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Hamas: morti tre degli otto ostaggi feriti nel raid di Israele a Rafah

Hamas: morti tre degli otto ostaggi feriti nel raid di Israele a RafahRoma, 12 feb. (askanews) – Tre degli otto ostaggi israeliani gravemente feriti in seguito ai raid aerei israeliani sono morti per le lesioni riportate. Lo ha dichiarato l’ala armata di Hamas. “Rimanderemo l’annuncio dei nomi e delle foto dei morti ai prossimi giorni, fino a quando non sarà chiaro il destino degli altri feriti”, hanno dichiarato le Brigate al Qassam in una nota. Questa dichiarazione segue l’attacco israeliano a Rafah, durante la notte, in cui le forze speciali e altri militari hanno salvato due ostaggi sequestrati da Hamas, mentre decine di persone sono morte a causa della distruzione collaterale provocata dagli attacchi aerei israeliani. Gli ostaggi erano detenuti nella città di Rafah, nell’estremo sud di Gaza, al confine con l’Egitto, dove sono ammassati residenti e rifugiati palestinesi.

Usa24, la vicepresidente Kamala Harris: “Sono pronta a servire”

Usa24, la vicepresidente Kamala Harris: “Sono pronta a servire”Roma, 12 feb. (askanews) – La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha affermato di essere pronta a ricoprire il ruolo di leader, in un’intervista al Wall Street Journal, mentre aumentano le preoccupazioni degli elettori sull’età del presidente Joe Biden in vista della scadenza elettorale di novembre.


La 59enne Harris ha dovuto affrontare un crescente controllo sulle proprie capacità come prima in linea di “successione” alla presidenza nel caso in cui Biden, 81 anni, fosse incapace o si dimettesse. “Sono pronta a servire. Non c’è dubbio su questo”, ha detto Harris al giornale quando le è stato chiesto se le preoccupazioni degli elettori sull’età di Biden significassero che lei doveva convincerli delle sue credenziali. Tutti coloro che la vedono al lavoro “se ne vanno pienamente consapevoli della mia capacità di guidare”, ha affermato Harris, la prima vicepresidente nera, sud-asiatica e donna nella storia degli Stati Uniti. Harris ha assunto un ruolo crescente nella campagna di rielezione di Biden, concentrandosi su temi tra cui l’aborto, in vista del voto di novembre in cui Biden dovrebbe affrontare un nuovo duello con l’ex presidente Donald Trump.

L’alto commissario Onu per i diritti lancia un appello per frenare Israele

L’alto commissario Onu per i diritti lancia un appello per frenare IsraeleRoma, 12 feb. (askanews) – L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha invitato le potenze mondiali a “contenere piuttosto che fare concessioni” a Israele, mentre cresce il timore di un’incursione di terra contro oltre un milione di palestinesi intrappolati nell’estremo sud di Gaza.


Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giurato di inviare truppe di terra nell’affollata area di Rafah, come parte del suo obiettivo di eliminare Hamas. Le sue dichiarazioni hanno scatenato l’allerta internazionale, come riporta la France Presse. “Una potenziale incursione militare a tutti gli effetti a Rafah – dove circa un milione e mezzo di palestinesi sono ammassati contro il confine egiziano senza poter fuggire da nessuna parte – è terrificante, data la prospettiva che un numero estremamente elevato di civili, ancora una volta soprattutto bambini e donne, sarà probabilmente ucciso e ferito”, ha sottolineato l’agenzia.


“Purtroppo, vista la carneficina compiuta finora a Gaza, è del tutto immaginabile quello che si prospetta a Rafah”, ha dichiarato Turk in un comunicato, “Oltre al dolore e alla sofferenza per le bombe e i proiettili, questa incursione a Rafah potrebbe anche significare la fine dei magri aiuti umanitari che sono entrati e distribuiti, con enormi implicazioni per tutta Gaza, comprese le centinaia di migliaia di persone a grave rischio di fame e carestia nel Nord”.

La Commissione europea: nessuna missione in Italia per un’inchiesta sullo stato di diritto

La Commissione europea: nessuna missione in Italia per un’inchiesta sullo stato di dirittoBruxelles, 12 feb. (askanews) – La Commissione europea ha smentito, a Bruxelles, la notizia secondo cui una delegazione di funzionari Ue sarebbe stata inviata a Roma per svolgere colloqui riservati con i funzionari italiani riguardo alla situazione dello stato di diritto in Italia. Notizia riferita dal quotidiano Repubblica. E’ vero invece, ha precisato un portavoce dell’esecutivo comunitario, che oggi cominciano degli incontri virtuali online con tutti gli Stati membri al fine di aggiornare il “Rapporto annuale sullo stato di diritto” in ognuno dei 27 paesi.


La Commissione, ha detto il portavoce Christian Wigand rispondendo ai giornalisti durante il briefing quotidiano, in genere “non commenta le fughe di notizie sui media, ma penso che sia importante chiarire una o due cose, anche in relazione ad alcune notizie apparse sulla stampa. Di certo – ha affermato – non c’è alcuna indagine o ispezione in corso in Italia. Quello che posso dire è che ovviamente, in questo periodo dell’anno, stiamo preparando il Rapporto annuale sullo stato di diritto, che facciamo per tutti i nostri 27 Stati membri. In questo contesto, abbiamo molti incontri con rappresentanti di governi nazionali, con portatori di interesse e Ong, eccetera”. “E abbiamo – ha continuato il portavoce – 27 ‘visite virtuali per Paese’, è così che le chiamiamo, in cui i servizi della Commissione incontrano i rappresentanti delle autorità nazionali e discutono sulla base di un questionario preparato in anticipo, e poi ci sono alcune domande di follow-up inviate agli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia, come per tutti gli altri Stati membri – ha puntualizzato Wigand -, questo è esattamente il punto in cui siamo ora. In effetti sono iniziati stamattina gli specifici incontri virtuali per Paese, a livello tecnico, durante i quali abbiamo normali scambi con le controparti, nella preparazione delle relazioni sullo stato di diritto. Niente di più, niente di meno”.


“In effetti è un incontro online, come avviene con tutti gli Stati membri, non c’è alcuna delegazione in Italia”, ha confermato poi il portavoce rispondendo alla specifica domanda di un altro giornalista. Alla domanda se il questionario inviato oggi all’Italia sia uguale a quello dell’anno scorso, e se vi siano domande specifiche all’Italia diverse da quelle per gli altri Stati membri, Wigand ha replicato: “Non posso entrare nei dettagli delle discussioni, troverete la nostra posizione nel Rapporto sullo stato di diritto”, quando verrà pubblicato.


“Ma posso dare un spiegazione generale – ha aggiunto il portavoce – su come funziona il sistema: c’è un questionario generale e poi ci sono più tardi alcune domande più dettagliate, che vengono condivise e discusse, e che coprono sempre i quattro pilastri del Rapporto sullo stato di diritto: i sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, il pluralismo dei media e poi gli altri pesi e contrappesi istituzionali. Questo – ha concluso Wigand – è il normale processo che si sta svolgendo ora”.

Bandita da Israele la relatrice speciale Onu Francesca Albanese

Bandita da Israele la relatrice speciale Onu Francesca AlbaneseRoma, 12 feb. (askanews) – Dopo che l’inviata speciale dell’Onu per i palestinesi ha espresso la sua opinione sul massacro di Hamas del 7 ottobre, i ministeri degli Esteri e dell’Interno israeliano hanno annunciato che Francesca Albanese non potrà entrare in Israele. Da mesi il ministero dell’Interno rifiuta il visto ad Albanese, che ora è ufficialmente bandita dal territorio israeliano sine die.


“L’era del silenzio degli ebrei è finita”, hanno affermato i ministri degli Esteri Israel Katz e dell’Interno Moshe Arbel in una dichiarazione congiunta relativa a Francesca Albanese. “Se l’Onu vuole tornare ad essere un organismo rilevante, i suoi leader devono sconfessare pubblicamente le parole antisemite dell’Inviata Speciale – e licenziarla in modo permanente. Impedirle di entrare in Israele potrebbe ricordarle il vero motivo per cui Hamas ha massacrato bambini, donne e adulti”. “Le vittime del 7/10 non sono state uccise a causa del loro ebraismo, ma in risposta all’oppressione di Israele”, ha scritto in un tweet in risposta a un post di Le Monde in cui si parlava del presidente francese Emmanuel Macron che onorava le vittime francesi dell’assalto di Hamas.


“Il ‘più grande massacro antisemita del nostro secolo’? No, signor Emmanuel Macron. Le vittime del 7/10 non sono state uccise a causa del loro ebraismo, ma in risposta all’oppressione di Israele. La Francia e la comunità internazionale non hanno fatto nulla per impedirlo. I miei rispetti alle vittime”, ha aggiunto Albanese.

Londra: preoccupa un’offensiva militare a Rafah, Israele si fermi

Londra: preoccupa un’offensiva militare a Rafah, Israele si fermiRoma, 12 feb. (askanews) – Il portavoce ufficiale di Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito, ha dichiarato di essere “profondamente preoccupato” per la prospettiva di un’offensiva militare a Rafah. La città, al confine con l’Egitto, è una delle poche regioni non ancora prese di mira da un’offensiva di terra israeliana e sta offrendo rifugio a oltre la metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza che sono fuggiti dai combattimenti altrove. Il portavoce ufficiale del Primo Ministro ha dichiarato che “siamo ovviamente molto preoccupati per la prospettiva di un’offensiva militare a Rafah. Più della metà della popolazione di Gaza si rifugia lì e questo valico è fondamentale per garantire che gli aiuti possano raggiungere le persone che ne hanno disperatamente bisogno”.


Il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ha dichiarato che Israele dovrebbe “fermarsi e riflettere seriamente” prima di intraprendere ulteriori azioni a Rafah, che è stata colpita da pesanti attacchi aerei durante la notte. Cameron ha aggiunto che molte delle persone a Rafah sono già fuggite da altre zone e che non c’è nessun altro posto dove andare. Parlando con i giornalisti a East Kilbride, in Scozia, ha dichiarato che “siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo a Rafah perché, diciamolo chiaramente, le persone che si trovano lì, molte si sono spostate quattro, cinque, sei volte prima di arrivarcì. Pensiamo che sia davvero impossibile capire come si possa combattere una guerra tra queste persone, che non possono andare da nessuna parte”. “Non possono andare a sud in Egitto, non possono andare a nord e tornare alle loro case perché molte sono state distrutte. Siamo quindi molto preoccupati per la situazione e vogliamo che Israele si fermi e rifletta seriamente prima di intraprendere qualsiasi altra azione”, ha sottolineato, “Ma soprattutto vogliamo una pausa immediata nei combattimenti. Vogliamo che questa pausa porti a un cessate-il-fuoco, un cessate-il-fuoco sostenibile senza il ritorno a ulteriori combattimenti. Questo è ciò che dovrebbe accadere ora”.


“Dobbiamo liberare gli ostaggi, compresi i cittadini britannici”, ha concluso il titolare del Foreign Office, “Dobbiamo far arrivare gli aiuti. Il modo migliore per farlo è fermare subito i combattimenti e trasformarli in un cessate il fuoco permanente e sostenibile”.

Il presidente argentino Milei: lo Stato è il nemico

Il presidente argentino Milei: lo Stato è il nemicoRoma, 12 feb. (askanews) – “Filosoficamente sono anarcocapitalista e quindi sento un profondo disprezzo per lo Stato. Io ritengo che lo Stato sia il nemico, penso che lo Stato sia un’associazione criminale”. Così il presidente dell’Argentina Javier Milei, in un’intervista che andrà in onda questa sera, lunedì 12 febbraio, a Quarta Repubblica, il talk show condotto da Nicola Porro in prima serata su Retequattro. Nella conversazione, Milei definisce il comunismo “una malattia dell’anima” mentre spiega di aver riconsiderato la sua posizione su papa Francesco.


A seguire alcuni passaggi dell’intervista: Nicola Porro: “Allora buonasera Presidente, senta le voglio chiedere subito una cosa non politica, ma una cosa che riguarda la sua famiglia. Sua nonna materna è figlia di immigrati italiani, noi siamo italiani, lei è a Roma è una visita importante. Cosa senta ancora dell’italianità?”. Javier Milei: “Innanzitutto per il 75% sono italiano, assolutamente italiano perché i due genitori di mio padre erano italiani di fatto e da parte di mia mamma la mamma era di origine italiana e il padre di origine jugoslave, di conseguenza ho il 75% di sangue italiano e sembra che attira abbastanza tutto sommato, perché ho una passione incredibile per l’Opera italiana, soprattutto la parte che si riferisce a Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini e ogni volta che posso, per ragioni di lavoro nel settore privato, ogni volta che dovevo fare un viaggio in Europa, lo facevo con Alitalia perché potevo fare scalo a Roma “.


Nicola Porro: “Non c’è più Alitalia, privatizzata o fallita non lo so”. Javier Milei: “Va bene, comunque in quel momento facevo così, poi ho cambiato il mio lavoro e facevo scalo a Roma”.


Nicola Porro: “Senta, lei si è definito un presidente liberale e libertario e dice che è un unico nella storia. Perché lei si sente così unico ad essere liberale e libertario?”. Javier Milei: “Innanzitutto perché sicuramente sono il primo liberale libertario a essere Presidente e non è un sentimento è una realtà, un fatto. Poi c’è un altro aspetto che ha a che fare con il fatto che io filosoficamente sono anarco capitalista e quindi sento un profondo disprezzo per lo Stato. Ritengo che lo Stato sia il nemico, io penso che lo Stato sia un’associazione criminale”.


Nicola Porro: “Come un’associazione criminale?”. Javier Milei: “Ma assolutamente sì, di fatto lo Stato è un’associazione criminale in cui un insieme di politici si mettono d’accordo e decidono di utilizzare il monopolio per rubare le risorse del settore privato, ma di fatto come diceva Oppenheimer, il metodo da usare nel mercato è l’investimento, il commercio e il metodo dello Stato è invece appunto il rubare e quindi lo Stato non è soltanto l’associazione criminale più grande del mondo ma inoltre è il ladrone stazionario più grande del mondo. Perché che cosa succede? Il ladro volgare è aleatorio. Io propongo al pubblico di pensare a quante volte le persone sono state attaccate da un ladro negli ultimi anni, una volta, due volte, forse, è stato un disastro, magari cinque volte, ma ogni volta che vai a comprare qualcosa in un luogo, ti sta rubando lo Stato tramite le tasse; quindi, lo Stato ti ruba tutti i giorni. Concettualmente bisogna dire che tutto ciò è molto molto forte, perché vi è una situazione in cui c’è un mondo in cui il liberale libertario – noi ci rivolgiamo al mondo reale – quindi la discussione sul fatto se dobbiamo entrare o meno nella politica vi sono degli ingenui, che quasi potrei dire tonti, che di fatto pensano che facendo la cosa contraria a quello che dice lo Stato, riesce a ottenere risultati. Ma lo Stato ha il potere di arrestare le persone, i politici non si vedono impattati, non vedono i poteri in gioco. Ma in questo mi sono reso conto che l’unico modo che c’era di entrare nel sistema è dinamitare il sistema”. Nicola Porro: “Ma lei viene considerato dalla stampa internazionale populista. Io questo contesto: un populista non dice “Non c’abbiamo soldi”. Dice, al contrario, “Spenderemo tanti soldi, evidentemente”. Però c’è una questione che le voglio chiedere su questo. Lei non pensa che una volta che entra nella Casa Rosada – un po me l’ha detto prima – una volta che entra nel centro del potere, dovrà moderarsi? Fra un anno, Lei, Milei, non dirà più “Lo Stato è il nemico”, perché lo Stato sarà Lei”. Javier Milei: “No. No. Io non pensavo che Lei mi insultasse” Nicola Porro: “No, non volevo. (Ride, ndr). Non si arrabbi. Il vero insulto per lei è “comunista” ” Javier Milei: “Questo insulto è comunista” Nicola Porro: “Ma non esistono più i comunisti, Milei” Javier Milei: “Ah, non esistono? Vi sono molti socialisti, che a lungo termine vogliono arrivare a questo. Sono comunisti vigliacchi. Ma, diciamolo in un altro modo. Guardi, una delle cose che abbiamo fatto, in questi cinquanta giorni, è stata di avviare e mettere in moto delle riforme strutturali. Di queste riforme, 350 sono state considerate urgenti e 650 sono state inserite in una legge, cioè la legge della libertà degli argentini di base. E questo è interessante, perché l’asse centrale di tutto ciò è che si riferisce a restituire il potere e la libertà agli argentini. E poi c’è un secondo punto, un altro punto: andare avanti verso strutture di mercato più competitive”. Nicola Porro: “Perché il comunismo è una malattia dell’anima?” Javier Milei: “Io originariamente pensavo che fosse un problema mentale” Nicola Porro: “Un problema mentale” Javier Milei: “Originariamente lo pensavo. Perché il socialismo puro è stato sconfitto dalla teoria economica. Ho pensato prima che fosse un problema di indole, di carattere mentale. Ma, poi, mi sono reso conto che era qualcosa di molto peggio, che era una malattia dell’anima. Quando il socialismo è stato applicato bene, hanno assassinato più di 6 milioni di esseri umani”. Nicola Porro: “Lei ha fatto delle dichiarazioni come nel suo stile, molto tranchant, molto nette, sul Santo Padre che è argentino. Lo ha incontrato a Roma, vi siete anche salutati affettuosamente. Come è andato l’incontro con il Santo Padre? Per gli italiani ovviamente è una persona molto importante e anche per tutto il mondo cattolico. Lei è cattolico?”. Javier Milei: “Sì, io sono cattolico. Pratico un po anche l’ebraismo”. Nicola Porro: “Sì lo so, ho visto al Muro del Pianto il suo trasporto. Però le voglio chiedere, con il Santo Padre, che penso che in Argentina sia popolareà”. Javier Milei: “Il punto è questo: si evolve, si capiscono le cose e una delle cose che ho capito in questi ultimi tempi, tra le altre cose, è che il Papa è la persona argentina più importante di tutta l’Argentina, è il leader dei cattolici nel mondo. Di conseguenza tutto ciò comporta una cosa molto molto importante: rappresenta un’istituzione molto importante soprattutto in un Paese come l’Argentina che ha tante radici cattoliche. Di conseguenza ho dovuto riconsiderare alcune posizioni e, a partire da quel momento, abbiamo iniziato a costruire un legame positivo”.

L’Egitto rafforza il confine con Gaza soprattutto a Rafah

L’Egitto rafforza il confine con Gaza soprattutto a RafahRoma, 12 feb. (askanews) – L’Egitto ha rafforzato la sua presenza di sicurezza lungo il confine con Gaza. Lo hanno riferito testimoni e una fonte della sicurezza all’agenzia di stampa Dpa. Secondo testimoni, lungo il confine sono stati avvistati rinforzi di sicurezza e pattuglie intensive, soprattutto nell’area del valico di Rafah e del valico di Kerem Shalom. I rinforzi sono stati dispiegati dopo che venerdì Israele ha dichiarato che avrebbe lanciato un’operazione militare nella città di confine di Rafah, ha riferito un funzionario della sicurezza alla Dpa. La fonte ha inoltre detto che sono in corso operazioni di manutenzione per aumentare l’altezza delle recinzioni e rafforzare il filo spinato dopo i danni provocati dai bombardamenti israeliani nell’area del valico.

Europarlamento, grandi manovre a destra in vista delle Europee

Europarlamento, grandi manovre a destra in vista delle EuropeeBruxelles, 12 feb. (askanews) – A cinque mesi dalla elezioni europee del 6-9 giugno, e nel pieno di uno scontro elettorale partito in forte anticipo, si prospettano equilibri del tutto nuovi tra i gruppi politici del Parlamento europeo, mentre cambiano le strategie delle alleanze.


Tutti i sondaggi danno in forte aumento i due gruppi a destra del Ppe, quello sovranista (Conservatori e Riformisti europei, Ecr) di cui fa parte l’Fdi, e quello dell’estrema destra nazionalista Id (‘Identità e Democrazia), in cui siedono gli eletti della Lega, nonché i francesi del Rassemblement national di Marine Le Pen e i tedeschi dell’Afd (Alternativa per la Democrazia). Le ultime rilevazioni (di Europe Elects e di Euractiv) prevedono tra 80 e 81 seggi per l’Ecr, rispetto agli attuali 68 (da 17 paesi), e tra 92 e 93 per Id, rispetto agli attuali 59 (da 8 paesi). L’Ecr, oggi quinto gruppo più numeroso, diventerebbe il quarto, mentre Id passerebbe addirittura dal sesto al terzo posto, a danno del gruppo Renew (Liberaldemocratici) che è dato in forte discesa (una ventina di seggi in meno) e passerebbe dall’attuale terzo al quinto posto, con poco più di 80 seggi.


Tuttavia, una serie di manovre in corso, o previste immediatamente dopo le elezioni, potrebbero aumentare considerevolmente il numero di partiti aderenti e il peso del gruppo Ecr, che non è escluso riesca così a superare Id, sottraendogli il terzo posto. Lo dimostra il recente ingresso nell’Ecr di uno dei due eurodeputati del partito di estrema destra francese ‘Reconquete’, e l’apertura a un’intesa con il partito del premier ungherese Viktor Orbßn, Fidesz, che probabilmente entrerà nel gruppo dopo le elezioni. Il Ppe, anche se in calo dagli attuali 182 seggi, resterebbe il primo gruppo politico con 178 eurodeputati. Manterrebbero la seconda posizione, con 143 eurodeputati, anche i Socialisti e Democratici (S&D), sebbene con una decina di seggi in meno rispetto a oggi.


I sondaggi prevedono una dura sconfitta dei Verdi, che passerebbero dall’attuale quinto posto (74 seggi) al sesto (50 eurodeputati). Resta aperta la possibilità che dopo le elezioni entri finalmente nel gruppo ecologista la pattuglia del M5S, oggi tra i non iscritti, sempre che cada la contrarietà dei Verdi tedeschi, o che i pentastellati, spazientiti dal lungo periodo in sala d’attesa, non chiedano di entrare in altre famiglie politiche (S&D o Renew). Il M5S negli ultimi sondaggi italiani è dato attorno al 17%, la stessa percentuale del 2019, quando prese 14 seggi. Non dovrebbe cambiare molto, infine, per il gruppo della Sinistra, il più esiguo dei sette gruppi europarlamentari, dato in leggero calo (dagli attuali 41 a 37 seggi). Va sottolineato tuttavia che alle prossime elezioni aumenterà il numero totale degli eurodeputati, dagli attuali 705 a 720, e la maggioranza assoluta passerà da 353 a 361 voti. Questo, insieme al fatto che le elezioni europee si svolgono con il sistema proporzionale, diversamente dalle elezioni nazionali in molti paesi, potrebbe comportare delle sorprese rispetto alle previsioni degli attuali sondaggi. In questo quadro, è importante notare le diverse strategia delle alleanze per il dopo-elezioni che stanno emergendo soprattutto al centro e a destra, mentre a sinistra non sembra esserci alcun cambiamento di paradigma rispetto alla volontà di ricostituire l’alleanza europeista con il Ppe che ha caratterizzato la cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ in questa legislatura. Con la volontà di collaborare, quando è possibile, con l’Ecr, ma mantenendo il ‘cordone sanitario’ nei riguardi dell’ultradestra di Id. Il cambiamento di strategia più importante è quello già in atto da parte del Ppe, iniziato dopo le elezioni locali in Olanda della primavera scorsa che diedero, a sorpresa, la vittoria al ‘Partito di Contadini’ e segnarono l’inizio dell’ondata contraria all’attuazione dell’ultima parte del grande progetto legislativo del Green Deal. Un’ondata che il Ppe guidato da Manfred Weber (con il notevole apporto di un’altra esponente di spicco del gruppo, l’olandese Esther De Lange) ha cavalcato schierandosi decisamente a destra, e votando su molte misure, nelle commissioni parlamentari e in plenaria, non solo con l’Ecr e con una parte minoritaria di Renew, ma anche con Id, contro l’alleanza ecologista di centro sinistra. La strategia di Weber, già vista all’opera, non è affatto quella di creare una nuova alleanza stabile di centro destra, compresa la destra estrema e senza i Socialisti, come vorrebbero Id e una parte dell’Ecr, ma punta semmai a ridare centralità assoluta al Ppe nel costituire di volta in volta maggioranze diverse, a seconda dei temi in discussione e delle misure sottoposte al voto della plenaria. L’obiettivo è di fare in modo che la prossima presidenza della Commissione europea debba chiedere il sostegno e i voti per le proprie proposte direttamente al Ppe, e non più a una riedizione della ‘maggioranza Ursula’, in cui le priorità dei Popolari potevano essere messe in minoranza e marginalizzate.


Questo disegno sembra essere stato ben compreso dalla premier italiana e leader dell’Ecr Giorgia Meloni, che ha già segnalato di non condividere affatto la pretesa dei suoi alleati di governo della Lega di ricreare anche in Europa la coalizione di maggioranza italiana (anche perché difficilmente Ppe, Ecr e Id avrebbero la maggioranza assoluta a Strasburgo). Se e quando sarà necessario, a partire dal voto di fiducia alla nuova Commissione, l’Ecr voterà, insieme al Ppe, anche con i Socialisti (oltre che, naturalmente, con i Liberali di Renew) e non con l’estrema destra. Soprattutto se, come appare sempre più probabile, a guidare la nuova Commissione sarà ricandidata Ursula von der Leyen, che, dopo una prima fase difficile nei rapporti con Weber, sembra ora essersi allineata con la nuova strategia del Ppe. E’ anche in questo contesto che vanno visti gli ottimi rapporti della premier italiana con l’attuale, e probabilmente anche futura, presidente della Commissione. Sarà importante, tuttavia, per l’Ecr, avere la forza e la credibilità necessarie per essere associato nel modo più stabile possibile alla strategia di Weber, in modo che anche il gruppo di Meloni possa assumere, almeno in parte, la nuova centralità a cui punta il Ppe. Svolgendo in cambio un ruolo stabilizzatore, di moderazione e integrazione completa del movimento sovranista nel mainstream europeo dei negoziati politici e delle alleanze. Per avere più forza politica, l’Ecr dovrà non solo avere i risultati elettorali brillanti che tutti si aspettano alle elezioni, ma anche aumentare il numero di partiti nazionali aderenti al gruppo; per avere la credibilità necessaria per l’alleanza con il Ppe, i Conservatori dovranno garantire la continuità della linea atlantista, anti russa e pro-Ucraina, di Giorgia Meloni, e un atteggiamento non anti europeo, ma anzi favorevole al rafforzamento dei progetti per la politica estera, di sicurezza e di difesa comune, e per la cosiddetta ‘autonomia geostrategica’ dell’Europa. Il sovranismo dei Conservatori resterà anti-federalista, ma si esprimerà piuttosto nel reclamare più ‘sussidiarietà’ in alcuni settori della politica interna dell’Ue, come le politiche ambientali. Per affermare questa linea e convincere le componenti più radicalmente sovraniste del suo gruppo, Giorgia Meloni sarà chiamata a esercitare le capacità di mediazione che ha già dimostrato a livello europeo. Il suo ruolo nel convincere Orbßn a togliere il veto agli aiuti da 50 miliardi di euro all’Ucraina, all’ultimo Consiglio europeo, è stato riconosciuto da tutti. Appare molto fondata la tesi secondo cui, in cambio, la premier si sarebbe impegnata a fare quanto sarà necessario per assicurare a Orbßn l’ingresso nell’Ecr di Fidesz (che in Ungheria viaggia sul 40% dei consensi) dopo le elezioni europee. Dalla sua uscita dal Ppe tre anni fa (decisa da Orbßn per evitare l’espulsione, dopo due anni di sospensione) il partito ungherese era rimasto tra i non iscritti, perdendo molto del suo potere nel Parlamento europeo. Resta da vedere se Orbßn e i suoi eurodeputati accetteranno di continuare a moderare le loro posizioni filorusse e fortemente anti europee. L’adesione al gruppo dei Conservatori di Nicolas Bay, del partito ‘Reconquete’ guidato da Eric Zemmour, fa parte della strategia di rafforzamento dell’Ecr, che in questo modo sarà rappresentato finalmente anche in Francia. L’altro eurodeputato di Reconquete, Gilbert Collard, è rimasto per ora tra i non iscritti, ma dopo le elezioni si prevede che i seggi del partito francese aumenteranno a sei. Sembra che l’operazione sia stata condotta direttamente dagli eurodeputati di Fdi, il vicepresidente del gruppo Ecr, Nicola Procaccini, e Vincenzo Sofo, marito della vicepresidente di Reconquete, Marion Maréchal, che è nipote di Marine Le Pen e guiderà la lista elettorale europea. Un altro partito di destra che potrebbe entrare nel gruppo Ecr, probabilmente dopo le elezioni, è quello dell’Alleanza per l’Unità della Romania (Aur). Fondato recentemente (nel 2019), l’Aur si è affermato con il 9% alle elezioni politiche romene del 2020 e i sondaggi lo danno oggi al 20% (a giugno potrebbe avere una decina di eurodeputati eletti). Più che l’atteggiamento riguardo a Russia e Ucraina, il problema che potrebbe porsi con l’Aur è il suo nazionalismo radicale, che comprende rivendicazioni romene sulla Moldova, paese candidato all’adesione all’Ue. Integrando questi nuovi partiti nazionali, l’Ecr rischia comunque di perdere dei pezzi. Il Partito civico democratico ceco (Ods), uno dei membri fondatori dell’Ecr, è contrario all’adesione di Fidesz, sostiene che le posizioni di Orbßn non hanno nulla in comune con i valori del gruppo, e minaccia di andarsene se entreranno gli ungheresi. Il disagio per lo spostamento a destra che si preannuncia con l’ingresso di Fidesz e di Reconquete è stato segnalato anche dagli eurodeputati del partito nazionalista fiammingo N-va, che potrebbe lasciare il gruppo Ecr e chiedere di entrare nel Ppe. L’Ecr, fondato nel 2009 dai Conservatori britannici, dallo stesso Ods ceco e dal Pis polacco (‘Legge e Giustizia), si è progressivamente spostato più a destra, dopo la Brexit, con la radicalizzazione del Pis e con le adesioni del partito spagnolo Vox e del ‘Partito dei Finlandesi’. Un altro problema è l’ostilità contro il Pis all’interno del Ppe (soprattutto da parte dell’attuale primo ministro polacco, Donald Tusk), mentre esponenti di Renew hanno annunciato di non voler negoziare con l’Ecr se Reconquete ne farà parte. Anche il gruppo Id si prepara ad accogliere nuove forze politiche nazionali di estrema destra. Dovrebbero entrarci gli eletti del Partito della Libertà’ (Pvv) di Geert Wilders (che non aveva eurodeputati finora, ma è diventato il primo partito in Olanda alle elezioni politiche del 2023), e quelli del partito populista portoghese ‘Chega!’ (Basta!) che tre anni dopo la sua fondazione ha ottenuto 12 seggi (il 7,2%), nelle elezioni nazionali del 2022. Tuttavia, anche nell’estrema destra cominciano a esserci problemi interni: dopo che l’Afd ha esposto il suo progetto di ‘remigrazione’ (l’espulsione dei migranti e dei cittadini tedeschi di origine straniera), che ha suscitato decine di manifestazioni di protesta in tutta la Germania, la leader del Rassemblement national, Marine Le Pen ha parlato di una possibile scissione nel gruppo, in cui l’Rn francese sarà il primo partito dopo le elezioni (e il partito più votato in Francia).

Tajani: non condivido le parole di Trump sulla Nato ma non entro nelle elezioni Usa

Tajani: non condivido le parole di Trump sulla Nato ma non entro nelle elezioni UsaRoma, 12 feb. (askanews) – “Non entro nella campagna elettorale degli Stati Uniti. Ovviamente non condivido quello che ha detto il candidato Trump però non tocca a me interferire nella campagna elettorale degli stati Uniti. Noi siamo amici e alleati degli Stati Uniti indipendentemente da chi sarà domani il presidente”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, alla Camera per una conferenza stampa di Fi.


“A noi quello che interessa è il rapporto strategico transatlantico con gli Stati Uniti, è stella polare della nostra politica estera come lo è l’Unione europea”, ha aggiunto. “C’è un tema fondamentale, che è quello della difesa europea. Noi sono anni che insistiamo sulla necessità di avere un esercito europeo, di avere una politica di difesa europea che sia parte integrante della politica estera europea” ha detto il ministro degli Esteri “Per contare anche all’interno della Nato bisogna essere credibili e l’Europa lo è se si da una politica estera e di difesa seria. E’ il modo migliore per dire agli Stati Uniti noi ci siamo, siamo nella Nato, ci crediamo, siamo degli interlocutori dello stesso livello”, ha aggiunto.