in un mondo in cui le guerre locali non rimarranno locali”. “Qualsiasi scoppio di una guerra rischia di trasformarsi in una catastrofe globale. Forse l’uso del cibo o delle migrazioni come armi romperà gli equilibri regionali esistenti e minerà molti sistemi politici, non solo in Europa ma anche in Medio Oriente, in Africa, nelle Americhe”, ha insistito.


“Forse l’Europa si trova ad affrontare tempi in cui la questione di invocare l’articolo 5 del trattato Nato non sarà affatto una questione di Washington, ma piuttosto delle capitali europee. Ci sono centinaia di questi ‘forse’. Il 23 febbraio 2022 non esisteva nessuno di loro. Ora fanno parte della realtà”, ha commentato, aggiungendo che “ciò che ci manca in questa realtà” è “la sicurezza”. “Dobbiamo rendere di nuovo la sicurezza una realtà”, ha precisato.

Ambasciatore Durante Mangoni: con Romania rapporti speciali, rafforzata la partnership

Ambasciatore Durante Mangoni: con Romania rapporti speciali, rafforzata la partnershipRoma, 17 feb. (askanews) – ‘Era un appuntamento politico atteso da molto tempo, da 13 anni non vi era stato un vertice intergovernativo di tale ampiezza, i Capi di governo e molti ministri. Da parte italiana è stata la conferma del carattere strategico del partenariato con la Romania, Paese dell’Europa orientale cui ci legano rapporti specialissimi sul piano economico, sociale, umano e culturale’, un Partenariato ‘del quale vogliamo cogliere tutte le implicazioni perché costituisce per noi un ‘informal privilege’, una relazione naturalmente e spontaneamente preferenziale’. Così l’Ambasciatore d’Italia in Romania, Alfredo Durante Mangoni commenta l’esito del Vertice intergovernativo Italia-Romania del 15 febbraio, nella cornice di Villa Pamphilj, che ha segnato una svolta e ha scritto una nuova pagina dei rapporti tra i due Paesi, partner UE e Nato.


‘Un Vertice che si svolge nel momento in cui l’Italia detiene la Presidenza di turno del G7, un investimento politico su un partner cruciale – spiega ancora il Capo della missione italiana a Bucarest, che negli ultimi anni ha lavorato all’aggiornamento dei documenti alla base di questa relazione così speciale – . Lo dimostrano i risultati di questo Vertice: il rinnovo del Partenariato strategico consolidato a 26 anni dal suo lancio con una nuova Dichiarazione politica congiunta adottata dai Primi Ministri e la sottoscrizione di una serie di accordi, intese tecniche, memorandum di collaborazione e lettere di intenti in vari settori di attività: consultazioni rafforzate in materia di Affari Esteri ed europei, collaborazione operativa nel contrasto alla criminalità, scambio di buone pratiche nel sostegno alle PMI, cybersecurity, protezione civile, formazione nella Pubblica amministrazione, turismo. C’è molto materiale su cui lavorare nei prossimi anni affinché i Governi possano rafforzare sempre più la loro partnership’. Nel corso del Vertice, infatti, sono stati firmati molti documenti: la Dichiarazione congiunta, che equivale ad un vero e proprio Piano d’azione, e sette accordi settoriali. Nella Dichiarazione i due Paesi ribadiscono l’impegno ad approfondire il dialogo politico tra due alleati responsabili e affidabili della Nato e dell’UE, uniti nel sostegno all’Ucraina; in materia di sicurezza e giustizia saranno attivati ‘meccanismi’ di prevenzione e lotta al terrorismo, all’estremismo violento, all’immigrazione irregolare, alle minacce nel campo della cyber-sicurezza. Si prevede inoltre l’impegno di favorire l’esecuzione della pena nel Paese di origine dei detenuti.


Tra Italia e Romania, spiega ancora Durante Mangoni in un’intervista ad Askanews nelle sale dell’Hilton Rome Cavalieri di Roma, c’è ‘una fortissima convergenza di valori e di interessi che viene ribadita ai massimi livelli istituzionali dei due Paesi e che continua a sostanziare il Partenariato strategico. Per noi è importante che il Partenariato si espanda e si manifesti non soltanto su questioni bilaterali di cooperazione economica, sociale o di dialogo politico, ma che si rifletta anche su importanti temi e questioni che discutiamo a livello europeo, nel Consiglio dei ministri, al Parlamento europeo, sui temi della doppia transizione, degli imballaggi, sul tema dell’etichettatura nutrizionale, sugli aspetti di politica industriale europea. Su questi temi vogliamo costruire una relazione ancora più forte con la Romania partendo proprio dalla stretta integrazione delle filiere produttive’. Roma e Bucarest sono partner che collaborano attivamente anche a livello europeo e l’Italia ha da sempre sostenuto il percorso romeno verso l’adesione, una storia molto positiva: ‘La Romania rappresenta un modello di successo per l’integrazione europea e l’Italia l’ha sempre sostenuta – racconta l’Ambasciatore – . Nel 2007, per ammissione dello stesso premier di Romania, lo ha detto sia a Roma sia agli ambasciatori dei Paesi UE a Bucarest qualche giorno fa, la stessa Romania non era pronta sotto tutti gli aspetti per entrare nell’UE, ma è stata presa una decisione strategica, si è trattato di un investimento geopolitico, ed oggi la Romania rappresenta un modello vincente di riferimento per i Paesi candidati all’adesione, i Balcani occidentali ma anche per l’Ucraina e la Moldova. Per i Paesi che intendono avvicinarsi all’Europa, la Romania rappresenta un esempio positivo e voglio dire – aggiunge – che dobbiamo guardare alla Romania con occhi un po’ diversi perché i livelli di progresso osservabili soprattutto a Bucarest e nelle grandi città vanificano alcuni stereotipi spesso indotti da percezioni legate a talune esperienze ormai superate che hanno riguardato la diaspora romena di 15, 20 anni fa. Non è più il caso. Il Paese sta vivendo una trasformazione rapida e profonda, nell’economia, la società, una grande capacità di innovazione, livelli di reddito e di sviluppo che vanno ampiamente riconosciuti. I romeni vanno gratificati anche per questo’.


Grande rilevanza nel corso del Vertice intergovernativo, del Business Forum e della Dichiarazione congiunta è stata data alla cooperazione economica: i due Paesi sono legati da solidi rapporti, con l’Italia che è il secondo cliente ed il secondo fornitore della Romania e il primo investitore per numero di aziende registrate, ma le relazioni possono crescere ulteriormente in vari settori. ‘Siamo due Paesi che hanno deciso di investire su una stretta relazione economica e di investimenti. Abbiamo tanti investimenti italiani in Romania, si tratta di differenziarli sul piano territoriale, sul piano dei settori di attività, andando verso filiere più innovative e a maggior valore aggiunto. Lato romeno si tratta di far crescere, di elevare il livello degli investimenti romeni in Italia che non è ancora comparabile con i nostri in Romania’. ‘La diaspora romena è un punto di forza delle relazioni bilaterali, un asset fondamentale – spiega l’Ambasciatore Durante Mangoni – un milione di persone, si stima che diano un contributo di un paio di punti al PIL italiano, secondo uno studio Istat di qualche anno fa’.


Per quanto riguarda ‘le imprese italiane in Romania, nel tempo esse hanno dato vita a un modello di internazionalizzazione di successo’, ricorda l’Ambasciatore a Bucarest: ‘Ci sono state diverse fasi, la prima di delocalizzazione bi-regionale tra Triveneto e Timisoara, una seconda fase di importanti investimenti manifatturieri iniziata oltre 15 anni fa, con una forte integrazione di filiere produttive, ma adesso è il momento di passare a una fase nuova: in questo senso il Business Forum che si è tenuto in Farnesina lo stesso giorno del Vertice intergovernativo rappresenta un segnale forte della volontà delle parti di rivitalizzare questa relazione economica. In quali direzioni? Dobbiamo puntare ai settori dell’energia, della transizione climatica, tutte le declinazioni della decarbonizzazione, dove imprese italiane e romene possono collaborare. Rinnovabili, centrali a gas a cogenerazione, sviluppo dell’energia nucleare dove la Romania rappresenta un terreno di sperimentazione molto interessante, le grandi infrastrutture dove siamo già molto presenti, il settore dell’acciaio, il digitale, l’agroindustria, il settore sanitario’. ‘Credo – aggiunge l’Ambasciatore Durante Mangoni – che la relazione economica e gli investimenti italiani in Romania debbano puntare sempre di più su settori innovativi, sulle tecnologie emergenti, cercando di collegare il vibrante mondo delle start-up romene, che sta crescendo negli ecosistemi innovativi di Bucarest e delle principali città come Cluj Napoca e Iasi, con la creatività italiana, con una certa dose di capitale di rischio, di venture capital italiano, che abbia voglia di investire su queste start-up romene, partendo anche dalla forte connettività che il Paese è in grado di offrire, dal fatto che c’è un eccellente formazione in campo digitale. E’ merito dei politecnici romeni che formano programmatori e sviluppatori di eccellente livello che danno prova di sé anche nella Silicon valley in California: l’obiettivo è connettere queste energie verso settori, prodotti, servizi innovativi, verso nuovi brevetti e nuove tecnologie. Il digitale, la doppia transizione sono settori fondamentali per il futuro della relazione bilaterale’. (di Daniela Mogavero)

Alla Conferenza di Monaco Kamala Harris rassicura l’Ue: “Gli Usa non vi abbandonano”

Alla Conferenza di Monaco Kamala Harris rassicura l’Ue: “Gli Usa non vi abbandonano”Monaco di Baviera, 16 feb. (askanews) – La notizia che cambia umori e agenda della Conferenza sulla sicurezza di Monaco arriva quando manca circa un’ora al via ufficiale dei lavori. Aleksei Navalny, irriducibile oppositore del Cremlino, sarebbe morto in carcere, in Russia. Tutti cercano conferme indipendenti, che non siano riconducibili alle autorità russe. In Baviera c’è anche la moglie, Yulia Navalnaya. Sarebbe dovuta intervenire a uno dei panel previsti, per parlare del suo Paese. E invece prende la parola per una breve dichiarazione, subito dopo la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. L’ha ascoltata, seduta in prima fila, mentre puntava il dito sulla Piazza Rossa, denunciando un ulteriore segno della “brutalità di Putin”. “Qualunque sia la storia che raccontano, sia chiaro: la Russia è responsabile e su questo avremo altro da dire in futuro”, spiega Harris con voce ferma, convinta, in accordo con il segretario Antony Blinken. Yulia Navalnaya concorda. Vorrebbe non credere a questa “notizia orribile”. Sceglie di restare in Baviera, di non partire per raggiungere i figli, “perché così avrebbe fatto Aleksei”. Ha le idee chiare su cosa dire e chi accusare: “Vorrei invitare tutta la comunità internazionale, tutte le persone nel mondo, a riunirsi e a combattere contro questo male. Dovremmo combattere questo orribile regime in Russia oggi. Questo regime e Vladimir Putin dovrebbero essere ritenuti personalmente responsabili di tutte le atrocità commesse nel nostro Paese negli ultimi anni”.


Di Russia, e di Ucraina, si era già discusso ampiamente al mattino, durante alcuni eventi accessori. Ma la notizia della morte di Navalny pare aver compattato i ranghi. Nette le parole della vice di Biden, che conferma l’impegno Usa a sostegno delle regole e delle norme internazionali, “a difesa dei valori democratici in patria e all’estero”. Gli Stati Uniti continueranno a esercitare un “ruolo guida” sulla scena mondiale, perché in questi tempi d’incertezza “l’America non può ritirarsi”, ma “deve stare al fianco degli Alleati”. Sembra un richiamo alle ultime dichiarazioni di Donald Trump sulla Nato e la Russia. Una replica secca, e neppure tanto implicita. Negli Stati Uniti c’è chi rifiuta questo approccio – dice – preferendo isolare il Paese, “abbracciare i dittatori” e “abbandonare gli impegni con i nostri alleati a favore di un’azione unilaterale”. Una “visione del mondo pericolosa, destabilizzante e davvero miope”. Una visione che l’amministrazione Biden rifiuta, scegliendo la totale adesione all’Alleanza atlantica. “Un attacco a uno è un attacco a tutti”, conferma la vicepresidente americana, evocando il principio del mutuo impegno alla Difesa dei Paesi della Nato, sancito dall’articolo 5 del Trattato atlantico. Nato che, da parte sua, non può permettersi “errori di calcolo” e deve essere pronta a proteggere tutti gli alleati “con più forze, maggiore prontezza e maggiori spese per la difesa”, secondo il segretario generale Jens Stoltenberg. Seppur in assenza di minacce imminenti, l’Alleanza deve continuare a investire sulla propria Difesa, in coordinamento con l’Unione europea. “Una Nato forte è positiva per l’Europa e per il Nord America”, insiste Stoltenberg, auspicando al contempo che gli Stati uniti sblocchino i fondi aggiuntivi per l’Ucraina attualmente fermati al Congresso dal Partito Repubblicano. Lo stallo sulle risorse Usa non è stato senza conseguenze. “Il nostro compito è garantire sostegno a Kiev, perché farlo è nel nostro interesse in termini di sicurezza. La situazione è difficile. Il fatto che gli Stati Uniti non abbiano preso una decisione ha influito sulla situazione sul campo di battaglia. Allo stesso tempo, continuo ad aspettarmi che gli Usa prendano la decisione di continuare a fornire sostegno”, precisa Stoltenberg già in mattinata, sottolineando: “se si vuole una pace duratura, occorre continuare a fornire all’Ucraina armi e munizioni”. E non si tratta solo di Ucraina, ovviamente. E’ l’ordine globale che “non funziona per tutti”, avverte il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. “Anzi, non funziona per nessuno”. Il mondo si trova ad affrontare “sfide esistenziali” e la comunità globale è più frammentata e divisa che in qualsiasi momento degli ultimi 75 anni. “Anche l’era della Guerra Fredda fu per certi versi meno pericolosa” per il leader dell’Onu, che nel suo discorso non dimentica di citare le tensioni attuali in Medio Oriente. Un accordo per il cessate il fuoco sembra ancora lontano. E Guterres non può fare a meno di ricordare i rischi di un’eventuale offensiva militare israeliana a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Sarebbe “devastante”, conferma. E’ anche la posizione del direttore dell’Agenzia Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, secondo il quale la fuoriuscita di rifugiati dall’enclave palestinese in direzione del Sinai egiziano sarebbe “un disastro per i palestinesi, per l’Egitto e per il futuro della pace”.


Della guerra a Gaza, così come di Ucraina, si discuterà ancora domani, quando i colloqui su questi due conflitti entreranno nel vivo. Ci sarà anche il ministro Antonio Tajani, in arrivo stasera per una serie di riunioni a margine della Conferenza. Il vicepremier in mattinata presiederà un vertice dei ministri degli Esteri del G7, il primo della presidenza italiana del 2024. (di Corrado Accaputo)

Conferenza Monaco, Harris rassicura l’Ue: “Gli Usa non vi abbandonano”

Conferenza Monaco, Harris rassicura l’Ue: “Gli Usa non vi abbandonano”Monaco di Baviera, 16 feb. (askanews) – La notizia che cambia umori e agenda della Conferenza sulla sicurezza di Monaco arriva quando manca circa un’ora al via ufficiale dei lavori. Aleksei Navalny, irriducibile oppositore del Cremlino, sarebbe morto in carcere, in Russia. Tutti cercano conferme indipendenti, che non siano riconducibili alle autorità russe. In Baviera c’è anche la moglie, Yulia Navalnaya. Sarebbe dovuta intervenire a uno dei panel previsti, per parlare del suo Paese. E invece prende la parola per una breve dichiarazione, subito dopo la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. L’ha ascoltata, seduta in prima fila, mentre puntava il dito sulla Piazza Rossa, denunciando un ulteriore segno della “brutalità di Putin”. “Qualunque sia la storia che raccontano, sia chiaro: la Russia è responsabile e su questo avremo altro da dire in futuro”, spiega Harris con voce ferma, convinta, in accordo con il segretario Antony Blinken. Yulia Navalnaya concorda. Vorrebbe non credere a questa “notizia orribile”. Sceglie di restare in Baviera, di non partire per raggiungere i figli, “perché così avrebbe fatto Aleksei”. Ha le idee chiare su cosa dire e chi accusare: “Vorrei invitare tutta la comunità internazionale, tutte le persone nel mondo, a riunirsi e a combattere contro questo male. Dovremmo combattere questo orribile regime in Russia oggi. Questo regime e Vladimir Putin dovrebbero essere ritenuti personalmente responsabili di tutte le atrocità commesse nel nostro Paese negli ultimi anni”.


Di Russia, e di Ucraina, si era già discusso ampiamente al mattino, durante alcuni eventi accessori. Ma la notizia della morte di Navalny pare aver compattato i ranghi. Nette le parole della vice di Biden, che conferma l’impegno Usa a sostegno delle regole e delle norme internazionali, “a difesa dei valori democratici in patria e all’estero”. Gli Stati Uniti continueranno a esercitare un “ruolo guida” sulla scena mondiale, perché in questi tempi d’incertezza “l’America non può ritirarsi”, ma “deve stare al fianco degli Alleati”. Sembra un richiamo alle ultime dichiarazioni di Donald Trump sulla Nato e la Russia. Una replica secca, e neppure tanto implicita. Negli Stati Uniti c’è chi rifiuta questo approccio – dice – preferendo isolare il Paese, “abbracciare i dittatori” e “abbandonare gli impegni con i nostri alleati a favore di un’azione unilaterale”. Una “visione del mondo pericolosa, destabilizzante e davvero miope”. Una visione che l’amministrazione Biden rifiuta, scegliendo la totale adesione all’Alleanza atlantica. “Un attacco a uno è un attacco a tutti”, conferma la vicepresidente americana, evocando il principio del mutuo impegno alla Difesa dei Paesi della Nato, sancito dall’articolo 5 del Trattato atlantico. Nato che, da parte sua, non può permettersi “errori di calcolo” e deve essere pronta a proteggere tutti gli alleati “con più forze, maggiore prontezza e maggiori spese per la difesa”, secondo il segretario generale Jens Stoltenberg. Seppur in assenza di minacce imminenti, l’Alleanza deve continuare a investire sulla propria Difesa, in coordinamento con l’Unione europea. “Una Nato forte è positiva per l’Europa e per il Nord America”, insiste Stoltenberg, auspicando al contempo che gli Stati uniti sblocchino i fondi aggiuntivi per l’Ucraina attualmente fermati al Congresso dal Partito Repubblicano. Lo stallo sulle risorse Usa non è stato senza conseguenze. “Il nostro compito è garantire sostegno a Kiev, perché farlo è nel nostro interesse in termini di sicurezza. La situazione è difficile. Il fatto che gli Stati Uniti non abbiano preso una decisione ha influito sulla situazione sul campo di battaglia. Allo stesso tempo, continuo ad aspettarmi che gli Usa prendano la decisione di continuare a fornire sostegno”, precisa Stoltenberg già in mattinata, sottolineando: “se si vuole una pace duratura, occorre continuare a fornire all’Ucraina armi e munizioni”.


E non si tratta solo di Ucraina, ovviamente. E’ l’ordine globale che “non funziona per tutti”, avverte il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. “Anzi, non funziona per nessuno”. Il mondo si trova ad affrontare “sfide esistenziali” e la comunità globale è più frammentata e divisa che in qualsiasi momento degli ultimi 75 anni. “Anche l’era della Guerra Fredda fu per certi versi meno pericolosa” per il leader dell’Onu, che nel suo discorso non dimentica di citare le tensioni attuali in Medio Oriente. Un accordo per il cessate il fuoco sembra ancora lontano. E Guterres non può fare a meno di ricordare i rischi di un’eventuale offensiva militare israeliana a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Sarebbe “devastante”, conferma. E’ anche la posizione del direttore dell’Agenzia Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, secondo il quale la fuoriuscita di rifugiati dall’enclave palestinese in direzione del Sinai egiziano sarebbe “un disastro per i palestinesi, per l’Egitto e per il futuro della pace”. Della guerra a Gaza, così come di Ucraina, si discuterà ancora domani, quando i colloqui su questi due conflitti entreranno nel vivo. Ci sarà anche il ministro Antonio Tajani, in arrivo stasera per una serie di riunioni a margine della Conferenza. Il vicepremier in mattinata presiederà un vertice dei ministri degli Esteri del G7, il primo della presidenza italiana del 2024. (di Corrado Accaputo)

Ex consigliere Putin: morte Navalny non avrà conseguenze in Russia

Ex consigliere Putin: morte Navalny non avrà conseguenze in RussiaMilano, 16 feb. (askanews) – “La tragica morte di Aleksey Navalny non avrà alcuna conseguenza politica in Russia”. Lo ha detto l’ex consigliere di Putin, Sergej Markov, su Telegram.


“Navalny undici anni fa – ha aggiunto – era visto come una possibile giovane alternativa filooccidentale e filodemocratica alla squadra di governo di Putin in Russia. Pertanto, ricevette il 25 per cento alle elezioni per il sindaco di Mosca. Ma dopo che Navalny non riuscì a trovare la forza in se stesso per sostenere il ritorno della Crimea alla Russia nel 2014, il suo sostegno si trasformò in una piccola setta”. Markov inoltre aggiunge: “Quando Navalny iniziò a sostenere anche la giunta neofascista apertamente russofoba in Ucraina, Navalny si trasformò agli occhi della popolazione (russa, ndr) in un agente diretto dei nemici della Russia. Dopo l’inizio dell’operazione speciale (la guerra in Ucraina, ndr), Navalny è stato semplicemente dimenticato. Per diversi giorni ci saranno diverse dozzine di picchetti in tutta la Russia. Fiori, ritratti. Parteciperanno al massimo in migliaia. Presto tutti dimenticheranno. Non ci saranno conseguenze politiche”, ha dichiarato Markov, che viene considerato da sempre un falco, tra le voci ascoltate da Vladimir Putin.

Le ultime parole di Navalny: smaschereremo chi rovina la Russia

Le ultime parole di Navalny: smaschereremo chi rovina la RussiaMilano, 16 feb. (askanews) – “Denunceremo ancora più persone che rovinano la vita del nostro Paese”. Queste le ‘ultime parole’ di Aleksey Navalny, 47 anni, condannato a 19 anni di carcere per “estremismo” e morto oggi in regime duro di detenzione. Le frasi erano state citate in un video di Novaya Gazeta: si tratta di un intervento dalla colonia correzionale n. 2 della città di Pokrov nel 2022, durante il quale Navalny aveva avuto l’ultima parola nel caso di “frode”, relativo alle donazioni al suo Fondo Anticorruzione. E suonarono come una sfida: “Voglio, cogliendo l’occasione dell’ultima parola, fare anche un annuncio ufficiale per coloro che credono che il Fondo Anticorruzione si fermerà, rallenterà, diminuirà… Forse qualcuno spera in una sorta di orrore dopo il verdetto. No! Non solo non si fermerà, ma il Fondo anticorruzione diventerà globale” disse. “Faremo più video, faremo più indagini, smaschereremo ancora di più di quelle persone che rovinano la vita nel nostro Paese. Pertanto, il Fondo anticorruzione non potrà che crescere e diventare internazionale” aveva poi aggiunto.


Alla fine di dicembre, gli Stati Uniti si erano detti “profondamente preoccupati” per le “condizioni di detenzione” di Aleksey Navalny, chiedendone il rilascio. Navalny stava scontando una pena detentiva in una remota colonia penale nell’Artico, in condizioni molto difficili. I suoi molteplici processi sono stati ampiamente denunciati come politici e come un modo per punirlo per la sua opposizione a Vladimir Putin. È stato arrestato nel gennaio 2021 al suo ritorno dalla Russia dalla convalescenza in Germania per un avvelenamento di cui attribuiva la colpa al Cremlino. Da allora ha alternato soggiorni in isolamento a condizioni di detenzione più o meno rigide. Sino alla notizia odierna: “Il 16 febbraio 2024, nel centro penitenziario n. 3, il prigioniero Navalny Aleksey si è sentito male dopo una passeggiata”, ha dichiarato oggi in un comunicato il servizio penitenziario russo della regione artica di Yamal. IL NEMICO NUMERO UNO DI PUTIN In questi anni nonostante le sue molteplici condanne, Navalny ha continuato ad attaccare il presidente russo Vladimir Putin, descritto da lui come un “nonno nascosto in un bunker”, perché il leader del Cremlino appariva raramente in pubblico.


Nel suo processo per “estremismo”, si permise anche di criticare “la guerra più stupida e insensata del 21esimo secolo”, riferendosi all’assalto russo all’Ucraina, che una legge russa vieta di commentare. Il movimento di Navalny è stato metodicamente sradicato dal governo di Mosca negli ultimi anni, spingendo i suoi collaboratori e alleati all’esilio o al carcere, mentre in Russia sono previste nuove elezioni presidenziali per marzo, dove Putin è il candidato strafavorito. Per un quinto mandato dal 1999, il terzo consecutivo. In un messaggio pubblicato il primo febbraio dal suo team sui social network, Navalny ha invitato a manifestare in tutta la Russia durante le elezioni presidenziali previste dal 15 al 17 marzo. Oggi l’attivista russo per i diritti Oleg Orlov ha affermato che la morte di Navalny in prigione è stata un “crimine del regime”. “È un crimine del regime. È evidente”, ha detto Orlov lasciando il tribunale di Mosca, dove era sotto processo per aver denunciato la guerra in Ucraina. “È un omicidio. È un crimine e spero che prima o poi le persone si assumano la responsabilità legale”.


Intanto il politico russo pacifista Boris Nadezhdin ha detto che stava pregando affinché le informazioni sulla morte di Navalny si rivelassero false. “Navalny è una delle persone più talentuose e coraggiose della Russia”, ha scritto Nadezhdin nel suo canale Telegram. La scorsa settimana i funzionari elettorali russi hanno respinto la candidatura presidenziale di Nadezhdin, esponente dell’opposizione liberale e attivista pacifista. (Di Cristina Giuliano)

Israele dice che non vuole deportare i palestinesi da Gaza

Israele dice che non vuole deportare i palestinesi da GazaMonaco di Baviera, 16 feb. (askanews) – Israele non ha intenzione di deportare i palestinesi dalla Striscia di Gaza, ha detto oggi il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera.


“Non abbiamo intenzione di deportare alcun palestinese fuori dalla Striscia di Gaza”, ha detto Katz, confermando poi che lo Stato ebraico non intende governare la Striscia di Gaza dopo la fine del conflitto nell’enclave palestinese con Hamas.(Segue) Katz ha inoltre affermato che, per quanto riguarda la situazione al confine settentrionale con il Libano, “se non si troverà una soluzione diplomatica, Israele sarà costretto a rimuovere Hezbollah dalla frontiera”. “Il mondo deve fare pressione sull’Iran e su Hezbollah affinché si ritirino dal Libano meridionale e attuino la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite”, ha detto il capo della diplomazia israeliana.

Le reazioni alla morte di Navalny che “fino a mercoledì stava bene”

Le reazioni alla morte di Navalny che “fino a mercoledì stava bene”Milano, 16 feb. (askanews) – L’avvocato di Alexei Navalny Leonid Solovyov ha detto a Novaya Gazeta che fino a mercoledì scorso l’oppositore di Putin in Carcere stava bene. “Per decisione della famiglia di Alexei Navalny, non commenterò assolutamente nulla” ha dichiarato. “Mercoledì da Alexey è stato l’avvocato (uno dei suoi legali, ndr). Allora andava tutto bene”, ha aggiunto Kira Yarmish, portavoce di Aleksey Navalny che ha reso noto di non avere alcuna conferma della morte in carcere dell’oppositore russo, ma che il suo legale si sta recando presso la colonia penale di Kharp per le opportune verifiche.


“La Russia ha domande serie a cui rispondere”. Così il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a Monaco commentando la presunta morte di Alexei Navalny, poco prima dell’inizio dell’annuale Conferenza sulla sicurezza. Stoltenberg si è detto “profondamente triste e preoccupato per le notizie che arrivano dalla Russia sulla morte di Navalny”. Secondo il leader della Nato “tutti i fatti devono essere accertati e la Russia ha domande serie a cui fornire una risposta”.


“Navalny”, ha ricordato ancora Stoltenberg, “è stata una voce forte per la democrazia, la libertà e la Nato”, che aveva “chiesto il suo rilascio immediato per molto tempo”. “Oggi i miei pensieri vanno alla sua famiglia e ai suoi cari”, ha aggiunto, assicurando che l’Alleanza “resta impegnata a sostenere quanti credono nella libertà e nella democrazia come ha fatto per molti anni Alexei Navalny”. “Questa è una notizia terribile. Come il più accanito sostenitore della democrazia russa, Alexei Navalny ha dimostrato un coraggio incredibile per tutta la sua vita. I miei pensieri vanno alla moglie e al popolo russo, per il quale questa è un’enorme tragedia”. Così il primo ministro britannico Rishi Sunak reagendo alla notizia della morte di Alexei Navalny, il più fiero oppositore politico del presidente russo Vladimir Putin, annunciata a fine mattinata dal servizio penitenziario federale russo.

Il Cremlino dice di non avere nessuna informazione sulle cause del decesso di Navalny

Il Cremlino dice di non avere nessuna informazione sulle cause del decesso di NavalnyRoma, 16 feb. (askanews) – Le autorità russe non hanno alcuna informazione sulle cause della morte dell’oppositore Aleksey Navalny, deceduto nella colonia penale dove era detenuto: lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.


Peskov ha precisato che le indagini sono a carico del servizio penitenziario federale e che non sono necessarie ulteriori istruzioni da parte del Cremlino riguardo all’inchiesta in corso. “Per quanto ne sappiamo adesso, in accordo con le procedure correnti, il servizio penitenziario federale è impegnato nelle ispezioni e chiarimenti del caso, quindi non sono necessarie ulteriori istruzioni”, ha spiegato Peskov.


Il portavoce ha aggiunto che le casue del decesso dovranno quindi essere appurate “dai medici”.

E’ morto in carcere in Russia Alexei Navalny

E’ morto in carcere in Russia Alexei NavalnyRoma, 16 feb. (askanews) – L’oppositore russo Alexei Navalny è deceduto nella colonia penale dove era detenuto: lo ha reso noto il servizio penitenziario federale russo, precisando che è in corso un’indagine sulle cause della morte.  Il servizio penitenziario ha reso noto di aver inviato una commissione di inchiesta presso la colonia penale dove è avvenuto il decesso. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti, Navalny si sarebbe sentito male e avrebbe perso conoscenza, i successivi tentativi di rianimazione sarebbero stati inutili.