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Spagna, Sanchez ha ricevuto dal re Felipe VI l’incarico per un nuovo mandato da primo ministro

Spagna, Sanchez ha ricevuto dal re Felipe VI l’incarico per un nuovo mandato da primo ministroRoma, 17 nov. (askanews) – Il leader del partito socialista spagnolo (Psoe) Pedro Sanchez ha ricevuto dal re Felipe VI formale incarico per un nuovo mandato da primo ministro, ottenuto con il voto di un parlamento – e un Paese – diviso sulla amnistia concessa ai separatisti catalani in cambio del loro sostegno cruciale per ottenere la fiducia. Sanchez ha ricevuto ieri 179 voti favorevoli e 171 contrari, mentre proseguivano ancora gli scontri tra polizia e manifestanti anti-amnistia nella capitale spagnola.

(con fonte SERVIMEDIA)

Putin rispolvera il concorso sovietico Intervision al posto dell’Eurovision

Putin rispolvera il concorso sovietico Intervision al posto dell’EurovisionMilano, 17 nov. (askanews) – Il governo moscovita rispolvera un concorso canoro in stile sovietico per far fronte all’esclusione dalle gare internazionali di canzoni pop russe, a causa della guerra in Ucraina: in pratica un analogo dell’Eurovision sarà lanciato in Russia, orfana della partecipazione all’originale.

La ministra della Cultura russa Olga Lyubimova e il direttore generale del Primo canale Tv russo hanno annunciato il proprio concorso musicale Intervision Song Contest. Nome non nuovo: in epoca sovietica coinvolgeva i paesi del blocco comunista. “Proponiamo di creare un festival cinematografico eurasiatico aperto e indipendente e un premio cinematografico, nonché il concorso musicale Intervision”, ha affermato Lyubimova secondo le agenzie russe.

La Russia non ha partecipato all’Eurovision nel 2022 e nel 2023. Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, gli organizzatori del concorso internazionale hanno annunciato la sua esclusione, preoccupati che l’inclusione di un russo nel concorso quest’anno “porterebbe a un deterioramento della reputazione”. In realtà già nel 2009, l’allora primo ministro russo Vladimir Putin (oggi di nuovo presidente) propose di riavviare la competizione, questa volta tra Russia, Cina e gli Stati membri dell’Asia centrale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. E poi nel maggio 2014 venne annunciato che il concorso sarebbe tornato, con la partecipazione di paesi della Comunità degli Stati Indipendenti e dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Tuttavia nonostante i piani per organizzare il concorso sia nel 2014 che nel 2015, la ripresa del concorso non ha avuto luogo.

La Casa Bianca: “Nessun accordo sugli ostaggi catturati da Hamas”

La Casa Bianca: “Nessun accordo sugli ostaggi catturati da Hamas”New York, 16 nov. (askanews) – Il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, John Kirby, intervistato da CNN, ha detto che gli Stati Uniti sono impegnati in “intensi negoziati” per garantire il rilascio di diversi ostaggi detenuti dal gruppo militante palestinese Hamas, ma non c’è ancora un accordo sul tavolo. Kirby ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno una “squadra sul campo” che sta lavorando a un potenziale accordo. “Siamo impegnati in trattative intense; speriamo che si concludano nel modo giusto e avremo buone notizie di cui parlare, con la liberazione di parecchi ostaggi”, ha detto il portavoce chiarendo che “al momento non abbiamo un accordo e finchè non ci sarà, meno si dice meglio è”. Un accordo potrebbe comportare lo scambio di dozzine di ostaggi israeliani tenuti da Hamas con una tregua di qualche giorno dai bombardamenti di Israele, insieme al rilascio di prigionieri palestinesi detenuti in carceri israeliani. Gli ostaggi in mano ad Hamas sono 239.

Spagna, Sanchez si assicura quattro anni di governo tempestoso

Spagna, Sanchez si assicura quattro anni di governo tempestosoRoma, 16 nov. (askanews) – Missione compiuta per Pedro Sanchez: con 179 voti e 171 contrari si è assicurato l’investitura al primo turno, blindata in parlamento dopo settimane di difficili negoziati: il leader socialista potrà iniziare un mandato che si preannuncia burrascoso, sia per le minacce esterne che quelle interne alla sua variegata coalizione.

LA DESTRA Forti della preannunciata legge di amnistia per gli indipendentisti, sia il Partido Popular che l’estrema destra di Vox hanno iniziato a delegittimare il futuro governo già dalla prima, fallita investitura del leader popolare Alberto Nuñez Feijoó. In sostanza, la narrazione ultra è che Sanchez – avendo perso le elezioni – pur di rimanere alla Moncloa avrebbe svenduto il Paese agli indipendentisti – un “colpo di Stato”, secondo quanto ha dichiarato in aula il leader di Vox, Santiago Abascal.

Ora – a parte il fatto che i governi li fa chi raccoglie i voti necessari in Parlamento – Sanchez è un politico tanto ambizioso quanto fortunato, ma è anche vero che difficilmente un qualsiasi Segretario socialista, avendo la possibilità di varare un esecutivo, preferirebbe farsi da parte per vedere Vox sui banchi del governo. E la stragrande maggioranza della militanza socialista, che sull’unità della patria non è troppo diversa dalla destra, ha approvato gli accordi di coalizione. La destra tuttavia ha altre frecce al suo arco oltre a quelle parlamentari: le manifestazioni di piazza non hanno raccolto la partecipazione che ci si aspettava, e anzi hanno sottolineato la presenza di elementi nostalgici quando non neonazisti, protagonisti di violenze e disordini repressi dalla stessa polizia che secondo Vox avrebbe dovuto disobbedire agli ordini di un esecutivo illegittimo.

La magistratura invece è un altro paio di maniche: l’ala conservatrice (vale a dire quasi tutta) è già sul piede di guerra e la legge di amnistia rischia di arenarsi sugli scogli della Corte Costituzionale; oltretutto, la riforma del Csm è bloccata da anni per le manovre dilatorie del Pp e finché le cose rimarranno così Sanchez non riuscirà ad avere alcuna sponda fra le toghe – cosa che peraltro potrà, se necessario, servirgli come giustificazione con gli alleati di governo. Quindi: quattro anni di assedio mediatico, giudiziario e di delegittimazione del governo, un altro test di quello che fino ad ora si è rivelato un “sopravvivente” per eccellenza nella politica spagnola. Ma i problemi di Sanchez sono anche all’interno del suo governo.

I CATALANI E I BASCHI Dal fronte catalano sia la sinistra di Erc che la coalizione Junts, in corso di dibattito, hanno avvisato: le promesse vanno mantenute se si vuole che la legislatura proceda in modo numericamente tranquillo. Entrambi i partiti indipendentisti sanno bene che Sanchez con l’amnistia gli ha venduto una macchina senza motore: la prevedibile via crucis giudiziaria, e quindi la sua effettiva applicazione, non dipenderà infatti dal governo. Ma Junts quello che voleva era qualcosa da parcheggiare davanti a casa per l’ammirazione dei vicini, vale a dire la propria base: la cifra effettiva degli accordi riguarda finanziamento regionale e trasferimenti di competenze, tutte materie su cui i catalani non transigeranno ma che non sono di immediata attuazione. Fra i due, Sanchez è quello che ha riscosso in anticipo: i voti necessari per l’investitura e per una navigazione parlamnetare tranquilla. Un discorso simile vale anche per i nazionalisti baschi, che attendono le loro contropartite economiche, come d’abitudine in questo genere di situazione, chiunque sia al governo. A complicare la vita al nuovo governo Sanchez potrebbero invece essere le divisioni interne agli schieramenti nazionalisti: sia in Catalogna che nei Paesi baschi si avvicinano le elezioni regionali, ed è difficile che il dibattito eviti qualsiasi riferimento al passato referendum o ad altre iniziative unilaterali. Un ritorno alla concordia nazionale, o almeno a qualcosa che venga percepita come tale, è infatti una delle monete di scambio volute da Sanchez – l’unica che potrebbe permettergli di non pagare troppo nei sondaggi la scelta di concedere l’amnistia, almeno a medio termine. LA SINISTRA Come se non bastasse, tra le sinistre di Sumar e Podemos sta per consumarsi un rancoroso divorzio, dopo che ai secondi è stata negata una presenza nell’esecutivo; da una parte, la frattura non sarebbe una cattiva notizia per Sanchez, che vedrebbe consolidare la leaderhip dei socialisti; dall’altra, se Podemos decidesse di ritirare il proprio appoggio parlamentare il governo rischierebbe una permanente minoranza. LE ALTERNATIVE Non ce ne sono, a parte un ritorno alle urne che al momento non appare probabile. Sanchez ha dalla sua la sfiducia costruttiva che di fatto lo blinda alla Moncloa anche se dovesse finire per diventare un’anatra zoppa. Ora dovrà fare appello a tutta la sua abilità per riuscire a conciliare le varie promesse, elettorali e di coalizione, lungo un arco di quattro difficili anni e senza perdere troppi consensi: il test di sopravvivenza più difficile della sua carriera. (di Maurizio Ginocchi)

Usa-Cina, da titani corporate riuniti a cena standing ovation per Xi

Usa-Cina, da titani corporate riuniti a cena standing ovation per XiRoma, 16 nov. (askanews) – Ieri sera in un hotel di San Francisco il presidente cinese Xi Jinping ha consegnato al meglio delle imprese statunitensi un chiaro messaggio, che ha suscitato una standing ovation: la Cina è un grande mercato ed à amica. Lo riferisce il Financial Times che in un lungo articolo sul suo sito ricostruisce la serata.

Ad affollare l’Hyatt Regency per incontrare il leader cinese c’erano il patron di Tesla Elon Musk , Tim Cook di Apple e Albert Bourla di Pfizer, tutti desiderosi di vendere più auto elettriche, iPhone e prodotti farmaceutici alla seconda economia del mondo. Dopo una giornata a colloquio con il presidente Usa Joe Biden, Xi ha detto a un pubblico di circa 300 capitani d’industria: “La Cina è un’economia super-grande ma anche un mercato super-grande… la modernizzazione di 1,4 miliardi di cinesi è un’enorme opportunità che la Cina offre al mondo”.

Xi ha detto ai leader aziendali a San Francisco: “La prima domanda per noi è: siamo avversari o partner?” Se gli Stati Uniti e la Cina si considerassero rivali, ha avvertito, “ciò porterebbe solo a scelte male informate, azioni fuorvianti e risultati indesiderati”. “Il mondo ha bisogno che Cina e Stati Uniti lavorino insieme per un futuro migliore”, ha aggiunto. “La Cina è pronta a essere partner e amica degli Stati Uniti”.

L’affetto è parso ricambiato. “Se si prende l’elenco delle 20 principali aziende statunitensi in Cina, c’erano tutte”, ha detto a Ft un imprenditore tech di San Francisco che ha partecipato all’evento. Mentre si recava all’Hyatt, il fondatore di Bridgewater Ray Dalio ha detto al Financial Times di essere “entusiasta di avere questa relazione” con Xi. Ma se Xi si è sforzato di esprimere l’accoglienza del suo Paese nei confronti del business a stelle e strisce, una combinazione di violente tensioni con Washington, una ripresa economica difficile dopo la pandemia e un apparato di sicurezza interno sempre più presente a Pechino hanno smorzato l’entusiasmo degli investitori americani per le scommesse sulla Cina.

Una serie di aziende statunitensi ha cominciato a fare le valigie o a ridisegnare le catene di rifornimento nel timore che le tensioni geopolitiche possano incidere sull’attività. Gruppi tech come Airbnb e LinkedIn sono suciti dal Paese, così come le società di consulenza Gallup e Forrester Research. Perfino Apple, che da tempo fa affidamento sulla produzione cinese, ha iniziato ad acquisire componenti in paesi come India e Vietnam. Myron Brilliant, ex capo delle relazioni internazionali della Camera di commercio statunitense, ha affermato che mentre i funzionari cinesi stanno tornando alla pratica di corteggiare la comunità imprenditoriale per investimenti e per aiutare a gestire i legami con Washington, “i tempi sono cambiati”. “I leader imprenditoriali americani non vogliono essere coinvolti in una partita a scacchi tra i governi di Cina e Stati Uniti”, ha spiegato al Ft Myron Brilliant, ex capo delle relazioni internazionali della Camera di commercio statunitense. “Gli amministratori delegati sono avversi al rischio, il quadro dei rapporti tra Cina e Stati Uniti ha aumentato il rischio di fare business in Cina”. Un dirigente sino-americano di un’azienda tecnologica che lavora tra i due paesi ha detto al Ft che la sua presenza alla cena di ieri era un “segreto di stato”. Darren Woods, amministratore delegato della ExxonMobil, che sta costruendo un impianto petrolchimico multimiliardario nel sud della Cina, ha detto ieri mattina ai giornalisti che non avrebbe partecipato alla cena. “Le relazioni tra il governo cinese e quello statunitense avranno alti e bassi nel tempo”, ha detto Woods. “Entrambi i paesi sono troppo importanti per l’ordine mondiale globale per non trovare un equilibrio, anche se questo equilibrio cambierà”. Shi Yinhong, esperto di relazioni USA-Cina presso la Renmin University, ha affermato che le preoccupazioni dei due governi per la sicurezza nazionale limitano le relazioni. “Se gli interessi economici entrano in conflitto con la sicurezza nazionale, la sicurezza nazionale avrà senza dubbio la precedenza”, ha affermato Shi.

Spagna, Pedro Sanchez ottiene l’investitura come premier

Spagna, Pedro Sanchez ottiene l’investitura come premierRoma, 16 nov. (askanews) – Il capo ad interim dell’Esecutivo spagnolo e leader del PSOE, Pedro Sanchez, è riuscito giovedì a prestare giuramento come presidente del governo con una maggioranza assoluta, raccogliendo il sostegno di 179 deputati, contro 171 voti contrari e nessuna astensione.

Nello specifico, il candidato del PSOE ha aggiunto nella prima votazione i voti di PSOE, Sumar, e dei vari partito indipendentisi (ERC, Junts, EH Bildu, PNV, BNG e Coalizione delle Canarie). In questo modo ha ottenuto più consensi rispetto al suo precedente insediamento, quando aveva ricevuto 167 avalli al Congresso. Nel gennaio 2020, ERC e Bildu si erano astenuti, mentre CC e i catalani di Junts si erano opposti. Ora è riuscito ad attirare il sostegno di tutti gli indipendentisti e nazionalisti per rilanciare il suo governo di coalizione “progressista”.

Durante il suo discorso di investitura, Sßnchez ha presentato il suo modello per dare “stabilità” all’intera legislatura, che spera durerà quattro anni, e ha difeso i patti raggiunti con nazionalisti e indipendentisti, in particolare la legge sull’amnistia. Subito dopo il voto e il suo scrutinio, la presidente del Congresso, Francina Armengol, ha dichiarato che la fiducia del Congresso era stata concessa a Sßnchez come presidente del governo, tra la standing ovation dei deputati del PSOE e i baci con i suoi vicepresidenti. Questo pomeriggio Armengol comunicherà la decisione al Re e domani Sßnchez presterà giuramento al Palazzo della Zarzuela con fonte Servimedia

Biden ritiene Xi ancora “un dittatore”. La Cina: irresponsabile

Biden ritiene Xi ancora “un dittatore”. La Cina: irresponsabileRoma, 16 nov. (askanews) – La portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha definito irresponsabile ed errata la nuova definizione di “dittatore” fatta dal presidente americano Joe Biden a proposito del suo omologo cinese Xi Jinping, dopo averlo incontrato a San Francisco.

“Questa affermazione è estremamente errata e irresponsabile. La Cina si oppone fermamente alla manipolazione politica”, ha detto la diplomatica cinese in un briefing alla stampa, aggiungendo che “ci sono sempre persone con secondi fini che cercano di provocare e minare le relazioni tra Cina e Stati Uniti, ma questo non avrà successo”. Dopo il vertice di ieri, Biden ha detto di credere ancora che il presidente cinese Xi Jinping sia un dittatore, anche se i due leader hanno fatto progressi nelle loro relazioni.

“Beh, guarda, è un dittatore nel senso che è uno che governa un paese che è un paese comunista basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra”, ha detto Biden rispondendo a una domanda della CNN. “Comunque abbiamo fatto dei progressi.”

In Argentina il negazionismo di Milei sulla dittatura non seduce i militari

In Argentina il negazionismo di Milei sulla dittatura non seduce i militariRoma, 16 nov. (askanews) – Il negazionismo della dittatura proposto dal candidato dell’estrema destra alla presidenza Milei non penetra nelle caserme argentine scrive oggi El Pais in un’approfondita analisi sulla situazione argentina a tre giorni dal voto di ballottaggio.

Javier Milei, il candidato presidenziale dell’estrema destra argentina, ha ribaltato il consenso che ha tenuto a galla la democrazia argentina per 40 anni. Intende porre fine all’istruzione pubblica e alla sanità, tagliare i fondi alle università e si oppone alle leggi sull’aborto e al matrimonio paritario. Parte di questa “guerra culturale”, come la chiama lui, comporta una reinterpretazione condiscendente al limte del negazionismo dell’ultima dittatura (1976-1983) e del terrorismo di stato. In prima linea in questo negazionismo c’è la sua candidata alla vicepresidenza, Victoria Villarruel, nipote di soldati che chiede una “memoria completa” che includa le vittime della guerriglia degli anni Settanta e metta fine ai casi aperti per i crimini che feriscono l’umanità. Il suo discorso, però, non passa nelle caserme. Le nuove generazioni di militari, alcuni già nati nella democrazia e tutti educati in essa, ritengono che mettere all’ordine del giorno la questione della repressione illegale metta a repentaglio anni di sforzi per ripulire la loro immagine.Le forze armate argentine hanno controllato la politica argentina per più di 50 anni. Nel 1930, con il primo colpo di stato, iniziarono una lunga serie di golpeche tentò di reprimere prima il primo partito di massa dell’America Latina, l’Unione Civica Radicale (UCR), e poi, a partire dal 1955, il peronismo. Quando cedettero il potere nel 1983, avevano rimosso con la forza dalla Casa Rosada cinque governi democratici, senza contare i cambi di comando nel palazzo. Il presidente della transizione, il radicale Raúl Alfonsín, processò i dirigenti della dittatura nel 1985. Nel 1991, un peronista, Carlos Menem, gli concesse la grazia. Con il Menemismo, però, si avvia anche un processo di definanziamento delle Forze Armate e di ritiro delle truppe in caserma. Oggi l’esercito argentino non ne vuole sapere nulla di politica. E il consenso democratico intorno al “Mai più” ha neutralizzato ogni tentativo di riscrivere la storia o di glorificazione politica del terrorismo di stato. Interrogato sulla dittatura nel primo dibattito tra i candidati, Javier Milei ha ripetuto le parole dell’ammiraglio Emilio Massera durante il processo alle Junta. Ha detto che negli anni settanta ci fu “una guerra” in cui furono commessi “eccessi”, ma mai un piano di sterminio illegale e sistematico. È stato il primo candidato della Casa Rosada che ha osato tanto e il primo che non ha perso voti per questo. Villarruel va oltre. L’obiettivo è porre fine ai processi per crimini contro l’umanità, convertire il Museo della Memoria che opera nel più grande centro di detenzione e tortura della dittatura, l’Esma, in una scuola “per il divertimento di tutti” ed eliminare il programma pensionistico che ricevono le vittime. . Durante questa settimana, ha difeso pubblicamente un soldato che sui social media scriveva che nel bagagliaio di una Ford Falcon verde, come quelle usate per rapire i militanti, potevano entrare sette persone, “anche se un po’ scomode”. Dice anche che i desaparecidos non furono 30.000, come sostengono le organizzazioni per i diritti umani, ma “solo” 8.961 registrati dalla commissione per la verità, Conadep, che Alfonsín ha insediato all’inizio del suo governo.Il discorso di Villarroel ha risonanza e piace al personale militare in pensione, con molti vecchi militari già loro condannati o con procedimenti ancora aperti per crimini contro l’umanità. Ma non fa breccia nei militari attuali già formati alla democrazia. “Siamo un’altra generazione e siamo sconvolti”, chiarisce in massima riservatezza una fonte della Marina perché le norme impediscono loro di esprimere qualsiasi opinione politica. “Quelli che erano lì in quel momento

Argentina, negazionismo Milei su dittatura non seduce i militari

Argentina, negazionismo Milei su dittatura non seduce i militariRoma, 16 nov. (askanews) – Il negazionismo della dittatura proposto da Milei non penetra nelle caserme argentine scrive oggi El Pais in un’analisi sulla situazione argentina a tre giorni dal voto di ballottaggio.

Javier Milei, il candidato presidenziale dell’estrema destra argentina, ha ribaltato il consenso che ha tenuto a galla la democrazia argentina per 40 anni. Intende porre fine all’istruzione pubblica e alla sanità, tagliare i fondi alle università e si oppone alle leggi sull’aborto e al matrimonio paritario. Parte di questa “guerra culturale”, come la chiama lui, comporta una reinterpretazione condiscendente dell’ultima dittatura (1976-1983) e del terrorismo di stato. In prima linea in questo negazionismo c’è la sua candidata alla vicepresidenza, Victoria Villarruel, nipote di soldati che chiede una “memoria completa” che includa le vittime della guerriglia degli anni Settanta e metta fine ai casi aperti per i crimini che feriscono l’umanità. Il suo discorso, però, non passa nelle caserme. Le nuove generazioni di militari, alcuni già nati nella democrazia e tutti educati in essa, ritengono che mettere all’ordine del giorno la questione della repressione illegale metta a repentaglio anni di sforzi per ripulire la loro immagine. Le forze armate argentine hanno controllato la politica argentina per più di 50 anni. Nel 1930, con il primo colpo di stato, iniziarono una lunga serie di golpeche tentò di reprimere prima il primo partito di massa dell’America Latina, l’Unione Civica Radicale (UCR), e poi, a partire dal 1955, il peronismo. Quando cedettero il potere nel 1983, avevano rimosso con la forza dalla Casa Rosada cinque governi democratici, senza contare i cambi di comando nel palazzo. Il presidente della transizione, il radicale Raúl Alfonsín, processò i dirigenti della dittatura nel 1985. Nel 1991, un peronista, Carlos Menem, gli concesse la grazia. Con il Menemismo, però, si avvia anche un processo di definanziamento delle Forze Armate e di ritiro delle truppe in caserma. Oggi l’esercito argentino non ne vuole sapere nulla di politica. E il consenso democratico intorno al “Mai più” ha neutralizzato ogni tentativo di riscrivere la storia o di glorificazione politica del terrorismo di stato.

Interrogato sulla dittatura nel primo dibattito tra i candidati, Javier Milei ha ripetuto le parole dell’ammiraglio Emilio Massera durante il processo alle Junta. Ha detto che negli anni settanta ci fu “una guerra” in cui furono commessi “eccessi”, ma mai un piano di sterminio illegale e sistematico. È stato il primo candidato della Casa Rosada che ha osato tanto e il primo che non ha perso voti per questo. Villarruel va oltre. L’obiettivo è porre fine ai processi per crimini contro l’umanità, convertire il Museo della Memoria che opera nel più grande centro di detenzione e tortura della dittatura, l’Esma, in una scuola “per il divertimento di tutti” ed eliminare il programma pensionistico che ricevono le vittime. . Durante questa settimana, ha difeso pubblicamente un soldato che sui social media scriveva che nel bagagliaio di una Ford Falcon verde, come quelle usate per rapire i militanti, potevano entrare sette persone, “anche se un po’ scomode”. Dice anche che i desaparecidos non furono 30.000, come sostengono le organizzazioni per i diritti umani, ma “solo” 8.961 registrati dalla commissione per la verità, Conadep, che Alfonsín ha insediato all’inizio del suo governo. Il discorso di Villarroel ha risonanza e piace al personale militare in pensione, con molti vecchi militari già loro condannati o con procedimenti ancora aperti per crimini contro l’umanità. Ma non fa breccia nei militari attuali già formati alla democrazia. “Siamo un’altra generazione e siamo sconvolti”, chiarisce in massima riservatezza una fonte della Marina perché le norme impediscono loro di esprimere qualsiasi opinione politica. “Quelli che erano lì in quel momento

Bombardata e distrutta la casa del leader di Hamas, Haniyeh, a Gaza

Bombardata e distrutta la casa del leader di Hamas, Haniyeh, a GazaRoma, 16 nov. (askanews) – Un aereo da caccia israeliano ha colpito durante la notte la casa nella Striscia di Gaza del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che vive in Qatar.

Le forze di difesa israeliane affermano che la casa era “utilizzata come infrastruttura terroristica e, tra le altre cose, come luogo di incontro per gli alti funzionari dell’organizzazione”. L’esercito ha pubblicato filmati che mostrano alcuni momenti dell’attacco aereo.

Hamas aveva precedentemente affermato che l’IDF aveva già colpito due case appartenenti ad Haniyeh e alla sua famiglia, ma questo è il primo attacco confermato direttamente dai militari dello Stato ebraico.