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L’Egitto: Israele ha proposto una tregua di due mesi, Hamas ha rifiutato

L’Egitto: Israele ha proposto una tregua di due mesi, Hamas ha rifiutatoRoma, 23 gen. (askanews) – Un alto funzionario egiziano, che ha parlato ad Associated Press in forma anonima, ha riferito che Israele ha proposto un cessate il fuoco di due mesi nel corso del quale liberare gli ostaggi in cambio del rilascio dei palestinesi detenuti da Israele e consentire ai massimi leader di Hamas a Gaza di trasferirsi in altri Paesi, ma il gruppo estremista ha respinto la proposta.

Hamas, ha aggiunto la stessa fonte, ha dichiarato che non verranno rilasciati altri ostaggi finché Israele non metterà fine alla sua offensiva e si ritirerà da Gaza. Il governo israeliano ha rifiutato di commentare i colloqui.

Migranti, la commissaria Johansson: ecco a cosa serve il Memorandum Ue-Tunisia

Migranti, la commissaria Johansson: ecco a cosa serve il Memorandum Ue-TunisiaBruxelles, 23 gen. (askanews) – “Uno dei buoni risultati della cooperazione e del sostegno alla lotta contro i trafficanti e alla prevenzione delle partenze pericolose” in attuazione del Memorandum d’intesa Ue-Tunisia “è che le partenze di migranti dalla Tunisia dall’inizio di ottobre si sono ridotte significativamente tra l’80 e il 90% rispetto alla fine dello scorso anno”. Lo ha detto la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson durante un dibattito nella commissione Libe (Libertà civili, Giustizia e Affari interni) del Parlamento europeo sul tema “Cooperazione Ue-Tunisia in materia di asilo e migrazione: aggiornamento sullo stato di avanzamento del Memorandum d’intesa”.

“La Tunisia – ha ricordato Johansson – è uno dei nostri partner chiave in Nord Africa, ed è un paese che ha vissuto molti cambiamenti, e che ha molte sfide davanti. Qual è la novità legata a questo Memorandum d’intesa rispetto ad altri? Ne abbiamo firmati più di una trentina con paesi terzi lo scorso anno, ma la novità qui è che la migrazione è integrata in questa impostazione globale nel Memorandum, con un partner chiave. Per me è il modo giusto di procedere: considerare che l’immigrazione è un fatto normale, non eccezionale, che deve essere affrontato insieme alle altre sfide quando lavoriamo con paesi partner”. “La Commissione e la Tunisia – ha continuato la commissaria – sono ora impegnate nell’attuazione del Memorandum. La scorsa settimana è stata organizzata una missione in Tunisia da parte della Commissione, dove sono state esaminate le cinque parti previste dal Memorandum: contatti tra le persone, stabilità macroeconomica, economia e commercio, transizione verde ed energetica, e naturalmente migrazione. Io parlerò di migrazione perché fa parte del mio portafoglio”.

“Volevo ricordare – ha detto ancora Johansson – che solo alcuni anni fa la Tunisia era sostanzialmente un paese d’origine, e non di transito, dei movimenti migratori. Le cose sono molto cambiate da allora: vediamo che le partenze sono aumentate di più del 200% nel 2023 rispetto al 2022, e del 400% se raffrontiamo la situazione a quella del 2021. La Tunisia, insomma, è sempre più un paese di transito, ed è chiaro che il Paese non è attrezzato per affrontare questa situazione, che deve potenziare le sue capacità di gestire la migrazione. Questo è uno dei motivi per cui noi siamo qui, per sostenerli nel potenziamento di queste capacità”. La Tunisia, insomma, ha proseguito la commissaria, “è soggetta a forti pressioni migratorie e si trova inoltre in una situazione economica molto difficile. Noi lavoriamo con l’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ndr) e con l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr) per creare un sistema migratorio migliore. Entrambe le organizzazioni hanno rafforzato notevolmente la loro presenza in Tunisia, e allacciato una collaborazione più stretta con le autorità tunisine”. Questo mentre “la situazione per i migranti in certe aree, specialmente áattorno a Sfax, è molto difficile: ci sono concentrazioni di migranti senza condizioni di alloggio adeguate, e ci sono anche situazioni di violenze che si verificano in quelle aree”.

“Quindi sull’immigrazione possiamo dire che Unhcr e Oim hanno rafforzato la propria attività”, e ad esempio “è previsto un aiuto e protezione sanitaria per 7.000 persone nel prossimo mese” da parte dell’Oim. “Abbiamo anche affrontato – ha ricordato ancora Johansson – il problema della tratta dei migranti, insieme alla polizia tunisina, che sta stroncando le reti, le organizzazioni dei trafficanti, e lo sta facendo in modo nuovo. In effetti, ora molti trafficanti e scafisti vengono arrestati. E abbiamo allacciato una collaborazione con la Tunisia tramite l’Oim per i rimpatri volontari di migranti provenienti da altri paesi africani, e anche questi ritorni volontari sono aumentati notevolmente. La Tunisia ha manifestato un certo interesse per stabilire un meccanismo nazionale di rimpatrio, e noi siamo lieti di poterli aiutare”. Inoltre, “è stato creato un Partenariato dei talenti con la Tunisia, che sta procedendo piuttosto bene finora. Si terrà una nuova tavola rotonda” di questo partenariato “entro il primo trimestre di quest’anno”.

“Una delle cose più importanti è salvare le vite dei migranti in mare. L’anno scorso più di 3.000 persone hanno perso la vita soltanto nel Mediterraneo. Ecco perché – ha sottolineato la commissaria – è estremamente importante prevenire, impedire queste pericolose partenze. E uno dei buoni risultati della cooperazione, e del sostegno alla lotta contro i trafficanti e alla prevenzione delle partenze pericolose è che le partenze dalla Tunisia dall’inizio di ottobre si sono ridotte significativamente tra l’80 e il 90% rispetto alla fine dello scorso anno”, ha concluso Johansson.

NY,Cristiano Leone con suo Atlas of Performing Culture da Rizzoli

NY,Cristiano Leone con suo Atlas of Performing Culture da RizzoliNew York, 23 gen. (askanews) – Cristiano Leone, neo Presidente del Complesso Museale Santa Maria della Scala di Siena, presenterà martedì alla libreria Rizzoli di New York, il suo ultimo libro, “Atlas of Performing Culture”, edito proprio da Rizzoli NY. L’appuntamento con l’autore è al 1133 di Broadway, alle ore 18, dove Leone, a conclusione della presentazione firmerà le copie del suo libro attraverso un’inedita performance artistica.

Il 25 Gennaio l’Atlas sarà presentato a Città del Messico, alla galleria Terreno Baldío Arte, alle ore 18. Fondata e diretta da Eduardo Mier y Terßn, Terreno Baldio Arte ha lo scopo principale di gestire e diffondere l’opera dell’artista messicano Javier Marín, tra i massimi scultori dell’America Latina. Il regista e drammaturgo Claudio Valdés Kuri, vincitore del prestigioso Premio Nacional de Artes y Litératura 2023presenterà una serie di interventi performativi scenici durante la conversazione di Cristiano Leone con Jaime Nualart, segretario culturale dell’Organizzazione internazionale italo-latinoamericana.

AAA/Mal

Borrell (Ue): Israele non può opporsi all’autodeterminazione della Palestina

Borrell (Ue): Israele non può opporsi all’autodeterminazione della PalestinaRoma, 23 gen. (askanews) – Israele non può arrogarsi il diritto di veto all’autodeterminazione del popolo palestinese, riconosciuto dalle Nazioni Unite: lo ha dichiarato il responsabile della politica Estera dell’Ue, Josep Borrell.

“L’Onu ha riconosciuto diverse volte il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, nessuno può opporvi un veto” ha concluso Borrell al termine del decimo vertice dell’Associazione Ue-Egitto, svoltosi a Bruxelles. In precedenza lo stesso Borrell aveva ribadito come la soluzione dei due Stati sia l’unico piano di pace possibile per la Striscia di Gaza che valga la pena discutere.

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, si è detto tuttavia contrario alla prospettiva dei due Stati, ribadendo che lo Stato ebraico non accetterà alcun compromesso sul “pieno controllo della sicurezza nei territori ad ovest del Giordano”.

Ucraina, consigliere Zelensky: da Meloni approccio solido e impegno

Ucraina, consigliere Zelensky: da Meloni approccio solido e impegnoMilano, 23 gen. (askanews) – (di Cristina Giuliano) Giorgia Meloni è un ‘leader che può effettivamente ottenere sostegno militare e finanziario per l’Ucraina all’interno del G7’ e dunque Kiev si attende molto dalla presidenza italiana di turno dei big dell’economia. Tuttavia ‘dovrebbe anche imporre sanzioni vitali’ contro chi ‘continua a operare intorno alla Russia e a riciclare denaro mentre vive generosamente in Occidente, a Dubai, in Kazakistan e in Uzbekistan’. Così, di ritorno da Davos, Alexander Rodnyansky, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, spiega ad askanews il punto di vista del suo Paese, che tra un mese entrerà nel terzo anno di guerra, scatenata dalla brutale invasione russa.

Rodnyansky, docente di Economia a Cambridge e presenza di alto profilo nella delegazione ucraina a Davos, specifica che il presidente del Consiglio Meloni è ‘nota per il suo approccio solido e di principio negli affari internazionali’ e ‘porta un impegno costante nei confronti dei valori democratici e dei diritti umani’. Sottolinea ‘la difesa della Meloni per una forte cooperazione internazionale, unita ad una chiara posizione contro l’aggressione’ ma ‘dovrebbe anche imporre sanzioni vitali’ perché ‘da tempo si attende una maggiore pressione sanzionatoria nei confronti di questi uomini d’affari, anche perché molti di loro aiutano a eludere il regime sanzionatorio esistente’. askanews: Cosa ha portato a casa da Davos a livello di accordi, ma anche a livello politico?

Rodnyansky: ‘Nella mia esperienza sono stato più volte a Davos. E questo rende molto importante per la nostra leadership e le nostre élite imprenditoriali visitarla in questo particolare momento. La squadra del nostro governo che era lì, la delegazione così come i presenti, come sempre, come negli anni precedenti, stavano lavorando per capitalizzare e mobilitare denaro e investimenti, per fare investire in Ucraina. Questo è un processo continuo. Non succede da un giorno all’altro. Ovviamente, ci sono rischi per le imprese private e per il settore privato più in generale, che riguardano problemi di sicurezza: l’ambiente attuale o il clima economico, non è dei più attraenti. Tuttavia, stiamo ancora lavorando per garantire una sorta di accordi, alcuni finanziamenti per il futuro, per strutturare potenziali fondi futuri e strutture future che saranno poi veicoli per investimenti in Ucraina. Di tutto questo si sta discutendo con vari investitori, vari gruppi bancari: BlackRock e JP Morgan hanno fatto notizia. Quindi questo è ormai ampiamente noto. Questo è ciò su cui si è concentrata principalmente la squadra del governo’. askanews: Ma ci sono anche altri interessi che avete cercato di perseguire.

Rodnyansky: ‘Davos ovviamente non è solo un forum economico, sebbene sia concepito principalmente come tale. È anche una piattaforma per dichiarazioni politiche ed eventi politici di altissimo livello. Il nostro presidente (Volodymyr Zelensky) vi si è recato di persona quest’anno. A differenza che negli ultimi anni, quando la maggior parte delle persone veniva in Ucraina e non c’era un gran bisogno di viaggiare fuori dall’Ucraina e da parte della nostra leadership politica. Ora le cose stanno iniziando a cambiare, perché anche l’umore sta cambiando e l’attenzione dedicata all’Ucraina sta diminuendo nel tempo. Uno dei motivi per cui Zelensky si è recato a Davos è per aiutare a mobilitare il sostegno per l’Ucraina, per parlare delle stesse questioni che sono sempre sul tavolo: le armi statunitensi, gli aiuti militari, i finanziamenti militari. E questo è chiaramente il tema se si guarda agli Stati Uniti e ad altri paesi, ma anche ai finanziamenti più in generale a sostegno dell’Ucraina. Era lì anche per rispondere a domande da investitori e potenziali investitori, banche di investimento o private equity, società di venture capital, ecc. Si è trattato di uno sforzo di livello molto più elevato da parte dell’Ucraina, con la nostra delegazione quest’anno, essendo di calibro molto più alto del solito con la presenza del Presidente stesso. E questo dimostra la necessità di compiere ulteriori sforzi per riportare l’Ucraina di attualità. Ora, ovviamente, l’evento finale e la componente finale che vale la pena menzionare a questo riguardo è, ancora una volta, di natura politica e ha a che fare con la cosiddetta formula di pace che il Presidente e il suo team hanno promosso: è davvero un’iniziativa guidata dalla sua presenza e della sua squadra, dal capo dell’ufficio del presidente, e ci sono sempre più paesi che ora vi partecipano, quindi speriamo che sia fruttuosa in futuro. Non lo sappiamo ancora. Quale sarà il risultato, o come sarà il risultato finale, come sarà l’effettiva formula di pace quando ci sarà la pace, ma certamente l’Ucraina sta facendo quello che può per portare avanti la propria agenda e ovviamente difendere i propri interessi’. askanews: Un pilastro del programma italiano della presidenza del G7 è il sostegno all’Ucraina. Cosa si aspetta l’Ucraina dal G7 e dalla presidenza italiana?

‘Da quello che so, il G7 è un gruppo dei nostri principali donatori e partner internazionali, le più grandi economie di mercato e potenze industriali a livello mondiale. Hanno supportato l’Ucraina, e immagino che gli attriti esistenti riguardino tutti gli stessi temi: sostegno all’Ucraina, a livello monetario, in altre parole, sostegno finanziario che ci aiuterà a bilanciare il nostro bilancio e a garantire che possiamo pagare pensioni, stipendi, ma anche finanziare lo sforzo bellico. Quindi è qualcosa che è costantemente un problema perché ci sono ritardi. L’altro punto è ancora una volta legato al sostegno militare e, ancora una volta, ci sono ritardi, quindi i paesi più grandi che ci aiutano sono tutti nel G7 e lo fanno tutti individualmente o collettivamente, comunque tu voglia vederlo. A volte consegnano in tempo, a volte con ritardi. Questi temi vengono sempre discussi, anche durante le riunioni del G7’. askanews: E della leadership di Giorgia Meloni, cosa ne pensa? Rodnyansky: ‘La leadership di Giorgia Meloni durante la presidenza italiana del G7 promette di rappresentare una risorsa significativa per l’Ucraina nel contesto della guerra in corso. Nota per il suo approccio solido e basato sui principi agli affari internazionali, Meloni porta un impegno costante nei confronti dei valori democratici e dei diritti umani. Ha sottolineato l’importanza della solidarietà con le nazioni che affrontano le avversità, allineandosi perfettamente con l’attuale lotta dell’Ucraina. La difesa della Meloni per una forte cooperazione internazionale, unita ad una chiara posizione contro l’aggressione, la posiziona come una leader che può effettivamente ottenere sostegno militare e finanziario per l’Ucraina all’interno del G7. Meloni dovrebbe anche imporre sanzioni vitali contro i cittadini russi che continuano a operare intorno alla Russia e a riciclare denaro mentre vivono generosamente in Occidente, a Dubai, in Kazakistan e in Uzbekistan. Da tempo si attendeva una maggiore pressione sanzionatoria nei confronti di questi uomini d’affari, anche perché molti di loro aiutano a eludere il regime sanzionatorio esistente’. askanews: Sia il nostro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, sia il nostro ministro della Difesa Guido Crosetto hanno messo in guardia, nelle ultime settimane, dal sottovalutare Vladimir Putin. Tajani in particolare venerdì ha definito le minacce del Cremlino sugli Stati del Baltico “solo minacce politiche da propaganda elettorale per le presidenziali, ma il modo migliore per scongiurare questo rischio è difendere l’Ucraina. Se noi impediamo l’invasione dell’Ucraina, impediamo a Putin di guardare ad altri obiettivi”. E Crosetto in visita al contingente italiano in Lettonia la vigilia di Natale aveva specificato: “Fin quando non sento (Vladimir) Putin dire che vuole una tregua, che vuole cessare il fuoco, non ci credo”. Lei cosa ne pensa? In passato lo abbiamo sottovalutato? Rodnyansky: ‘Sono pienamente d’accordo con l’idea che non si dovrebbe mai sottovalutare il proprio avversario e i propri nemici. Putin ha una forza da non sottovalutare e la Russia, l’attuale regime russo, è una forza da non sottovalutare. Ormai è chiaro, penso, a tutti. E quindi sì, direi che il ‘pio desiderio’ è molto pericoloso, e sottovalutare il proprio avversario è molto pericoloso e può portare a risultati catastrofici, ovviamente, e lo sappiamo dalla semplice logica di ogni conflitto. Chi pratica le arti marziali, ad esempio, lo sa fin troppo bene (e l’analogia qui è piuttosto diretta). Ma non direi, tornando all’altra parte della domanda, che abbiamo sottovalutato o che l’Occidente, soprattutto dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala, ha sottovalutato la Russia. Voglio dire, penso che ora viviamo in un’epoca in cui le persone e i leader occidentali hanno abbastanza chiaro con cosa hanno a che fare. Non direi che lo abbiamo sottovalutato, ma sarebbe pericoloso se lo sottovalutassimo in futuro: ciò che è in grado ed è disposto a fare’. askanews: Lei pensa che l’Unione Europea o il blocco NATO sono a rischio di un attacco diretto? Rodnyansky: ‘Non direi che attualmente siano a rischio perché la Russia è pienamente coinvolta in Ucraina. Tutte le sue risorse militari sono essenzialmente raggruppate in Ucraina. Non penso che ci sia alcuna capacità inutilizzata, per aprire un altro fronte. Ma certamente il regime russo spera ed è felice che altri conflitti scoppino in tutto il mondo. Basta pensare a Israele e ad altre regioni che ovviamente stanno distogliendo l’attenzione dall’Ucraina. Tutto ciò sta impegnando l’Occidente su troppi fronti, quando si tratta di sostenere l’Ucraina. E questo è un evento molto gradito al Cremlino, di cui è molto felice in questo contesto. Inoltre, dobbiamo avere ben chiaro che sì, il Cremlino non ha le stesse analisi dei costi-benefici come possono avere i politici occidentali pensando a tali guerre: non c’è alcuna pressione politica interna sul regime russo, quando si tratta di potenziali perdite umane o di attrezzature come è invece in Ucraina, per non parlare delle democrazie occidentali. E sotto molti aspetti, il regime russo è più stabile e ha più tempo, meno pressioni in termini di tempo, per raggiungere qualunque obiettivo stia cercando di raggiungere. E penso che dobbiamo essere chiari sul fatto che non stiamo sottovalutando il regime russo in questo senso. In definitiva il regime russo vuole il pieno controllo dell’Ucraina: questo è. E dobbiamo fare i conti con questo’. askanews: Due banche statali cinesi hanno inasprito le restrizioni sui finanziamenti ai clienti russi. Posso chiederle cosa ne pensa? Rodnyansky: ‘Questo è esattamente il meccanismo che finora mancava, e forse sta emergendo in forma lieve in questo caso particolare. Queste due banche hanno ovviamente molto più da perdere a causa delle potenziali sanzioni statunitensi che le colpirebbero – e si tratterebbe di una forma di sanzioni secondarie – rispetto a quanto avrebbero da guadagnare dall’avere clienti russi. E così hanno iniziato ad attuare essenzialmente alcuni controlli e due diligence per quanto riguarda le loro relazioni con la Russia. Ma nel complesso, rimango della mia posizione: non vediamo realmente lo Stato cinese o le aziende cinesi sotto pressione, quando si tratta di commerciare con la Russia. Al contrario, stanno aiutando la Russia ad aggirare il regime delle sanzioni. Quindi questo caso particolare illustra che questo meccanismo, se fosse utilizzato, sarebbe in realtà molto efficace’. askanews: Dunque quale considerate sia la posizione cinese, per davvero, nei confronti dell’Ucraina? Rodnyansky: ‘Fondamentalmente dobbiamo giudicare in base a ciò che vediamo, in base alle azioni che hanno sempre rivelato preferenze, essenzialmente di una parte, in questo caso la Cina, un paese enorme, in base a ciò che fanno, in base a preferenze che essenzialmente rivelano ciò che realmente pensano e cosa preferiscono, e da che parte preferiscono stare nella guerra russo-ucraina. La Cina, basandoci sulle sue azioni, si è chiaramente schierata con la Russia. Voglio dire, sappiamo che a volte hanno cercato di bilanciare la situazione e di essere più indiretti, discreti in certe occasioni, ma sappiamo che stanno aiutando la Russia economicamente. Ed è un grande aiuto quello che stanno offrendo. La Russia sta intensificando le sue relazioni commerciali con la Cina; la Russia elude le sanzioni con l’aiuto della Cina. E quello che lei ha menzionato, il caso delle due banche, ne è un esempio. Perché il sistema finanziario in Russia è pesantemente sanzionato. E se la Cina non partecipa alle sanzioni, sta effettivamente aiutando la Russia a eludere il regime delle sanzioni, ma è anche più ampiamente applicabile ad altre forme di commercio: beni a duplice uso che sono essenziali per l’esercito in Russia e ovviamente rappresentano un’enorme minaccia per noi giorno dopo giorno. Quindi penso che la posizione cinese sia chiara. Stanno cercando di essere quanto più discreti possibile, ma sono dalla parte della Russia’. askanews: Ma evidentemente ora ci sono barriere tra loro e la Russia, altrimenti queste due banche non avrebbero posto dei limiti. Non crede? Rodnyansky: ‘Non sono a conoscenza di grandi barriere erette tra Cina e Russia. Penso che un fattore che potrebbe cambiare le cose potrebbe essere rappresentato dalle sanzioni secondarie che verrebbero imposte alle aziende cinesi e alla Cina stessa. Se dovesse contribuire a continuare ad aiutare la Russia ad aggirare il regime di sanzioni. Ma questo è davvero molto lontano dall’essere implementato e non sembra realistico. Ne parliamo ormai da quasi due anni. O poco meno, forse uno e mezzo. E in qualche modo gli ostacoli politici all’attuazione di tali politiche sembrano essere troppo alti. Quindi direi che la Russia sta ancora eludendo il regime delle sanzioni, in generale, con l’aiuto di paesi come la Cina, e anche di altri paesi, ovviamente, non solo della Cina. Ma si sa, la Cina è un elemento importante in quel sistema che aggira le sanzioni occidentali e cerca di evitarle. Ecco cosa sta facendo la Russia. E la Cina ovviamente la sta aiutando’. askanews: Ok, parliamo di elezioni negli Stati Uniti. Molti sostengono che con queste elezioni presidenziali Usa, il sostegno americano all’Ucraina potrebbe cambiare. Ma potrebbe anche non essere così. Lei cosa ne pensa? Rodnyansky: ‘Si sono aggiunte molte informazioni a riguardo, oltre a ciò che già sapevamo prima, ma direi che ovviamente i rischi e le preoccupazioni ci sono. Cosa succederebbe se Trump venisse rieletto? Evidentemente ha detto pubblicamente quello che pensa. Ha fatto alcune promesse radicali riguardo alla guerra russo-ucraina. Ha detto che sarebbe riuscito a farla finire in un giorno o in un periodo di tempo molto breve. Ovviamente, se ci si pensa bene, questo non sembra molto convincente. D’altra parte, non si sa nemmeno cosa succederebbe, se provasse effettivamente ad attuarlo, costringendo l’Ucraina a un compromesso che il nostro popolo non sostiene. Potrebbe essere una situazione molto pericolosa per noi e per il mondo, in generale. Non sappiamo se ci siano questi rischi. Il presidente degli Stati Uniti ha molto potere su queste cose e molta influenza su come le cose potrebbero finire per il sostegno all’Ucraina e con lo sforzo bellico che stiamo affrontando’. askanews: Se dovesse pensare a ciò che la parte russa desidera? Rodnyansky: ‘Sospetterei che desiderino Donald Trump come presidente. Ciò non significa che il sostegno all’Ucraina vacillerà del tutto. Non ci farei congetture. Poiché c’è anche il Congresso: il potere è distribuito negli Stati Uniti, ci sono vari rami del potere e un presidente, ovviamente, deve occuparsene e tenerne conto: tenere conto di ciò che pensa il Congresso, prendere in considerazione ciò per cui il Senato sta spingendo. Il presidente degli Stati Uniti d’America non può semplicemente governare come un leader autoritario in Russia. Il sostegno all’Ucraina è bipartisan, certamente era bipartisan se guardiamo a un anno fa, o all’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, all’invasione su vasta scala. Se sia ancora interamente bipartisan, o che una parte sia un po’ meno propensa ad aiutare l’Ucraina ad andare avanti, è una questione aperta. Forse con meno sicurezza, ma continuerei a ipotizzare che il nostro sostegno sia lì, per noi. Ovviamente ci sono dei rischi, potrebbe non essere così unanime. Vi sono anche rischi di ulteriori ritardi se dovesse entrare in carica un altro presidente. E ci sono ovviamente i rischi che la pressione sull’Ucraina, in un modo o nell’altro potrebbe manifestarsi in modo più chiaro’. askanews: Ma quale era l’atmosfera a Davos? Rodnyansky: ‘Ebbene, ripeto, non direi che Davos abbia avuto un impatto sull’umore generale oltre a quello che già avevamo, o ciò che c’era già, ciò che dominava lo status quo prima di Davos. Direi che l’atmosfera è dettata o forzata dagli eventi sul campo in Ucraina. Se parliamo dell’umore dei nostri politici, della leadership, del governo o del presidente, penso che il loro umore sia davvero determinato da ciò che accade sul campo di battaglia e da ciò che sta accadendo all’economia ucraina. E ovviamente, da ciò che sta accadendo con il supporto che stiamo ottenendo o non ottenendo abbastanza velocemente. Davos stessa è utile come sede in cui cerchiamo di mobilitare il sostegno economico, come ho detto, ma anche di portare a casa alcuni messaggi politici e importanti battute finali, quando si tratta del conflitto e della guerra. Ma non direi che ciò abbia avuto un grande effetto sull’umore: l’umore cambierà se qualcosa cambia materialmente con il sostegno che stiamo ricevendo, o meno per uno sforzo militare in cui siamo coinvolti. Non è cambiato dopo Davos. Quindi non direi che l’atmosfera sia molto diversa adesso’. askanews: Parliamo della Francia: la prima cosa che ha fatto il nuovo Ministro degli Esteri Stéphane Séjourné – e il primo atto di politica internazionale del nuovo esecutivo di Parigi – è andare a Kiev. Pensate di avere amici ancora migliori in Europa, dopo l’entrata in carica di Gabriel Attal (la cui madre è nata a Odessa, ndr) ? Rodnyansky: ‘Stiamo parlando della Francia, appunto. La Francia è stata alleata dell’Ucraina fin dall’inizio. E penso che la Francia sia un partner, donatore e alleato molto stabile e affidabile: ha fornito molti dei moderni sistemi d’arma di cui disponiamo, quando altri paesi erano ancora titubanti. Ora sempre più paesi sono meno titubanti. Quindi va bene. La Francia è stata ancora una volta molto stabile, dalla parte dell’Ucraina, un elemento centrale del G7, una delle maggiori forze in Europa. Non ci sono dubbi. Veramente. Ora, c’è qualche cambiamento nelle personalità coinvolte. Qualche cambiamento nel governo, ovviamente, è qualcosa che entra sempre in gioco, ma non vorrei complicare eccessivamente le cose. Apprezziamo i segnali di solidarietà: ogni volta che c’è qualcuno con una delegazione che viene inviata in Ucraina o che decide di visitare la Kiev, lo apprezziamo. È sempre stato importante per la nostra leadership e per gli ucraini in generale. È qualcosa che ci fa sentire accolti e di cui siamo grati. Ma fondamentalmente, penso che siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Stiamo cercando di costruire un’Alleanza comune e di basarci su ciò che già abbiamo. Ora sono stati firmati diversi accordi in ambito militare, in particolare con la Gran Bretagna. E si spera che ce ne saranno altri con altri paesi come la Francia, potenzialmente con la Germania, e altri paesi, si spera. Quindi è qualcosa su cui stiamo lavorando insieme con il nuovo governo francese, e anche con altri paesi’.

Il consigliere di Zelensky: alla presidenza del G7 Meloni può fare la differenza per l’Ucraina

Il consigliere di Zelensky: alla presidenza del G7 Meloni può fare la differenza per l’UcrainaMilano, 23 gen. (askanews) – “La leadership di Giorgia Meloni durante la presidenza italiana del G7 promette di rappresentare una risorsa significativa per l’Ucraina nel contesto della guerra in corso”. Così il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Alexander Rodnyansky, in un’intervista ad askanews.

Rodnyansky, docente a Cambridge e presenza di alto profilo nella delegazione ucraina a Davos, specifica che il presidente del Consiglio Meloni è “nota per il suo approccio solido e di principio negli affari internazionali” e “porta un impegno costante nei confronti dei valori democratici e dei diritti umani”. E poi Rodnyansky aggiunge: “La difesa della Meloni per una forte cooperazione internazionale, unita ad una chiara posizione contro l’aggressione, la posiziona come un leader che può effettivamente ottenere sostegno militare e finanziario per l’Ucraina all’interno del G7. Meloni dovrebbe anche imporre sanzioni vitali contro i cittadini russi che continuano a operare intorno alla Russia e a riciclare denaro mentre vivono generosamente in Occidente, a Dubai, in Kazakistan e in Uzbekistan. Da tempo si attendeva una maggiore pressione sanzionatoria nei confronti di questi uomini d’affari, anche perché molti di loro aiutano a eludere il regime sanzionatorio esistente”.

G7, consigliere Zelensky: Meloni può fare la differenza per Ucraina

G7, consigliere Zelensky: Meloni può fare la differenza per UcrainaMilano, 23 gen. (askanews) – “La leadership di Giorgia Meloni durante la presidenza italiana del G7 promette di rappresentare una risorsa significativa per l’Ucraina nel contesto della guerra in corso”. Così il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Alexander Rodnyansky, in un’intervista ad askanews.

Rodnyansky, docente a Cambridge e presenza di alto profilo nella delegazione ucraina a Davos, specifica che il presidente del Consiglio Meloni è “nota per il suo approccio solido e di principio negli affari internazionali” e “porta un impegno costante nei confronti dei valori democratici e dei diritti umani”. E poi Rodnyansky aggiunge: “La difesa della Meloni per una forte cooperazione internazionale, unita ad una chiara posizione contro l’aggressione, la posiziona come un leader che può effettivamente ottenere sostegno militare e finanziario per l’Ucraina all’interno del G7. Meloni dovrebbe anche imporre sanzioni vitali contro i cittadini russi che continuano a operare intorno alla Russia e a riciclare denaro mentre vivono generosamente in Occidente, a Dubai, in Kazakistan e in Uzbekistan. Da tempo si attendeva una maggiore pressione sanzionatoria nei confronti di questi uomini d’affari, anche perché molti di loro aiutano a eludere il regime sanzionatorio esistente”.

In una esplosione nel sud di Gaza sono morti 21 soldati israeliani

In una esplosione nel sud di Gaza sono morti 21 soldati israelianiRoma, 23 gen. (askanews) – Il portavoce delle forze di difesa israeliane, Daniel Hagari, ha reso noto che 21 soldati sono stati uccisi in totale nell’esplosione di ieri a Gaza che ha causato il crollo di due edifici vicino alla comunità di confine di Kissufim.

Secondo Hagari, le truppe stavano operando in un’area a circa 600 metri dal confine, distruggendo strutture e siti di Hamas, come parte degli sforzi dell’esercito per stabilire una zona cuscinetto per consentire ai residenti delle comunità di confine israeliane di tornare alle loro case. “Per quanto ne sappiamo, intorno alle 16, i terroristi hanno lanciato un razzo Rpg contro un carro armato che proteggeva le forze e, contemporaneamente, si è verificata un’esplosione in due edifici a due piani. Gli edifici sono crollati a causa di questa esplosione, mentre la maggior parte delle forze erano dentro e vicino ad essi”, ha detto.Hagari ha quindi spiegato che l’esplosione è stata probabilmente il risultato delle mine piazzate dalle truppe per demolire gli edifici, ma la causa della detonazione è ancora oggetto di indagine.

Per diverse ore le forze di soccorso hanno lavorato per estrarre le vittime dagli edifici crollati. Il portavoce militare ha precisato che, oltre alle 10 vittime annunciate in un primo momento, altri 11 soldati hanno perso la vita. Le loro famiglie, ha aggiunto, sono già state informate.

Usa 2024, primarie a due in New Hampshire, Trump favorito su Halley

Usa 2024, primarie a due in New Hampshire, Trump favorito su HalleyRoma, 23 gen. (askanews) – Sfida a due sul ring del New Hampshare, oggi, per le primarie del partito repubblicano. L’ex ambasciatrice delle Nazioni Unitie, Nikki Haley si è assicurata il duello con l’ex presidente Donald Trump dopo che domenica, a sorpresa, il governatore della Florida Ron DeSantis ha abbandonato la corsa presidenziale, con sondaggi nello stato che lo davano al 6%. Che DeSantis abbia gettato la spugna non garantisce comunque ad Halley che i sostenitori di DeSantis si traghetteranno a suo favore, soprattutto dopo che il governatore è chiaramente passato nel campo di Trump.

Nikki Haley ha attraversato il New Hampshire in una frenetica campagna con a fianco il governatore repubblicano dello stato, Chris Sununu, sperando di convincere più elettori possibili. Un tour pieno di soste in ristoranti, scuole, sale da ballo di hotel, case di ricchi donatori. Il New Hampshire si colloca al 31esimo posto tra i 50 stati Usa per crescita economica. Il Pil ha registrato un tasso di crescita del 4,5% nel terzo trimestre sull’anno precedente, mentre a livello nazionale si è registrato un +4,9%. Un aiuto arriva anche dagli investimenti diretti esteri, attratti da basse aliquote fiscali. Il tasso di disoccupazione dello stato era al 2,3% in novembre, contro una media nazionale del 3,7%. Inoltre la forza lavoro è altamente istruita con il 41,3% degli abitanti dello stato che possiede una laurea. L’ex presidente Trump ha preferito invece le grandi convention, dove si è mostrato al fianco di politici della Carolina del Sud, un segnale all’avversaria, che lui guarda già oltre lo stato di granito, come è definito il New Hampshire per le sue miniere. Tuttavia non pochi inviati hanno rilevato che i numeri dei partecipanti alle kermesse dell’ex presidente, a Manchester, sono stati inferiori a quelli della precedente campagna. Nel 2024 sono stati segnalati 4.100 presenti contro gli oltre 12 mila del 2020. Grandi assenti i giovani, più interessati alla situazione del confine, all’economia e alle leggi sui transgender e gli esponenti della comunità LGBT.

Una vittoria di Haley nel New Hampshire potrebbe alterare la narrazione delle primarie del GOP, ma i sondaggi suggeriscono che lei è in svantaggio. La CNN domenica dava Trump nettalmente in testa con il 50% del sostegno e Haley ferma al 39%. Chi potrebbe fare la differenza sono gli elettori indipendenti, che in questo stato bianco, piccolo, non rappresentativo dell’America, sono autorizzati a votare nelle primarie di entrambi i partiti. Le primarie del New Hampshire sono primarie senza candidati, anche nell’ala democratica, dove il grande assente nella lista dei 21 contendenti è proprio Joe Biden. Il New Hampshire si è rifiutato di adeguarsi alle nuove regole del Democratic National Committee (DNC) che ha modificato il calendario di voto delle primarie, stabilendo che le prime si sarebbero tenute in Carolina del Sud il 3 febbraio, seguite appunto dal New Hampshire e dal Nevada il 6. Il voto di oggi sul fronte democratico per il DNC sarà “privo di significato” e non deciderà i numeri dei delegati del partito che parteciperanno alla convention di agosto. Tuttavia se il deputato del Minnesota, Dean Phillips, che ha sfidato Biden proprio sull’età, dovesse vincere, il partito dovrebbe riconsiderare alcune posizioni.

La versione di Hamas sul 7 ottobre in un documento: nessuna atrocità (e accusa Israele)

La versione di Hamas sul 7 ottobre in un documento: nessuna atrocità (e accusa Israele)Roma, 23 gen. (askanews) – Hamas ha pubblicato un documento di 16 pagine in cui giustifica le sue azioni del 7 ottobre. Il documento nega che il gruppo terroristico abbia commesso atrocità contro i civili e chiede un’indagine internazionale sugli eventi del giorno, definendo Hamas un gruppo di “liberazione nazionale” che combatte il “colonialismo”.

Sulla copertina anteriore e posteriore, il documento presenta immagini di abitanti di Gaza su un carro armato israeliano, nonché immagini di parapendii durante le prime fasi dell’assalto. Il documento, intitolato “La nostra narrazione: operazione Al-Aqsa Flood”, è rivolto alle “nazioni arabe e islamiche” e ai “popoli liberi in tutto il mondo”. È diviso in cinque parti: una narrazione del conflitto arabo-israeliano; un resoconto del 7 ottobre; un appello per una “indagine internazionale” su quanto accaduto; una presentazione del gruppo terroristico stesso; e una serie di richieste e inviti all’azione. La prima sezione del documento presenta il conflitto come una battaglia durata 105 anni da parte dei palestinesi contro il “colonialismo”. Fa riferimento alla Dichiarazione Balfour e al Mandato britannico, e racconta la formazione di Israele da parte di “bande sioniste” mentre “ai palestinesi veniva negato il diritto all’autodeterminazione”.

Il documento solleva accuse contro Israele legate alla Guerra dei Sei Giorni, agli insediamenti in Cisgiordania e alla presunta “giudaizzazione” della Moschea al-Aqsa a Gerusalemme; fa anche riferimento alla questione dei prigionieri palestinesi, al blocco di Gaza e alla negazione del diritto al ritorno dei palestinesi, sostenendo, nel contempo, che gli Stati Uniti sono complici delle azioni di Israele.