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Francia, approvata legge su immigrazione con notevoli restrizioni

Francia, approvata legge su immigrazione con notevoli restrizioniMilano, 20 dic. (askanews) – Dopo una lunga lotta politica in Francia, ieri sera è stata approvata una nuova legge sull’immigrazione con notevoli restrizioni. Particolarmente severo il giudizio di Liberation oggi: “Implosione. Legge sull’immigrazione: all’Assemblea un governo in crisi cerca di salvare la faccia” titola Libé. Mentre secondo Le Figaro, il ministro della Sanità Aurélien Rousseau ha presentato le sue dimissioni. Ma a France 2 Francois Bayrou, capo del partito centrista Modem e uno dei partiti chiave della coalizione di Macron, ha affermato che il suo partito continua a sostenere il governo di Elisabeth Borne.

Il disegno di legge sull’immigrazione è stato adottato dall’Assemblea nazionale con 349 voti favorevoli e 186 contrari. Tra le altre cose, la nuova legge limita i benefici sociali per gli stranieri, inasprisce la legislazione sugli studenti stranieri e fissa quote per il numero di immigrati. “Il testo sull’immigrazione è stato votato in via definitiva”, ha subito registrato il ministro degli Interni Gérald Darmanin, su X (ex Twitter). Libé ha scelto come immagine per illustrare la notizia una foto di Marine Le Pen e Sébastien Chenu che sorridono, seduti in emiciclo. “Gli 88 deputati del Raggruppamento Nazionale hanno comunque votato a favore del testo. L’astensione delle truppe lepeniste, ovviamente, non avrebbe impedito la sua adozione”, precisa.

La legge inoltre rende più restrittiva la concessione della cittadinanza francese ai figli di stranieri e consente di negare la cittadinanza francese a coloro che hanno la doppia cittadinanza condannati per reati gravi. Il governo di centrodestra del presidente Emmanuel Macron è arrivato alla legge ora approvata, in parte spinto da tattiche elettorali e in parte dalla pressione dell’opposizione.

Iran, impiccata all’alba l’ex sposa bambina Samira Sabzian

Iran, impiccata all’alba l’ex sposa bambina Samira SabzianRoma, 20 dic. (askanews) – Samira Sabzian, ex sposa bambina in carcere in Iran da anni e condannata alla pena capitale per avere ucciso suo marito, è stata impiccata questa mattina all’alba nella Repubblica islamica. Lo riferisce l’ong Iran Human Rights.

Il direttore dell’organizzazione, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha confermato su X che Samira è stata “impiccata”, un’esecuzione avvenuta “davanti al mondo intero come testimone”. “Samira è stata vittima di anni di apartheid di genere, matrimoni precoci e violenza domestica, e oggi è vittima della macchina omicida di un regime incompetente e corrotto”, ha scritto il direttore di Iran Human Rights. “Un regime che si è sostenuto esclusivamente uccidendo e instillando paura”. “Ali Khamenei e gli altri leader della Repubblica Islamica devono essere ritenuti responsabili di questo crimine”, ha insistito Amiry-Moghaddam. “Come altre vittime della macchina delle esecuzioni del regime, Samira era tra i membri più vulnerabili della società senza voce. Una campagna di una settimana non è stata sufficiente per salvarla. Dobbiamo lottare ogni giorno per salvare le migliaia di altre persone che rischiano di diventare vittime della macchina omicida per preservare la sopravvivenza del regime”, ha concluso.

Sabzian si era sposata quando aveva 15 anni e quattro anni dopo, nel 2013, aveva ucciso il marito. Da allora si trovava in carcere. Solo di recente aveva potuto vedere i suoi due figli, dopo avere rinunciato a lungo a incontrarli per ottenere la clemenza della famiglia del marito.

M.O., Wp: Israele valuta cessate il fuoco di due settimane

M.O., Wp: Israele valuta cessate il fuoco di due settimaneRoma, 20 dic. (askanews) – Israele starebbe prendendo in considerazione un cessate il fuoco della durata di almeno due settimane, seguito da un graduale ritiro delle truppe israeliane, soprattutto nel nord di Gaza, nel tentativo di rilanciare un accordo per il rilascio degli ostaggi: è quanto si legge oggi sul Washington Post.

Secondo quanto riferito, fonti ufficiali israeliane e americane sarebbero interessate a riprendere le trattative per un accordo con Hamas, attraverso la mediazione del Qatar, con l’obiettivo di liberare il maggior numero dei 129 ostaggi israeliani ancora tenuti prigionieri a Gaza. Il quotidiano spiega che Israele starebbe valutando la possibilità di accettare un lungo cessate il fuoco che potrebbe durare circa due settimane, per consentire ad Hamas di localizzare gli ostaggi e restituirli a Israele.

Usa 2024, Trump escluso da primarie Colorado per l’assalto a Capitol Hill

Usa 2024, Trump escluso da primarie Colorado per l’assalto a Capitol HillRoma, 20 dic. (askanews) – Donald Trump è stato escluso dalle primarie del partito repubblicano in Colorado per la nomination per la Casa Bianca 2024 dalla Corte Suprema dello Stato che ha applicato il quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che impedisce l’elezione alle cariche pubbliche di funzionari responsabii di atti di “inserruzione o rivolto” contro le istituzioni della Repubblica, contestando il coinvolgimento dell’ex presidente nell’assalto al Campidoglio del 6 Gennaio 2021. La decisione della Corte Suprema del Colorado è stata assunta a maggioaranza. E’ la prima volta nella storia repubblicana americana che il Comma 3 del 14esimo Emendamento viene utilizzato per contestare la legittimità di una candidatura alla Casa Bianca. Trump ha già annunciato tramite i portavoce della sua campagna, ricorso contro l’esclusione, con richiesta di sospensione della clamorosa esclusione disposta dalla Corte suprema del Colorado

L’Unicef: Gaza è il posto più pericoloso al mondo per un bambino

L’Unicef: Gaza è il posto più pericoloso al mondo per un bambinoRoma, 19 dic. (askanews) – “La Striscia di Gaza è il luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino. E giorno dopo giorno, questa brutale realtà viene rafforzata. Nelle ultime 48 ore, il più grande ospedale che era rimasto pienamente funzionante è stato bombardato due volte. Quell’ospedale, Al Nasser a Khan Younis, non solo ospita un gran numero di bambini già gravemente feriti negli attacchi alle loro case, ma anche centinaia di donne e bambini che cercano sicurezza”. E’ quanto ha detto oggi il portavoce dell’Unicef, James Elder, rimarcando durante il briefing stampa al Palazzo delle Nazioni di Ginevra che “bambini e famiglie non sono al sicuro negli ospedali. Non sono al sicuro nei rifugi. E di certo non sono al sicuro nelle cosiddette zone ‘sicure’, perché queste cosiddette zone sicure sono tutt’altro che sicure”.

“Le parti in conflitto hanno ovviamente l’obbligo di prendere tutte le precauzioni possibili per proteggere la popolazione civile. In questo caso, una delle precauzioni prese è l’evacuazione. Cioè il trasferimento nelle cosiddette zone ‘sicure’. Come ha detto l’Onu più di un mese fa, queste zone non possono essere sicure né umanitarie se dichiarate unilateralmente. Inoltre, secondo il diritto internazionale, il luogo in cui si evacuano le persone deve avere risorse sufficienti per la sopravvivenza – strutture mediche, cibo e acqua. In altre parole, queste cosiddette zone sicure non sono sicure solo quando sono libere dai bombardamenti, ma anche quando queste condizioni – cibo, acqua, medicine, protezione – sono soddisfatte”, ha spiegato il portavoce dell’Unicef. “Tuttavia, nelle attuali condizioni di assedio, è impossibile garantire aiuti adeguati per queste zone. Ho visto di persona questa realtà – ha continuato – queste zone sono piccoli lembi di terra brulla, o angoli di strada, o edifici costruiti a metà, senza acqua, senza servizi, senza ripari dal freddo e dalla pioggia. E, criticamente, senza servizi igienici. Attualmente a Gaza c’è in media un bagno per 700 bambini e famiglie. Se si trasferiscono le famiglie in luoghi dove non ci sono servizi igienici, decine di migliaia di persone ricorreranno ai secchi o alla defecazione a cielo aperto. E così, senza acqua e servizi igienici, né ripari, queste cosiddette zone sicure sono diventate zone di malattia”.

“I casi di diarrea nei bambini sono oltre 100.000. Le malattie respiratorie acute fra i civili sono oltre 150.000. Entrambi i numeri sono una grossolana sottovalutazione della triste realtà – ha sottolineato Elder – con l’aumento della malnutrizione tra i bambini di Gaza, le malattie diarroiche stanno diventando mortali”. E ancora, “più di 130.000 dei bambini più vulnerabili di Gaza (quelli di età compresa tra 0 e 23 mesi) non vengono allattati e non ricevono pratiche alimentari complementari adeguate all’età, compresa l’integrazione di micronutrienti. In uno scenario del genere – e in assenza di acqua sicura, cibo e servizi igienici sufficienti, che solo un cessate il fuoco umanitario può portare – i bambini morti a causa delle malattie potrebbero superare quelli uccisi dai bombardamenti”.

“Mentre parliamo, la consegna degli aiuti è una questione di vita o di morte per i bambini di Gaza e le condizioni per fornire tali aiuti non sono soddisfatte – ha concluso – un cessate il fuoco umanitario immediato e duraturo è l’unico modo per porre fine all’uccisione e al ferimento dei bambini e alla loro morte per malattie, e per consentire la consegna urgente di aiuti salvavita disperatamente necessari”.

Gli Usa lanciano la missione nel Mar Rosso. Gli Houthi: gli attacchi continuano

Gli Usa lanciano la missione nel Mar Rosso. Gli Houthi: gli attacchi continuanoRoma, 19 dic. (askanews) – All’indomani dell’annuncio Usa del varo dell’Operazione Prosperity Guardian per la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso, il gruppo yemenita Houthi ha ribadito che continuerà ad attaccare le navi in transito in uno dei principali crocevia del sistema marittimo mondiale a sostegno del gruppo estremista palestinese Hamas contro “l’aggressione israeliana” nella Striscia di Gaza.

“La coalizione formata dagli americani punta a proteggere Israele e a militarizzare il mare senza alcuna giustificazione, e non impedirà allo Yemen di portare avanti le sue legittime operazioni a sostegno di Gaza”, ha scritto su X il caponegoziatore e portavoce Houthi, Mohamed Abdelsalam, che in un’intervista ad Al Jazeera ha poi riferito di “intensi colloqui” in corso per contenere le tensioni nel Mar Rosso. Già la scorsa settimana Abdelsalam aveva riferito di colloqui mediati dall’Oman con non meglio precisate “parti internazionali”, spiegando che “qualsiasi passo concreto” per affrontare la crisi umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, quali la fornitura di cibo e medicine, “contribuirebbe a ridurre l’escalation”. Ieri, durante la visita in Israele, il segretario alla Difesa Usa Austin ha definito l’escalation di attacchi degli Houthi “una sfida internazionale che richiede un’azione collettiva”, concretizzatasi poi nel lancio dell’operazione Prosperity Guardian, “una nuova importante iniziativa multinazionale di sicurezza sotto l’egida delle Forze marittime combinate e la guida della sua Task Force 153, che si concentra sulla sicurezza nel Mar Rosso”. All’operazione partecipano Regno Unito, Bahrein, Canada, Francia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna, “con l’obiettivo di garantire la libertà di navigazione per tutti i paesi e rafforzare la sicurezza e la prosperità regionale”.

Austin ha poi avuto oggi “una riunione ministeriale virtuale con ministri, capi della difesa e alti rappresentanti di 43 paesi, così come dell’Unione europea e della Nato”, per discutere della situazione. Nel corso del vertice ha ricordato che gli Houthi hanno lanciato “oltre 100 attacchi con droni e missili balistici, che hanno preso di mira 10 navi mercantili coinvolgendo più di 35 nazioni”. Il capo del Pentagono ha anche ricordato il sequestro della nave mercantile Galaxy Leader, con 25 membri di equipaggio, il 19 novembre scorso da parte del gruppo yemenita. L’escalation di attacchi ha indotto i principali operatori mondiali della spedizione e della logistica – MSC, CMA CGM, Hapag-Lloyd, Maersk – a sospendere la navigazione nel Mar Rosso. Stessa decisione assunta ieri dal colosso petrolifero BP, mentre la compagnia di navigazione taiwanese Evergreen ha annunciato che sospenderà le spedizioni di merci israeliane. Nel corso della riunione, Austin ha ricordato che ad oggi “il 10-15% del commercio globale passa attraverso il Mar Rosso e le compagnie di navigazione internazionali sono costrette a spostarsi attraverso il Capo di Buona Speranza, aggiungendo settimane alla consegna di beni e materiali essenziali, inclusi petrolio e gas”.

“È necessario aumentare la presenza” nell’area del Mar Rosso “al fine di creare le condizioni per la stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa della spinta inflazionistica”, ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha partecipato alla riunione di questa mattina. “L’Italia farà la sua parte, insieme alla comunità internazionale”, ha aggiunto il ministro, spiegando così la decisione di inviare nel Mar Rosso la Fremm (fregata europea multi-missione) “Virginio Fasan”.

Usa lanciano missione nel Mar Rosso, Houthi: gli attacchi continuano

Usa lanciano missione nel Mar Rosso, Houthi: gli attacchi continuanoRoma, 19 dic. (askanews) – All’indomani dell’annuncio Usa del varo dell’Operazione Prosperity Guardian per la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso, il gruppo yemenita Houthi ha ribadito che continuerà ad attaccare le navi in transito in uno dei principali crocevia del sistema marittimo mondiale a sostegno del gruppo estremista palestinese Hamas contro “l’aggressione israeliana” nella Striscia di Gaza.

“La coalizione formata dagli americani punta a proteggere Israele e a militarizzare il mare senza alcuna giustificazione, e non impedirà allo Yemen di portare avanti le sue legittime operazioni a sostegno di Gaza”, ha scritto su X il caponegoziatore e portavoce Houthi, Mohamed Abdelsalam, che in un’intervista ad Al Jazeera ha poi riferito di “intensi colloqui” in corso per contenere le tensioni nel Mar Rosso. Già la scorsa settimana Abdelsalam aveva riferito di colloqui mediati dall’Oman con non meglio precisate “parti internazionali”, spiegando che “qualsiasi passo concreto” per affrontare la crisi umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, quali la fornitura di cibo e medicine, “contribuirebbe a ridurre l’escalation”. Ieri, durante la visita in Israele, il segretario alla Difesa Usa Austin ha definito l’escalation di attacchi degli Houthi “una sfida internazionale che richiede un’azione collettiva”, concretizzatasi poi nel lancio dell’operazione Prosperity Guardian, “una nuova importante iniziativa multinazionale di sicurezza sotto l’egida delle Forze marittime combinate e la guida della sua Task Force 153, che si concentra sulla sicurezza nel Mar Rosso”. All’operazione partecipano Regno Unito, Bahrein, Canada, Francia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna, “con l’obiettivo di garantire la libertà di navigazione per tutti i paesi e rafforzare la sicurezza e la prosperità regionale”.

Austin ha poi avuto oggi “una riunione ministeriale virtuale con ministri, capi della difesa e alti rappresentanti di 43 paesi, così come dell’Unione europea e della Nato”, per discutere della situazione. Nel corso del vertice ha ricordato che gli Houthi hanno lanciato “oltre 100 attacchi con droni e missili balistici, che hanno preso di mira 10 navi mercantili coinvolgendo più di 35 nazioni”. Il capo del Pentagono ha anche ricordato il sequestro della nave mercantile Galaxy Leader, con 25 membri di equipaggio, il 19 novembre scorso da parte del gruppo yemenita. L’escalation di attacchi ha indotto i principali operatori mondiali della spedizione e della logistica – MSC, CMA CGM, Hapag-Lloyd, Maersk – a sospendere la navigazione nel Mar Rosso. Stessa decisione assunta ieri dal colosso petrolifero BP, mentre la compagnia di navigazione taiwanese Evergreen ha annunciato che sospenderà le spedizioni di merci israeliane. Nel corso della riunione, Austin ha ricordato che ad oggi “il 10-15% del commercio globale passa attraverso il Mar Rosso e le compagnie di navigazione internazionali sono costrette a spostarsi attraverso il Capo di Buona Speranza, aggiungendo settimane alla consegna di beni e materiali essenziali, inclusi petrolio e gas”.

“È necessario aumentare la presenza” nell’area del Mar Rosso “al fine di creare le condizioni per la stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa della spinta inflazionistica”, ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha partecipato alla riunione di questa mattina. “L’Italia farà la sua parte, insieme alla comunità internazionale”, ha aggiunto il ministro, spiegando così la decisione di inviare nel Mar Rosso la Fremm (fregata europea multi-missione) “Virginio Fasan”.

Hamas respinge l’ipotesi di tregua per un nuovo scambio di prigionieri

Hamas respinge l’ipotesi di tregua per un nuovo scambio di prigionieriRoma, 19 dic. (askanews) – “Affermiamo la nostra posizione di rifiuto categorico di tenere qualsiasi forma di negoziato sullo scambio di prigionieri nel contesto della continua guerra genocida israeliana”, ha detto Basem Naem, alto funzionario del di Hamas, secondo Haaretz e Guardian. “Siamo, tuttavia, aperti a qualsiasi iniziativa che contribuisca a porre fine all’aggressione contro il nostro popolo e ad aprire i valichi per portare aiuti e fornire soccorso al popolo palestinese”, ha aggiunto. La dichiarazione arriva mentre il presidente israeliano Isaac Herzog ha detto che “Israele è pronto a un’altra pausa umanitaria per consentire il rilascio degli ostaggi.

Rd Congo domani al voto per eleggere il nuovo presidente

Rd Congo domani al voto per eleggere il nuovo presidenteRoma, 19 dic. (askanews) – Circa 44 milioni di elettori sono chiamati alle urne domani nella Repubblica democratica del Congo per eleggere il nuovo capo dello Stato, l’Assemblea nazionale e i parlamenti provinciali e, per la prima volta, i membri dei consigli municipali. Il presidente uscente Félix Tshisekedi, in corsa per un secondo e ultimo mandato di cinque anni, è visto come favorito a fronte di un’opposizione che non è riuscita a esprimere un unico candidato. I suoi principali avversari sono il ricco uomo d’affari ed ex governatore della provincia del Katanga, nonché proprietario della squadra di calcio TP Mazembe, Moise Katumbi; l’uomo ritenuto da molti osservatori il vero vincitore delle elezioni del 2018, Martin Fayulu; e il premio Nobel per la pace, il medico Denis Mukwege, noto per il suo lavoro a favore delle donne sopravvissute allo stupro.

La Repubblica Democratica del Congo è il paese più grande dell’Africa sub-sahariana: si estende su un’area pari a quella dell’Europa occidentale, con una popolazione stimata di oltre 100 milioni di persone. Dimensioni che pongono non poche sfide logistiche al processo elettorale, anche a fronte dell’instabilità cronica delle regioni orientali che hanno costretto milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Stando agli ultimi dati Onu, sono circa 5,8 milioni gli sfollati nelle province orientali Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganica. Ma la Repubblica democratica del Congo è anche un paese ricco di risorse naturali, che potrebbe guidare la transizione energetica globale e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Oltre a essere ricco di coltan, usato nella produzione di dispositivi elettrici, è anche uno dei principali produttori mondiali di rame e cobalto, due metalli chiave per l’industria dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili, e conta anche ricchi giacimenti di oro, petrolio e gas in gran parte non ancora sfruttati. La Repubblica democratica del Congo ospita anche circa due terzi della seconda foresta pluviale tropicale più grande al mondo dopo l’Amazzonia, che ogni anno assorbe centinaia di milioni di tonnellate di anidride carbonica che contribuisce al riscaldamento del clima.

Risorse che potrebbero rendere il paese un motore di crescita regionale, mentre oggi è ancora fonte di instabilità e vittima di interferenze esterne. Chiunque vincerà le elezioni di domani sarà quindi chiamato ad affrontare sfide importanti, prima tra tutte la cessazione dei conflitti nell’est e la pace con il vicino Ruanda, accusato da Kinshasa, ma anche dall’Onu, di sostenere i ribelli del gruppo M23 per depredare le risorse minerarie che si trovano nelle zone orientali del Paese. Accuse sempre respinte da Kigali. Già un processo elettorale pacifico e trasparente potrebbe favorire un clima di fiducia da parte di alleati e investitori verso le intenzioni di Kinshasa di puntare alla stabilità, e a una migliore governance, per sostenere lo sviluppo e attrarre gli investimenti di cui ha bisogno per sfruttare le sue ricchezze e diventare una potenza continentale. E su questo hanno puntato il presidente uscente e i suoi alleati, che durante la campagna elettorale hanno presentato il voto come una lotta per il futuro stesso del Paese. “Ci stiamo riprendendo il nostro Paese. Questa è la posta in gioco in queste elezioni”, ha detto il ministro delle Finanze, Nicolas Kazadi, al Financial Times.

Le elezioni si svolgeranno in un unico turno: chiunque domani otterrà la maggioranza dei voti sarà il prossimo capo dello Stato, indipendentemente che ottenga o meno più del 50% delle preferenze. Secondo il calendario elettorale, i risultati provvisori sono attesi il 31 dicembre, mentre il giuramento del nuovo presidente si terrà il 20 gennaio.

Google pagherà 700 milioni di dollari multa all’antitrust Usa

Google pagherà 700 milioni di dollari multa all’antitrust UsaNew York, 19 dic. (askanews) – La società madre di Google, Alphabet, ha accettato di pagare 700 milioni di dollari e di apportare alcune modifiche al suo app store, in risposta ad una causa antitrust presentata da 36 stati americani e dal distretto di Columbia. Gli stati accusano il motore di ricerca posto barriere per impedire l’uso di opzioni di pagamento in-app alternative e ha stretto accordi per scoraggiare altri metodi di distribuzione delle app. Il tribunale ha stabilito che Alphabet contribuirà con 630 milioni di dollari a un fondo di compensazione distribuito a beneficio dei consumatori e verserà 70 milioni di dollari in un fondo utilizzato dagli Stati. Gli sviluppatori ora potranno anche utilizzare un sistema di fatturazione alternativo all’opzione di fatturazione di Google Play. L’accordo prevede inoltre che Alphabet semplifichi il processo di download delle app direttamente dai siti Web degli sviluppatori senza utilizzare sempre Google Play.