Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Ilaria Salis, Orban: i magistrati sono indipendenti, i diritti sono garantiti

Ilaria Salis, Orban: i magistrati sono indipendenti, i diritti sono garantitiBruxelles, 1 feb. (askanews) – A Giorgia Meloni “ho illustrato tutta la storia. I magistrati ungheresi non rispondono al governo, la magistratura è indipendente, non posso influenzarli in nessun modo. L’unica cosa su cui posso intervenire è fornire i dettagli sulla detenzione ed esercitare un’influenza perchè abbia un equo trattamento. tutti i diritti sono garantiti”. Così il premier ungherese, Viktor Orban, sul caso di Ilaria Salis, al termine del colloquio a Bruxelles con Giorgia Meloni.

“Ilaria Salis ha potuto fare telefonate e non è stata isolata dal mondo, non è corretto dire così”.

Salis, Orban: magistrati sono indipendenti, diritti sono garantiti

Salis, Orban: magistrati sono indipendenti, diritti sono garantitiBruxelles, 1 feb. (askanews) – A Giorgia Meloni “ho illustrato tutta la storia. I magistrati ungheresi non rispondono al governo, la magistratura è indipendente, non posso influenzarli in nessun modo. L’unica cosa su cui posso intervenire è fornire i dettagli sulla detenzione ed esercitare un’influenza perchè abbia un equo trattamento. tutti i diritti sono garantiti”. Così il premier ungherese, Viktor Orban, sul caso di Ilaria Salis, al termine del colloquio a Bruxelles con Giorgia Meloni.

Ue, vertice ad alto rischio per veto Orban su aiuti a Ucraina

Ue, vertice ad alto rischio per veto Orban su aiuti a UcrainaBruxelles, 1 feb. (askanews) – E’ un vertice dei capi di Stato e di governo insolito e ad alto rischio politico, il Consiglio europeo straordinario che inizia il 1 febbraio alle 10 a Bruxelles, dedicato in massima parte al tentativo di sbloccare il veto ungherese sull’approvazione della revisione del bilancio comunitario pluriennale che contiene i 50 miliardi di euro (33 in prestiti e 17 in sovvenzioni) destinati all’aiuto macrofinanziario all’Ucraina.

E’ insolito, perché è un vertice che parte sostanzialmente ‘al buio’, cioè senza un esito largamente pianificato in anticipo e con le conclusioni dei leader in gran parte gia scritte, come avviene in genere per questo genere di riunioni. Qui, invece, le conclusioni sono sostanzialmente le stesse che erano state bocciate dal veto dell’Ungheria all’ultimo vertice, quello ordinario di metà dicembre, pur avendo ottenuto il sostegno degli altri 26 Stati membri; e la domanda che per ora non ha risposta è la stessa di allora: che farà il premier ungherese, Viktor Orbßn? E’ un vertice ad alto rischio politico, perché l’Ue si gioca la sua credibilità sulla scena internazionale, visto che si è impegnata a sostenere l’Ucraina non solo militarmente, ma anche nella sua sopravvivenza come Stato, come amministrazione funzionante, che paga gli stipendi pubblici, non va in default e ripara i danni della guerra, e a questo serve l’aiuto macrofinanziario.

Al Consiglio europeo di dicembre si era cercato di superare l’impasse proponendo di andare avanti con il resto della revisione del bilancio pluriennale (che varrebbe in totale quasi 65 miliardi di euro), visto che Orbßn su questo non sembrava sollevare obiezioni. L’Italia e altri paesi sarebbero stati favorevoli a ‘spacchettare’ l’aiuto macrofinanziario per l’Ucraina dal resto del quadro finanziario rivisto, che comprende nuovi fondi soprattutto per le politiche sull’immigrazione (2 miliardi di euro), per la politica estera e il ‘vicinato’, e per la politica industriale (programma Step, 1,5 miliardi); ma il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il premier olandese Mark Rutte si sono opposti, affermando che senza l’aiuto all’Ucraina non avrebbero ottenuto il via libera dei loro parlamenti alle nuove contribuzioni nazionali per il bilancio Ue. Resta, quindi, la logica di pacchetto (niente è deciso fino a che tutto l’insieme è deciso), e resta il veto di Orbßn. Che nel frattempo, in realtà, un’offerta l’ha fatta ai partner europei per superare l’impasse: togliere il veto oggi a questa revisione di medio termine del Quadro finanziario pluriennale (che vale per sette anni), per tornare ad avere, in cambio, un diritto di veto sui bilanci annuali, che oggi vengono approvati a maggioranza qualificata.

Significherebbe tornare all’epoca precedente a Jacques Delors, il presidente della Commissione recentemente scomparso, che inventò nella seconda metà degli anni ’90 il bilancio pluriennale, proprio per metter fine agli estenuanti e ricorrenti negoziati tra gli Stati membri sui bilanci annuali da decidere all’unanimità. Non stupisce che la proposta del premier ungherese sia stata immediatamente bocciata dagli altri Stati membri, che sarebbero anche pronti a tornare a discutere in Consiglio europeo dei bilanci annuali, ma assolutamente non a dare a Orban nuove occasioni di ricatto, con un nuovo diritto di veto laddove oggi non c’è.

‘Nella nostra ultima riunione di dicembre – ha scritto nella lettera dii convocazione del vertice il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel -, i 26 leader hanno sostenuto fermamente uno schema negoziale equilibrato che teneva conto di una serie chiara di priorità principali: sostegno all’Ucraina, gestione della migrazione e della sua dimensione esterna, sostegno ai Balcani occidentali e risposta alle catastrofi naturali. Questo schema negoziale pone le basi per la conclusione di un accordo a 27. Garantire un accordo è vitale per la nostra credibilità, e non ultimo per il nostro impegno a fornire un sostegno costante all’Ucraina. Spetta a noi trovare una soluzione e realizzarla’. In sostanza, la ‘soluzione a 27’ dipende dalle conclusioni che trarrà il premier ungherese: gli conviene tirare ancora la corda, fino a rischiare di spezzarla? Irritare i partner europei fino a ritrovarsi completamente isolato (visto che ora non ha più neanche il sostegno della Polonia, dopo l’uscita dal governo dei suoi amici del Pis), e rischiare a questo punto davvero la censura da parte di tutti gli altri Stati membri, con l’attuazione della procedura dell’Articolo 7 del Trattato Ue, che toglierebbe temporaneamente all’Ungheria il diritto di voto in Consiglio Ue? L’Articolo 7 sanziona, con decisioni all’unanimità ma senza il voto del paese interessato, le violazioni gravi e persistenti dei principi su cui si fonda l’Ue, (rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto e rispetto dei diritti fondamentali) ed è stato già attivato nel 2018 dal Parlamento europeo. E se è difficile pensare che possa essere usato, in generale, contro uno Stato membro governato dalla destra, con il consenso di altri paesi con governi di destra (compreso quello italiano), in questo caso specifico, che riguarda il sostegno all’Ucraina, probabilmente nessu altro governo si metterebbe di traverso. E’ solo un’ipotesi, ma è significativo anche solo il fatto che se ne parli a Bruxelles, e potrebbe essere un argomento di peso per convincere Orban a cedere. Un’altra possibilità è quella, già ventilata al vertice di dicembre, di ricorrere a una soluzione ‘intergovernativa’ a 26, con un finanziamento ‘extra comunitario’ dell’aiuto all’Ucraina, basato su emissioni di titoli di debito sul mercato garantite dagli Stati membri. Ma è una soluzione che potrebbe fornire all’Ucraina solo prestiti e non sovvenzioni, sarebbe più complicata e costerebbe di più agli Stati membri. Oltre alla revisione del bilancio pluriennale, i leader dei Ventisetta affronteranno altre due questioni riguardanti l’Ucraina: gli aspetti dell’assistenza militare all’Ucraina. C’è la questione della consegna, in ritardo rispetto ai tempi previsti, di un milione di pezzi di munizioni d’artiglieria entro marzo, come aveva deciso lo stesso Consiglio europeo nel marzo 2023. Si sta incrementando la capacità produttiva dell’industria della difesa dell’Ue, ma non è ancora sufficiente. In secondo luogo, va rivisto e rifinanziato lo strumento più importante fin qui usato per l’assistenza militare a Kiev, la ‘European Peace Facility’, in modo che gli aiuti siano forniti più rapidamente, e che siano integrati e conteggiati nel quadro europeo gli sforzi bilaterali dei paesi membri. ‘Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo continuare a donare, adattare gli ordini e piazzarne di nuovi, il che stimolerà anche la nostra industria europea della difesa’, scrive Michel nel suo invito ai leader. Ultima questione in agenda, scrive Michel, ‘i drammatici eventi in Medio Oriente’, che ‘richiedono la nostra massima attenzione’. In realtà, non c’è alcun appetito per una discussione, che sicuramente non sarebbe facile, che miri a definire una nuova soluzione comune dei Ventisette sulla guerra tra Israele e Hamas, dopo quella che fu stabilita con la ‘dichiarazione dei membri del Consiglio europeo’ del 15 ottobre scorso. Non sono previste, dunque, delle conclusioni scritte del vertice su questo punto. Ma Michel sottolinea comunque, nella sua lettera ai leader, che ‘tutti gli ostaggi detenuti da Hamas devono essere rilasciati senza alcuna precondizione’. E osserva: ‘La nostra discussione dovrebbe essere inquadrata attorno ad una serie di questioni chiave. Alla luce dei preoccupanti sviluppi regionali, dobbiamo affrontare le questioni di sicurezza, continuare a incoraggiare la moderazione e discutere misure per prevenire un’ulteriore escalation regionale, soprattutto nel Mar Rosso. Inoltre, dobbiamo contribuire urgentemente a porre rimedio alla devastante situazione umanitaria a Gaza’. ‘Infine – si legge ancora nella lettera del presidente del Consiglo europeo -, dovremmo discutere su come rilanciare il processo politico per una soluzione a due Stati – l’unica opzione praticabile che può portare una pace sostenibile, sia per israeliani che per i palestinesi, e una maggiore sicurezza regionale. Nel complesso, i nostri sforzi dovrebbero mirare a garantire che il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario siano rispettati da tutti’. Infine, sebbene non previsto dall’agenda, è pressoché certo che un ulteriore punto che sarà sollevato almeno da alcuni leader, e in particolare dal presidente francese Emmanuel Macron, è quello delle richieste degli agricoltori che sono scesi in strada con i trattori in buona parte dei paesi europei, e che saranno presenti in forza a anche a Bruxelles durante il vertice. Dopo la decisione delle ultime ore dalla Commissione di proporre di sospendere ancora per un anno una delle misure europee più contestate dagli agricoltori, la messa a riposo di una parte delle terre agricole per motivi ambientali, Macron chiederà probabilmente nuove garanzie all’Esecutivo comunitario. In particolare, riguardo ai negoziati in corso sui trattati di libero scambio come quello con il Mercosur, che gli agricoltori temono per via della competizione da parte dei prodotti importati a basso prezzo che metterebbero in difficoltà ancora maggiore la produzione locale.

L’Ue chiede ai Paesi membri l’inventario degli aiuti all’Ucraina (per rafforzare le forniture militari)

L’Ue chiede ai Paesi membri l’inventario degli aiuti all’Ucraina (per rafforzare le forniture militari)Roma, 31 gen. (askanews) – L’Unione Europea ha chiesto ai Paesi membri un inventario dettagliato delle voci e delle spese per il sostegno militare all’Ucraina, con l’obiettivo di rafforzarlo in un momento in cui Kiev è in particolare a corto di munizioni e chiede urgenti forniture. L’attenzione per gli aiuti europei cresce anche in funzione dell’incertezza da parte americana, dove il mega stanziamento di ulteriori 60 miliardi di dollari richiesto da Joe Biden è bloccato al Congresso.

“È importante chiarire la situazione e sapere dove siamo e dove saremo entro marzo ed entro la fine dell’anno”, ha affermato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell prima di una riunione informale dei ministri della Difesa dell’Ue. Come fa notare Afp, i Paesi europei si sono impegnati l’anno scorso a fornire un milione di proiettili all’Ucraina entro la fine di marzo, ma l’obiettivo non sarà raggiunto, hanno ammesso diversi ministri. Secondo il ministro della Difesa olandese Kajsa Ollongren.

Gli europei hanno già consegnato circa 300.000 proiettili e nel 2024 avranno una capacità di produzione di circa 1,4 milioni di proiettili, assicura il commissario europeo responsabile per l’industria della difesa Thierry Breton. Ma gran parte viene esportata verso paesi terzi, non verso l’Ucraina in guerra. Il Kiel Institute for the World Economy traccia e pubblica una mappa degli aiuti all’Ucraina, dividendo per voci gli stanziamenti previsti: umanitari, militari, finanziari. Ne deriva una ‘classifica’ globale per quota di Pil devoluta che vede la Norvegia primo donatore, gli Stati Uniti al 15esimo posto (benchè in termini assoluti il primo finanziatore), la Germania al decimo posto, la Francia al ventinovesimo, dopo l’Italia che arriva al ventottesimo posto. Il ministro della Difesa francese Sébastien Lecornu ha contestato l’elenco: “I dati di Kiel non sono né affidabili né praticabili”. Afferma addirittura che “tutte queste classificazioni sono false”.

Oggi il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro olandese Mark Rutte, l’estone Kaja Kallas, il ceco Petr Fiala e la danese Mette Frederiksen hanno invitato gli europei a “raddoppiare gli sforzi” per garantire che il sostegno militare all’Ucraina duri “tutto il tempo necessario”. “Dobbiamo quindi trovare il modo di accelerare la consegna delle munizioni di artiglieria promesse all’Ucraina”, hanno scritto in una lettera pubblicata dal Financial Times.

Borrell ha messo sul tavolo la proposta di riforma del Fondo europeo per la pace, lo strumento con il quale gli europei aiutano congiuntamente l’Ucraina, al fine di rafforzare gli ordini all’industria. L’idea è quella di passare dal “destocking attuale agli ordini raggruppati”, ha spiegato l’Alto rappresentante. Borrell ha proposto una dotazione aggiuntiva di cinque miliardi di euro e i capi di Stato e di governo dell’Ue ne discuteranno domani a Bruxelles, anche se non è attesa una decisione in merito.

Il Jerusalem Post svela un piano segreto israeliano per Gaza (dopo la fine della guerra)

Il Jerusalem Post svela un piano segreto israeliano per Gaza (dopo la fine della guerra)Roma, 31 gen. (askanews) – Il Jerusalem Post ha anticipato oggi quello che definisce “un piano segreto israeliano” messo a punto da “un gruppo di uomini d’affari”, molti legati al premier Benjamin Netanyahu, per il dopoguerra nella Striscia di Gaza. Si tratta di un piano in più fasi, che prevede inizialmente la creazione di un governo militare a Gaza, mirando a lungo termine alla creazione di un Stato palestinese e alla normalizzazione con l’Arabia Saudita.

“La prima fase prevede la creazione di un governo militare israeliano a Gaza per supervisionare gli aiuti umanitari e assumersi la responsabilità della popolazione civile durante un ‘periodo di transizione’ – riporta il Jp – allo stesso tempo, la seconda fase vedrà la formazione di una coalizione araba internazionale, comprendente Arabia Saudita, Egitto, Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e altri. Questa coalizione dovrà far parte di un più ampio accordo di normalizzazione regionale, sostenendo la creazione della ‘nuova Autorità Palestinese’”. Stando al piano, Israele porrà fine all’amministrazione militare e cederà il governo di Gaza a funzionari che non saranno “né affiliati ad Hamas né direttamente associati alla guardia del presidente dell’Autorità Palestinese” Abu Mazen. Tuttavia “Israele manterrà il diritto di condurre operazioni di sicurezza a Gaza, come in Cisgiordania, ogni volta che ci saranno esigenze operative per contrastare il terrorismo o infrastrutture terroristiche”, secondo il Jp.

“La fase successiva, subordinata alla stabilizzazione di Gaza e al successo della nuova entità (‘la nuova Autorità Palestinese’), comporterà ampie riforme in Giudea e Samaria (Cisgiordania, ndr) per quanto riguarda la funzionalità dell’Autorità Palestinese, i contenuti educativi e la gestione del terrorismo – prosegue il quotidiano – se questa fase dovesse procedere senza problemi entro un periodo dai due ai quattro anni, Israele riconoscerà uno Stato palestinese delineato all’interno dei territori dell’Autorità Palestinese e prenderà in considerazione il trasferimento di ulteriori terre che non richiedono insediamenti”. Il quotidiano sottolinea che “sebbene Netanyahu non sia direttamente coinvolto” nella definizione del piano, “delegando al suo fidato consigliere Ron Dermer”, il premier “porta avanti e decide su queste idee, rimanendo però capace di negare il coinvolgimento diretto e attribuendolo a ‘uomini d’affari’”.

Secondo quanto anticipato ieri dal sito Axios, Dermer è atteso oggi a Washington per incontrare il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, e altri alti funzionari dell’amministrazione Biden, per discutere della guerra a Gaza e dei piani che Israele intende implementare dopo la fine delle ostilità.

Diodato a Sanremo con “Ti muovi”, canterà De Andrè con Savoretti

Diodato a Sanremo con “Ti muovi”, canterà De Andrè con SavorettiRoma, 31 gen. (askanews) – Diodato parteciperà in gara alla 74esima edizione del Festival di Sanremo con il brano “Ti muovi”. Dopo la vittoria nel 2020 con “Fai Rumore” (triplo platino), un brano che è entrato nella storia della musica italiana e nel cuore dell’Italia intera, il cantautore torna al Festival con un brano scritto, composto e arrangiato da lui stesso, che ne firma anche la produzione artistica con Tommaso Colliva, produttore discografico di fama internazionale al fianco del cantautore dall’album “Che vita meravigliosa”.

È una ballad intensa ed energica, un viaggio nell’animo di un essere umano che si trova ad affrontare emozioni inaspettate. E l’emozione, partendo dall’etimologia della parola stessa, è qualcosa che crea movimento, che scuote equilibri e rimette in discussione le verità che avevamo con fatica costruito. È il riaffiorare di sensazioni e visioni che sembravano essere lontane, ma che riemergono con forza forse anche per volontà. “È presenza, è dialogo con chi continua a riemergere dentro di noi e quindi in un certo senso anche con noi stessi. Credo che questo brano appartenga al continuo fluire emozionale in cui mi sono immerso in questi anni e rappresenti parte della mia personale ricerca ed evoluzione, divenire artistico e umano. Ho cercato di esprimere musicalmente la passione, l’impeto e la gioia dell’abbandonarsi a un’emozione” ha affermato Diodato. Nella serata di venerdì dedicata alle cover, Diodato si esibirà sul palco del Teatro Ariston con “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio De Andrè, uno dei brani che l’hanno ispirato a diventare il cantautore che è oggi. Al suo fianco ci sarà un amico, Jack Savoretti, cantautore di origine genovese che lo accompagnerà in quest’esibizione per omaggiare Fabrizio De Andrè a 25 anni dalla sua scomparsa su uno dei palchi più importanti della musica italiana.

Diodato torna sul palco dell’Ariston per la quarta volta dopo la partecipazione nel 2014 con il brano “Babilonia”, nel 2018 con “Adesso” insieme al trombettista Roy Paci, dopo esser stato ospite nel 2019 nella serata cover con Ghemon e i Calibro 35 sulle note di “Rose Viola” e dopo aver trionfato nel 2020 con “Fai Rumore”. A marzo 2023 Diodato ha pubblicato il suo nuovo album dal titolo “Così Speciale” (Carosello Records). A gennaio 2024 Diodato ha vinto il Rockol award per il miglior album con “Così speciale” e il Ciak d’Oro per la categoria “Miglior canzone originale” con il brano “La mia terra”, parte della colonna sonora del film Palazzina Laf, diretto da Michele Riondino con cui condivide la direzione artistica dell’Uno Maggio Taranto Libero e Pensante.

Mosca: um missile di fabbricazione occidentale ha abbattuto l’aereo che trasportava prigionieri ucraini

Mosca: um missile di fabbricazione occidentale ha abbattuto l’aereo che trasportava prigionieri ucrainiRoma, 31 gen. (askanews) – Le prime indagini sull’incidente aereo dell’Il-76 avvenuto il 24 gennaio in Russia hanno confermato che l’aereo è stato abbattuto da un missile di difesa aerea di fabbricazione occidentale, ha detto oggi alla Ria Novosti un portavoce dei servizi di emergenza russi.

“Un esame preliminare delle parti danneggiate trovate nell’aereo mostra che il missile appartiene ad un sistema di difesa aerea di fabbricazione occidentale”, ha detto il portavoce. Il ministero della Difesa russo ha riferito che un aereo da trasporto militare Il-76 che trasportava 65 prigionieri di guerra ucraini destinati ad essere scambiati con altri detenuti è stato abbattuto nella regione di Belgorod. Tutti i prigionieri di guerra, insieme a sei membri dell’equipaggio e tre accompagnatori a bordo dell’aereo, sono rimasti uccisi. Il ministero ha accusato le forze ucraine di aver abbattuto l’aereo.

Ucraina, (alcuni) leader dei Paesi Ue: raddoppiare gli sforzi per armare Kiev

Ucraina, (alcuni) leader dei Paesi Ue: raddoppiare gli sforzi per armare KievRoma, 31 gen. (askanews) – In una lettera congiunta, pubblicata dal Financial Times, alcuni leader europei hanno chiesto di raddoppiare gli sforzi per armare l’Ucraina. “Si profilano problemi cruciali: l’Ucraina non dispone di sufficienti munizioni di artiglieria. E gli impegni per il sostegno militare rischiano di non soddisfare le esigenze” del Paese, hanno affermato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro danese Mette Frederiksen, il primo ministro ceco Petr Fiala, il primo ministro estone Kaja Kallas e il loro omologo olandese, Mark Rutte, precisando che “non vi è alcuna indicazione che la guerra finirà presto”.

I leader europei hanno anche definito la loro incapacità di fornire all’Ucraina 1 milione di proiettili di artiglieria entro la fine di marzo 2024, “la dura verità”, e hanno ribadito che “se i soldati ucraini vogliono continuare a combattere, il bisogno di munizioni rimane schiacciante”. “Dobbiamo rinnovare la nostra determinazione e raddoppiare i nostri sforzi per garantire il nostro sostegno per tutto il tempo necessario. Ciò che è urgente oggi è fornire munizioni e sistemi d’arma, compresi obici, carri armati, UAV e difesa aerea, di cui l’Ucraina ha urgentemente bisogno sul campo”, hanno affermato nella lettera congiunta. Scholz, Fiala, Frederiksen, Kallas e Rutte hanno precisato inoltre che le armi ordinate oggi non raggiungeranno il campo di battaglia in Ucraina prima dell’inizio del prossimo anno. “Dobbiamo quindi insistere sulla ricerca di modi per accelerare la consegna dei colpi di artiglieria promessi all’Ucraina. Ciò può avvenire attraverso la donazione delle scorte esistenti o l’approvvigionamento congiunto di munizioni attraverso le nostre industrie della difesa. Questo richiede l’espansione delle capacità industriali in Europa attraverso contratti quadro di appalto e investimenti sostenibili da parte degli Stati membri. Anche i paesi partner potrebbero svolgere un ruolo importante e sono invitati a unirsi al nostro sforzo collettivo”, hanno aggiunto, ricordando che i loro paesi hanno partecipato attivamente alle donazioni all’Ucraina e hanno promesso di continuare i loro sforzi.

“La nostra capacità di continuare a sostenere la difesa dell’Ucraina, sia durante l’inverno che a lungo termine, è decisiva. In effetti, è una questione che riguarda la nostra comune sicurezza europea”, hanno affermato.

Gli Houthi: continueremo a colpire le navi americane e britanniche nel Mar Rosso

Gli Houthi: continueremo a colpire le navi americane e britanniche nel Mar RossoRoma, 31 gen. (askanews) – I ribelli Houthi dello Yemen, allineati con l’Iran, intendono continuare a prendere di mira le navi da guerra statunitensi e britanniche nel Mar Rosso per legittima difesa, ha detto il portavoce militare del gruppo in una dichiarazione trasmessa da Al-Massirah TV.

Gli Houthi hanno lanciato missili contro la nave da guerra americana USS Gravely, si aggiunge nella dichiarazione, citata dalla Reuters. Nella notte, il comando centrale delle forze armate statunitensi ha dichiarato di aver abbattuto un missile da crociera antinave lanciato dallo Yemen verso il Mar Rosso senza che siano stati segnalati danni.

Sudafrica, sospesa l’asta degli oggetti di Nelson Mandela

Sudafrica, sospesa l’asta degli oggetti di Nelson MandelaRoma, 31 gen. (askanews) – L’asta degli effetti personali di Nelson Mandela, prevista per il mese prossimo a New York, è stata sospesa a causa dell’opposizione del governo sudafricano, come annunciato martedì dall’organizzatore dell’operazione.

Nel catalogo di vendita compaiono un centinaio di “oggetti preziosi” appartenuti all’ex eroe della lotta anti-apartheid, morto nel 2013 all’età di 95 anni, tra cui una carta d’identità e alcune delle sue famose magliette colorate. L’asta è organizzata dalla società americana Guernsey’s, in collaborazione a Makaziwe Mandela, la figlia del primo presidente nero del Sud Africa. Anche se la vendita avrebbe dovuto svolgersi il 22 febbraio al Lincoln Center, Guernsey ha deciso di sospenderla, ha annunciato lunedì la South African Heritage Resources Agency (SAHRA). “Questa vendita è sospesa”, ha confermato martedì Guernsey in un messaggio pubblicato sul suo sito web.

La SAHRA ha intrapreso un’azione legale sulla base del fatto che l’asta comprendeva oggetti di importanza storica e culturale. I giudici sudafricani hanno finalmente dato il via libera a dicembre, ma è stato presentato un nuovo appello, il cui esito è ancora atteso. “La sospensione delle vendite è un approccio responsabile e premuroso”, ha accolto con favore la SAHRA. “Consentirà la conclusione dei procedimenti legali in corso e darà (a noi) l’opportunità di perseguire il (nostro) obiettivo di preservare il patrimonio culturale della nostra nazione”, aggiunge.

La vendita aveva suscita l’ira del governo sudafricano, che si è opposto. “Nelson Mandela è parte integrante del patrimonio sudafricano”, ha detto venerdì il ministro della Cultura Zizi Kodwa. È stato presentato un ricorso per bloccare “l’esportazione non autorizzata” di alcuni articoli destinati alla vendita, ha spiegato il ministro. Guernsey aveva presentato la sua asta come “eccezionale” e “senza precedenti”. Una camicia jacquard di seta nera, che Mandela indossava quando incontrò la regina Elisabetta nel 1996, doveva essere offerta a un prezzo di partenza di 34.000 dollari e una valigetta in pelle di struzzo a 24.000 dollari. Nel lotto erano inclusi anche scambi di lettere e regali di Barack Obama e Bill Clinton. L’originale del documento d’identità di Mandela, risalente al 1993, ha un prezzo di 75.000 dollari.

Secondo Guernsey, la figlia di Mandela avrebbe autorizzato la vendita per raccogliere fondi per la costruzione di un giardino in memoria del premio Nobel per la pace, vicino alla sua tomba, nel villaggio natale di Qunu (sud). Il presidente di Guernsey, Arlan Ettinger, aveva dichiarato all’AFP all’inizio del mese che gli oggetti messi in vendita erano di scarsa importanza storica o culturale e che, senza questa vendita, sarebbero finiti “sugli scaffali o in un armadio da qualche parte” o “dimenticati”in un museo.