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Banca mondiale: crescita globale in rallentamento

Banca mondiale: crescita globale in rallentamentoRoma, 9 gen. (askanews) – Mentre il mondo si avvicina al punto medio di quello che doveva essere un decennio di trasformazione per lo sviluppo, l’economia globale è destinata a raggiungere un triste record entro la fine del 2024: il quinquennio di crescita del Pil più lento degli ultimi 30 anni. Lo stima l’ultimo rapporto “Global Economic Prospects” della Banca mondiale.

In un certo senso, l’economia globale è in una situazione migliore rispetto a un anno fa: il rischio di una recessione globale è diminuito, in gran parte grazie alla forza dell’economia statunitense. Ma le crescenti tensioni geopolitiche potrebbero creare nuovi rischi a breve termine per l’economia mondiale. Nel frattempo, le prospettive a medio termine si sono oscurate per molte economie in via di sviluppo a causa del rallentamento della crescita nella maggior parte delle principali economie, della stagnazione del commercio globale e delle condizioni finanziarie più restrittive degli ultimi decenni. Si prevede che la crescita del commercio globale nel 2024 sarà solo la metà della media del decennio precedente la pandemia. Inoltre i costi di finanziamento per le economie in via di sviluppo – soprattutto quelle con scarsi rating creditizi – probabilmente rimarranno elevati con i tassi di interesse globali bloccati ai massimi di quattro decenni in termini adeguati all’inflazione. Si prevede che la crescita globale rallenterà per il terzo anno consecutivo: dal 2,6% dello scorso anno al 2,4% nel 2024, quasi tre quarti di punto percentuale al di sotto della media degli anni 2010. Si prevede che le economie in via di sviluppo cresceranno solo del 3,9%, più di un punto percentuale al di sotto della media del decennio precedente. Dopo una performance deludente lo scorso anno, i paesi a basso reddito dovrebbero crescere del 5,5%, più debole del previsto. Entro la fine del 2024, le persone in circa un paese in via di sviluppo su quattro e in circa il 40% dei paesi a basso reddito saranno ancora più povere di quanto lo fossero alla vigilia della pandemia di COVID nel 2019. Nelle economie avanzate, nel frattempo, la crescita è destinata a rallentare all’1,2% quest’anno dall’1,5% del 2023.

“Senza un’importante correzione di rotta, gli anni 2020 passeranno alla storia come un decennio di opportunità sprecate”, ha affermato Indermit Gill, capo economista e vicepresidente senior del Gruppo della Banca Mondiale. “La crescita a breve termine rimarrà debole, lasciando molti paesi in via di sviluppo – soprattutto i più poveri – bloccati in una trappola: con livelli di debito paralizzanti e un debole accesso al cibo per quasi una persona su tre. Ciò ostacolerebbe il progresso su molte priorità globali. Esistono ancora opportunità per invertire la tendenza. Questo rapporto offre una chiara via da seguire: illustra la trasformazione che può essere raggiunta se i governi agiscono ora per accelerare gli investimenti e rafforzare i quadri di politica fiscale”. Per affrontare il cambiamento climatico e raggiungere altri obiettivi chiave di sviluppo globale entro il 2030, i paesi in via di sviluppo dovranno realizzare un formidabile aumento degli investimenti, pari a circa 2.400 miliardi di dollari all’anno. Senza un pacchetto politico globale, le prospettive di un tale aumento non sono brillanti. Si prevede che la crescita degli investimenti pro capite nelle economie in via di sviluppo tra il 2023 e il 2024 sarà in media solo del 3,7%, poco più della metà del tasso dei due decenni precedenti.

Il rapporto offre la prima analisi globale di ciò che sarà necessario per generare un boom sostenuto degli investimenti, attingendo all’esperienza di 35 economie avanzate e 69 economie in via di sviluppo negli ultimi 70 anni. Si scopre che le economie in via di sviluppo spesso raccolgono una ricaduta economica quando accelerano la crescita degli investimenti pro capite almeno al 4% e la sostengono per sei anni o più: il ritmo di convergenza con i livelli di reddito delle economie avanzate accelera, il tasso di povertà diminuisce più rapidamente e la crescita della produttività quadruplica. Durante questi boom si materializzano anche altri benefici: tra le altre cose, l’inflazione diminuisce, le posizioni fiscali ed esterne migliorano e l’accesso delle persone a Internet si espande rapidamente. “I boom degli investimenti hanno il potenziale per trasformare le economie in via di sviluppo e aiutarle ad accelerare la transizione energetica e a raggiungere un’ampia varietà di obiettivi di sviluppo”, ha affermato Ayhan Kose, vice capo economista della Banca mondiale e direttore del gruppo Prospects. “Per innescare tali boom, le economie in via di sviluppo devono attuare pacchetti politici completi per migliorare i quadri fiscali e monetari, espandere il commercio transfrontaliero e i flussi finanziari, migliorare il clima degli investimenti e rafforzare la qualità delle istituzioni. Si tratta di un lavoro duro, ma molte economie in via di sviluppo sono già state in grado di farlo. Farlo di nuovo aiuterà a mitigare il previsto rallentamento della crescita potenziale nel resto di questo decennio”.

L’ultimo Global Economic Prospects identifica anche ciò che due terzi dei paesi in via di sviluppo – nello specifico gli esportatori di materie prime – possono fare per evitare cicli di espansione e contrazione. Il rapporto rileva che i governi di questi paesi spesso adottano politiche fiscali che intensificano le fasi di espansione e di recessione. Quando, ad esempio, gli aumenti dei prezzi delle materie prime stimolano la crescita di 1 punto percentuale, i governi aumentano la spesa in modo da stimolare la crescita di un ulteriore 0,2 punto percentuale. In generale, nei periodi favorevoli, la politica fiscale tende a surriscaldare l’economia. Nei momenti difficili aggrava la crisi. Questa “prociclicità” è più forte del 30% nelle economie in via di sviluppo esportatrici di materie prime rispetto ad altri paesi sviluppati. Inoltre, in queste economie le politiche fiscali tendono ad essere più volatili del 40% rispetto ad altre economie in via di sviluppo. L’instabilità associata alla maggiore prociclicità e volatilità della politica fiscale produce un freno cronico sulle prospettive di crescita delle economie in via di sviluppo esportatrici di materie prime. Questo ostacolo può essere ridotto mettendo in atto un quadro fiscale che aiuti a disciplinare la spesa pubblica, adottando regimi di cambio flessibili ed evitando restrizioni sulla circolazione dei capitali internazionali. In media, queste misure politiche potrebbero aiutare gli esportatori di materie prime nelle economie in via di sviluppo ad aumentare la crescita del Pil pro capite fino a 1 punto percentuale ogni quattro o cinque anni. I paesi possono anche trarre vantaggio dalla creazione di fondi sovrani e altri fondi di emergenza che possono essere utilizzati rapidamente in caso di emergenza.

Fiera Milano, il 2024 parte dalla casa: Home anticipa i trend globali

Fiera Milano, il 2024 parte dalla casa: Home anticipa i trend globaliMilano, 9 gen. (askanews) – Fiera Milano vuole tornare a essere “il luogo” dove si disegna lo sviluppo industriale della città e del Paese. E lo fa partendo da un progetto nuovo, dedicato all’abitare: Milano Home. La fiera annuale per gli operatori professionali, che debutterà nei padiglioni di Rho il prossimo 11 gennaio, apre il calendario delle esposizioni e inaugura una fase nuova per la società che con questo progetto vuole “diventare il luogo fisico da cui parte un intero ecosistema. Partiamo in punta di piedi con questo progetto ma vogliamo fare in modo che torni a essere un punto di riferimento mondiale”, ha detto Roberto Foresti, vice direttore generale di Fiera Milano.

Rispetto a Homi, la precedente fiera dedicata alla casa e al complemento d’arredo che ha chiuso definitivamente i battenti a gennaio 2023, questo appuntamento si annuncia “completamente nuovo. Quello di Homi non è stato un fallimento ma nel post Covid sono cambiati i consumi, il modo di vivere la nostra casa – ha spiegato Foresti – Cambia il progetto perché cambiano i trend, noi non siamo più gli stessi, siamo molto più attratti dall’esperienza”. Punto di partenza per Home è stata “la nuova consapevolezza specialmente dei più giovani rispetto a quello che vogliono nelle loro abitazioni: vogliono identificarsi attraverso oggetti che non siano di massa ma autentici, originali, artigianali e soprattutto innovativi, ma la parola chiave è sostenibilità. E da qui siamo partiti per creare un progetto che rispecchiasse questi valori con prodotti, cercati dai nostri team attraverso le aziende, con quelle caratteristiche”.

In questo contesto un ruolo chiave lo rivestono i negozi. Se la fiera vuole essere “il luogo” da cui far ripartire lo sviluppo, qui è il negozio fisico a dover recuperare centralità. Secondo Fiera Milano, sono 7.000 quelli nel target di Milano Home in Italia e 12.000 in Europa, considerando che in totale solo nel nostro Paese ci sono 38.000 negozi del mondo casa. “Questo progetto avrà successo se riuscirà a far tornare il negozio ‘luogo’. Abbiamo voluto esprimere questo luogo anche nel brand perchè Milano esprime queste cose, è destinazione”, ha evidenziato Foresti spiegando di aver “cercato di fare in modo che i singoli progetti venissero consigliati per i negozi che devono tornare ad essere punto di incontro, consulenti in modo innovativo. Quindi abbiamo ragionato in due direzioni: quella del prodotto e quella della prossimità delle relazioni”. Nel concreto, “cerchiamo di fare un patto con i negozi attraverso la formazione: abbiamo circa 60 workshop dedicati ai retailer perché hanno bisogno di essere stimolati e rinnovati nella loro capacità di proporre. Siamo partiti dall’ascolto, abbiamo chiesto a chi seguiva i negozi, gli agenti delle varie aziende di far parte del nostro progetto per sapere cosa volessero” e “l’abbiamo fatto anche attraverso rete di persone che chiamiamo ambassador”. Nei padiglioni di Rho fino al 14 gennaio saranno presenti “570 espositori, di cui il 32% arriva dall’estero, la maggior parte sono europei perché i Paesi del nord sono molto bravi in questo. E ci saranno “grandi ritorni: Alessi, Venini, Lalique – ha detto – le aziende tornano non con stand da 400 metri quadrati ma per presentare prodotti specifici”.

A livello internazionale, dove si contano manifestazioni importanti tra Francoforte e Parigi, Milano Home si propone di giocare un ruolo diverso: “Parigi e Francoforte sono fiere molto orizzontali, portano dentro di tutto, basta fare giri nei loro padiglioni – ha detto Foresti – Il nostro è un posizionamento di trend, questa è la ragione per cui siamo partiti prima: perché vogliamo essere trendsetter, Milano è trend e vogliamo arrivare prima degli altri. Abbiamo fatto una scelta che sembra impopolare perché partire l’11 gennaio vuol dire fare grandi sacrifici”. “Vogliamo tornare ad esercitare questo ruolo rispetto al mercato” ha detto Foresti e in qualche modo questo significa recuperare una esperienza del passato “quella del Macef, si parte dal Macef e si torna, in modo innovativo e moderno, al Macef”. Quella fiera nel 2013 aveva chiuso i battenti, dopo quasi 50 anni di vita, sostituita da Homi. Ma se l’esperienza del passato insegna, il futuro non può prescidere dal digitale, specie dopo il Covid. “Siamo sempre stati abituati a una fiera con una sola dimensione che è quella fisica, adesso noi ne abbiamo due: fisica e digitale. Quella fisica continuerà a essere utilizzata per le opportunità di networking fisico, nel senso che in quei 5 giorni deve avvenire tutto poi i 360 giorni restanti saranno gestiti con attività digitali, entrando nelle community, lavorando per far vendere di più ai clienti, sempre all’interno del nostro brand. La cosa che faremo coi negozi con i workshop sulla omnicanalità, avviene per noi: non possiamo più fare a meno del digitale, occorre essere bravi ad articolarlo”. E il raccordo con il resto della città, sull’esempio della food week o del Fuori Salone? “Ci sarà ma ora dobbiamo concentrarci sul progetto per i primi tre anni noi stiamo ancorati al progetto”.

Taylor Swift omosessuale? Articolo NYT scatena polemiche in Usa

Taylor Swift omosessuale? Articolo NYT scatena polemiche in UsaRoma, 9 gen. (askanews) – Un articolo di stampa che specula sull’orientamento sessuale di Taylor Swift ha suscitato grande scalpore sui social network e molti utenti ne hanno chiesto la rimozione.

L’articolo di 5mila parole, pubblicato il 4 gennaio nella sezione “opinioni” del New York Times, ipotizza che la superstar del pop americano si identifichi in modo velato come membro della comunità Lgbt, pur dichiarando pubblicamente di essere eterosessuale. Contattati dalla France Presse, né il quotidiano newyorkese né gli agenti dell’artista 34enne, nominato persona dell’anno 2023 dalla rivista Time, hanno voluto commentare. L’articolo controverso è “invadente, inaccurato e inappropriato”, ha tuttavia sottolineato un membro dell’entourage di Taylor Swift in forma anonima, citato da Cnn. Anche un gran numero di lettori ha reagito criticando il New York Times, rifiutando l’idea che l’idolo dei teenager americani possa essere una lesbica che non ha ancora fatto coming out. L’autrice dell’articolo, Anna Marks, ha stilato un lungo elenco di atti compiuti da Taylor Swift per suggerire che sia “queer”.

La somma di tutti questi fatti “suggerisce alle persone queer che lei è una di loro”, ha sottolineato la giornalista. Anna Marks cita l’esempio di Chely Wright, cantante americana di musica country, che ha confessato di aver dovuto aspettare anni prima di “uscire dall’armadio”, per motivi personali direttamente legati alla sua carriera. Taylor Swift, adorata da schiere di fan – gli Swifties – è una schietta sostenitrice dei diritti Lgbtq, anche se non si è mai identificata come queer.

Al contrario, nel corso degli anni ha avuto relazioni sentimentali con diverse celebrità maschili, che hanno trovato ampio risalto sulle pagine delle riviste specializzate. La cantante di Shake It Off, Anti-Hero e You Need To Calm Down, la cui carriera è decollata a Nashville – la culla della musica country – frequenta da alcuni mesi il giocatore di football americano dei Kansas City Chiefs Travis Kelce. Considerata ormai un’icona femminista, ha anche scosso l’industria musicale con un tour di fenomenale successo.

La Russia accusa l’Ucraina di usare bombe a grappolo contro i civili nelle città russe

La Russia accusa l’Ucraina di usare bombe a grappolo contro i civili nelle città russeRoma, 9 gen. (askanews) – L’Ucraina non esita a sparare contro obiettivi civili sul territorio russo, utilizzando munizioni a grappolo, ha detto oggi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dalla Ria Novosti, commentando il recente bombardamento della regione russa di Belgorod.

“Ciò è stato possibile grazie al fatto che il regime di Kiev non esita a bombardare obiettivi civili e non esita a usare munizioni a grappolo quando spara contro il centro della città. Sottolineo, non contro le strutture militari, ma nel centro della città, dove non ci sono strutture militari”, ha detto Peskov ai giornalisti.L’esercito russo farà di tutto per ridurre al minimo il pericolo di bombardamenti dall’Ucraina e successivamente per eliminarlo completamente, ha aggiunto Peskov. Il 30 dicembre l’Ucraina ha bombardato la parte centrale della città russa di Belgorod, uccidendo 25 persone, tra cui 5 bambini. Il presidente russo Vladimir Putin ha definito l’attacco ucraino contro obiettivi civili un atto di terrorismo.

Belgorod è stata nuovamente bombardata il 2 gennaio, quando una persona è morta e cinque sono rimaste ferite. Ieri le forze armate russe hanno riferito di avere impedito il tentativo dell’Ucraina di effettuare un attacco con il sistema missilistico a lancio multiplo RM-70 Vampire.

Hezbollah ha colpito con i droni il quartier generale del Comando Nord di Israele

Hezbollah ha colpito con i droni il quartier generale del Comando Nord di IsraeleRoma, 9 gen. (askanews) – Hezbollah ha dichiarato di aver preso di mira il quartier generale del Comando Nord dell’esercito israeliano a Safed con diversi droni.

In una dichiarazione, Hezbollah afferma che l’attacco è una risposta all’assassinio, attribuito a Israele, dell’alto leader di Hamas Saleh al-Arouri a Beirut la scorsa settimana, e del comandante del gruppo libanese Wissam al-Tawil ieri nel sud del Libano. Secondo i media in libgua ebraica un drone esplosivo ha colpito il Comando israeliano a Safed, come annunciato da Hezbollah in una dichiarazione. Non ci sono feriti ma si registrano danni alle strutture.

In Francia attesa in tarda mattinata la nomina del nuovo premier

In Francia attesa in tarda mattinata la nomina del nuovo premierRoma, 9 gen. (askanews) – L’annuncio del nuovo primo ministro di Francia non dovrebbe avere luogo prima della tarda mattinata di oggi: lo hanno riferito all’Afp fonti vicine al presidente Emmanuel Macron, all’indomani delle dimissioni di Elisabeth Borne.

Il favorito resta il giovane e popolare ministro dell’Istruzione Gabriel Attal, anche se i ritardi nella scelta – secondo la stampa francese – accreditano le voci di resistenze interne, soprattutto da parte dei ministri Gérald Darmanin e Bruno Le Maire che, secondo una fonte vicina all’Eliseo, starebbero “alzando la posta” per “negoziare il loro accordo” per una promozione così repentina del 34enne macroniano.

L’agenzia Onu per gli affari umanitari (OCHA): l’aggressione su Gaza si è intensificata

L’agenzia Onu per gli affari umanitari (OCHA): l’aggressione su Gaza si è intensificataRoma, 9 gen. (askanews) – L’assalto israeliano a Gaza si è intensificato nelle ultime 24 ore, ha affermato l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) nel suo ultimo aggiornamento, con 249 palestinesi uccisi e altri 510 feriti secondo i dati del ministero della Salute del territorio, gestito da Hamas.

Nella dichiarazione, l’Ocha afferma che l’offensiva israeliana nel centro di Gaza e a Khan Younis, nel sud, sta avendo un impatto terribile, con “vittime in rapido aumento” e “conseguenze devastanti per decine di migliaia di civili”, molti dei quali erano già sfollati dopo essere fuggiti dai combattimenti nel nord di Gaza. Gli attacchi israeliani più mortali di lunedì includono uno contro case residenziali a Deir al Balah, in cui sarebbero state uccise 10 persone e decine ferite, e uno contro la scuola UNRWA di Al Maghazi, dove si rifugiavano gli sfollati e dove un numero imprecisato di persone è stato ucciso.

Il terremoto di Capodanno in Giappone ha provocato almeno 202 vittime

Il terremoto di Capodanno in Giappone ha provocato almeno 202 vittimeRoma, 9 gen. (askanews) – Il numero delle persone uccise nel potente terremoto che ha colpito il Giappone lo scorso 1 gennaio è salito ad oltre 200, secondo quanto precisato questa mattina dall’agenzia di stampa Kyodo, citando l’amministrazione locale.

Il precendente bilancio era di 180 vittime e 565 feriti. Il maggior numero di decessi è stato registrato nelle città di Suzu e Wajima, rispettivamente 91 e 81, mentre il totale delle vittime ammonta ora a 202.

Il primo giorno dell’anno, un terremoto di magnitudo 7,6, seguito da una serie di scosse di assestamento, ha colpito un’area vicina alla città di Suzu, nella penisola di Noto, nella prefettura di Ishikawa. La scossa è stata la più potente per la Penisola di Noto da quando sono iniziate le registrazioni nel 1885.

Blinken ha incontrato il coordinatore Onu per gli aiuti a Gaza: più assistenza

Blinken ha incontrato il coordinatore Onu per gli aiuti a Gaza: più assistenzaRoma, 9 gen. (askanews) – Il dipartimento di Stato americano afferma che il segretario di Stato Antony Blinken ha parlato con il nuovo coordinatore delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari e la ricostruzione nella Striscia di Gaza.

Secondo il Dipartimento di Stato, Blinken e Sigrid Kaag hanno chiesto di “rafforzare il meccanismo di coordinamento per fornire assistenza umanitaria ai civili a Gaza e facilitare l’assistenza alla parte settentrionale della Striscia di Gaza per consentire il ritorno degli sfollati”. Roma, 9 gen. (askanews) – “Hanno sottolineato un impegno condiviso per raggiungere i più vulnerabili, tra cui l’urgente aumento dell’ingresso di aiuti e beni commerciali a Gaza, l’incremento dell’uso di aiuti localizzati per soddisfare le esigenze immediate e il rafforzamento dei finanziamenti per l’assistenza umanitaria”, si legge nel documento del Dipartimento di Stato. La dichiarazione del Dipartimento di Stato viene rilasciata dopo l’arrivo di Blinken a Tel Aviv, dove è previsto un incontro con i leader israeliani per discutere della guerra in corso contro Hamas.

Ue, l’uscita di Michel (dopo l’annuncio di candidarsi alle Europee) e il rischio Orban al Consiglio europeo

Ue, l’uscita di Michel (dopo l’annuncio di candidarsi alle Europee) e il rischio Orban al Consiglio europeoRoma, 8 gen. (askanews) – L’annuncio, sabato scorso, dell’intenzione del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di presentarsi candidato alle elezioni europee di giugno ha creato una situazione inedita, con in più il rischio che a prendere il suo posto sia chiamato, solo per cinque mesi ma proprio nel momento delicato della gestione dei negoziati sulla nomina della nuova presidenza della Commissione europea, il più antieuropeo e filo russo dei leader dei Ventisette, l’ungherese Victor Orbßn.

La funzione del presidente stabile del Consiglio europeo, eletto per due anni e mezzo rinnovabili una volta, è stata introdotta dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore due anni dopo, il primo dicembre 2009. Prima di questa modifica del Trattato, la presidenza dei vertici europei era affidata proprio al capo del governo che esercitava la presidenza semestrale del Consiglio dell’Ue nelle sue varie formazioni ministeriali. Finora, non c’erano mai state dimissioni prima della fine del mandato da parte dei predecessori di Michel, Donald Tusk, recentemente ritornato al potere come premier in Polonia, e prima di lui un altro belga, Herman van Rompuy. Se verrà eletto alle elezioni europee, tra le file dei Liberali, Michel dovrà dimettersi da presidente del Consiglio europeo prima di entrare in carica come eurodeputato, dopo aver prestato giuramento, ovvero entro il 14 luglio. Era già previsto che i capi di Stato e di governo dei Ventisette si accordassero (a maggioranza qualificata, secondo l’articolo 15, paragrafo 5, del Trattato sull’Unione europea) per nominare il suo successore al vertice del 24 giugno, in cui Michel dovrebbe essere per l’ultima volta al suo posto. Ma il mandato dell’attuale presidente del Consiglio europeo scadrebbe normalmente il 30 novembre 2024.

I capi di Stato e di governo hanno a questo punto tre possibili strade davanti: 1) nominare a giugno il successore di Michel, decidendo anche di anticiparne a luglio l’entrata in funzione, invece che a fine novembre; 2) affidare la presidenza provvisoria, per i cinque mesi fino a novembre, al capo del governo che da luglio assumerà la presidenza semestrale di turno delle formazioni ministeriali del Consiglio Ue, l’ungherese Victor Orbßn (come prevede l’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento interno del Consiglio europeo); 3) decidere di affidare la guida del Consiglio europeo per l’ordinaria amministrazione a un presidente provvisorio (“caretaker”), sempre fino a fine novembre, quando entrerebbe in funzione il nuovo presidente. Fonti del Consiglio europeo facevano notare ieri che le procedure previste dal regolamento interno possono essere modificate a maggioranza semplice dai capi di Stato e di governo, nel caso in cui venisse scelta la prima o la terza opzione. “Ci sono molti strumenti se c’è la volontà politica di evitare Viktor Orbßn” come presidente provvisorio del Consiglio europeo, ha dichiarato Michel alla stampa. “Ci sono varie opzioni possibili”, ha aggiunto, confermando che le regole esistenti potrebbero essere “modificate a maggioranza semplice”.