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Israele apre un corridoio verso Gaza sud dalle 9 alle 16

Israele apre un corridoio verso Gaza sud dalle 9 alle 16Roma, 14 nov. (askanews) – L’esercito israeliano ha affermato che aprirà nuovamente un corridoio affinché le persone possano spostarsi verso sud all’interno della Striscia di Gaza dalle 9:00 (7:00 GMT) alle 16:00 (14:00), e sospenderà anche le ostilità per un periodo di tempo limitato tra le 10:00 (8:00 GMT) e le 14:00. 14:00 (mezzogiorno GMT) “nei quartieri di Al-Daraj e Al-Tuffah”.

Il messaggio si rivolge ai residenti di Gaza: “Per favore, per la vostra sicurezza, unitevi alle centinaia di migliaia di residenti che si sono trasferiti a sud negli ultimi giorni”, aggiungendo “residenti di Gaza, non arrendetevi a Hamas, che ha perso il controllo sul nord della Striscia di Gaza” e sta cercando di fare tutto il possibile per impedirvi di spostarvi a sud e proteggervi”. L’esercito avverte anche i palestinesi che sono in corso pesanti combattimenti vicino alla spiaggia, nel sud della Striscia.

Altre 200mila persone hanno lasciato il nord di Gaza

Altre 200mila persone hanno lasciato il nord di GazaRoma, 14 nov. (askanews) – Altre 200.000 persone sono fuggite dal nord di Gaza dal 5 novembre, ha detto martedì l’ufficio umanitario delle Nazioni Unite.

AP riferisce che l’ufficio umanitario, noto come OCHA, afferma che solo un ospedale nel nord della Striscia di Gaza è in grado di ricevere pazienti. Tutti gli altri non sono più in grado di funzionare e servono per lo più come rifugi dai combattimenti. In tutto, circa 1,5 milioni di palestinesi, più di due terzi della popolazione di Gaza, hanno abbandonato le proprie case. I rifugi gestiti dalle Nazioni Unite nel sud sono gravemente sovraffollati, con una media di un bagno per 160 persone.

Oggi in Spagna l’ultimo Cdm, domani Sanchez in parlamento per l’investitura

Oggi in Spagna l’ultimo Cdm, domani Sanchez in parlamento per l’investituraRoma, 14 nov. (askanews) – Il Governo spagnolo ad interim celebra questo martedì il suo ultimo Consiglio dei Ministri con la composizione attuale. Domani e mercoledì in parlamento il premier Pedro Sanchez cercherà di ottenere l’investitura per un nuovo esecutivo che prevedibilmente vedrà un significativo rimpasto di governo con una nuova distribuzione dei dicasteri tra PSOE e Sumar.

I ministri del governo Sßnchez rimasti dalle elezioni generali dello scorso 2019 sono in totale nove, tra cui le tre vicepresidenti, Nadia Calviño, Yolanda Díaz e Teresa Ribera; e i ministri María Jesús Montero, Fernando Grande-Marlaska, Luis Planas, José Luis Escrivß, Irene Montero e Alberto Garzón. Dopo le elezioni generali del 10 novembre 2019, i suddetti nove ministri hanno costituito il Governo Sßnchez insieme a Carmen Calvo, Pablo Iglesias, Arancha Gonzßlez Laya, Juan Carlos Campo, Margarita Robles, José Luis Ábalos, Isabel Celaß, Reyes Maroto, Salvador Illa , Carolina Darias, José Manuel Rodríguez Uribes, Pedro Duque e Manuel Castells.

Un anno dopo, nel gennaio 2021, il presidente ad interim del governo ha annunciato i primi cambiamenti. La designazione di Illa come candidato alla presidenza della Catalogna nelle elezioni del 14 febbraio gli ha fatto cessare l’incarico di capo del Ministero della Salute per essere sostituito da Darias, cambiamento che ha portato Iceta a farsi carico della presidenza il Ministero delle Politiche Territoriali e della Funzione Pubblica. Alla fine di marzo si è verificato un secondo rimodellamento dopo che il secondo vicepresidente del Governo e ministro dei Diritti Sociali e dell’Agenda 2030, Pablo Iglesias, ha annunciato le sue dimissioni e, qualche tempo dopo, si è candidato alla testa della lista Unidas Podemos nella elezioni della Comunità di Madrid il 4 maggio 2021.

Dopo le sue dimissioni, Calviño lo ha sostituito come secondo vicepresidente, pur mantenendo la carica di ministro degli Affari economici. La persona che ha assunto il portafoglio ministeriale di Iglesias è stata Ione Belarra. Da parte sua, Díaz ha continuato a dirigere il Ministero del Lavoro e dell’Economia Sociale ed è stata nominata terza vicepresidente. Il 10 luglio 2021 Sßnchez ha annunciato una ulteriore ristrutturazione sia dei ministeri che delle vicepresidenze e il cambio di alcuni ministri. Carmen Calvo, Pedro Duque, Arancha Gonzßlez Laya, Juan Carlos Campo, José Luis Ábalos, Isabel Celßa e José Manuel Rodríguez Uribes hanno cessato di far parte dell’Esecutivo.

Il quarto rimpasto di governo è avvenuto a dicembre, quando Castells si è dimesso per problemi di salute ed è stato sostituito da Joan Subirats. L’ultimo rimodellamento del governo è avvenuto nel marzo dello scorso anno, con la partenza di Maroto e Darias per candidarsi alle elezioni municipali. Sono stati sostituiti rispettivamente da Héctor Gómez e José Miñones. (Fonte Servimedia)

Vicino un accordo Hamas-Israele per il rilascio degli ostaggi (secondo il Washington Post)

Vicino un accordo Hamas-Israele per il rilascio degli ostaggi (secondo il Washington Post)Roma, 14 nov. (askanews) – Un funzionario israeliano ha dichiarato al Washington Post che un accordo tra Hamas e Israele per il rilascio di diverse decine di donne e bambini ostaggi del gruppo estermista nella Striscia di Gaza è vicino e potrebbe essere annunciato entro pochi giorni.

“Le linee generali dell’accordo sono chiare”, ha detto il funzionario al Wp. Secondo lo schema delineato, gli ostaggi verrebbero rilasciati in gruppi, in cambio di donne e giovani palestinesi incarcerati in Israele. Israele punta al rilascio di 100 donne e bambini ma Hamas è pronto a liberarne 70. Il Wp cita un funzionario arabo che afferma che ci sono almeno 120 donne e giovani palestinesi nelle carceri israeliane che potrebbero essere rilasciati in cambio.

Secondo il rapporto, Israele accetterebbe anche un cessate il fuoco temporaneo della durata massima di cinque giorni, al fine di consentire un passaggio sicuro agli ostaggi e un afflusso di aiuti ai civili di Gaza.

Pazienti e medici intrappolati nel ospedale al-Shifa di Gaza

Pazienti e medici intrappolati nel ospedale al-Shifa di GazaRoma, 14 nov. (askanews) – Pazienti e medici rimangono intrappolati nell’ospedale principale di Gaza dopo giorni di combattimenti tra le truppe israeliane e Hamas, mentre le agenzie umanitarie avvertono che i pazienti critici e i bambini sono a rischio di morte a causa della mancanza di carburante e della diminuzione delle scorte di cibo e acqua. Israele afferma che il quartier generale di Hamas è sotto l’ospedale, un’accusa che Hamas e i medici della struttura hanno negato. Lunedì il ministero della Sanità palestinese nella città di Ramallah, in Cisgiordania, ha affermato che almeno nove pazienti e sei bambini sono morti all’ospedale di al-Shifa, un tempo la pietra angolare del sistema sanitario di Gaza, a causa della carenza di carburante e della chiusura dei dipartimenti dopo l’emergenza sanitaria. L’ospedale è stato circondato dalle forze israeliane. “Non abbiamo generatori perché hanno bisogno di carburante per funzionare. Non c’è cibo, né acqua, né elettricità né carburante a Shifa e qui abbiamo a che fare con le vittime”, parla Munir al-Boursh, un medico che è anche sottosegretario del ministero della Sanità palestinese, parlando dall’interno dell’ospedale Dar al-Shifa.

“Non possiamo gestire questo numero enorme di casi. Se le persone vengono, non possiamo fare nulla per loro”.

M.O., Borrell: ecco i parametri per pensare il dopoguerra a Gaza

M.O., Borrell: ecco i parametri per pensare il dopoguerra a GazaBruxelles, 13 nov. (askanews) – Tre “sì” e tre “no”, come “parametri” per pensare le soluzioni per il dopoguerra a Gaza: li ha proposti l’Alto Rappresentante per la Politica estera di sicurezza comune dell’Ue, Josep Borrell, ai ministri dei Ventisette durante la discussione di questo pomeriggio in Consiglio Ue, lanciando anche un avvertimento sibillino: la striscia dovrà essere parte del futuro Stato della Palestina, sotto “un’autorità nazionale palestinese” che non necessariamente, ha detto, dovrà essere “la” Autorità nazionale palestinese attuale.

Dopo averle messe sul tavolo dei ministri, Borrell ha spiegato le sue posizioni ai giornalisti nella conferenza stampa al termine del Consiglio. Dopo la fine della guerra, ha detto, “non si tratterà solo di ricostruire Gaza, ciò che abbiamo già fatto diverse volte, ma di costruire uno Stato per i palestinesi”, e per questo “sarà necessario affrontare il giorno dopo, anche se agli arabi non piace parlare del giorno dopo, vogliono parlare di oggi”. “E’ evidente – ha continuato l’Alto Rappresentante – che dobbiamo cercare alcuni parametri per cominciare a lavorare alla ricerca di una soluzione propizia alla pace: ho proposto ai ministri oggi un quadro concettuale che passa per lo stabilimento di alcune condizioni, e credo che i ministri siano d’accordo con questo approccio, sul quale dovremo lavorare immediatamente in collaborazione con gli Usa e senza dubbio con gli Stati arabi. Lo riassumerei in tre sì e tre no”.

Il primo dei tre “no” è, innanzitutto, “che non può esserci uno spostamento forzato della popolazione palestinese da Gaza, che non ci possono essere espulsioni dei palestinesi verso altri paesi”; in secondo luogo, “non si potrà ridurre il territorio di Gaza, no a modifiche territoriali, in altre parole, non ci potrà essere la rioccupazione permanente di Gaza da parte delle forze della Difesa israeliane, e non deve esserci neanche un ritorno di Hamas a Gaza”. In terzo luogo, “la soluzione di Gaza non dovrà essere tenuta distinta dalla questione palestinese nel suo complesso, la soluzione di Gaza deve essere all’interno della soluzione d’insieme che si darà al problema palestinese”. Quanto ai tre “sì”, ha aggiunto Borrell, questi riguardano “gli attori che si devono impegnare nella ricerca delle soluzioni: anzitutto, a Gaza deve tornare una Autorità Palestinese: ho detto – ha puntualizzato – ‘una’ Autorità, non ‘la’ Autorità Palestinese. Una Autorità palestinese i cui termini di riferimento e la cui legittimità – ha sottolineato – dovranno essere decisi e definiti dal Consiglio di Sicurezza. Questa Autorità dovrà essere fortemente sostenuta”.

“Questo – ha indicato l’Alto Rappresentante – è il secondo ‘sì’: un ‘sì’ a un forte coinvolgimento dei paesi arabi nella ricerca di una soluzione. So che i paesi arabi ora ci dicono che non vogliono parlare del giorno dopo, perché sono concentrati sull’oggi, sul dramma che si sta vivendo oggi. Ma non ci sarà una soluzione – ha avvertito Borrell – senza un impegno forte degli Stati arabi, che non può essere solo finanziario, non può essere solo pagare per la ricostruzione fisica; ma che dovrà contribuire politicamente alla costruzione dello Stato palestinese”. “Il terzo ‘sì’ è un maggiore impegno dell’Ue nella regione, in particolare nella costruzione dello Stato palestinese. Siamo stati troppo assenti – ha lamentato l’Alto Rappresentante – dalla soluzione di questo problema, che abbiamo delegato agli Stati Uniti: ma ora l’Europa deve impegnarsi di più, perché altrimenti, se non troviamo una soluzione ci sarà un ciclo di violenza che si perpetuerà di generazione in generazione, funerale dopo funerale”.

“Per contribuire a questa dinamica politica, dopodomani – ha annunciato – comincerò una visita in Israele, Palestina, Bahrain, Arabia Saudita, Qatar e Giordania”. Rispondendo a un giornalista che chiedeva di chiarire cosa intendesse con il suo distinguo tra l’attuale Autorità Palestinese e quella che dovrebbe occuparsi di Gaza nel dopoguerra, Borrell ha poi precisato: “Non ho inventato una nuova Autorità Palestinese; c’è già l’Autorità Palestinese e non occorre inventarne un’altra. Al contrario, bisogna rafforzare questa Autorità Palestinese. Israele le ha appena tagliato i fondi, e spero che la Commissione europea finisca ben presto la sua analisi sui possibili legami immaginati tra i nostri finanziamenti e Hamas. Penso che si debba concludere presto questa analisi”. “Si tratta – ha aggiunto – di dire di che tipo debba essere l’Autorità Palestinese, che evidentemente sarà in rapporto” con quella esistente, “non un’altra diversa, non complementare o separata”. Dovrà essere “un tipo di Autorità Palestinese per la quale bisogna immaginare il modo in cui sarà investita di potere dalla comunità internazionale”. “E’ normale – ha poi osservato Borrell – che l’Autorità Palestinese non voglia entrare a Gaza a bordo di un carro armato israeliano, è del tutto comprensibile. Ma non penso che si possa ristabilire l’ordine a Gaza senza l’intervento di un’Autorità palestinese. Se non si vuole che Gaza sia sotto la dominazione israeliana, e se non si vuole lasciarla di nuovo nelle mani di Hamas, è evidente che bisognerà in ogni caso che qualcuno sia investito. Se si dice che bisogna cercare una soluzione d’insieme per la Palestina, insieme per il territorio e per la popolazione palestinese, una sorta di Autorità palestinese dovrà intervenire”. “E’ evidente – ha detto infine Borrell – che il numero delle vittime civili sta aumentando, e che a un certo momento la comunità internazionale dovrà intervenire per ri-assicurare l’ordine e la ricostruzione di una popolazione che resterà là”, dentro la Striscia di Gaza. “Se diciamo che non vogliamo che questa popolazione se ne vada, allora bisogna che resti, non possiamo essere assurdi; e se resta allora come si organizzerà la sua vita, per poter bere, mangiare, curarsi? Inevitabilmente – ha concluso l’Alto Rappresentante – la comunità internazionale dovrà intervenire”.

Oltre ai morti, a Gaza 3.250 dispersi o sotto le macerie

Oltre ai morti, a Gaza 3.250 dispersi o sotto le macerieRoma, 13 nov. (askanews) – Sono almeno 3.250 le persone che risultano ancora disperse o sotto le macerie nella Striscia di Gaza, tra cui 1.700 bambini. Lo ha detto oggi il ministero della Sanità della Striscia di Gaza, controllato dal gruppo estremista Hamas, precisando che sono 11.360 i morti accertati dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre scorso, fino alla serata di ieri. Tra le vittime figurano 4.609 bambini, 3.100 donne e 678 anziani. Nel suo bollettino quotidiano, riportato dall’agenzia palestinese Wafa, il ministero ha poi sottolineato di incontrare sempre più difficoltà nella raccolta dei dati per le difficoltà di comunicazione.

”Ci sono 100 salme nel cortile dell’ospedale Al Shifa a Gaza”

”Ci sono 100 salme nel cortile dell’ospedale Al Shifa a Gaza”Roma, 13 nov. (askanews) – I cadaveri si stanno accumulando e stanno cominciando a decomporsi dentro e intorno al complesso ospedaliero Al Shifa, a Gaza City. Lo ha riferito alla Bbc il medico Marwan Al-Barsh, direttore generale del ministero della Sanità controllato dal gruppo estremista Hamas, secondo cui ci sarebbero “più di 100 cadaveri” nel cortile dell’ospedale, in una situazione aggravata dall’assenza di elettricità per gli obitori.

“L’elettricità è stata tagliata dalle forze di occupazione israeliane che hanno preso di mira i generatori, il che ha portato alla decomposizione dei cadaveri”, ha dichiarato il medico, riferendo quindi di contatti con le forze israeliane per seppellire i cadaveri: “Abbiamo cercato di coordinarci con le forze di occupazione in modo che ci fosse permesso di seppellire i cadaveri dentro l’ospedale, ma chiunque tenti di uscire viene preso di mira”. Israele sostiene che sotto l’ospedale ci sarebbe un centro di comando di Hamas. Accusa negata dal gruppo palestinese. E i medici presenti all’interno hanno negato ogni presenza di Hamas.

M.O., la “dichiarazione dei docenti della Sapienza sulla Palestina

M.O., la “dichiarazione dei docenti della Sapienza sulla PalestinaRoma, 13 nov. (askanews) – Oltre cento docenti de ‘La Sapienza’ di Roma hanno diffuso una ‘dichiarazione’ sulla Palestina. I docenti sollecitano ad aprire una discussione dentro e fuori all’Ateneo e invitano a ‘prendere posizione per la pace’. Dopo la strage di Hamas del 7 ottobre, scrivono, migliaia di palestinesi sono stati uccisi ‘per rappressaglia’ e ‘il discorso pubblico in Occidente ha oscurato decenni di storia di quell’area e si è affermata, in assoluta continuità con il recente passato, una narrazione univoca priva di profondità, di fatto sorda al dolore e alla sofferenza che da più di un secolo attraversano la Palestina’.

Di seguito il testo e i firmatari al 13 novembre. A un mese dal 7 ottobre Apriamo il dibattito dentro e fuori la Sapienza, prendiamo posizione per la pace Il 7 ottobre Hamas ha varcato i confini della striscia di Gaza, è entrata nel territorio israeliano uccidendo 1400 israeliani e prendendo in ostaggio più di 200 persone: un’operazione terrificante, con moltissime vittime civili, messa in atto con violenta brutalità. Da quel giorno migliaia di civili palestinesi sono morti e continuano a morire giorno per giorno per effetto dei massicci bombardamenti decisi dal governo di Tel Aviv, come rappresaglia e per colpire ed eliminare definitivamente Hamas. Dal momento successivo all’attacco del 7 ottobre, il discorso pubblico in Occidente ha oscurato decenni di storia di quell’area e si è affermata, in assoluta continuità con il recente passato, una narrazione univoca priva di profondità, di fatto sorda al dolore e alla sofferenza che da più di un secolo attraversano la Palestina. Prendere parola, lanciare un appello significa oggi assumersi la responsabilità di mostrare il salto di scala che c’è tra una guerra e il massacro sistematico di un popolo. Significa, contestualmente, richiamare nel dibattito la profondità della storia e i fatti che porta con sé. Il discorso pubblico dopo il 7 ottobre è espressione diretta di una lettura di questa storia e di questo conflitto del tutto asimmetrica: da un lato una forza legale, uno Stato legittimo e civile, che protegge attivamente il suo territorio, dall’altro una forza irregolare, barbara e terroristica che costantemente la attacca, minacciandone la stessa esistenza. Se, accanto ai contenuti dell’attacco violentissimo condotto contro civili e militari dalle forze di Hamas, questa diffusa narrazione non occulta i bombardamenti sistematici operati in queste settimane dal governo di Tel Aviv a Gaza, davanti agli occhi di tutto il mondo, pone però l’una e l’altra violenza su due piani di riflessione etico-politica radicalmente diversi, riconoscendo di fatto il diritto di Israele a fare tutto quello che sta facendo. Lo stato di Israele, da 75 anni e poi dal 1967, occupa abusivamente territori che nel disegno originario non gli erano stati attribuiti, insediandovi progressivamente nuovi quartieri residenziali, sulla base di un preteso diritto storico originario degli ebrei su quella terra. Dopo il 7 ottobre le violenze dei coloni israeliani si sono intensificate anche sulla popolazione araba in Cisgiordania. La strategia della diffusione capillare nel tempo di questi insediamenti su tutti i territori palestinesi sta rendendo inattuabile la soluzione della convivenza di due stati, soluzione ancora completamente auspicabile – forse l’unica che può portare la pace in quella regione e l’unica che può garantire la sicurezza anche di Israele – che tutti continuano però ad evocare genericamente per fingere di non ammettere quello che di fatto sta avvenendo: l’annessione totale di quelle terre da parte dello stato di Israele, la sottomissione finale della popolazione palestinese sotto il governo di Tel Aviv, esito possibile di questa guerra. Nei confronti dei Territori Palestinesi occupati, lo stato di Israele si comporta da decenni come un paese coloniale, usando comportamenti quotidiani palesemente razzisti nei confronti della popolazione palestinese, disponendo liberamente del loro spazio e delle loro vite. Come ogni colonialismo, il suo potere si basa sulla forza, non sulla ragione. La totale adesione dell’Occidente alla politica di Israele, che alcuni attribuiscono a un profondo senso di colpa europeo per la persecuzione degli ebrei dal Medioevo alla Shoah, si presenta come una forma di solidarietà e identificazione con un paese percepito come occidentale e ricco, e quindi civile, a spese di una popolazione non occidentale e povera, e quindi barbara. Questo stato di cose è semplicemente evidente, nessuno può, sul piano storico, negarlo. Come docenti di questa istituzione, come studiosi/e chiamati/e sempre a esercitare una funzione critica, come esseri umani impotenti di fronte a tutta la violenza espressa dell’una e dell’altra parte, alla necropolitica ormai diffusissima che tende a distruggere tutto – effetto di una reazione pubblica sempre muscolare nei confronti di qualsiasi evento internazionale, che non può preparare alcuna forma di pace tra le parti – riteniamo fondamentale, in questo momento di folle cecità collettiva, esprimere pubblicamente il nostro profondo dissenso nei confronti di una narrazione avvelenata, che crea colpevolmente un clima di polarizzazione delle posizioni, sovrapponendo antisionismo e antisemitismo, e favorisce di fatto il perdurare di questa condizione di gelida e violenta follia. Ci uniamo quindi agli appelli lanciati in questi giorni da 150 docenti dell’Università di Bologna e da alcune migliaia di docenti e studiosi/e di tutta Italia, chiedendo: – l’impegno della comunità accademica e dell’Università La Sapienza, in tutte le sedi opportune, per l’immediato cessate il fuoco e il rispetto delle risoluzioni dell’ONU (compresa quella adottata a maggioranza, con l’astensione dell’Italia, lo scorso 27 ottobre); – la garanzia della libertà di parola e del diritto di docenti, studenti e studentesse al dibattito, dentro e fuori l’università, la promozione nell’ateneo di spazi di riflessione critica, fondata su una lettura profonda, articolata e puntuale della storia; – l’adozione da parte del Senato Accademico di una risoluzione di solidarietà nei confronti della popolazione di Gaza e di tutte le vittime civili del conflitto; – l’apertura di una discussione pubblica all’interno dell’ateneo per la cooperazione con le università palestinesi e per il disinvestimento da società che finanziano l’occupazione illegale di territori da parte di Israele. Per aderire: https://forms.gle/rKs9FagvmZcr51fx9 (l’aggiornamento non è immediato, verranno accolte solo adesioni) prime adesioni: 1. Giovanni Ruocco, Dipartimento di Scienze Politiche 2. Francesca Gallo, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 3. Riccardo Capoferro, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 4. Valerio Cordiner, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 5. Giorgio Mariani, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 6. Michelina Di Cesare, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 7. Chiara Bolognese, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 8. Isabella Chiari, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 9. Leonardo Capezzone, Dipartimento di Studi Orientali 10. Caterina Romeo, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 11. Davide Nadali, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 12. Giancarlo Ruocco, Dipartimento di Fisica 13. Marco Di Branco, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 14. Cecilia Bello, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 15. Irene Ranzato, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 16. Carlo Cellamare, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 17. Alessandra Broccolini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 18. Claudia Cincaglini, Dipartimento di Scienza dell’Antichità 19. Adolfo La Rocca, Dipartimento di Scienza dell’Antichità 20. Osvaldo Costantini, Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione 21. Francesca Federico, Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione 22. Marianna Pozza, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 23. Alberto Budoni, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 24. Giovanni Attili, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 25. Marco Balsi, Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni 26. Marco Omizzolo, Dipartimento di Scienze Politiche 27. Maria Cristina Storini, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 28. Luca Bettarini, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 29. Maria Roccaforte, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 30. Roy Cerqueti, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 31. Francesca Santoni, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 32. Francesca Terrenato, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 33. Paolo Monti, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 34. Raffaella Pomi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 35. Carla Nardinocchi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 36. Stefania Espa, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 37. Giovanni Leuzzi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 38. Giovanni Cannata, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 39. Luigi Piga, Dipartimento di Ingegneria Chimica, Materiali, Ambiente 40. Raffaele Cadin, Dipartimento di Scienze Politiche 41. Ada Barbaro, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 42. Laura Guazzone, Dipartimento istituto italiano di studi orientali 43. Jacob Blakesley, Istituto Italiano di Studi Orientali 44. Andrea Bellelli, Dipartimento di Scienze Biochimiche 45. Alessandro Somma, Dipartimento di Scienze Giuridiche 46. Marcello Vitale, Dipartimento di Biologia Ambientale 47. Francesco Zappa, Dipartimento di Studi Orientali 48. Gianfranco Bria, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 49. Leila Karami, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 50. Elena Ambrosetti, Dipartimento Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza 51. Maria D’Erme, Dipartimento di Scienza Biochimiche 52. Gaetano Azzariti, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 53. Enzo Cannizzaro, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 54. Giorgia Marini, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici 55. Francesco Cioffi, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale 56. Maria Giovanna Musso, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 57. Bianca Colonna, Dipartimento di Biologia e Biotecnologie ‘Charles Darwin’ 58. Ernesto d’Albergo, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 59. Leila El Houssi, Dipartimento di Scienze Politiche 60. Marina Bouché, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico Legali e dell’Apparato Locomotore 61. Brunero Liseo, Dipartimento Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza 62. Carmela Mastrangelo, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 63. Lucy Bell, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 64. Paolo Simonetti, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 65. Emilia Di Rocco, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 66. Luigi Marinelli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 67. María Montserrat Villagrá Terán, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 68. Christos Bintoudis, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 69. Gaia Tomazzoli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 70. Paola Ferretti, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 71. Franco D’Intino, Dipartimento di studi europei americani e interculturali 72. Massimiliano Tortora, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 73. Giulio Moini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 74. Assunta Viteritti, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 75. Isabella Tomassetti, Dipartimento di Studi europei, americani e interculturali 76. Luca Zamparelli, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 77. Luca Salmieri, Dipartimento di Scienze sociali ed economiche 78. Maria Romana Allegri, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 79. Marco Di Maggio, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 80. Valeria Ferrari, Dipartimento di Scienze Politiche 81. Enrico Sarnelli, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 82. Giovanna Gianturco, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 83. Daniela Padularosa, Dipartimento di studi europei americani e interculturali 84. Maria Romana Allegri, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 85. Paolo Borioni, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 86. Riccardo Tilli, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 87. Valerio Camarotto, Dipartimento Studi Europei, Americani e Interculturali 88. Stefano Sparcella Prandstraller, Dipartimento Comunicazione e Ricerca Sociale 89. Tessa Canella, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 90. Claudia Colantonio, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 91. Fiorenzo Parziale, Dipartimento di Comunicazione Ricerca Sociale 92. Alessandra Brezzi, Dipartimento Istituto Italiano di Studi Orientali 93. Valter Curzi, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 94. Silvia Polettini, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche 95. Andrea Peghinelli, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 96. Isabeau Birindelli, Dipartimento di Matematica Guido Castelnuovo 97. Lucia D’Ambrosi, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 98. Massimo Marini, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 99. Francesca Nemore, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 100. Carmen Gallo, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 101. Luca Bacchini, Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali 102. Luca Alteri, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale 103. Alessandra Vitullo, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo 104. Andrea Luzzi, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 105. Giuseppe Lentini, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 106. Rita Francia, Dipartimento di Scienze dell’Antichità 107. Gianfranco Crupi, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 108. Silvia Toscano, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 109. Alessandro Greco, Dipartimento di Lettere e Culture Moderne 110. Marta Marchetti, Lettere e Culture Moderne 111. Giulia Ecca, Dipartimento di Scienze dell’Antichità

L’Onu: in 48 ore stop alle operazioni umanitarie a Gaza per mancanza di carburante

L’Onu: in 48 ore stop alle operazioni umanitarie a Gaza per mancanza di carburanteRoma, 13 nov. (askanews) – Il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) a Gaza, Thomas White, ha avvertito oggi che “le operazioni umanitarie cesseranno entro 48 ore, se non sarà consentito l’ingresso di carburante a Gaza”, assediata da Israele e in preda ai combattimenti tra Hamas e i militari dello Stato ebraico.

“Questa mattina due dei nostri principali subappaltatori della distribuzione idrica hanno smesso di lavorare – non hanno più carburante – e ciò priverà 200.000 persone dell’acqua potabile” nell’enclave, dove più della metà dei 2,4 milioni di abitanti sono sfollati e sono ormai totalmente dipendenti dagli aiuti umanitari per sopravvivere, ha detto Thomas White su X.