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Nato, base Usa in Polonia inaugurata nell’attesa di Trump

Nato, base Usa in Polonia inaugurata nell’attesa di TrumpMilano, 13 nov. (askanews) – “È stato fantastico visitare la Polonia e incontrare il presidente Andrzej Duda e il Primo Ministro Donald Tusk. Abbiamo discusso di come rafforzare il nostro sostegno all’Ucraina e rispettare gli impegni presi dagli Alleati al Summit della Nato a Washington Dc”. Lo ha scritto il segretario generale della Nato Mark Rutte su X, alla fine di una giornata particolare, iniziata questa mattina a Bruxelles accogliendo il segretario di stato Usa Antony Blinken e proseguita in Polonia, dove gli Usa hanno inaugurato una nuova base missilistica nel nord del Paese. La base, parte dello scudo missilistico più ampio della NATO ed è progettato per rilevare, tracciare e intercettare missili balistici in volo.


Secondo numerosi osservatori potrebbe alleviare le preoccupazioni per la sicurezza europea una volta che Donald Trump entrerà in carica; è parte del NATO Ballistic Missile Defence (BMD), ossia un sistema di difesa antimissile integrato volto alla protezione dei territori e delle popolazioni dei Paesi Membri dell’Alleanza. La base si trova a circa 250 km dall’exclave russa di Kaliningrad, dove Mosca ha una potente presenza militare, incuneata tra i membri della NATO, Polonia e Lituania. Situata nella città di Redzikowo, Aegis Ashore Poland, vicino alla costa baltica, era stata criticata dal Cremlino perché ritenuta un tentativo di “contenere” la Russia ma il tempo – e in particolare l’invasione dell’Ucraina – hanno dimostrato perché chi l’ha ideata, la riteneva una necessità. “Il 13 novembre inaugureremo la base di difesa missilistica di Redzikowo: in materia di sicurezza e politica estera, le élite politiche polacche restano unite. L’alleanza Usa-Polonia è forte, indipendentemente da chi governa a Varsavia e a Washington” ha scritto su X il ministero degli esteri polacco. “Ci è voluto un po’ di tempo, ma questa costruzione dimostra la determinazione geostrategica degli Stati Uniti”, ha affermato il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski in un video pubblicato martedì sulla piattaforma di social media X. I progetti per la base furono avviati dal presidente George W. Bush e proseguiti durante la presidenza di Barack Obama , il primo mandato di Donald Trump e furono ultimati dall’amministrazione di Joe Biden, ha affermato Sikorski.


La missione della NATO Ballistic Missile Defence è quella di proteggere le popolazioni, il territorio e le forze europee della NATO dalla crescente minaccia rappresentata dai missili balistici. Gli elementi chiave dello scudo missilistico della NATO includono i due siti Aegis Ashore degli Stati Uniti in Polonia e Romania assieme ai cacciatorpediniere della marina statunitense fuori Rota, in Spagna, e un radar di allerta precoce a Kurecik, in Turchia. Aegis Ashore è puramente difensivo come vuole l’articolo 5. Il sito di Deveselu, in Romania, è operativo dal 2016. Oggi incontrando Donald Tusk, Rutte ha nuovamente specificato che “la guerra” in Ucraina “ha preso una nuova pericolosa svolta, con le truppe nordcoreane che ora sono schierate in Russia. E questo non è gratis: Putin sta pagando per questo. Non solo in denaro, ma anche attraverso la tecnologia. Sta fornendo tecnologia missilistica alla Corea del Nord. E questo ora sta presentando una minaccia, non solo per noi qui in Europa, ma anche per la Corea del Sud, per il Giappone e per il territorio degli Stati Uniti, e, naturalmente, la Cina fa parte dello sforzo bellico di elusione delle sanzioni”. (Di Cristina Giuliano)

Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green Deal

Europarlamento domani vota se avviare retromarcia sul Green DealBruxelles, 13 nov. (askanews) – Il Parlamento europeo potrebbe votare domani, durante la sua “mini plenaria” di novembre a Bruxelles, se avviare la marcia indietro sul Green Deal, cominciando, come vuole il Ppe, da una delle sue misure più importanti: il regolamento Ue contro la deforestazione importata, che era già stato approvato definitivamente dal Consiglio Ue il 16 maggio 2023, ed è già entrato in vigore dal 29 giugno dello stesso anno.


Il regolamento impone un “dovere di diligenza”, con norme obbligatorie, a tutti gli operatori e commercianti che immettono sul mercato Ue, o esportano da esso alcune materie prime (olio di palma, prodotti bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia), in modo da garantire che non provengano da terreni che sono stati oggetto di deforestazione. Le norme si applicano anche a una serie di prodotti derivati quali cioccolato, oggetti di arredamento, carta stampata e prodotti per l’igiene personale a base di olio di palma. Gli operatori saranno tenuti a garantire la tracciabilità delle materie prime da loro vendute, rispetto ai terreni da cui provengono. Il regolamento prevede che le sue disposizioni diventino vincolanti dal 30 dicembre 2024 per le imprese e gli importatori di grandi e medie dimensioni, e sei mesi dopo, dal 30 giugno 2025, per le piccole e micro imprese. Ma la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa il 2 ottobre scorso, che prevede di una modifica del testo già approvato, per ritardare di un anno esatto queste due scadenze, portandole rispettivamente a fine 2025 e a metà 2026.


L’obiettivo dichiarato è quello di rendere le nuove norme applicabili in modo più agevole ed efficace da parte degli operatori di mercato. La proposta della Commissione, nella sua introduzione, sottolinea quattro volte che non intende modificare alcuna norma sostanziale del regolamento. Dopo che i ministri in Consiglio Ue hanno già approvato in prima lettura la proposta di rinvio di un anno, tocca ora al Parlamento europeo pronunciarsi. Ma invece di limitarsi ad approvare la proposta, o al limite a pronunciarsi per una modifica della durata del rinvio, la plenaria del Ppe è chiamata a votare 15 emendamenti, presentati a sorpresa dal Ppe, che mirano anche a cambiare sostanzialmente il testo del regolamento, introducendo una serie di esenzioni per tutto il settore del commercio, definendo una nuova categoria di paesi “a rischio zero di deforestazione” che potrebbero esportare nell’Ue senza controlli, e cancellando alcune delle misure vincolanti per certe categorie di imprese.


Se non vi sarà un rinvio all’ultimo momento del voto di domani, o un accordo tra gruppi politici che convinca il Ppe a ritirare i propri emendamenti, è molto probabile che le “modifiche sostanziali” richieste siano sostenute dalla cosiddetta “maggioranza Venezuela” (Ppe, conservatori dell’Ecr e “Patrioti” e Sovranisti dall’estrema destra). Questo innanzi tutto aumenterebbe la tensione già molto alta in seno alla vecchia “maggioranza Ursula” (Popolari da una parte e S&D e Liberali di Renew dall’altra) che non è ancora riuscita a uscire dal pantano dei veti incrociati sulle audizioni di conferma dei membri designati della prossima Commissione europea. E in secondo luogo metterebbe von der Leyen in una situazione delicata, perché dovrebbe decidere se bloccare il tentativo del suo stesso partito, il Ppe, di stravolgere un regolamento già in vigore, che ha dichiarato ripetutamente di non voler assolutamente modificare (tranne che per i tempi di attuazione), o se invece tacere, e aspettare di vedere se i Ventisette, in Consiglio Ue, accetteranno le modifiche eventualmente introdotte dal Parlamento europeo.


Va ricordato che, nel primo caso, la Commissione può ritirare, o minacciare di ritirare, in qualunque momento del processo di approvazione le sue proposte legislative, se lo considera opportuno. Inoltre, se l’Esecutivo comunitario si oppone a degli emendamenti, il Consiglio Ue può approvarli in seconda lettura solo all’unanimità (non basta la normale maggioranza qualificata). Da anni, comunque, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue non ricorrono quasi più alla seconda lettura, perché approvano i testi legislativi in prima lettura dopo aver raggiunto accordi informali in negoziati a tre (“triloghi”) con la Commissione. Se, nel secondo caso, il Consiglio accettasse anche solo in parte le modifiche sostanziali chieste dal Parlamento europeo, senza una ferma opposizione da parte della Commissione, è evidente il segnale che verrebbe dato dall’Esecutivo comunitario, nonostante i proclami contrari ripetuti da gran parte dei commissari designati durante le loro audizioni di conferma: il segnale che dal Green Deal si può tornare indietro, e che la retromarcia può essere innestata persino riguardo alle misure che sono già state adottate e sono entrate in vigore. Esattamente quello che vogliono l’estrema destra, i Conservatori dell’Ecr e una buona parte del Ppe. A questo punto, si potrebbe concludere che il processo legislativo dell’Unione europea è ormai finito in mano a questi gruppi, ovvero alla “maggioranza Venezuela”, e non è più controllato dalla vecchia “maggioranza Ursula” europeista.

L’Europarlamento domani vota se avviare la retromarcia sul Green Deal

L’Europarlamento domani vota se avviare la retromarcia sul Green DealBruxelles, 13 nov. (askanews) – Il Parlamento europeo potrebbe votare domani, durante la sua “mini plenaria” di novembre a Bruxelles, se avviare la marcia indietro sul Green Deal, cominciando, come vuole il Ppe, da una delle sue misure più importanti: il regolamento Ue contro la deforestazione importata, che era già stato approvato definitivamente dal Consiglio Ue il 16 maggio 2023, ed è già entrato in vigore dal 29 giugno dello stesso anno.


Il regolamento impone un “dovere di diligenza”, con norme obbligatorie, a tutti gli operatori e commercianti che immettono sul mercato Ue, o esportano da esso alcune materie prime (olio di palma, prodotti bovini, legno, caffè, cacao, gomma e soia), in modo da garantire che non provengano da terreni che sono stati oggetto di deforestazione. Le norme si applicano anche a una serie di prodotti derivati quali cioccolato, oggetti di arredamento, carta stampata e prodotti per l’igiene personale a base di olio di palma. Gli operatori saranno tenuti a garantire la tracciabilità delle materie prime da loro vendute, rispetto ai terreni da cui provengono. Il regolamento prevede che le sue disposizioni diventino vincolanti dal 30 dicembre 2024 per le imprese e gli importatori di grandi e medie dimensioni, e sei mesi dopo, dal 30 giugno 2025, per le piccole e micro imprese. Ma la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa il 2 ottobre scorso, che prevede di una modifica del testo già approvato, per ritardare di un anno esatto queste due scadenze, portandole rispettivamente a fine 2025 e a metà 2026. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere le nuove norme applicabili in modo più agevole ed efficace da parte degli operatori di mercato. La proposta della Commissione, nella sua introduzione, sottolinea quattro volte che non intende modificare alcuna norma sostanziale del regolamento.


Dopo che i ministri in Consiglio Ue hanno già approvato in prima lettura la proposta di rinvio di un anno, tocca ora al Parlamento europeo pronunciarsi. Ma invece di limitarsi ad approvare la proposta, o al limite a pronunciarsi per una modifica della durata del rinvio, la plenaria del Ppe è chiamata a votare 15 emendamenti, presentati a sorpresa dal Ppe, che mirano anche a cambiare sostanzialmente il testo del regolamento, introducendo una serie di esenzioni per tutto il settore del commercio, definendo una nuova categoria di paesi “a rischio zero di deforestazione” che potrebbero esportare nell’Ue senza controlli, e cancellando alcune delle misure vincolanti per certe categorie di imprese. Se non vi sarà un rinvio all’ultimo momento del voto di domani, o un accordo tra gruppi politici che convinca il Ppe a ritirare i propri emendamenti, è molto probabile che le “modifiche sostanziali” richieste siano sostenute dalla cosiddetta “maggioranza Venezuela” (Ppe, conservatori dell’Ecr e “Patrioti” e Sovranisti dall’estrema destra). Questo innanzi tutto aumenterebbe la tensione già molto alta in seno alla vecchia “maggioranza Ursula” (Popolari da una parte e S&D e Liberali di Renew dall’altra) che non è ancora riuscita a uscire dal pantano dei veti incrociati sulle audizioni di conferma dei membri designati della prossima Commissione europea. E in secondo luogo metterebbe von der Leyen in una situazione delicata, perché dovrebbe decidere se bloccare il tentativo del suo stesso partito, il Ppe, di stravolgere un regolamento già in vigore, che ha dichiarato ripetutamente di non voler assolutamente modificare (tranne che per i tempi di attuazione), o se invece tacere, e aspettare di vedere se i Ventisette, in Consiglio Ue, accetteranno le modifiche eventualmente introdotte dal Parlamento europeo.


Va ricordato che, nel primo caso, la Commissione può ritirare, o minacciare di ritirare, in qualunque momento del processo di approvazione le sue proposte legislative, se lo considera opportuno. Inoltre, se l’Esecutivo comunitario si oppone a degli emendamenti, il Consiglio Ue può approvarli in seconda lettura solo all’unanimità (non basta la normale maggioranza qualificata). Da anni, comunque, il Parlamento europeo e il Consiglio Ue non ricorrono quasi più alla seconda lettura, perché approvano i testi legislativi in prima lettura dopo aver raggiunto accordi informali in negoziati a tre (“triloghi”) con la Commissione. Se, nel secondo caso, il Consiglio accettasse anche solo in parte le modifiche sostanziali chieste dal Parlamento europeo, senza una ferma opposizione da parte della Commissione, è evidente il segnale che verrebbe dato dall’Esecutivo comunitario, nonostante i proclami contrari ripetuti da gran parte dei commissari designati durante le loro audizioni di conferma: il segnale che dal Green Deal si può tornare indietro, e che la retromarcia può essere innestata persino riguardo alle misure che sono già state adottate e sono entrate in vigore.


Esattamente quello che vogliono l’estrema destra, i Conservatori dell’Ecr e una buona parte del Ppe. A questo punto, si potrebbe concludere che il processo legislativo dell’Unione europea è ormai finito in mano a questi gruppi, ovvero alla “maggioranza Venezuela”, e non è più controllato dalla vecchia “maggioranza Ursula” europeista.

Biden accoglie Trump alla Casa Bianca: “Bentornato, congratulazioni”

Biden accoglie Trump alla Casa Bianca: “Bentornato, congratulazioni”New York, 13 nov. (askanews) – Il presidente americano Joe Biden ha accolto il presidente eletto Donald Trump nello Studio Ovale dicendo: “Bentornato!”. Biden ha aggiunto, facendolo accomodare: “Bene, signor presidente eletto ed ex presidente, Donald. Congratulazioni”.


Il presidente ha assicurato il suo predecessore e successore che la “transizione sarà graduale” e ordinata in vista di gennaio, quando Trump rientrerà alla Casa Bianca. I due leader si sono poi stretti la mano.Trump ha risposto: “La politica è dura e, in molti casi, non è un mondo molto bello, ma è un bel mondo oggi e lo apprezzo molto”. Ha poi aggiunto: “La transizione sarà molto fluida”.

Audizioni Ue, capogruppo S&D García Pérez: non sono ottimista

Audizioni Ue, capogruppo S&D García Pérez: non sono ottimista

Bruxelles, 13 nov. (askanews) – La presidente del gruppo S&D al Parlamento europeo, la spagnola Iratxe Garcìa Pérez, ha dichiarato questo pomeriggio a Bruxelles di non essere ottimista sulla possibilità di arrivare a un accordo tra i gruppi della “maggioranza europeista” (Ppe, S&d e Liberali di Renew) per poter completare il processo delle audizioni di conferma dei membri designati della nuova Commissione europea.


Il processo è bloccato dai veti reciproci all’approvazione finale, posti dai due fronti avversi del centro-sinistra e del centro destra, per i candidati vice presidenti esecutivi della prossima Commissione, compreso l’italiano Raffaele Fitto, e sul commissario designato ungherese, Oliver Varhelyi. García Pérez ha risposto “Non so” ai giornalisti che le chiedevano, mentre lasciava il Parlamento europeo, se pensa che si troverà un accordo dopo l’incontro, evidentemente non risolutivo, che hanno avuto oggi Ursula von der Leyen e i tre capigruppo della maggioranza europeista, che l’aveva sostenuta a luglio (insieme ai Verdi) per il suo secondo mandato alla presidenza della Commissione. La presidente del gruppo S&D ha poi risposto “no” alla domanda se fosse ottimista sulla prospettiva di trovare l’intesa. E ha concluso: “E’ Manfred Weber (il capogruppo Ppe, ndr) che ha rottoál’accordo”. Dopo l’opposizione di Socialisti e Liberali al via libera per le audizioni di Fitto e di Verhely, il Ppe ha bloccato l’approvazione dell’audizione di ieri della vicepresidente esecutiva designata alla Transizione giusta e alla Concorrenza, Teresa Ribera, accusandola di responsabilità (come membro del governo spagnolo) nei ritardi e nell’inefficacia degli aiuti alla popolazione nella “Dana”, la catastrofica inondazione di Valencia.


La tensione, in effetti, sembra stare montando invece di calare. Questo pomeriggio proprio García Pérez, in un appassionato intervento nella “mini plenaria” del Parlamento europeo, in corso a Bruxelles, ha attaccato con molta durezza il Ppe e “i suoi soci dell’estrema destra”, che, ha denunciato, di fronte a quello che è successo a Valencia ora “occultano la verità, attaccano gli esperti, negano i propri errori, e politicizzano la tragedia”. E ieri in questo Parlamento, ha aggiunto la capogruppo di S&D; “hanno avuto la sfacciataggine di accusare Teresa Ribera di essere responsabile della Dana, con l’unico obiettivo di nascondere i propri errori”.

Audizioni Ue, leader Ppe, S&D e Renew incontrano von der Leyen

Audizioni Ue, leader Ppe, S&D e Renew incontrano von der Leyen

Bruxelles, 13 nov. (askanews) – I capigruppo del Ppe, dei Socialisti e Democratici (S&D), e di Renew (Liberali) al Parlamento europeo hanno partecipato a un incontro a Palazzo Berlaymont con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, oggi a Bruxelles, secondo quanto hanno riferito fonti degli stessi gruppi, per cercare di risolvere la crisi politica provocata dalle tensioni seguite al processo, delle audizioni di conferma dei commissari designati, rimasto per ora bloccato dai veti incrociati.


Oltre alla richiesta dei Socialisti di non affidare all’italiano Raffaele Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo della nuova Commissione, visto come un riconoscimento politico dell’allargamento della maggioranza pro von der Leyen ai Conservatori dell’Ecr (il gruppo a cui appartiene Fitto), è particolarmente grave lo scontro che si è avuto ieri sera durante l’audizione della vicepresidente esecutiva designata Terese Ribera, socialista spagnola, con il Ppe e le destre che l’hanno attaccata accusandola di corresponsabilità nei ritardi e nell’inefficacia dell’intervento del governo nella catastrofica alluvione di Valenza. Il gruppo S&D, in particolare, accusa il Ppe di aver “tradito” l’accordo della “maggioranza europeista” che aveva approvato a luglio (insieme ai Verdi) la rielezione di von der Leyen per il suo secondo mandato alla presidenza della Commissione.


“Oggi è in gioco il voto sul prossimo collegio della Commissione europea. A causa del comportamento irresponsabile del loro capogruppo Manfred Weber, il Ppe ha infranto lo storico accordo democratico e pro-europeo tra i gruppi conservatore, socialdemocratico e liberale in questa Camera”, sottolinea un comunicato pubblicato oggi dal gruppo S&D. “A luglio 2024 – ricorda la nota -, abbiamo votato per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen sulla base di una maggioranza democratica e pro-europea”. Ma, rilevano i Socialisti e Democratici, “negli ultimi giorni, abbiamo visto che la leadership del Ppe è disposta a mettere a rischio la stabilità delle istituzioni europee in un clima geopolitico difficile”.


“La leadership del Ppe – spiega il comunicato del gruppo S&D – ha infranto l’accordo politico delle forze democratiche europeiste al Parlamento europeo per seguire un’agenda distruttiva del Partido Popular spagnolo che attacca la vicepresidente esecutiva designata Teresa Ribera. Il Partido Popular spagnolo sta cercando di fare di Teresa Ribera il capro espiatorio per il suo fallimento nel gestire le inondazioni più catastrofiche nella storia recente dell’Europa, che hanno causato più di 200 vittime, e ha effettivamente preso in ostaggio il Ppe, spingendo l’intera Unione europea sull’orlo del baratro nel modo più irresponsabile”. “Il Ppe dovrà spiegare ai cittadini europei perché ha rotto la storica maggioranza europeista e se vuole davvero schierarsi con i populisti di estrema destra. Il futuro dell’Europa è nelle nostre mani. Siamo pronti ad assumerci la nostra responsabilità e ad agire nell’interesse pro-europeo per i cittadini che hanno riposto la loro fiducia in noi alle elezioni. Spetta al Ppe spiegare qual è la sua posizione”, conclude la nota del gruppo S&D.


La capogruppo di Renew, Valérie Hayer, da parte sua, ha rilasciato una dichiarazione alla stampa in cui afferma: “In un momento cruciale in cui l’Europa dovrebbe essere forte e unita, denunciamo e ci rammarichiamo del comportamento irresponsabile delle forze politiche che non contribuiscono a una soluzione responsabile e affidabile”. Secondo Hayer, “è stata stravolta la vera natura delle audizioni” di conferma dei commissari designati. “Denunciamo e ci rammarichiamo del fatto che la sostanza”, ovvero i temi europei che dovrebbero essere al centro delle audizioni, “sia presa in ostaggio da giochi e interessi politici, minando il lavoro costruttivo” degli eurodeputati. “Renew Europe, in quanto attore responsabile e costruttivo, alla ricerca di una Unione europea forte, unita ed efficace, invita tutti gli attori a tornare al tavolo, a essere di nuovo responsabili ed evitare un collasso politico. Una paralisi politica ingovernabile e disfunzionale danneggerebbe gli interessi di tutti”, ha osservato ancora Hayer, invitando “la presidente della Commissione europea ad agire e ad assumersi la responsabilità ora per superare questa situazione di stallo, e costruire ponti”. “Noi siamo determinati a tornare al tavolo delle trattative e a lavorare come una piattaforma forte, centrista e responsabile. Per un accordo di coalizione tra i gruppi centristi di questa Camera, per porre fine una volta per tutte a questo gioco irresponsabile, e per svolgere il nostro compito chiave come legislatori per un un’Europa forte”, ha concluso la capogruppo di Renew.

Trump nominerà Elon Musk a capo del nuovo ministero della “Efficienza governativa”

Trump nominerà Elon Musk a capo del nuovo ministero della “Efficienza governativa”Roma, 13 nov. (askanews) – Donald Trump ha dichiarato che intende nominare l’uomo più ricco del pianeta, Elon Musk, a capo del nuovo ministero dell’”Efficienza governativa”, insieme all’uomo d’affari repubblicano Vivek Ramaswamy. “Insieme, questi due grandi americani tracceranno il percorso della mia amministrazione per smantellare la burocrazia governativa, tagliare le regolamentazioni eccessive, tagliare le spese non necessarie e ristrutturare le agenzie federali”, ha dichiarato il presidente eletto in una nota.


“Non vedo l’ora che Elon e Vivek apportino cambiamenti nella burocrazia federale, con una visione di efficienza e, allo stesso tempo, migliorando la vita di tutti gli americani”, ha sottolineato Trump. “È importante eliminare gli sprechi e le frodi di massa nella spesa pubblica di 6,5 trilioni di dollari. Lavoreranno insieme per liberare la nostra economia e rendere il governo degli Stati Uniti responsabile nei confronti di “NOI IL POPOLO”, ha proclamato Donald Trump. Trump ha, inoltre, annunciato l’intenzione di nominare Pete Hegseth, attuale presentatore di Fox News, come nuovo segretario alla Difesa Usa. “Con Pete al timone, i nemici dell’America sono in allerta: le nostre forze armate raggiungeranno nuovamente la grandezza e l’America non si arrenderà mai”, ha affermato il presidente eletto in una nota. Se la sua nomina sarà confermata dal Senato, Pete Hegseth, all’età di 44 anni, assumerà il comando delle forze armate più potenti del pianeta.


Come membro della Guardia Nazionale degli Stati Uniti, questo ex ufficiale di fanteria è stato schierato in Iraq e Afghanistan dove ha guadagnato due prestigiose medaglie con stella di bronzo, secondo il suo sito ufficiale. È entrato in Fox News come consulente nel 2014 e oggi è co-conduttore del popolare programma del fine settimana Fox and Friends. È anche presentatore del servizio in streaming del canale, Fox Nation. Hegseth è autore di diversi saggi, tra cui uno intitolato The War on Warriors che, secondo il comunicato stampa di Donald Trump, “rivela il tradimento della sinistra nei confronti dei guerrieri americani” e “come occorre riportare le nostre forze armate alla meritocrazia, alla letalità, alla responsabilità e all’eccellenza”. Secondo la stampa americana, il presentatore sarebbe stato contattato durante il primo mandato di Donald Trump per ottenere il portafoglio per gli Affari dei Veterani, ma alla fine non era stato selezionato. Questa volta assumerà la guida di un ministero con oltre 3,4 milioni di soldati e dipendenti civili. Pete Hegseth è “duro, intelligente e un vero sostenitore di America First”, ha affermato il presidente eletto sui social media. Secondo il Washington Post, Pete Hegseth è riuscito nel 2019 a convincere Donald Trump a graziare due soldati accusati di crimini di guerra in Afghanistan. Laureato alle prestigiose università di Princeton e Harvard, Hegseth afferma tuttavia sul suo sito di aver restituito il diploma a quest’ultima: nel suo programma ha criticato l’università per le sue presunte tendenze di sinistra. Vive con la moglie e i sette figli nel Tennessee, uno stato conservatore nel sud degli Stati Uniti. Il presidente eletto ha anche scelto il nuovo capo della Cia John Ratcliffe, ex responsabile dei servizi di intelligence nazionali. Lo ha scritto l’Associated Press.

Trump ha nominato Mike Waltz consigliere di sicurezza nazionale

Trump ha nominato Mike Waltz consigliere di sicurezza nazionaleRoma, 12 nov. (askanews) – Il presidente eletto Usa Donald Trump ha annunciato oggi la nomina del deputato Mike Waltz come suo consigliere per la sicurezza nazionale.


“Sono onorato di annunciare che il deputato Mike Waltz è stato nominato a far parte del mio gabinetto come Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Mike è il primo “berretto verde” a essere stato eletto al Congresso e ha precedentemente servito alla Casa Bianca e al Pentagono” ha dichiarato Trump in un comunicato. Mike Waltz, rappresentante della Florida, è noto per la sua esperienza militare come membro delle Forze Speciali dell’Esercito degli Stati uniti e per il suo servizio in Afghanistan.

Gli Houthi: lanciati missili contro la portaerei Usa “Lincoln”

Gli Houthi: lanciati missili contro la portaerei Usa “Lincoln”Roma, 12 nov. (askanews) – Il movimento islamico yemenita degli Houthi ha affermato oggi di aver lanciato missili e droni contro la portaerei Usa Abraham Lincoln nel Mar Arabico e due cacciatorpediniere americane nel Mar Rosso. “Le forze missilistiche e i droni delle Forze armate yemenite hanno condotto due operazioni militari specifiche. La prima operazione ha preso di mira la portaerei americana situata nel Mar arabico con diversi missili da crociera e droni, mentre il nemico americano si preparava a eseguire operazioni ostili contro il nostro Paese. L’operazione ha raggiunto con successo i suoi obiettivi e ha permesso di sventare l’operazione che il nemico americano stava preparando contro il nostro Paese” ha dichiarato un portavoce del gruppo su Telegram.

Ucraina, Rutte (Nato): più sostegno “per cambio traiettoria” guerra

Ucraina, Rutte (Nato): più sostegno “per cambio traiettoria” guerraMilano, 12 nov. (askanews) – Le minacce “dirette” e “preoccupanti” anche per “il territorio degli Stati Uniti, l’Europa, l’Indo Pacifico e per la più ampia regione Euro Atlantica” sono la ragione per capire che “dobbiamo stare insieme: Europa, Nord America e i nostri partner globali”. È chiaro il messaggio che il nuovo segretario generale della NATO Mark Rutte da Parigi ha inviato all’Occidente, in merito a quella che dopo 75 anni di vita rappresenta ancora oggi l’alleanza di maggior successo della storia. “Tenere la rotta per il lungo periodo e fare di più che mantenere l’Ucraina nella lotta”, suggerisce Rutte. Il tutto pronunciato dopo la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca, proprio dalla capitale francese, accanto a Emmanuel Macron. “Dobbiamo mantenere la forza della nostra alleanza transatlantica. La sfida immediata che dobbiamo affrontare è sostenere l’Ucraina” mentre Kiev “si prepara per il suo inverno più rigido” dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022, ha aggiunto dopo un incontro con il presidente francese.


Rutte – che domani pomeriggio sarà in Polonia – prima del risultato elettorale americano aveva già toccato altre capitali europee come Berlino e Roma, incassando posizioni ancora molto ferme. E certo nel suo sostegno all’Ucraina Macron non manca di convinzione: Rutte lo sa bene e gliene da’ atto. “E le capacità nucleari della Francia contribuiscono alla sicurezza generale dell’Alleanza”, sottolinea Rutte. “Con le vostre capacità militari e le forze armate, la Francia mantiene la NATO forte ogni giorno”. Oltre alla guida del battel group multinazionale in Romania, e forze schierate in Estonia, “un sistema di difesa aerea francese SAMP/T protegge i confini della NATO nel Mar Nero. I jet francesi pattugliano regolarmente i cieli del Baltico” aggiunge. Una certezza insomma, anche se in molti sono a sostenere che l’Europa debba svegliarsi e prendersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Ma se la crisi di governo si trascina in Germania, Macron in questi mesi ha saputo ribaltare il voto delle legislative anticipate francesi con un sapiente gioco politico andato a vantaggio della stabilità del Paese. E anche del sostegno a Kiev.


Da Londra Keir Starmer sta spingendo gli alleati occidentali ad aumentare il sostegno per mettere l’Ucraina nella “posizione più forte” possibile prima che Trump entri in carica. Nello stessa logica appaiono essere gli aiuti contenuti nel pacchetto deciso dalla presidenza uscente americana di Joe Biden (da stasera il segretario di Stato Antony Blinken è a Bruxelles, alla Nato, anche per un confronto con gli alleati). “La Francia – prosegue Rutte – ha consegnato artiglieria avanzata, sistemi di difesa aerea, missili da crociera e veicoli blindati. Tra i primi paesi ad addestrare completamente ed equipaggiare un’intera brigata ucraina, la brigata Anna di Kiev. E vi siete impegnati a inviare aerei da combattimento Mirage all’inizio del prossimo anno”.


Chiaro è anche che la Francia sta ancora dando moltissimo. Giusto domenica il ministro della Difesa francese Sébastien Lecornu ha annunciato che Parigi invierà all’Ucraina ulteriori missili SCALP e il sistema missilistico di difesa aerea a corto raggio Mistral. “Per consentire all’Ucraina di lanciare attacchi dietro la linea del fronte, ho firmato un nuovo trasferimento di circa dieci missili Scalp negli ultimi giorni”, ha reso noto Lecornu in un’intervista al quotidiano francese Le Journal du Dimanche. “Forniremo di nuovo missili Mistral, in particolare per proteggere le zone di combattimento”, ha aggiunto, prevedendo che gli attacchi del Cremlino in territorio ucraino probabilmente si intensificheranno nel prossimo inverno. La questione dell’inverno ucraino è stata toccata dallo stesso Rutte che ha detto oggi: “Abbiamo discusso dell’importanza di mantenere il supporto a Kiev mentre gli ucraini si preparano ad affrontare quello che potrebbe essere il loro inverno più rigido dal 2022: dobbiamo impegnarci nuovamente a tenere la rotta per il lungo periodo e dobbiamo fare di più che mantenere l’Ucraina nella lotta”.


Dal canto suo Macron si è detto “contento che tutti (gli europei) siano determinati a spendere di più” per la propria difesa. “È questo programma di autonomia strategica europea che ci consente di avere più soldi e costruire capacità, autonomia per gli europei e capacità di cooperare all’interno dell’alleanza con i nostri alleati non europei”, ha aggiunto.”Questa Europa forte e a lungo termine richiede una base industriale europea rafforzata con posti di lavoro per i nostri cittadini e profitti per le nostre società. Questa è la condizione per uno sforzo duraturo”. E poi Macron ha fatto un riferimento implicito a Trump: per quanto riguarda più specificamente l’Ucraina, il capo dello Stato francese ha descritto il recente dispiegamento di truppe nordcoreane accanto ai soldati russi come una “grave escalation”. E come ha spiegato Rutte “la Russia, collaborando con la Corea del Nord, l’Iran e la Cina non solo minaccia l’Europa, minaccia la pace e la sicurezza,qui in Europa, ma anche nell’Indo-Pacifico e nel Nord America”. Riguardo ai possibili negoziati di pace, Macron afferma che “quando verrà il momento, non si dovrà decidere nulla sull’Ucraina senza gli ucraini e sull’Europa senza gli europei”. Questa affermazione ha un riferimento diretto a quelle di Trump che, durante la campagna, ha insistito sul fatto di poter porre fine al conflitto in “24 ore” .