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Il direttore di Al Shifa: “Giornata di guerra contro gli ospedali a Gaza”

Il direttore di Al Shifa: “Giornata di guerra contro gli ospedali a Gaza”Roma, 10 nov. (askanews) – “Una giornata di guerra contro gli ospedali”, una giornata “tragica in tutti i sensi della parola”: così il direttore del complesso Al Shifa, il più grande ospedale di riferimento della Striscia di Gaza, ha commentato ad Al Jazeera le notizie degli attacchi che oggi hanno investito le strutture sanitarie dell’enclave palestinese. Anche Al Shifa, dove un attacco israeliano ha causato almeno 13 morti.

Interpellato dall’emittente del Qatar, Muhammad Abu Salmiya ha spiegato che nella struttura ormai “i malati e i feriti occupano tutti i corridoi dell’ospedale e non possiamo eseguire operazioni chirurgiche” e che il personale medico “sta prendendo decisioni difficili tra chi salvare e chi lasciare morire”. “Mentre vi parlo ho davanti a me 100 cadaveri”, ha affermato. Al momento, solo quattro unità dell’ospedale al Shifa sono ancora operative: l’unità di terapia intensiva, l’unità delle incubatrici dei neonati, la sala operatoria e l’unità di dialisi. “Questi reparti non possono funzionare senza elettricità – ha ricordato Abu Salmiya – abbiamo un disperato bisogno di carburante per mantenere operative queste unità importanti. La vita di migliaia di pazienti è appesa a un filo. Questo è un crimine di guerra”.

Portavoce Onu: “Se c’è un inferno sulla terra, è Nord Gaza”

Portavoce Onu: “Se c’è un inferno sulla terra, è Nord Gaza”Roma, 10 nov. (askanews) – “Se c’è un inferno sulla terra, è il nord di Gaza”: lo ha detto oggi il portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), Jens Laerke, ammettendo l’impossibilità di inviare aiuti nell’area. Nel nord della Striscia di Gaza, ha detto Laerke, “è una vita di paura di giorno e di oscurità di notte e cosa diresti ai tuoi figli in una situazione del genere: che il fuoco che vedono nel cielo è lì per ucciderli?”. Nel briefing con la stampa, il portavoce ha precisato che i camion dell’Onu carichi di aiuti umanitari raggiungono il sud della Striscia di Gaza, ma “al momento non possiamo andare verso nord, il che ovviamente è profondamente frustrante perché sappiamo che ci sono diverse centinaia di migliaia di persone”.

Blinken (Usa): “Troppi palestinesi sono stati uccisi”

Blinken (Usa): “Troppi palestinesi sono stati uccisi”Milano, 10 nov. (askanews) – Il segretario di Stato americano Antony Blinken dall’India ha espresso una delle sue condanne più dirette del bilancio delle vittime civili a Gaza e ha affermato che è necessario fare di più per “minimizzare i danni ai civili palestinesi”. Lo riporta Cnn.

Sebbene Blinken abbia elogiato Israele per il suo annuncio di pause umanitarie giornaliere e di due corridoi umanitari, ha affermato che “c’è di più che si può e si deve fare per ridurre al minimo i danni ai civili palestinesi”. “Troppi palestinesi sono stati uccisi. Troppi hanno sofferto nelle ultime settimane”, ha detto Blinken durante una conferenza stampa nella capitale indiana di Nuova Delhi. “Vogliamo fare tutto il possibile per prevenire loro danni e massimizzare l’assistenza che arriva loro” ha aggiunto.

Lazzarini (Unrwa): “Oltre 100 colleghi uccisi in un mese a Gaza”

Lazzarini (Unrwa): “Oltre 100 colleghi uccisi in un mese a Gaza”Roma, 10 nov. (askanews) – “Oltre 100 colleghi dell’Unrwa sono rimasti uccisi in un mese”. Lo ha scritto su X il Commissario generale dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, dicendosi “distrutto”.

“Genitori, insegnanti, infermieri, medici, personale di supporto”, ha precisato Lazzarini, aggiungendo: “L’Unrwa è in lutto, i palestinesi sono in lutto, gli israeliani sono in lutto. Per porre fine a questa tragedia è necessario il cessate il fuoco umanitario adesso”.

Israele annuncia un’altra pausa per l’evacuazione. L’Onu: deve coordinarsi con noi

Israele annuncia un’altra pausa per l’evacuazione. L’Onu: deve coordinarsi con noiRoma, 10 nov. (askanews) – Cogat, l’organismo del ministero della Difesa israeliano che gestisce la questione dei civili a Gaza, ha annunciato che le Idf hanno aperto un corridoio di evacuazione, per il sesto giorno consecutivo. Il corridoio resterà aperto per sette ore, ha aggiunto Cogat, mostrando sui social un video con “decine di migliaia di residenti di Gaza” che si spostano verso la parte meridionale della Striscia. “Decine di migliaia di residenti di Gaza si stanno spostando verso la parte meridionale della Striscia di Gaza per la loro sicurezza”, ha scritto Cogat, in un post accompagnato dagli hashtag “#LiberaGaza da Hamas” e “#SforzoUmanitario”, “Per il sesto giorno consecutivo, le Idf (Forze di difesa israeliane) hanno aperto un corridoio di evacuazione. Il corridoio di evacuazione è aperto oggi dalle 9 alle 16”.

Le pause nei combattimenti a Gaza devono essere attuate “in coordinamento” con l’Onu. Lo ha detto Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu, citato dal Guardian. A proposito delle ‘pause’ di quattro ore nel conflitto, che sarebbero state accettate da Israele, il portavoce ha detto che “il modo in cui tale sospensione dei combattimenti, e come funzionerebbe per scopi umanitari, dovrà essere coordinato con le Nazioni Unite, soprattutto sulla questione dei tempi e del luogo. E ovviamente, affinché ciò possa essere fatto in sicurezza per scopi umanitari, dovrebbe essere concordato con tutte le parti in conflitto affinché sia veramente efficace”. Dujarric ha anche affermato che mercoledì sono arrivati a Gaza 106 camion che trasportavano principalmente cibo, medicine, forniture sanitarie, acqua in bottiglia e articoli per l’igiene. Un totale di 756 camion sono riusciti ad entrare a Gaza da quando è iniziata la consegna degli aiuti il 21 ottobre, una quantità che ha descritto come “solo una frazione di ciò che è necessario”.

Usa-India, Singh: crescente convergenza di interessi strategici

Usa-India, Singh: crescente convergenza di interessi strategiciMilano, 10 nov. (askanews) – Per il quinto dialogo interministeriale 2+2 si sono incontrati a Nuova Delhi i responsabili degli Esteri e della Difesa di Stati Uniti e India. Lo ha reso noto il Dipartimento di Stato Usa in una nota. Secondo il ministro degli Esteri dell’India, Subrahmanyam Jaishankar “nel contesto degli sviluppi globali in corso, sono ansioso di scambiare opinioni sugli sviluppi in Asia occidentale – Medio Oriente – e Ucraina, tra gli altri”.

La parola di apertura l’ha avuta però il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh, che con toni entusiastici ha dichiarato: “Le relazioni bilaterali tra India e Stati Uniti hanno visto una crescente convergenza di interessi strategici e una maggiore cooperazione in materia di difesa, sicurezza e intelligence”, ha detto. “La difesa – ha proseguito – rimane uno dei pilastri più importanti delle nostre relazioni bilaterali. La vostra visita in India avviene in un momento in cui l’India e gli Stati Uniti sono più vicini che mai. Nonostante le varie sfide geopolitiche emergenti, dobbiamo mantenere la nostra attenzione sulle questioni importanti e a lungo termine. La nostra partnership è fondamentale per garantire una regione indo-pacifica libera, aperta e vincolata alle regole”. Secondo Lloyd James Austin III, segretario alla Difesa Usa è “un momento di grande slancio nella partnership tra Stati Uniti e India. Di fronte alle urgenti sfide globali, è più importante che mai che le due più grandi democrazie del mondo si scambino opinioni, trovino obiettivi comuni e si impegnino per il nostro popolo”.

“Se c’è una cosa che abbiamo imparato negli ultimi decenni è che quando indiani e americani studiano insieme, lavorano insieme, collaborano insieme, le possibilità di progresso sono infinite” ha detto il segretario di Stato Antony Blinken. “È quel senso di possibilità che anima la nostra costante attenzione a questa partnership e alla regione che condividiamo. In effetti, questo viaggio fa parte di un periodo intenso della diplomazia americana nell’Indo-Pacifico” ha aggiunto Blinken.

In libreria “La pista anarchica” di Mario Di Vito

In libreria “La pista anarchica” di Mario Di VitoRoma, 10 nov. (askanews) – Dello scrittore e giornalista del Manifesto Mario Di Vito, Laterza pubblica “La pista anarchica Dai pacchi bomba al caso Cospito”.

C’è stato un tempo in cui la fiaccola nera dell’anarchia terrorizzava i re e i capi di governo di mezza Europa. Un tempo in cui, da Wall Street a San Pietroburgo, i pugnali, le bombe e le pistole degli anarchici sembravano pronti a colpire i ricchi e i potenti e a vendicare gli oppressi. Oggi, almeno a stare ai titoli dei giornali, questa minaccia sembra riaffacciarsi. La prima inchiesta sul movimento anarchico insurrezionalista. Bologna, dicembre 2003. A casa del presidente della Commissione Europea Romano Prodi arriva un pacco con dentro una copia del Piacere di Gabriele D’Annunzio. Quando lo apre, dal volume parte una fiammata. L’attentato incendiario viene rivendicato da una sigla fino ad allora sconosciuta: FAI – Federazione Anarchica Informale. È l’inizio di una vicenda che negli anni successivi terrà impegnate le procure di mezza Italia e farà molto parlare giornali e televisioni, in quella che appare come una vera e propria guerra contro lo Stato e il capitale.

A condurla sono poche decine di persone che, talvolta, nemmeno si conoscono tra loro ma che condividono gli stessi obiettivi e le stesse modalità di azione: aprire il fuoco, seminare il panico, dimostrare che i peggiori incubi della Repubblica possono diventare realtà. Dal processone della fine degli anni ’90 fino allo sciopero della fame di Alfredo Cospito: un racconto che ripercorre le vicende giudiziarie e quello che continua a muoversi fuori dalle aule dei tribunali. Vent’anni di piste e vicoli ciechi, alla ricerca di un fantasma. Il fantasma dell’anarchia vendicatrice.

M.O., Netanyahu: distruggeremo Hamas ma non vogliamo occupare Gaza

M.O., Netanyahu: distruggeremo Hamas ma non vogliamo occupare GazaRoma, 10 nov. (askanews) – “Non cerchiamo di conquistare Gaza, non cerchiamo di occupare Gaza, non cerchiamo di governare Gaza”. Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in una intervista a Fox News.

“Penso che sia chiaro – ha detto – come dovrà essere il futuro di Gaza. Hamas se ne andrà, dobbiamo distruggere Hamas, non solo per il nostro bene, ma per il bene di tutti. Per il bene della civiltà, per il bene dei palestinesi e degli israeliani. nello stesso modo”. Il premier israeliano assicura quindi di volere una Gaza demilitarizzata, deradicalizzata e ricostruita. “Tutto ciò – secondo Netanyahu – può essere raggiunto. Non cerchiamo di conquistare Gaza, non cerchiamo di occupare Gaza, non cerchiamo di governare Gaza. Ma dobbiamo assicurarci che ciò che è accaduto non accada di nuovo”.

Accordo Ue sul regolamento per il ripristino della natura

Accordo Ue sul regolamento per il ripristino della naturaBruxelles, 10 nov. (askanews) – I negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno spagnola del Consiglio Ue e della Commissione hanno raggiunto nella notte di giovedì un accordo provvisorio sul controverso regolamento Ue sul ripristino della natura. L’accordo dovrà ora essere confermato dalla plenaria del Parlamento europeo e dal Consiglio.

Come obiettivo generale, il regolamento prevede che gli Stati membri avviino un processo per il ripristino continuo e duraturo della natura in almeno il 20% del territorio e dei mari dell’Ue entro il 2030. Entro il 2050 queste misure dovranno essere in vigore per tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati. Nell’azione di ripristino, fino al 2030 gli Stati membri dovranno dare priorità alle aree situate nei siti “Natura 2000”. Per raggiungere questi obiettivi, i paesi dell’Ue dovranno “riportare in buone condizioni” almeno il 30% dei tipi di habitat coperti dal regolamento entro il 2030, aumentando questo target al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Inoltre, per le aree riportate in buone condizioni gli Stati membri “dovranno mirare a garantire” che successivamente “non si deteriorino in modo significativo”.

Diversi obiettivi si applicheranno a diversi ecosistemi e gli Stati membri decideranno le misure specifiche da applicare sui loro territori. A questo fine, svilupperanno piani di ripristino nazionali, con esigenze e misure adattate al contesto locale e un calendario per la loro attuazione. I piani dovranno essere elaborati coinvolgendo le comunità locali e la società civile. Nell’accordo provvisorio è rimasto l’obbligo per gli Stati membri di individuare e rimuovere le barriere artificiali al collegamento delle acque superficiali, al fine di trasformare almeno 25.000 km di corsi d’acqua in fiumi a flusso libero entro il 2030, e mantenere poi la connettività fluviale naturale ripristinata.

Dovrà essere invertito il declino delle popolazioni di insetti impollinatori al più tardi entro il 2030, raggiungendo successivamente una tendenza al loro aumento misurata almeno ogni sei anni. Entro il 2030, dovranno essere attuate misure volte a raggiungere un trend positivo in diversi indicatori degli ecosistemi forestali, dovranno essere piantati altri tre miliardi di alberi, e si dovrà garantire in ogni Stato membro che non vi sia alcuna perdita netta di spazi verdi urbani rispetto al 2021. Dopo il 2030 gli spazi verdi urbani dovranno aumentare, con progressi misurati ogni sei anni.

Tuttavia, il testo approvato è stato fortemente indebolito rispetto alla proposta originale della Commissione, dopo i durissimi attacchi del mondo agricolo e delle forze di centro destra nel Parlamento europeo (Ppe, Conservatori dell’Ecr, estrema destra del gruppo Id, con l’appoggio di un terzo dei Liberali di Renew), che hanno portato all’approvazione di una lunga serie di emendamenti il 12 luglio scorso, durante il voto della plenaria a Strasburgo. Emendamenti che sono stati ora in buona parte confermati nell’accordo provvisorio con il Consiglio Ue, e che comportano spesso deroghe o possibilità di proroghe, e soprattutto la sostituzione di diversi obiettivi obbligatori con obiettivi indicativi (con formule come gli Stati membri “dovranno mirare a”, invece che “dovranno”). Tra l’altro, è stata introdotta la possibilità di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli per un periodo fino a un anno, tramite un atto esecutivo, in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare a livello comunitario. Il Ppe, in una nota, rivendica il successo della sua azione, elencando tutte le modifiche alla proposta iniziale che aveva sostenuto e che sono rimaste nell’accordo provvisorio: 1) è stato rimosso l’obbligo di ripristinare gli habitat naturali nel 10% dei terreni agricoli, sostituendolo con un approccio basato sul principio di non deterioramento, così che per gli agricoltori “conteranno gli sforzi, non i risultati”; 2) la sicurezza alimentare è stata definita come uno degli obiettivi centrali del regolamento, anche mirando al ridurre i prezzi dei prodotti alimentari; 3) i fondi Ue per l’agricoltura e la pesca (Pac e Pcp) non saranno utilizzati per misure di ripristino della natura; 4) è stato introdotto il “freno d’emergenza” per congelare gli obiettivi nei terreni agricoli, se la sicurezza alimentare o la produzione sono minacciate; 5) le nuove norme non si applicheranno ai progetti relativi alle energie rinnovabili o alle principali opere infrastrutturali; 6) l’obiettivo controverso di ripristinare lo stato della natura per riportarlo alle condizioni in cui si trovava negli anni ’50 è stato cancellato; 7) gli Stati membri dovranno dare priorità alle azioni di ripristino nelle aree protette inserite nella rete “Natura 2000” e non nei terreni agricoli; 8) il ripristino delle torbiere sarà ora volontario per gli agricoltori, e non più obbligatorio. Su quest’ultimo punto, in realtà, l’accordo prevede che gli Stati membri predispongano misure di ripristino parziale e progressivo delle torbiere drenate e trasformate in suoli ad uso agricolo per almeno il 30% di queste aree entro il 2030, il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050. La riumidificazione delle torbiere, tuttavia, sarà effettivamente volontaria per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati.

M.O., l’inviato Usa: Iran e Hezbollah si astengano da provocazioni

M.O., l’inviato Usa: Iran e Hezbollah si astengano da provocazioniMilano, 9 nov. (askanews) – “Non crediamo che un conflitto che coinvolga il Libano e Israele sia in ogni caso inevitabile: la realtà del momento è che non ci sono indicazioni, su ogni lato, che ci sia un intento per far scoppiare all’improvviso un conflitto o una guerra”. Lo ha detto l’inviato speciale degli Stati Uniti per le questioni umanitarie in Medio Oriente, David Satterfield, in un briefing in collegamento da remoto al quale askanews ha preso parte. “Ma è essenziale – ha detto Satterfield – essenziale, che non ci siano azioni provocatorie da parte dell’Iran o da Hezbollah” e dunque le provocazioni “devono fermarsi”.

Ex ambasciatore in Turchia, Satterfield ha più di 40 anni di esperienza in Medio Oriente, compresi Libano, Siria, Tunisia e Arabia Saudita. In precedenza, era stato nominato inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa il 10 gennaio 2022.