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Metsola: serve un sistema europeo di difesa che integri la Nato

Metsola: serve un sistema europeo di difesa che integri la NatoRoma, 13 feb. (askanews) – La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ritiene che l’Europa debba creare un nuovo sistema di sicurezza e difesa che integri la Nato, anziché competere con essa.


“Il dibattito sulla nostra autonomia strategica deve passare dalla teoria alla pratica. Ciò è vero quando si tratta della nostra competitività, delle nostre forniture energetiche, del commercio e, ovviamente, della difesa. L’Europa deve potenziare le proprie capacità e creare un nuovo quadro di sicurezza e difesa che integra e non compete con la Nato”, ha detto Metsola al parlamento estone. Durante la sua visita in Estonia, Metsola ha incontrato il presidente estone Alar Karis, il presidente del parlamento Lauri Hussar e il primo ministro Kaja Kallas.

M.O., altolà di Biden a operazione su Rafah: lavoriamo a tregua

M.O., altolà di Biden a operazione su Rafah: lavoriamo a treguaMilano, 12 feb. (askanews) – Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha espresso la sua contrarietà all’operazione su Rafah annunciata da Israele, e ha rilanciato invece la possibilità di una tregua di “almeno sei settimane” come conseguenza di un accordo sugli ostaggi cui gli Usa stanno lavorando.


Nelle dichiarazioni alla stampa dopo l’incontro alla Casa Bianca con il re Abdallah II di Giordania, Biden ha premesso che gli Usa “condividono con Israele l’obiettivo di sconfiggere Hamas”, ma ha anche sottolineato come siano “troppi, troppi, i 27 mila palestinesi uccisi inclusi migliaia di bambini. Ogni vittima innocente in Gaza è una tragedia, come è una tragedia ogni vittima israeliana”. Anche per questo la “grande operazione” militare preannunciata da Israele a Rafah “non dovrebbe avere luogo senza un piano credibile per la sicurezza e il sostegno dell’oltre un milione di persone che si rifugiano lì. Molte persone hanno dovuto spostarsi, più volte, scappando dalle violenze nel Nord, e ora sono concentrate a Rafah, esposte e vulnerabili: devono essere protetti. E fin dall’inizio abbiamo detto chiaramente che ci opponiamo a ogni evacuazione forzata di palestinesi da Gaza”. Anche per questo “oggi con il re abbiamo discusso di come aumentare gli aiuti umanitari”. Biden ha poi spiegato che gli Stati Uniti stanno lavorando ad un “accordo sugli ostaggi” tra Israele e Hamas “che porti a un’immediata tregua a Gaza per almeno sei settimane, che dia il tempo di costruire qualcosa di più duraturo. Stiamo lavorando notte e giorno per una pace tra palestinesi e Israele”, che garantisca “sicurezza e dignità per entrambi”, ha detto Biden che ha ricordato come nei mesi scorsi “ho ricevuto richieste dal primo ministro Netanyahu e dai leader di Egitto e Qatar per portare avanti questo progetto. Gli elementi chiave dell’accordo sono sul tavolo ma ci sono ancora delle distanze. Continuiamo a lavorare per raggiungere un accordo e gli Stati Uniti faranno tutto il possibile affinchè ciò accada”, ha concluso sul punto. Biden ha poi ribadito che “continueranno gli attacchi” americani contro le milizie supportate dall’Iran in Iraq e Siria.


Dal canto suo, re Abdallah II ha chiesto “un immediato e duraturo cessate il fuoco”, e ha sottolineato che le restrizioni sugli aiuti umanitari stanno portando a condizioni inumane”, facendo presente che “nessun’altra agenzia Onu può svolgere il lavoro che svolge l’UNRWA. Inoltre il re di Giordania ha denunciato la situazione nella West Bank e a Gerusalemme: circa 400 palestinesi sono stati uccisi nella West Bank dal 7 di ottobre, e tra questi quasi 100 bambini”. E ha ammonito: “La continua escalation da parte dei coloni estremisti e l’espansione degli insediamenti illegali scateneranno il caos nell’intera regione”.

M.O., Borrell chiede agli Usa di non fornire più armi a Israele

M.O., Borrell chiede agli Usa di non fornire più armi a IsraeleBruxelles, 12 feb. (askanews) – L’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Josep Borrell, ha messo sul tavolo oggi a Bruxelles quattro convinti “no” dell’Europa nei confronti delle posizioni di Israele rispetto a quanto sta avvenendo in Medio Oriente, durante la riunione informale dei ministri della Cooperazione e Sviluppo dei Ventisette svoltasi oggi nella capitale belga. E soprattutto ha detto in modo chiaro e diretto agli Stati Uniti e agli altri paesi fornitori che dovrebbero smettere di rifornire di armi Israele, se davvero vogliono convincere il suo governo a smettere di uccidere così tanti civili palestinesi a Gaza. á


È il primo dei “no” di Borrell; “no” a questi attacchi alla popolazione della Striscia di Gaza, che sono una reazione all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre sempre più sproporzionata e inaccettabile, con le ormai 100.000 persone rimaste uccise, ferite o disperse (come ha ricordato Philippe Lazzarini, il responsabile dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa, che era presente alla riunione). Bisogna esercitare pressioni più efficaci sul premier israeliano Benjamin Netanyahu, e questo l’Europa non può farlo, ha osservato l’Alto Rappresentante, perché non fornisce armi a Israele, mentre possono farlo gli Usa. Un secondo “no” è quello ai piani di Netanyahu di evacuare e attaccare la città di Rafah, ultima porzione della Striscia a ridosso con l’Egitto in cui si è rifugiata ed è sostanzialmente rinchiusa gran parte della popolazione civile, senza possibilità di fuga. “Un milione e settecentomila persone – ha ricordato Borrell – schiacciate contro un muro che non possono fuggire. Sono sotto i bombardamenti e non sono in grado di scappare via. Questa è la situazione e spero che il mondo intero ne tenga conto”.


Ancora un “no”, poi, alla condanna senza prove e senza appello dell’Unrwa, mentre sono in corso le indagini dell’Onu sulle accuse ad alcuni suoi agenti accusati (“12 su 30.000”, ha puntualizzato Borrell) di aver partecipato ai raid terroristici di Hamas: valgono per l’Agenzia per i rifugiati palestinesi il principio di presunzione d’innocenza, e l’altro principio giuridico secondo cui le responsabilità sono individuali e non collettive, e quindi vanno punite le persone che si dimostrerà che sono colpevoli, e non l’intera organizzazione, ha rilevato l’Alto Rappresentante. E infine un “no” alla sospensione ai finanziamenti vitali all’Unrwa, che alcuni paesi dell’Ue (tra cui l’Italia) e dell’Occidente hanno deciso, in attesa delle conclusioni delle indagini indipendenti. Questo perché l’Agenzia Onu, che Tel Aviv da anni vorrebbe cancellare, sta facendo un enorme lavoro, insostituibile, e tanto più necessario e urgente in questa tremenda crisi umanitaria che proprio il governo di Israele sta rendendo sempre più grave. Borrell ha puntualizzato, tra l’altro, che l’Ue procederà con i suoi finanziamenti previsti a marzo, perché la condizione per il loro esborso era che fosse lanciata, e non che terminasse l’inchiesta, che potrebbe durare molto a lungo, e nel frattempo non si può prosciugare l’aiuto ai rifugiati palestinesi.


Ma è il primo “no” quello che sicuramente farà più rumore, come un tabù infranto. “In tanti, e di recente anche il presidente americano Joe Biden – ha ricordato l’Alto Rappresentante rispondendo ai giornalisti stamattina al suo arrivo alla riunione ministeriale – hanno detto che le operazioni” militari a Gaza “non sono più proporzionate, che il numero dei civili uccisi è intollerabile. E questa valutazione viene fatta da sempre più persone nel mondo”, che stanno “avvertendo Israele di non proseguire su questa strada. Ma la mia domanda è: a parte le parole, che cos’altro pensate che debba essere fatto, se credete che il prezzo in termini di morti sia troppo alto? Avete delle possibilità di ridurlo?” ha chiesto Borrell, con un messaggio rivolto chiaramente agli Stati Uniti. “Io non pretendo – ha detto ancora l’Alto Rappresentante, rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa al termine del Consiglio informale – di essere responsabile della politica estera degli Stati Uniti, ho già abbastanza da fare per la politica estera dell’Unione europea. Ma siamo logici: quante volte abbiamo sentito i leader più importanti e i ministri degli Esteri di tutto il mondo dire che troppe persone vengono uccise? Il presidente Biden – ha ripetuto – ha detto che questo è troppo, che non è proporzionato. Ebbene, se credete che si stiano uccidendo troppe persone, forse dovreste fornire meno armi per evitare che così tante persone vengano uccise. Non è logico, questo?”.


“Nel 2006, durante la guerra contro il Libano – ha ricordato Borrell – gli Stati Uniti avevano già preso questa decisione. Già allora avevano deciso di sospendere la fornitura di armi a Israele, perché Israele non voleva fermare la guerra”. Questa è “esattamente la stessa cosa che accade oggi. Tutti vanno a Tel-Aviv, implorando: ‘Per favore, non fatelo, proteggete i civili, non uccidetene così tanti’”. “Quanti devono essere perché siano troppi? Qual è la norma? Ma Netanyahu non ascolta nessuno”. Il primo ministro israeliano dice che i civili di Rafah “stanno per evacuare”, ma, ha chiesto ancora l’Alto Rappresentante, “dove? Sulla Luna? Dove saranno evacuate queste persone? Insomma, se la comunità internazionale crede che questo sia un massacro, che si stiano uccidendo troppe persone, forse è il caso di ápensare alla fornitura di armi” a Israele. “E a proposito – ha aggiunto Borrell – oggi un tribunale olandese ha ordinato al governo dei Paesi Bassi di interrompere l’esportazione in Israele di pezzi di ricambio dei caccia F-35, per assicurare l’attuazione della decisione della Corte internazionale di giustizia”. Insomma, “ogni Stato membro è padrone della propria politica estera. Ma è un po contraddittorio continuare a dire che ci sono troppe persone uccise, chiedere per favore di prendersi cura delle persone, di non ucciderne così tanti, per favore. Smettetela di dire per favore e fate qualcosa”, ha concluso l’Alto Rappresentante.

Hamas: morti tre degli otto ostaggi feriti nel raid di Israele a Rafah

Hamas: morti tre degli otto ostaggi feriti nel raid di Israele a RafahRoma, 12 feb. (askanews) – Tre degli otto ostaggi israeliani gravemente feriti in seguito ai raid aerei israeliani sono morti per le lesioni riportate. Lo ha dichiarato l’ala armata di Hamas. “Rimanderemo l’annuncio dei nomi e delle foto dei morti ai prossimi giorni, fino a quando non sarà chiaro il destino degli altri feriti”, hanno dichiarato le Brigate al Qassam in una nota. Questa dichiarazione segue l’attacco israeliano a Rafah, durante la notte, in cui le forze speciali e altri militari hanno salvato due ostaggi sequestrati da Hamas, mentre decine di persone sono morte a causa della distruzione collaterale provocata dagli attacchi aerei israeliani. Gli ostaggi erano detenuti nella città di Rafah, nell’estremo sud di Gaza, al confine con l’Egitto, dove sono ammassati residenti e rifugiati palestinesi.

Usa24, la vicepresidente Kamala Harris: “Sono pronta a servire”

Usa24, la vicepresidente Kamala Harris: “Sono pronta a servire”Roma, 12 feb. (askanews) – La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha affermato di essere pronta a ricoprire il ruolo di leader, in un’intervista al Wall Street Journal, mentre aumentano le preoccupazioni degli elettori sull’età del presidente Joe Biden in vista della scadenza elettorale di novembre.


La 59enne Harris ha dovuto affrontare un crescente controllo sulle proprie capacità come prima in linea di “successione” alla presidenza nel caso in cui Biden, 81 anni, fosse incapace o si dimettesse. “Sono pronta a servire. Non c’è dubbio su questo”, ha detto Harris al giornale quando le è stato chiesto se le preoccupazioni degli elettori sull’età di Biden significassero che lei doveva convincerli delle sue credenziali. Tutti coloro che la vedono al lavoro “se ne vanno pienamente consapevoli della mia capacità di guidare”, ha affermato Harris, la prima vicepresidente nera, sud-asiatica e donna nella storia degli Stati Uniti. Harris ha assunto un ruolo crescente nella campagna di rielezione di Biden, concentrandosi su temi tra cui l’aborto, in vista del voto di novembre in cui Biden dovrebbe affrontare un nuovo duello con l’ex presidente Donald Trump.

L’alto commissario Onu per i diritti lancia un appello per frenare Israele

L’alto commissario Onu per i diritti lancia un appello per frenare IsraeleRoma, 12 feb. (askanews) – L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha invitato le potenze mondiali a “contenere piuttosto che fare concessioni” a Israele, mentre cresce il timore di un’incursione di terra contro oltre un milione di palestinesi intrappolati nell’estremo sud di Gaza.


Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giurato di inviare truppe di terra nell’affollata area di Rafah, come parte del suo obiettivo di eliminare Hamas. Le sue dichiarazioni hanno scatenato l’allerta internazionale, come riporta la France Presse. “Una potenziale incursione militare a tutti gli effetti a Rafah – dove circa un milione e mezzo di palestinesi sono ammassati contro il confine egiziano senza poter fuggire da nessuna parte – è terrificante, data la prospettiva che un numero estremamente elevato di civili, ancora una volta soprattutto bambini e donne, sarà probabilmente ucciso e ferito”, ha sottolineato l’agenzia.


“Purtroppo, vista la carneficina compiuta finora a Gaza, è del tutto immaginabile quello che si prospetta a Rafah”, ha dichiarato Turk in un comunicato, “Oltre al dolore e alla sofferenza per le bombe e i proiettili, questa incursione a Rafah potrebbe anche significare la fine dei magri aiuti umanitari che sono entrati e distribuiti, con enormi implicazioni per tutta Gaza, comprese le centinaia di migliaia di persone a grave rischio di fame e carestia nel Nord”.

La Commissione europea: nessuna missione in Italia per un’inchiesta sullo stato di diritto

La Commissione europea: nessuna missione in Italia per un’inchiesta sullo stato di dirittoBruxelles, 12 feb. (askanews) – La Commissione europea ha smentito, a Bruxelles, la notizia secondo cui una delegazione di funzionari Ue sarebbe stata inviata a Roma per svolgere colloqui riservati con i funzionari italiani riguardo alla situazione dello stato di diritto in Italia. Notizia riferita dal quotidiano Repubblica. E’ vero invece, ha precisato un portavoce dell’esecutivo comunitario, che oggi cominciano degli incontri virtuali online con tutti gli Stati membri al fine di aggiornare il “Rapporto annuale sullo stato di diritto” in ognuno dei 27 paesi.


La Commissione, ha detto il portavoce Christian Wigand rispondendo ai giornalisti durante il briefing quotidiano, in genere “non commenta le fughe di notizie sui media, ma penso che sia importante chiarire una o due cose, anche in relazione ad alcune notizie apparse sulla stampa. Di certo – ha affermato – non c’è alcuna indagine o ispezione in corso in Italia. Quello che posso dire è che ovviamente, in questo periodo dell’anno, stiamo preparando il Rapporto annuale sullo stato di diritto, che facciamo per tutti i nostri 27 Stati membri. In questo contesto, abbiamo molti incontri con rappresentanti di governi nazionali, con portatori di interesse e Ong, eccetera”. “E abbiamo – ha continuato il portavoce – 27 ‘visite virtuali per Paese’, è così che le chiamiamo, in cui i servizi della Commissione incontrano i rappresentanti delle autorità nazionali e discutono sulla base di un questionario preparato in anticipo, e poi ci sono alcune domande di follow-up inviate agli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia, come per tutti gli altri Stati membri – ha puntualizzato Wigand -, questo è esattamente il punto in cui siamo ora. In effetti sono iniziati stamattina gli specifici incontri virtuali per Paese, a livello tecnico, durante i quali abbiamo normali scambi con le controparti, nella preparazione delle relazioni sullo stato di diritto. Niente di più, niente di meno”.


“In effetti è un incontro online, come avviene con tutti gli Stati membri, non c’è alcuna delegazione in Italia”, ha confermato poi il portavoce rispondendo alla specifica domanda di un altro giornalista. Alla domanda se il questionario inviato oggi all’Italia sia uguale a quello dell’anno scorso, e se vi siano domande specifiche all’Italia diverse da quelle per gli altri Stati membri, Wigand ha replicato: “Non posso entrare nei dettagli delle discussioni, troverete la nostra posizione nel Rapporto sullo stato di diritto”, quando verrà pubblicato.


“Ma posso dare un spiegazione generale – ha aggiunto il portavoce – su come funziona il sistema: c’è un questionario generale e poi ci sono più tardi alcune domande più dettagliate, che vengono condivise e discusse, e che coprono sempre i quattro pilastri del Rapporto sullo stato di diritto: i sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, il pluralismo dei media e poi gli altri pesi e contrappesi istituzionali. Questo – ha concluso Wigand – è il normale processo che si sta svolgendo ora”.

Bandita da Israele la relatrice speciale Onu Francesca Albanese

Bandita da Israele la relatrice speciale Onu Francesca AlbaneseRoma, 12 feb. (askanews) – Dopo che l’inviata speciale dell’Onu per i palestinesi ha espresso la sua opinione sul massacro di Hamas del 7 ottobre, i ministeri degli Esteri e dell’Interno israeliano hanno annunciato che Francesca Albanese non potrà entrare in Israele. Da mesi il ministero dell’Interno rifiuta il visto ad Albanese, che ora è ufficialmente bandita dal territorio israeliano sine die.


“L’era del silenzio degli ebrei è finita”, hanno affermato i ministri degli Esteri Israel Katz e dell’Interno Moshe Arbel in una dichiarazione congiunta relativa a Francesca Albanese. “Se l’Onu vuole tornare ad essere un organismo rilevante, i suoi leader devono sconfessare pubblicamente le parole antisemite dell’Inviata Speciale – e licenziarla in modo permanente. Impedirle di entrare in Israele potrebbe ricordarle il vero motivo per cui Hamas ha massacrato bambini, donne e adulti”. “Le vittime del 7/10 non sono state uccise a causa del loro ebraismo, ma in risposta all’oppressione di Israele”, ha scritto in un tweet in risposta a un post di Le Monde in cui si parlava del presidente francese Emmanuel Macron che onorava le vittime francesi dell’assalto di Hamas.


“Il ‘più grande massacro antisemita del nostro secolo’? No, signor Emmanuel Macron. Le vittime del 7/10 non sono state uccise a causa del loro ebraismo, ma in risposta all’oppressione di Israele. La Francia e la comunità internazionale non hanno fatto nulla per impedirlo. I miei rispetti alle vittime”, ha aggiunto Albanese.

Londra: preoccupa un’offensiva militare a Rafah, Israele si fermi

Londra: preoccupa un’offensiva militare a Rafah, Israele si fermiRoma, 12 feb. (askanews) – Il portavoce ufficiale di Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito, ha dichiarato di essere “profondamente preoccupato” per la prospettiva di un’offensiva militare a Rafah. La città, al confine con l’Egitto, è una delle poche regioni non ancora prese di mira da un’offensiva di terra israeliana e sta offrendo rifugio a oltre la metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza che sono fuggiti dai combattimenti altrove. Il portavoce ufficiale del Primo Ministro ha dichiarato che “siamo ovviamente molto preoccupati per la prospettiva di un’offensiva militare a Rafah. Più della metà della popolazione di Gaza si rifugia lì e questo valico è fondamentale per garantire che gli aiuti possano raggiungere le persone che ne hanno disperatamente bisogno”.


Il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, ha dichiarato che Israele dovrebbe “fermarsi e riflettere seriamente” prima di intraprendere ulteriori azioni a Rafah, che è stata colpita da pesanti attacchi aerei durante la notte. Cameron ha aggiunto che molte delle persone a Rafah sono già fuggite da altre zone e che non c’è nessun altro posto dove andare. Parlando con i giornalisti a East Kilbride, in Scozia, ha dichiarato che “siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo a Rafah perché, diciamolo chiaramente, le persone che si trovano lì, molte si sono spostate quattro, cinque, sei volte prima di arrivarcì. Pensiamo che sia davvero impossibile capire come si possa combattere una guerra tra queste persone, che non possono andare da nessuna parte”. “Non possono andare a sud in Egitto, non possono andare a nord e tornare alle loro case perché molte sono state distrutte. Siamo quindi molto preoccupati per la situazione e vogliamo che Israele si fermi e rifletta seriamente prima di intraprendere qualsiasi altra azione”, ha sottolineato, “Ma soprattutto vogliamo una pausa immediata nei combattimenti. Vogliamo che questa pausa porti a un cessate-il-fuoco, un cessate-il-fuoco sostenibile senza il ritorno a ulteriori combattimenti. Questo è ciò che dovrebbe accadere ora”.


“Dobbiamo liberare gli ostaggi, compresi i cittadini britannici”, ha concluso il titolare del Foreign Office, “Dobbiamo far arrivare gli aiuti. Il modo migliore per farlo è fermare subito i combattimenti e trasformarli in un cessate il fuoco permanente e sostenibile”.

Il presidente argentino Milei: lo Stato è il nemico

Il presidente argentino Milei: lo Stato è il nemicoRoma, 12 feb. (askanews) – “Filosoficamente sono anarcocapitalista e quindi sento un profondo disprezzo per lo Stato. Io ritengo che lo Stato sia il nemico, penso che lo Stato sia un’associazione criminale”. Così il presidente dell’Argentina Javier Milei, in un’intervista che andrà in onda questa sera, lunedì 12 febbraio, a Quarta Repubblica, il talk show condotto da Nicola Porro in prima serata su Retequattro. Nella conversazione, Milei definisce il comunismo “una malattia dell’anima” mentre spiega di aver riconsiderato la sua posizione su papa Francesco.


A seguire alcuni passaggi dell’intervista: Nicola Porro: “Allora buonasera Presidente, senta le voglio chiedere subito una cosa non politica, ma una cosa che riguarda la sua famiglia. Sua nonna materna è figlia di immigrati italiani, noi siamo italiani, lei è a Roma è una visita importante. Cosa senta ancora dell’italianità?”. Javier Milei: “Innanzitutto per il 75% sono italiano, assolutamente italiano perché i due genitori di mio padre erano italiani di fatto e da parte di mia mamma la mamma era di origine italiana e il padre di origine jugoslave, di conseguenza ho il 75% di sangue italiano e sembra che attira abbastanza tutto sommato, perché ho una passione incredibile per l’Opera italiana, soprattutto la parte che si riferisce a Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini e ogni volta che posso, per ragioni di lavoro nel settore privato, ogni volta che dovevo fare un viaggio in Europa, lo facevo con Alitalia perché potevo fare scalo a Roma “.


Nicola Porro: “Non c’è più Alitalia, privatizzata o fallita non lo so”. Javier Milei: “Va bene, comunque in quel momento facevo così, poi ho cambiato il mio lavoro e facevo scalo a Roma”.


Nicola Porro: “Senta, lei si è definito un presidente liberale e libertario e dice che è un unico nella storia. Perché lei si sente così unico ad essere liberale e libertario?”. Javier Milei: “Innanzitutto perché sicuramente sono il primo liberale libertario a essere Presidente e non è un sentimento è una realtà, un fatto. Poi c’è un altro aspetto che ha a che fare con il fatto che io filosoficamente sono anarco capitalista e quindi sento un profondo disprezzo per lo Stato. Ritengo che lo Stato sia il nemico, io penso che lo Stato sia un’associazione criminale”.


Nicola Porro: “Come un’associazione criminale?”. Javier Milei: “Ma assolutamente sì, di fatto lo Stato è un’associazione criminale in cui un insieme di politici si mettono d’accordo e decidono di utilizzare il monopolio per rubare le risorse del settore privato, ma di fatto come diceva Oppenheimer, il metodo da usare nel mercato è l’investimento, il commercio e il metodo dello Stato è invece appunto il rubare e quindi lo Stato non è soltanto l’associazione criminale più grande del mondo ma inoltre è il ladrone stazionario più grande del mondo. Perché che cosa succede? Il ladro volgare è aleatorio. Io propongo al pubblico di pensare a quante volte le persone sono state attaccate da un ladro negli ultimi anni, una volta, due volte, forse, è stato un disastro, magari cinque volte, ma ogni volta che vai a comprare qualcosa in un luogo, ti sta rubando lo Stato tramite le tasse; quindi, lo Stato ti ruba tutti i giorni. Concettualmente bisogna dire che tutto ciò è molto molto forte, perché vi è una situazione in cui c’è un mondo in cui il liberale libertario – noi ci rivolgiamo al mondo reale – quindi la discussione sul fatto se dobbiamo entrare o meno nella politica vi sono degli ingenui, che quasi potrei dire tonti, che di fatto pensano che facendo la cosa contraria a quello che dice lo Stato, riesce a ottenere risultati. Ma lo Stato ha il potere di arrestare le persone, i politici non si vedono impattati, non vedono i poteri in gioco. Ma in questo mi sono reso conto che l’unico modo che c’era di entrare nel sistema è dinamitare il sistema”. Nicola Porro: “Ma lei viene considerato dalla stampa internazionale populista. Io questo contesto: un populista non dice “Non c’abbiamo soldi”. Dice, al contrario, “Spenderemo tanti soldi, evidentemente”. Però c’è una questione che le voglio chiedere su questo. Lei non pensa che una volta che entra nella Casa Rosada – un po me l’ha detto prima – una volta che entra nel centro del potere, dovrà moderarsi? Fra un anno, Lei, Milei, non dirà più “Lo Stato è il nemico”, perché lo Stato sarà Lei”. Javier Milei: “No. No. Io non pensavo che Lei mi insultasse” Nicola Porro: “No, non volevo. (Ride, ndr). Non si arrabbi. Il vero insulto per lei è “comunista” ” Javier Milei: “Questo insulto è comunista” Nicola Porro: “Ma non esistono più i comunisti, Milei” Javier Milei: “Ah, non esistono? Vi sono molti socialisti, che a lungo termine vogliono arrivare a questo. Sono comunisti vigliacchi. Ma, diciamolo in un altro modo. Guardi, una delle cose che abbiamo fatto, in questi cinquanta giorni, è stata di avviare e mettere in moto delle riforme strutturali. Di queste riforme, 350 sono state considerate urgenti e 650 sono state inserite in una legge, cioè la legge della libertà degli argentini di base. E questo è interessante, perché l’asse centrale di tutto ciò è che si riferisce a restituire il potere e la libertà agli argentini. E poi c’è un secondo punto, un altro punto: andare avanti verso strutture di mercato più competitive”. Nicola Porro: “Perché il comunismo è una malattia dell’anima?” Javier Milei: “Io originariamente pensavo che fosse un problema mentale” Nicola Porro: “Un problema mentale” Javier Milei: “Originariamente lo pensavo. Perché il socialismo puro è stato sconfitto dalla teoria economica. Ho pensato prima che fosse un problema di indole, di carattere mentale. Ma, poi, mi sono reso conto che era qualcosa di molto peggio, che era una malattia dell’anima. Quando il socialismo è stato applicato bene, hanno assassinato più di 6 milioni di esseri umani”. Nicola Porro: “Lei ha fatto delle dichiarazioni come nel suo stile, molto tranchant, molto nette, sul Santo Padre che è argentino. Lo ha incontrato a Roma, vi siete anche salutati affettuosamente. Come è andato l’incontro con il Santo Padre? Per gli italiani ovviamente è una persona molto importante e anche per tutto il mondo cattolico. Lei è cattolico?”. Javier Milei: “Sì, io sono cattolico. Pratico un po anche l’ebraismo”. Nicola Porro: “Sì lo so, ho visto al Muro del Pianto il suo trasporto. Però le voglio chiedere, con il Santo Padre, che penso che in Argentina sia popolareà”. Javier Milei: “Il punto è questo: si evolve, si capiscono le cose e una delle cose che ho capito in questi ultimi tempi, tra le altre cose, è che il Papa è la persona argentina più importante di tutta l’Argentina, è il leader dei cattolici nel mondo. Di conseguenza tutto ciò comporta una cosa molto molto importante: rappresenta un’istituzione molto importante soprattutto in un Paese come l’Argentina che ha tante radici cattoliche. Di conseguenza ho dovuto riconsiderare alcune posizioni e, a partire da quel momento, abbiamo iniziato a costruire un legame positivo”.